30 dicembre 2006

CI SONO TROPPI FANNULLONI

Afferma il presidente Montezemolo che l’Italia è “una barca in cui una metà frena mentre l’altra è seduta a poppa, ringrazia, non produce e succhia le ruote di chi rema. Ci sono troppi fannulloni”.
Coglioni, pazzi, fannulloni…meno male che l’altra metà degli italiani (i furbi, gli assennati, , i lavoratori indefessi) si danno da fare, anzi si sacrificano. Se così non fosse saremmo colati a picco da chissà quanto tempo.
Coglioni sì, pazzi pure, ma essere chiamati fannulloni dal presidente della Confindustria è inaccettabile.
Ma come, il presidente che rappresenta l’industria italiana, da sempre assistita, in ogni modo assistita, che non rischia mai niente di proprio, che fa del ricatto l’arma per richiedere vantaggi (basta minacciare licenziamenti dovuti, per carità, a ristrutturazioni…), che delocalizza, si permette, volevo scrivere “osa” ma non ho osato, chiamarci fannulloni (dal dizionario Garzanti: persona oziosa, che non vorrebbe far mai nulla / perdigiorno).
Ne ha per tutti il presidente, per i politici (il sistema politico e burocratico ostacolano, frenano, la crescita del Paese) e per i sindacati che invita afare dei viaggi studio all’estero…per vedere come funzionano bene le aziende italiane delocalizzate.
Sarebbe interessante sapere se il presidente tra i fannulloni includa buona parte degli industriali nostrani che non investono né in innovazione né in ricerca.
Ma dove sta scritto che deve essere solo lo stato a fare ricerca? Altrove, negli altri Paesi da visitare, dove la concorrenza è reale, le industrie destinano perte dei loro profitti alla ricerca che si sviluppa o nei loro centri o nelle università cui si rivolgono.
Perché, dunque, non invita anche i suoi colleghi a investire in viaggi di studio nei Paesi più avanzati? Considerata la perspicacia che lo contraddistingue, sicuramente avrà già provveduto.
Avremmo così una classe impr4enditoriale intraprendente e di qualità, il cui forte apparato produttivo avrebbe evitato allo Stato di investire su di loro 5 miliardi, il cosiddetto cuneo fiscale, che avrebbe potuto destinare alle infrastutture, alla lotta all’evasione, a rendere efficiente la pubblica amministrazione.
Il Centro studi della Confindustria afferma che il PIL non sarà di 1,4 ma più basso dello 0,3, quindi sarà dell’1,1 , chiedendo altri interventi a sostegno.
Avranno pure ragione, ma è strano che proprio adesso, dopo cinque anni di mancata crescita o recessione, , quando si pronostica una crescita del PIL al di sopra dell’unità, viene fuori una tale presa di posizione che appare quanto meno ptetestuosa (a Berlusconi certi discorsi non si dovevano fare; li avrebbe chiamati disfattisti, visto il suo smisurato ottimismo).
A questo punto viene spontanea una domanda: dove sono stati Montezemolo e i suoi colleghi dal 2001 al 2005?
Forse è vero, come afferma il ministro Padoa Schioppa che “Confindustria si sia comportata come un partito…Non c’è una Legge finanziaria che favorisce più di questa le imprese a livello di numeri”.
Sta agli industriali approfittare del cuneo fiscale. Oppure prenderanno, come sempre; chiederanno, come sempre; licenzieranno, come sempre; delocalizzeranno, come sempre?
Signor presidente, quanto guadagna un lavoratore italiano (netto in busta paga, senza straordinari) rispetta a un lavoratore del club dei sette?

28 dicembre 2006

I PRIVILEGI n. 6: GLI STIPENDI DEI MANAGER PUBBLICI

Venerdì 1 Dicembre 2006 “la Repubblica” così titolava: “Sempre più d’oro i manager italiani” e aggiungeva (sottotitolo) che “In tre anni +80% i compensi degli ad (amministratori delegati) delle società quotate”.
Non mi scandalizzo se le aziende private pagano così tanto i loro ad , allargando sempre più la distanza retributiva tra il dipendente e il manager con un rapporto spesso di 1 a 40.
In un’economia di mercato in cui la competitività è l’arma vincente, è ovvio che le aziende facciano a gara per assicurarsi i manager migliori alzando, quindi, il prezzo d’ingaggio,legato agli obiettivi.
Non parliamo poi delle stock optino o delle liquidazioni milionarie! E’ un altro pianeta.
Tuttavia la questione morale si pone.
Non è possibile, infatti, che le stesse aziende costringono i loro dipendenti (operai e impiegati) a ricorrere a diverse giornate di sciopero per avere riconosciuta almeno l’inflazione (si calcola che le buste paga dei manager sono cresciute del 7%, molto più dell’inflazione ufficiale), dimenticando che se l’azienda tira non è solo merito del manager ma di quanti concorrono alla realizzazione del prodotto (manufatto o servizi)
Non è moralmente corretto constatare come negli ultimi tre anni i compensi degli ad sono lievitati fino all’80% (il mito americano è stato sostituito dal mito italiano in quanto i manager d’oltre oceano si sono fermati alla miseria del 57%).
Ma è scandaloso che anche i manager pubblici hanno partecipato all’abbuffata.
Qualche esempio, è necessario: Giancarlo Cimoli (Alitalia) è passato da 1,61 milioni di euro (maggio 2004) a 3,00 milioni nel 2005 con un incremento dell’86%, per quale merito mi è difficile capire vista la situazione disastrosa in cui versa l’Alitalia; P. Francesco Guarguaglini (Finmeccanica) da 1,11 milioni nel 2003 a 2,65 nel 2005 con un incremento del 138%; Paolo Scaroni (Enel) dal 3,10 nel 2003 a 4,68 con un incremento del 50%.
Non ho dati circa le liquidazioni, ma basta il dato relativo a Elio Catania (FS) che ha ricevuto ben 7 milioni di euro.
Ma il dato che mi ha lasciato di stucco riguarda lo stipendio di Tronchetti Provera (Telecom) che si è permesso un aumento del 76%, da 2,95 milioni di euro a 5,21.
Ma dove sarebbe arrivato se il bilancio di Telecom fosse stato migliore?
“Ci vuole coraggio”, avrebbe detto mio nonno.
“Ci vuole una gran faccia tosta”, dico io.
Ma se Telecom è in crisi, perché il su ad raddoppia quasi lo stipendio? Non c’è nessun rapporto tra l’andamento dell’azienda e lo stipendio del suo ad? Non sarebbe stato più signorile fermarsi a quei già tanti 2,95 milioni di euro?
Perché, se un manager pubblico non raggiunge l’obiettivo, invece di essere licenziato per incapacità passa da un’azienda a un’altra gratificato da una liquidazione milionaria?
Il processo mi rimane molto oscuro, eppure una spiegazione ci sarà.
Forse si ha paura che altre aziende possano ingaggiarli…mi vien da ridere… tanto noi italiani abbiamo un gran senso dell’umorismo e stiamo agli scherzi, come le intercettazioni, anche se qualche spicciolo siamo costretti a scucilo.
Dato lo scalpore, in finanziaria era previsto un tetto massimo di 250 mila euro ma il comma originale poi si è perso. Nella sua ultima versione, quella definitiva, è previsto un tetto massimo di 500 mila euro che può arrivare a 750. Sicuramente avevamo capito male perché un tetto di 250 mila euro c’è, ma è quello degli impiegati pubblici.

27 dicembre 2006

VICENDA MEOCCI n. 3: IL CONSIGLIO DI STATO

Anche il Consiglio di Stato ribadisce che Mocci non poteva essere nominato direttore generale della RAI perché incompatibile e conferma le multe: Meocci dovrà pagare 373 mila euro (9 mesi di stipendio), la RAI 14.3 milioni (…tanto il canone è stato aumentato e i cittadini utenti si ritroveranno a ripianare i debiti da altri prodotti)
Il diessino Fabrizio Morri fa ricadere la colpa della multa sui cinque consiglieri nominati dal centro destra che votarono Mocci.Giusto, ma non basta perché, se è vero quello che successe nei giorni 4 e 5 Agosto d2l 2005, il rappresentante dell’azionista di maggioranza (cioè il tesoro) si è reso responsabile della nomina di Meocci, concedendo, dopo aver dato l’imput (suggerimento?), la copertura assicurativa anche in caso di rischi gravi (la nomina di Mocci, data la riconosciuta incompatibilità, rappresentava un rischio grave. Per me ha rappresentato un grave atto di abuso d’ufficio).
Come dire: attenti, la responsabilità della nomina è vostra, ma l’attuale copertura assicurativa non prevede i rischi gravi (incompatibilità)…chiedete l’estensione, dopo averla deliberata, e vi sarà concessa…
“Ma allora c’è frode”, suggerisce il mio amico.
Non sta a noi stabilirlo. C’è la magistratura.
Risulta che il pm D’Ippolito, nell’ambito di un’inchiesta sugli stipendi d’oro dei manager pubblici, sta raccogliendo documenti su sette aziende tra cui la RAI e abbia già iniziato l’indagine proprio dalla RAI.
Ribadisco quanto da me già scritto: “Le responsabilità e i nomi dei cattivi amministratori sono chiari quanto i danni arrecati all’azienda e chiari devono essere le conseguenze.”

21 dicembre 2006

L’EVASIONE E’ UN FURTO

L’evasione fiscale è un’azione tra le più indegne. L’evasore con la mancata dichiarazione dà un vantaggio a sé stesso e colpisce in modi diversi i veri contribuenti e lo Stato.
Se tutti pagassero le tasse, ne pagheremmo tutti meno e avremmo servizi migliori. L’imposta evasa l’anno scorso è di 100 miliardi di euro. Rappresenta il 7% del PIL, l’intera spesa sanitaria.
Perché si evade in così alta misura?
La risposta è complessa, ma di certo non si evade per l’elevata tassazione. Stando all’Europa, nei Paesi a più alto reddito la tassazione su l’imponibile è più elevata che da noi.
C’è più senso dello stato, visto come la casa comune, più rispetto dell’altro, visto come cittadino, più solidarietà…forse un po’ di tutto questo.
Da noi lo Stato è visto come un’entità astratta. Compare quando ne abbiamo bisogno. Solo allora reclamiamo i nostri diritti (scuola, sanità, trasporti…) e lo vorremmo perfettamente funzionante.
Con quali soldi? Ma con quelli degli altri, per diamine!
Gli evasori sono dei ladri (Padoa Schioppa afferma che “chi evade viola il settimo comandamento) che si arricchiscono a spese dei “virtuosi”. Ciò nonostante sono considerati da molti dei furbi che, se potessero, imiterebbero.
Vediamo perché gli evasori arricchiscono sé stessi e danneggiano i contribuenti virtuosi.
Tranne gli ET (evasori totali; la Finanza ha dichiarato proprio oggi che sono stati “trovati” 6950) ogni cittadino che produce reddito fa una dichiarazione che sarà il suo biglietto da visita per accedere ai servizi erogati dagli enti pubblici: servizi sanitari, assistenza domiciliare agli anziani e invalidi, pre e post scuola, mensa scolastica, buoni libri, tasse scolastiche e universitarie, detrazioni fiscali, assegni familiari, colonie estive o invernali, ICI, IRPEF…
Tutto ciò scavalcando nel diritto i lavoratori a reddito fisso che pagano le tasse alla fonte e i famosi contribuenti virtuosi, quelli che hanno veramente bisogno.
Quindi, oltre a evadere, incamerando l’imposta dovuta, vengono premiati dalle agevolazioni predate, risparmiando sui costi, soldi che si aggiungono a quelli non versati all’erario.
I Comuni, le Regioni, lo Stato in conseguenza di tutto ciò (gli sprechi sono un capitolo a parte che sarà ripreso) non incassano quanto serve per dare ai cittadini servizi di qualità con costi accettabili.
Così sono costretti ad aumentare le tasse e le tariffe che, come si è visto, non riguardano gli evasori che conducono con i loro cari una vita di tenore elevato, non facendosi mancare nulla, dalla villa all’auto di lusso, dagli abiti firmati alle crociere e alla seconda casa…alla faccia di chi non può.
L’evasione per i danni apportati ai cittadini e all’economia del Paese, accertato che è un furto, deve essere perseguita come grave reato penale, né pattuibile né condonabile.
I controlli, gli accertamenti e la sentenza devono essere velocizzati al massimo, a differenza di quanto accade oggi (processi decennali), con i costi di procedura a carico dei ladri e le pene che devono andare fino alla confisca dei beni.
Certezza dei controlli e delle pene: non c’è bisogno di decenni ( sentenza e un appello sono più che sufficienti) per provare che c’è stato un furto alla comunità, proprio come accade quando un povero affamato ruba una mela al supermercato.
Il governo deve fare uno sforzo finanziario robusto potenziando la lotta all’evasione con uomini e strumenti tecnici adeguati, in qualità e in quantità, ma, soprattutto, con regole certe, brandendo ogni tipo d’impunità (eliminazione della legge che depenalizza il falso in bilancio) e cancellando ogni tipo di condono o aspettativa di condono che non ha mai risolto il problema ma lo ha aggravato (…tanto ci sarà, prima o poi, un condono…).

19 dicembre 2006

IL CANONE COSTA € 104

In una delle mie divagazioni avevo posto il problema del pagamento del canone in rapporto al prodotto che viene proposto o meglio imposto.
La risposta non si è fatta attendere: il canone obbligatorio (Così è se vi pare…) passa da € 99,60 a 104…per un posto in prima fila.
Il ministro Gentiloni ci dice che rappresenta un recupero dell’inflazione - il canone è rimasto bloccato per tre anni - e, nello stesso tempo, bontà sua, chiede una maggiore qualità dei programmi.
Sulla futura qualità dei programmi è meglio lasciar perdere. Vedremo, infatti il solito palinsesto: mediocre in prima serata, con talk o reality show di infima qualità; o le solite vite romanzate di santi o papi, il tutto preceduto o seguito da giochi a quiz che mettono in risalto l’alto livello culturale dei partecipanti.
Dimenticavo i vari programmi di intrattenimento politico, indipendenti di destra o di sinistra, sempre condotti da inossidabili personaggi che sfornano libri a iosa…di storia o di costume. Il teatrino della politica in sostituzione delle rappresentazioni teatrali noiose e…incomprensibili. Pirandello, Goldoni, Shakespeare…chi sono costoro?
La qualità della televisione è direttamente proporzionale ai compensi: più alto è il compenso più la qualità si eleva!
Così, a me viene il dubbio che l’aumento del canone servirà a far fronte agli ingaggi stratosferici dei vari Vespa , l’instancabile, o Santoro, il resuscitato, e di tanti altri conduttori dispensatori di “pacchi”; o a pagare la multa di 14,3 milioni di euro del caso Meocci, mentre i veri responsabili sono sempre al loro posto decisionale; o a far fronte al rinnovo del contratto dei giornalisti, a proposito del quale, come nostri dipendenti, avremmo tutto il diritto di conoscere l’ammontare dei loro di certo magri stipendi.
Finché la RAI sarà parcellizzata tra i partiti (in nome del pluralismo, s’intende!) pagheremo il canone come un’ulteriore forma di finanziamento alla politi… spettacolo, con decine di politici e portavoce ( si potrebbe allestire per le feste natalizie un coro a più voci…finalmente avremmo la “grande coalizione”) a gara si sproloqui.
Il mio amico mi suggerisce che fanno meno danno al Paese di quando siedono in Parlamento.
Sarebbe, comunque, cosa buona e giusta se i partiti lasciassero la RAI.
Concludo con due perle:
- Romani (FI): “Al danno…le beffe visto che milioni di famiglie del centro destra dovranno finanziare la RAI succube delle sinistre (Il cda è a maggioranza CdL…caso Mocci docet.)”.Landolfi (AN): “Spero che i telegiornali pubblici sentano ora per intero il dovere del pluralismo (quell’”ora”suona come un’ammissione di colpa)”.

16 dicembre 2006

LA PRESCRIZIONE NON E' ASSOLUZIONE

Il comitato per le incompatibilità della giunta per le elezioni della Camera ha deciso all’unanimità che l’onorevole Previti deve decadere da deputato in quanto condannato con sentenza definitiva sei anni e all’interdizione definitiva dai pubblici uffici (affare Imi-Sir. Sarà, comunque, la Camera a dire la parola definitiva.
Previti ha tentato di evitare la decisione della commissioni con due motivazioni non accettate:
- il fumus persecutionis, inconsistente perché la sentenza della Cassazione che sposta il processo SME a Perugia lo ha salvato dalla condanna dopo due gradi di giudizio, dimostrando l’assenza di “fumus”;
- l’anticipazione dell’annullamento dell’interdizione perpetua in quanto assegnato, dopo l’indulto (sconto di tre anni sui sei), ai servizi sociali ; non concessa perché il beneficio s’incassa dopo aver scontato la condanna, non prima.
Una sentenza passata in giudicato e un’altra annullata dalla Cassazione perché la competenza territoriale non era Milano ma Perugia.
Meno male che la Cassazione se ne è accorta …dopo due ricorsi, così per 12 anni si è scherzato. Buon per l’imputato che certamente alla ripresa del processo godrà della prescrizione.
Si presentano tre scenari:
- i giudici di Milano sono degli incompetenti animati da fumus persecutionis;
- i giudici di Milano programmarono tutto perché sapevano che al terzo appello la Cassazione si sarebbe espressa per il trasferimento del processo a Perugina, rendendo inutile la condanna (cinque anni) e tutto l’iter giudiziario; si inizia il nuovo processo mentre si avvicina la prescrizione;
- i giudici milanesi avevano ragione….
Nel primo scenario i giudici vanno licenziati e condannati a risarcire l’imputato per “fumus”e lo Stato per la loro incompetenza.
Nel secondo scenario si può presumere l’esistenza di un piano diabolico tra Previti e i giudici che avrebbe condotto l’imputato prima a Perugina e poi alla prescrizione. Le vie del Signore ssono infinite e tutte praticabili…basta aver fede.
Il terzo scenario….
Resta il fatto che dopo anni di spreco di energie e di denaro e dopo che per due volte la Cassazione aveva confermato la competenza di Milano, solo ora la stessa Cassazione si accorge di aver sbagliato. Meglio tardi che mai.
C’è di che rimanere allibiti. Viviamo in un Paese in cui il diritto si esercita per competenza territoriale e non per il reato commesso e dove per la lungaggine dei procedimenti si arriva alla spugna della prescrizione (penso che l’innocente abbia tutto l’interesse ad essere giudicato).
“Di cosa ti lamenti?” (interviene il mio amico) “Ieri e toccato a Berlusconi chissà a quanti altri, oggi tocca a Previti e domani potrà toccare a te. La gente, comunque, sa che il trasferimento di un processo, come la prescrizione, non è assoluzione. E’ un processo non fatto e non conta niente se c’è una condanna a cinque anni, perché la la stessa è come se non fosse stata mai emessa e poi….altri giudici altra sentenza”.

15 dicembre 2006

CANONE TELECOM BASSO: AUMENTIAMOLO

Telecom prima annuncia l’aumento del canone a partire da gennaio 2002 e poi, ma solo dopo l’intervento dell’Autorità per le comunicazioni, torna indietro, almeno per ora.
Per le famiglie non sarebbe stato certo un salasso (ritocco dell’1,57 %) ma è la protervia con cui Telecom agisce che dimostra, ancora una volta, il vero volto dell’imprenditoria italiana, imbelle e arrogante insieme. I maggiori introiti non sarebbero derivate da nuove proposte industriali o da innovazioni tecnologiche che possono giustificare l’aumento del canone, retaggio medioevale che sarebbe ora di eliminare, ma dall’esigenza di fare cassa. Del servizio e della sua efficienza e delle tariffe, che inducono molti utenti a cambiare azienda, manco a parlarne.
Ora io mi chiedo, come facciano le altre aziende telefoniche, nonostante l’aggravio dell’ultimo chilometro, a proporre tariffe più basse, alcune senza l’aggravio del canone.
Inoltre, se viviamo in un Paese liberista, come è possibile essere concorrenziali in una situazione di monopolio?
In questo settore che oggi riguarda anche l’informazione (internet) occorre una immediata e vera liberalizzazione. E gli imprenditori nostrani non possono amministrare aziende così essenziali e strategiche con poco più dell’1 % di possesso.Devono imparare a investire i propri soldi non quelli dei cittadini e se non sono in grado di farlo facciano qualcosa d’altro e passino la mano, non a cordate bancarie per ripetere lo stesso circolo vizioso, ma a impresari seri, anche stranieri, purché disposti a rischiare in proprio e diano un servizio adeguato al XXI secolo.
Ciò, nel mondo immobile della incartapecorita politica e dell’impresa italiana, sarebbe una novità, una discontinuità: eliminazione dei privilegi e premio per chi rischia in proprio.

12 dicembre 2006

I BROGLI ELETTORALI

“Noi abbiamo il convincimento che abbiamo vinto noi: quindi bisogna ricontare tutte le schede, perché non si può in una democrazia assegnare una maggioranzxa per 24 mila schede che sono lo 0,6 per mille”.
Sono le parole del capo dell’opposizione ed ex presidente del consiglio che ancora non ha assorbito la sconfitta elettorale che, seppure col minimo scarto, sempre una sconfitta è stata.
E’ la regola della democrazia, non solo id quella italiana: chi ha un vot in più governa e gli sconfitti accettano (potevano risultare loro i vincitori) senza paventare brogli o colpi di statoin virtù sia di una maturità democratica consolidata sia di un rispetto assoluto delle istituzioni.
Legittimare la vittoria dell’avversario politico significa legittimare il ruolo istituzionale dell’opposoizione che non è solo contrapposizione strumentale ma costruzione di un possibile futuro governo.
Compito di uno statista non è far emergere dubbi ma produrre certezze, nel rispetto degli avversari e dei cittadini che li hanno votati. D’altro canto “il convincimento di aver vinto” non significa avere la certezza che deriva dalle prove; né lo 0,6 per mille è un limite troppo esiguo per poter parlare di democrazia.
Se queste regole non vanno bene, possiamo sempre modificarle, tanto è già successo: quando continua a persistere a distanza di mesi un convincimento si ricontano tutte le schede e il governo uscente, democraticamente eletto, rimane, a garanzia dello spoglio, fino alla certezza del risultato o quando la differenza di voti tra le due coalizioni è inferiore o uquale all’1 per mille, si ritorna a votare finché non si supererà il limite stabilito.
In tal modo adatteremmo il concetto di democrazia attualizzandolo: due piccioni con una fava.
I giornalisti Deaglio e Cremagnani, autori del film-inchiesta “Uccidete la democrazia”, vengono ingagati per “aver diffuso notizie false, esagerate e tendenziose, finalizzate a turbare l’ordine pubblico”.
Al di là delle buone ragioni dei pm Vitello e Loy, sarebbe stato doveroso, prima di iscrivere nel libro degli indagati i due giornalis, di procedere ad una verifica approfondita delle affermazioni contenute nel film, per non dare la sensazione di aver usato due pesi e due misure diversi.
Mi chiedo, infatti, come mai il presidente Berlusconi, che parla senza soluzione di continuità di brogli da Aprile (era ancora presidente del consiglio), non sia stato almeno sentito dalla Procura per una denuncia così grave divulgata a chiari e ripetuti titoli da tutti i mezzi di comunicazione, non per indagarlo ma per non lasciar cadere nel nulla il convincimento del presidente.
Credo che l’accusa rivolta ai due giornalisti sarebbe molto più grave se fosse estesa a Berlusconi che era ancora il presidente del consiglio ed oggi leader indiscussi dell’opposizione e capace, come si è visto, di portare 2 milioni di cittadini in piazza, con la possibilità di “turbare l’ordine pubblico” molto meno remota di quanto possano fare i due giornalisti.
E’ ovvio che il presidente Berlusconi non ha mai pensato di turbare la piazza perché è un democratico convitnto ma, in quanto presidente del consiglio uscemnte, non avrebbe dovuto fare quelle dichiarazioni, dovute certamente ad un momento di stanchezza.
Ma, associandomi all’onorevole Bonaiuti: “non poteva finire altrimenti”.

11 dicembre 2006

VICENDA MEOCCI: INDAGATI I CONSIGLIERI DEL CENTRODESTRA

I consiglieri RAI Urbani (ex ministro), Petroni, Malgeri, Staderini e Bianchi Clerici son0 iscritti nel
registro degli indagati, pm Adelchi D’Ippolito, per abuso d’ufficio in riferimento alla nomina di Meocci a direttore generale della RAI.
Mi ero interessato della vicenda perché trovavo ingiusto che la RAI, cioè i cittadini, venisse multata di 14,3 milioni di euro per responsabilità ascrivibili ai consiglieri RAI di maggioranza (5 Agosto 2005, governo Berlusconi) che votarono Meocci e allo stesso Meocci che, essendo stato fino a tre mesi prima componente dell’Autorità per le comunicazioni, non poteva non conoscere la normativa che lo indicava incompatibile col nuovo incarico.
Meocci si dice non responsabile e candidamente dichiara: “Un giorno…mi hanno offerto un contratto. Era un grande premio…da rirettore generale della RAI. Ma chi riceve un premio, senza peraltro chiederlo, non ha motivo di sentirsi in colpa e non matura certo responsabilità”.
Così, dopo essere stato per sette anni il controllore della RAI, ne diventa il direttore generale, considerandolo un grande premio senza porsi nessuna domanda ( per esempio, da chi e perché?).
Ma l’aspetto più grave della vicenda riguarda i comportamenti dei consiglieri, oggi indagati, e del rappresentante del ministrero del tesoro. Questi, durante l’assemblea degl iazionisti del 4 Agosto 2005, informava il cda che la questione dell’incopatibilità era propria del consiglio e che i consiglieri non erano coperti da assicurazione in caso di colpa grave.
Niente paura…chiedono poco dopo essersi visti come cda di estendere l’assicurazione alla colpa grave. Il rappresentante del ministero estende l’assicurazione come richiesto assumerndosi in tal modo la responsabilità dell’incompatibilità…tanto paga il contribuente.
Tutto ciò accade nello spazio di una giornata.
Sembra un fil grottrsco, ma è la realtà, estendibile ad ogni livello istituzionale: se non possiamo operare come nelle nostre intenzioni si possono cambiare le regole. Nessuna responsabilità, quindi, perche i consiglieri hanno agito nel rispetto delle nuove regole (estensione della copertura assicurativa per colpa grave), tra l’altro col suggerimento indiretto e la responsabilità, ben evidente, del rappresentante del ministero.
Aspettiamo, intanto , la sentenza definitiva del Consiglio di Stato del 19 Dicembre p.v..
Confermerà le sanzioni comminate dell’Autority e la successiva e identica sentenza del TAR del Lazio? O, come spesso accade, tutto finirà a tarallucci e vino?
Vcerto la vicenda rappresenta una grave dimostrazione di arroganza del potere che ricorre a banali trucchi per affermarsi senza remore e dignità, nel totale disprezzo dei cittadini.
Le reponsabilità e i nomi dei cattivi amministratori, ripeto oggi come allora (21/07/06), sono chiari quanto i danni arrecati all’azienda e chiari devono essere le conseguenze.
Il problema, comunque, si pone nella sua oggettività e riguarda i vari livelli delle istituzioni. Mai un responsabile individuato che ripari il danno procurato. E’ sempre il cittadino a pagare per le colpe d’altri, colpevoli del loro operato in quanto sono tenuti a conoscere le leggi relative al proprio ambito di lavoro.

10 dicembre 2006

LA MANIFESTAZIONE DEL 2 DICEMBRE n. 2

Quando un leader organizza delle manifestazioni oceaniche, lo fa per dimostrare all’altra Italia che è in grado di mobilitare la piazza e ala coalizione di essere ancora lui il padre- padrone.
Delle due ipotesi, la preminente è quella ad uso interno perché qualcuno ha osato mettere in discussione la leadership; l’altra non si pone neppure in quanto per il centro sinistra rappresenta il punto di riferimento più importante e strategico, il collante maggiore di una coalizione molto ampia e per ciò eterogenea.
Il malessere e le invidie all’interno della CdL ci sono sempre stati e a testimonianza si possono citare numerosi episodi. Ma bastano la defenestrazione di Tremonti e l’emarginazione di Follini.
Ogni grido, ogni sussurro, e sono stati tanti, veniva messo a tacere con interventi decisi del capo e della sua potenza di fuoco. Basta sfogliare i giornali d’epoca per averne conferma.
E i numerosi di fiducia a cui una maggioranza ampia nei due rami del parlamento ricorreva non erano dovuti né all’ostruzionismo dell’opposizione né ad una strategia di contenimento della stessa, ma ai disturbatori interni.
Certo nessuno obbligava i partiti minori ad accettare le mortificazioni, talvolta gravi, inflitte dal capo. Ma governare è stato un collante fortissimo , che ha fatto passare in secondo (…sesto…) piano anche quelle che venivano chiamate con molta enfasi questioni di principio per il buon funzionamento della democrazia.
I tanti vertici che hanno preceduto la campagna elettorale hanno partorito il classico topolino delle tre punte o delle pari opportunità: uno barava, gli altri si illudevano che la vittoria avrebbe risolto il problema.
Perse le elezioni, il collante governativo finisce e inizia la fase di posizionamento. E così, mentre il capo parlava di brogli e di ritorno immediato al potere, iniziano ad arrivare i distinguo, prima timidi e via via sempre più vivaci fino all’offesa della non partecipazione dell’UDC all’osanna di Piazza San Giovanni, preferendo il Palazzo dello sport di Palermo.
Così, nel giorno in cui la piazza incorona Berlusconi imperatore, questi ha perduto un pezzo importante della coalizione, senza il quale, nonostante i recenti sondaggi positivi, non potrà vincere.
Certo, conoscendo i precedenti, è possibile che alle parole di Casini (“Avanti da soli a schiena dritta”.) e di Cesa (“…Ormai è chiaro che ci sono due opposizioni, conviene prenderne atto al più presto”.) non seguano i fatti e la comune nostalgia del potere compierà l’ennesimo miracolo della riconciliazione. Ma oggi la Casa delle Libertà (una libertà limitata come limitato è il concetto di casa) non c’è più e da osservatore esterno penso che la posizione dell’UDC di un’opposizione costruttiva (Casini: “Non possiamo contrapporre a Prodi solo slogan. La piazza se non ha sbocchi politici è destinata a rimanere sterile”.) in una condizione, finalmente, di legittimazione istituzionale, sia la vera svolta politica che si lascia alle spalle anni di sfascio e di demagogia in cui la comunicazione mediatica, fatta di slogan e di retorici confronti salottieri, sostituiva gli atti politici, costringendo gli italiani a tifare come in un derby.
Viceversa, i cortigiani Bossi e Fini per opposte ragioni (federalismo e delfinato) con la loro fedeltà assoluta non contribuiranno a far crescere il consenso ( i sondaggi recenti si devono leggere situandoli nel momento contingente della finanziaria) e a corsa lunga il centro sinistra giocherà per intero le sue carte, purchè non si perda in discussioni di parte e dimostri all’elettorato coesione e spirito di sacrificio nel risolvere i problemi del Paese. Ma, soprattutto, informi il Paese, parli con i cittadini.E’ questo il messaggio che la sinistra deve ricavare dalla manifestazione del 2 di dicembre.

07 dicembre 2006

LA MANIFESTASZIONE DEL 2 DICEMBRE n. 1

Quella del 2 Dicembre è stata, al di là del solito balletto delle cifre (io credo, come sempre, al comunicato della questura: 700 mila manifestanti), una grande manifestazione di cui il governo e la maggioranza indubbiamente non possono non tenerne conto.
Niente, comunque, di straordinario. L’opposizione ha portato in piazza, con pieno diritto, i propri elettori per protestare contro la Finanziaria e quei provvedimenti che toccano privilegi ritenuti ormai diritti, ben salvaguardati dal governo amico Berlusconi-Tremonti che tra condoni e Finanziarie creative ha portato il bilancio dello Stato a non rispettare i parametri europei, meritandosi un richiamo ufficiale.
Ma al grido di “via Prodi” non è seguita una benché minima proposta, a dimostrazione che è facile protestare “contro” e molto difficile protestare “costruendo”.
Ma, in fondo, la politica economica del duo Berlusconi-Tremonti ha avuto un solo obiettivo: pascere quanti erano già sazi, ricorrendo a vari condoni, con sconti da liquidazione di cessata attività, o a leggi come la depenalizzazione del falso in bilancio (gli USA, il Paese di riferimento del duo per lo stesso reato hanno aumentato la pena).
Nessuna finanziaria, nemmeno quelle del duo, ha mai acceso grandi entusiasmi, ne ha mai accontentato tutti, per cui la manifestazione di Roma è servita ad incoronare Berlusconi re del centro destra, indipendentemente da ogni valutazione della finanziaria.
In primis, quindi, una manifestazione ad uso interno con Bossi e Fini nella solita veste di cortigiani in attesa, il primo dell’annoso federalismo (in verità, per non scomparire), il secondo dello scettro (Illusione: Figuriamoci se FI, il partito di maggioranza della CdL lascerà a Fini la leadership!).
Berlusconi grida dal palco: “E’ un governo contro l’economia, il risparmio, le professioni, la scuola, la ricerca, l’università…la famiglia, che istiga all’odio e all’invidia…”. Se non si conoscesse il contesto, sembrerebbe la solita contestazione del centro sinistra ad una finanziaria di Tremonti.
“Diciamo no – continua – alla mostruosa macchina fiscale per schedare tutti i cittadini anche con l’aiuto alla delazione”. Io, anche da pensionato non temo né di essere schedato né di essere spiato (per il fisco, s’intende, perché non bisogna confondere la libertà col fare quel che si vuole.) come penso che nessuno in Italia…tranne che non abbia qualcosa da nascondere o, meglio, che non ha nascosto al fisco godendo di agevolazioni altrimenti indirizzati. Parlo di evasori di professione che, pur godendo di un alto tenore di vita, usufruiscono sfacciatamente di interventi da cui i cittadini veramente bisognosi sono esclusi (rette scolastiche, ticket sanitari, ICI, mensa scolastica, assistenza agli anziani e a portatori di handicap…). In altri termini, grazie all’evasione e alla mancanza di schedatura fiscale, i poveri aggiungono ricchezza ai già ricchi. Bella giustizia sociale!
La perla (non poteva mancare!): “Per queste sinistre l’impresa è solo una macchina per lo sfruttamento, il profitto è una colpa e l’elevazione sociale e la proprietà rappresentano un atto di superbia da punire”. All’on. Berlusconi sfugge che già da un bel po’ di tempo viviamo in un Paese liberale in cui è riconosciuta la proprietà privata e il profitto purché non siano il frutto di atti illeciti e di prevaricazione perché in questi casi sono atti da punire.
L’elevazione sociale, infine, non si acquisisce, come purtroppo molti credono, con l’arricchimento (ciò che si vede) ma potendo usufruire di una scuola pubblica efficiente e formativa, di un’informazione libera e autonoma, di una classe imprenditoriale che rispetti i canoni economici ed etici dell’impresa (non aspettando l’intervento statale; cioè l’elemosina degli stessi lavoratori), di una classe politica che non passi il tempo a delegittimare l’avversario, creando confusione e la falsa certezza che chi grida di più, più ottiene.

30 novembre 2006

TREMONTI E I SENATORI A VITA

E’ strano che il già ministro dell’economia abbia dimenticato che il primo governo Berlusconi ha ottenuto la fiducia al senato grazie a un voto di scarto di un senatore a vita.
Perché, allora, la CdL non rifiutò il voto adducendo le stesse motivazioni invece d’incassare silente?
Perché, oggi, la CdL grida allo scandalo in maniera demagogica e lesiva della dignità dei senatori?
E’ “scandaloso” afferma l’onorevole, che persone che “devono rappresentare la Patria come gli impone la costituzione” osino “votare in maniera zelante e militante per una parte politica”. Quindi, se cambierà la legge elettorale bisogna escluderli dal voto, ma solo i nominati:
La Costituzione, purtroppo per l’onorevole, non fa queste distinzioni tra nominati ed ex presidenti: entrambi le categorie, giustamente, godono dello stesso diritto di ogni parlamentare.
Certo, si potrebbe modificare la Costituzione. Cosa non si farebbe per un voto…oggi.
Sarebbe stato forse più semplice, nel cambiare la legge elettorale, essere più ,previdente e meno arroganti (oggi l’onorevole sottolinea che “è giusto cambiarla insieme”. Anche per me è giusto, ma ieri perché no?) invece di produrre l’obbrobrio che è sotto gli occhi di tutti.
Ma quale differenza c’è nell’essere stato nominato o nell’essere stato eletto, per esercitare i diriti previsti dalla Costituzione? Un senatore nominato è una statuina di cera, un parlamentare dimezzato che serve da coreografia?
Per “illustrare la Patria” (non può essere chela Patria ha bisogno di loro ) non hanno sicuramente bisogno di essere nominati senatori. Lo hanno fatto in anni di carriera scientifica o artistica o…..
Tra l’altro, siccome sono in grado di discernere , e come!, hanno il dovere, proprio per dare lustro alla Patria, di esercitare pienamente e in piena autonomia le funzioni alle quali sono stati chiamati. Per di più, mi sembra legittimo che abbiano un’ideologia di riferimento, specie in un momento di confusione ideologi e di salto della quaglia..
E’ questo l’unico modo di “rappresentare la Patria come gli impone la Costituzione” o ce n’è un altro? E, allora , l’onorevole farebbe bene a dircelo, riempiendo le nostre lacune.
Il mio solito amico: ”ma il già ministro dell’economia è stato eletto o è stato nominato perch’ la legge elettorale con la quale si è votato ha eliminato il voto di preferenza che sicuramente sarebbe stato indicativo per valutare il gradimento o l’accettazione da parte degli elettori”.
Sicuramente l’onorevole avrebbe raccolto un alto numero di preferenze, ma oggi il dubbio rimane.

27 novembre 2006

IL CANONE TV

Si avvicina la fine dell’anno e tra le tante scadenze incombe il rinnovo dell’abbonamento TV.
Bisogna pagare il canone, non c’è via d’uscita.
Vuoi vedere “Porta a porta” o l’”Isola dei famosi”? Paga.
Vuoi vedere una passerella di politici per di più mediocri? Paga.
Vuoi vedere il pranzo o il treno della Clerici? Paga.
Vuoi divertirti con le distorsioni linguistiche di Giurato? Paga.
Vuoi vedere “Affari tuoi” o “Ballando con le stelle? Paga.
Vuoi vedere sceneggiati ricchi di amori impossibile e di tradimenti o telefilm stantii? Paga.
- Ma se non volessi vedere niente di tutto questo?
- Paghi lo stesso.
- Anche se non avrò l’opportunità di vedere in prima serata una rappresentazione teatrale?
- Ebbene si.
- Ma se tutti paghiamo il canone e la RAI è un’azienda pubblica, abbiamo tutti il diritto di vedere almeno un programma di nostro gradimento?
- Ma dove sta scritto? E poi, dobbiamo tener conto dell’audience.
- Se è così, perché non si esonera dal pagamento del canone chi non guarda la RAI?
- Non si può. E poi nelle ore notturne qualcosa d’interessante c’è?
- Ma la notte non si riposa perché al mattino si va a lavorare?
- Ma dai, organizzati!
- Ma posso non pagare il canone.
- Furbo,così poi arriva la finanza.
- Ma se invio regolare disdetta con lettera sottoscritta e con firma autenticata dal notaio con la quale mi impegno a non sintonizzarmi sui canali della RAI?
- Ci è impossibile intervenire.
- Ma, insomma, io non voglio più vedere i programmi della RAI.
- Allora ti mandiamo la finanza che piomba il televisore…
- Finalmente ce l’ho fatta!
- …così non potrai più vedere nessuna trasmissione…di nessuna rete.
- Ma…
- Nessun ma, punto!
Perché devo pagare un servizio che non voglio perché non è di mio gradimento? Perché nel definire il palinsesto non si tiene conto delle varie categorie di utenti?
La TV non è solo intrattenimento o reality o sceneggiati belli o brutti o film di terza o infima categoria o festival vari di lunghezza esagerata.
La TV deve soddisfare anche altre esigenze culturali, deve essere un’opportunità.
Ritengo che non si può costringere il cittadino a pagare un servizio dimezzato, di dubbia qualità culturale e che non appaga le sue esigenze.
Il mio amico, come al solito interviene con sagacia e mi dice che sono io che non apprezzo perché, in fondo, che altro è la nostra televisione durante i telegiornali se non il teatrino della politica?

26 novembre 2006

UN COLPO DI GENIO: ARCHIVIO PER I VIP

Parola d’ordine: istituire l’archivio dei vip per proteggere i dati dell’anagrafe tributaria da occhi indiscreti.
Ho pensato a una notizia burla, ad una barzelletta sulla politica e su Visco – Dracula in particolare,ma non siamo a carnevale e Visco non ha mai fatto ridere.
Ergo, è stata una proposta seria di un vice ministro serio: il Robin Hood che nasconde i ricchi per separarli dai comuni cittadini.
Che ci sta a fare il signor Rossi o il signor Bianchi nello stesso archivio generale di Fazio (il banchiere), di Tronchetti Provera , di Benetton o di Berlusconi?
Non è una questione di evasione , ma è una questione di protezione e di ordine pubblico. Evitiamo, ecco la buona fede, che i loro dati (redditi) possano essere carpiti e dati in pasto ai poveri contribuenti a reddito fisso: manco per alimentare il malcontento di chi, ingiustamente chiedendosi come abbiano fatto a crearsi una siffatta fortuna, potrebbero avere la strampalata idea di protestare in maniera non consona all’alto rango dei vip che, come fa notare la Santanchè, oggi è un termine fuori moda , sostituito da “upper class”.
Povera upper class, più nasconde le proprie ricchezze più se ne parla e non è bene.
Meno male che c’è Visco che per quello che ha proposto non deve essere così scorbutico e scostante, come la iconografia corrente tende a rappresentare.
In realtà, la proposta di Visco tende a responsabilizzare le “Agenzie delle Entrate” che, così, periodicamente dovrebbero verificare le indagini (controlli, curiosità) condotti a carico di personaggi noti. Così, le Agenzie delle Entrate, invece di ”rincorrere” gli evasori si trasformerebbero (badate bene, solo per periodi costanti ma brevi) in controllori di spioni incalliti che, come dice l’onorevole Tremonti, sono “stupidate fatti da impiegati che non sapevano (caro Prodi) come passare qualche minuto”.
Anche se non ci sarà un archivio ufficiale (chi stabilisce quali nomi tenere in osservazione?), risulta difficile immaginare una differenza sul trattamento e sulla protezione dei dati in quanto l’uguaglianza è un valore costituzionale. “Ma mi faccia il piacere”, direbbe Totò.
La rivista “Forbes” pubblica la classifica dei ricchi d’America (accanto al nome c’è l’ammontare del patrimonio). Nessuno protesta, forse perché per gli americani la trasparenza è un valore.Il mio amico mi suggerisce di concludere con la piccata dichiarazione del vip Boncompagni: “Io sono per la trasparenza. Non voglio essere iscritto in nessun archivio speciale…e sono convinto che le very important person debbano essere controllate come tutte le very normal person”.

25 novembre 2006

UN PATTO DI EQUITA’ TRA LA CONFINDUSTRIA E I LAVORATORI

L’Europa per bocca del commissario Almunia approva la manovra finanziaria che definisce la migliore da quando c’è l’euro poiché porterà il rapporto deficit PIL sotto il 3% e si avrà una crescita del PIL dell’1,7 (non poca cosa visti gli anni a crescita zero del governo Berlusconi).
Anche la Banca d?Italia esprime nel complesso parere positivo , sottolineando, come d’altronde fa Almunia, che “per rendere durevole il consolidamento dei conti pubblici…saranno essenziali…riforme strutturali dei principali comparti…”.La riforme strutturali di cui parlano riguardano le pensioni e la produttività e sul “bollettino d’autunno della Banca” si leggono due consigli: “Sono necessarie misure in grado di aumentare l’età effettiva di pensionamento”. E “Gli effetti (del cuneo) sulla competitività sono una tantum e vengono riassorbiti nel tempo se i costi unitari seguitano a crescere”.Montezemolo. presidente della confindustria, dichiara che “il recupero della produttività è l’emergenza che dobbiamo affrontare”. E propone un patto con governo e sindacati. Quindi, continua: “La produttività …è penalizzata dal deficit infrastrutturale, dai forti limiti alla concorrenza, alle liberalizzazioni, alla ricerca, dal sistema dell’istruzione e da complicazioni normative e burocratiche che soffocano imprese e cittadini”.
Niente di nuovo per la Confindustria: il governo dà qualche segnale ma insufficiente.
Montezemolo non contento dell’introduzione del cuneo (grande atto di responsabilità del governo che la Confindustria deve dimostrare di saper utilizzare in maniera ottimale) chiede altro, forse per conservarsi una stampella nel caso dovesse cadere (fallimento).
A leggere gli appelli alla riforma delle pensioni, che in realtà si riduce all’aumento dell’età pensionabile, ormai ritengo che sia la panacea di ogni male: aumentiamo, quindi, l’età pensionabile e così risaniamo il bilancio dello stato. E’ una soluzione così semplice che non capisco come mai un tecnico come Tremonti, che tanto ha creato, non l’abbia voluto a qualsiasi costo. Un medico che sa dove ha inizio la cancrena e non interviene arreca un danno all’ammalato. E’ un cattivo medico e l’ammalato perderà un braccio o una gamba. Così noi, pur avendo individuato il male e la cura, continuiamo, come quel medico, a ritardare l’intervento fino alla catastrofe finanziaria.
Non è una cosa seria. Lavoratori, sindacalisti, politici illuminati unitevi, costringete il parlamento a intervenire, poco importa se si andrà in pensione a 65 o a 70 anni, ma almeno abbiamo risolto il vero, l’unico problema che assilla l’economia italiana.
Ha ragione Montezemolo sulla produttività e la concorrenza, ma sull’argomento non capisco parecchie cose.
Che cosa è la produttività? Che cosa è la competitività? La competitività dipende dalla produttività o se c’è la competitività, la produttività va a gonfie vele? Le uniche cose che credo di comprendere riguardano il deficit infrastrutturale, la liberalizzazione, la ricerca, il sistema dell’istruzione e le complicazioni burocratiche e normative, anche se non capisco come mai il governo Berlusconi, liberista dichiarato, non abbia provveduto a realizzarli. Se la confindustria chiede con tale insistenza oggi, perché non ha fatto altrettanto ieri, quando al governo non c’era la sinistra radicale? Mistero.
Da nozioni scolastiche ricordo che la produttività è la quantità di beni e servizi prodotti da un lavoratore nell’unità di tempo. Essendo una legge economica, penso, nella mia stratosferica ignoranza, che non dipende da interventi governativi ma dalle politiche che attua l’azienda.
Ritornando alle nozioni scolastiche, con una produttività più elevata e costi globali costanti, si hanno minori costi unitari e una maggiore competitività. Quindi, la competitività è legata alla produttività e dipende anch’essa in buona parte dalla politica aziendale che riguarda gli investimenti in innovazioni tecnologiche e la ricerca, ma anche dalle competenze dello stato, quale la burocrazia e un sistema infrastrutturale efficiente e integrato.
Vorrei porre qualche domanda ai nostri capitani d’impresa.
Se con i vostri soldi (capitali) impiantate un’azienda, come determinate il vostro guadagno, al netto dei costi d’impianto e dei salari? Che rapporto c’è tra il benessere dell’azienda e il vostro benessere? Se l’azienda entra in crisi, perché chiedete l’intervento dello stato, cioè dei cittadini che pagano le tasse, e non intervenite col vostro patrimonio?
Data la mia ignoranza non mi addentro nell’argomento e attendo una risposta da chi ne sa più di me.
Ma vorrei porre alla Confindustria un patto di equità tra il guadagno dell’impresa e il salario dei lavoratori. Sarebbe un forte incentivo alla produttività e alla competitività.

22 novembre 2006

FORZA DI PACE INTERNAZIONALE A GAZA

Bolton, l’ambasciatore USA all’ONU, in merito alla proposta italo-francospagnola di inviare una forza di pace nella Striscia di Gaza per porre fine ai sanguinosi attacchi e contrattacchi che infieriscono soprattutto sulla popolazione civile (480 morti palestinesi, distruzioni di infrastrutture, mancanza di acqua e si luce, completa cessazione di ogni attività economica con la disoccupazione all’85%, 900.000 palestinesi assistiti dall’ONU) dichiara che “l’interposizione di una forza internazionale non crediamo possa contribuire a una soluzione permanente del problema dell’area”.
Ricordiamo che la Striscia di Gaza è mediamente larga 6 e lunga 42 Km (Kmq 252 il territorio di una media cittadina italiana) ed è abitata da 1.700.000 palestinesi.
Il giorno dopo. Il portavoce del ministro degli esteri israeliano, commentando la risoluzione di condanna dell’ONU circa l’uccisione di 19 palestinesi a Beit Hanun a causa di un bombardamento dell’artiglieria israeliana (un errore tecnico per Olmert, il primo ministro israeliano), e l’appello ad Israele idi cessare le azioni militari, afferma che la risoluzione “rappresenta un premio ai terroristi” e “non tiene conto che i terroristi si fanno scudo della popolazione palestinese”. L’ambasciatore israeliano all’ONU, inoltre, con grande rispetto, dichiara che “le forze del male tengono in ostaggio l’assemblea dell’ONU”. Senza dubbio una dichiarazione assai generosa sulle capacità intellettive e morali di un’assemblea che merita rispetto.
Infine, l’alto commissario dell’ONU per i diritti civili Louise Arbour, dopo la visita nella Striscia, denuncia gravi violazioni dei diritti nei territori palestinesi: “La violazione dei diritti umani…è intollerabile”. E ancora: “Essere qui, parlare e vedere con i miei occhi tutto questo è stata un’esperienza estremamente toccante”.
Il 20 scorso l’aviazione israeliana ha attaccato un veicolo che transitava a Gaza City. Bilancio provvisorio: due miliziani uccisi (l’obiettivo) e sei civili, tra cui una bambina di un anno, feriti (effetti collaterali…non voluti).
Non si vuol puntare il dito contro nessuno ma se gli USA fossero più recettivi e meno intransigenti (non si capisce perché), se gli israeliani tenessero nel dovuto conto le rioluzioni dell’ONU, se le ispezioni dell’ONU nella Striscia, nonostante le prese di posizione dei commissari, fossero tenute nella dovuta considerazione, se i palestinesi fossero più uniti, se…se…
Ma la storia non si fa con se, lo sappiamo, né tanto meno con la vecchia e infruttuosa strategia statunitense, israeliana e palestinese. Occorre cambiare metodo, partendo dalle sofferenze della gente palestinese e israeliana, di quella che vive per le strade e che ha diritto ad una vita serena nella pace. Ben venga, quindi, l’iniziativa italo-franco-spagnola se potrà aprire solo uno spiraglio nel nero di una lunga e sanguinosa guerra.
Gandhi: “Chiedi a te stesso il valore che la tua prossima azione avrà per l’uomo più povero della terra”.

21 novembre 2006

LEGGE ELETTORALE: E IL VOTO DI PREFERENZA?

Non è ripetitivo ritornare a parlare di legge elettorale perché i nostri “dipendenti”, ormai padroni, non sono interessati a cambiarla veramente.
L’apparenza: tutti i partiti,anche la Lega, condannano la “porcata” di Calderoli.
La realtà: tutti, per opportunismo politico (egoismo di partito) non sono in grado di abrogarla.
I primi a apporsi sono i partiti minori, specie quelli regionalistici o familiari che non vogliono la soglia di esclusione, 4 o 5 % che sia, né il ritorno ai collegi uninominali (segnerebbero la loro fine).
I partiti maggiori di governo non vogliono andare alle elezioni anticipate a legge approvata come invece chiede in modo pregiudiziale l’opposizione prima di discutere di riforma.
Rimarrebbe il referendum. Ma, anche in questo caso, i partiti minori si sono premurati a far sapere che, qualora un partito della coalizione lo sostenesse, si riterrebbero liberi da qualsiasi vincolo.
E i partiti maggiori governo? Se il referendum passasse, il parlamento si dovrebbe sciogliere. Quindi…non sono interessati, come quelli dell’opposizione
Il ministro Chiti proporrà ad alleati e opposizione la proposta D’Alimone, valente politologo e professore universitario, che si articola in cinque punti: premio di maggioranza al senato a livello nazionale; voto ai diciottenni anche al senato; eliminazione delle candidature plurime; i voti delle liste che non superano lo sbarramento saranno escluse dal computo per l’assegnazione del premio di maggioranza alla camera e al senato; inclusione dei voti della Val d’Aosta ai fini dell’assegnazione del premio di maggioranza alla camera.
Ritengo la proposta valida ma incompleta in quanto non fa cenno alcuno al voto di preferenza.
Ancora una volta il detentore della sovranità non viene preso in considerazione. Saranno i partiti a decidere chi rappresenterà il popolo in parlamento quando definiranno le liste bloccate da presentare agli elettori. Il voto di preferenza è l’unico strumento, anche se limitato, che permetta un possibile ricambio della classe politica che, vecchia e arrogante, ha paura di mettersi in discussione, affrontando il giudizio degli elettori. Sarà il trionfo del nepotismo (familiari, amici fidati…).
Dice il mio amico: “ Ma di cosa ti preoccupi; non è meglio avere qualcuno, per esempio un professionista della politica, che pensa per te, che interpreta i tuoi desideri, che ti conduca per mano recapitandoti al mattino il cibo della giornata e le informazioni giuste? Tanto loro sanno cosa è la democrazia e la tengono ben salda tra le mani”.
Ma il mio amico, spero l’abbiate capito, è un po’ strano, sembra di un altro pianeta.

20 novembre 2006

ROMA: IL CORTEO MALEDETTO

Poche decine, un centinaio…non è una questione di numeri. Bisogna avere il coraggio di chiamare le cose col loro giusto nome: è stato un atto di barbarie assoluta.
Una manifestazione per la pace in Medio Oriente si è trasformata in uno spettacolo indecente, partendo dal vergognoso e già sentito coro d’insulti (dieci, cento mille Nassiriya) al rogo dei tre fantocci avvolti nelle bandiere italiana, americana e israeliana.
Espressioni di sdegno e condanne verbale da parte delle istituzioni e dei politici…ma non basta.
Non è più il tempo della tolleranza e delle giustificazioni. I facinorosi manifestanti di indubbia provenienza devono essere isolati da tutti i democratici, specialmente da quelle forze politiche cui fanno riferimento e sulle quali gettano discredito (l’opinione pubblica fa presto ad associarle alla sinistra in genere). Così la destra con Cicchetto e Gasparri ha buon gioco nel paventare una sorta di complicità tra la maggioranza e il governo con i responsabili dell’ignobile misfatto, vista la partecipazione alla manifestazione del segretario del Pdci Di Liberto che sembra chiuda la faccenda con la seguente dichiarazione di condanna: “Chi grida certi slogan è nemico della causa palestinese. Il rogo è opera di quattro imbecilli”.
Non basta. L’onorevole Di Liberto, per il ruolo che svolge e per l’intelligenza politica che lo contraddistingue, non può parlare così semplicemente di quattro imbecilli, perché sa che non sono quattro imbecilli, considerando, tra l’altro, che non è la prima volta che partecipa a manifestazioni così composite e movimentate.
Il problema è molto più complesso e investe tutta la sinistra, da quella più moderata a quella radicale, ormai pure essa sinistra di governo, che deve dare delle risposte convincenti.
Come la democrazia non si esporta con le armi, la pace non s’impone con la violenza. Tanto basta, quindi, perché tutta la sinistra, da Fassino a Di Liberto, dichiari a voce “forte e chiara” che non ha niente in comune con questi facinorosi violenti e insensati; che non parteciperanno mai a nessuna manifestazioni che preveda la loro presenza. Tutto ciò senza doppi giochi e furberie.
La sinistra per affermare i valori propri non ha bisogno di avvalersi della violenza di pochi “imbecilli”, ma deve distinguersi. Deve isolarli, abbandonarli al loro destino.
Manifestare con determinazione ma con serenità si può. E Milano ne è la riprova. Forse l’onorevole Di Liberto avrebbe fatto meglio a unirsi ai manifestanti di Milano.

17 novembre 2006

L’ITALIA SETTENTRIONALE E IL PARTINCIUCIO ALL’ITALIANA

Sette regioni del Nord, le più industrializzate d’Italia (la Lombardia col più alto tenore di vita d’Europa) chiedono, giustamente ma guarda caso in un momento molto delicato per il governo (approvazione piuttosto travagliata della Legge Finanziaria), interventi relativi al potenziamento di infrastrutture e servizi pubblici e l’avvio di quelle concertate con l’Europa.
La gravità della situazione e la necessità di non più rinviare le opere emergono dall’unità di sette governatori appartenenti a due blocchi politici opposti.
Se a Roma, maggioranza e opposizione, superando il clima di continua campagna elettorale, si confrontassero costruttivamente, i numerosi problemi istituzionali aperti potrebbero trovare soluzioni condivise nell’interesse della collettività. Ma ciò è un’altra cosa.
Le ragioni esposte dal governatore Formigoni sono comprensibili e i problemi reali.
Nell’”Italia Settentrionale”, così si esprimono i sette, bisogna risolvere i problemi dell’affollamento delle autostrade, specie nelle ore di punta (basta percorrere la TO - VE per rendersene conto), quelli del pendolarismo (treni sporchi e, quando non cancellati, sempre in ritardo, superaffollati), quelli del trasporto aereo con gli enormi disagi nei collegamenti specie con Malpensa, quelli dell’ingresso nelle città (traffico caotico e spesso in tilt, con un altissimo inquinamento.
L’Italia non ha per confine il Rubiconde, ma scende lungo 1.600 KM (distanza che separa Milano da Palermo) di autostrada, se tale si può considerare la SA –RC, e presenta molto più gravi e urgenti problemi legati allo sviluppo (mancato) economico.
Assodata la necessità e, se volete, la sacralità della crescita economica del Settentrione, è necessario far emergere i problemi del Meridione che, se non sono più impellenti (solo per evitare campanilismi), nono molto più gravi e improcrastinabili.
Solo alcune esemplificazioni:
- Autostrade: mi chiedo se qualcuno dei sette abbia mai percorso le autostrade siciliane senza stazioni di servizio , senza manutenzione e sempre da ultimare, come d’altronde la A3, per non parlare dei collegamenti tra la Puglia e il Lazio o la Campania.
- Ferrovie: sa il governatore Formigoni che nella tratta (è una delle tante) Palermo - Trapani (un capoluogo e una provincia, da tanto) sono ancora in servizio le littorine, proprio quelle del fascismo, che vanno a gasolio; sa che, se si escludono la Messina – Palermo e la Messina – Siracusa, le altre tratte non sono elettrificate? Sa il governatore Burlando che per percorrere una tratta di c.a 50 Km (Palermo – Partitico) la famosa littorina impiega un’ora e mezza , salvo imprevisti (fermarsi in aperta campagna)? Sa il governatore Galan che la Messina – Palermo è a un solo binario e che i treni provenienti dal settentrione (o continente?) si trasformano in locali con tempi di percorrenza impensabili nel Settentrione?
- Aeroporti e porti: Formigoni, per sua fortuna, non ha porti e pensa, sempre giustamente, a un piano straordinario che “eviti il blocco del sistema…aeroportuale dell’Italia Settentrionale (una delle macroregioni di bossiana memoria. O non è un caso?)”, ma non ha mai visitato un porto o un aeroporto dell’Italia Meridionale (per restare in tema) che avrebbero bisogno immediato di investimenti proprio perché “la carenza di infrastrutture è un freno allo sviluppo economico”. Quante volte si è detto che la Sicilia per la sua posizione al centro del Mediterraneo deve diventare il nodo economico centrale tra l’Africa del Nord, il Medio Oriente e l’Europa?
Se è giusto, lo ritengo tale, il piano straordinario per rilanciare l’economia dell’Italia Settentrionale, è doveroso, molto doveroso, un piano straordinario che faccia uscire l’Italia Meridionale dal medioevo tecnologico.
Se è giusto investire risorse perché l’Italia Settentrionale rimanga ancorata all’Europa (linea ferroviaria ad Alta velocità Lione – Budapest attraverso Torino, Milano, Venezia, Trieste;varie opere autostradali che colleghino Genova a Rotterdam…) è doveroso elettrificare le linee ferroviarie dell’Italia Meridionale, rendere più efficienti le poche autostrade e costruirne altre necessarie allo sviluppo economico e che facciano da collegamento con i vari porti e aeroporti per far decollare un’economia arretrata e diminuire il gran numero di disoccupati e sottooccupati.
Oggi l’Italia, egregi governatori dell’Italia Settentrionale, è ancora uno Stato unitario e tutte le regioni hanno diritto ad un tenore di vita almeno dignitoso. Non ci possono essere figli e figliastri.
Avevo una decina d’anni, mi racconta il mio amico, e assistevo ad un comizio col papà nella piazza principale del paese. “Dobbiamo ricostruire l’Italia e capite bene, gridava l’oratore, che dobbiamo iniziare dal Nord dove esiste già un’industria….”
Dice Formigoni: “Non vogliamo escludere le altre regioni, ma le nostre infrastrutture sono cruciali per il Paese”.
Dove sta la differenza?
“Non c’è differenza”, rispondo.

12 novembre 2006

BEIT HANUN: ANCORA UN ERRORE…ANCORA UNA STRAGE

L’ultima strage porta il nome di Beit Hanun. Prima di questa, due donne che manifestavano (proteggevano dei miliziani, dicono gli israeliani. Ma ciò ha poca importanza…o tanta se è una giustificazione.) sono rimaste uccise, e prima ancora…l’elenco si farebbe troppo lungo.
Dal rapimento del caporale Ghilad Shalit tra i palestinesi si contano 300 morti (molti bambini) e 4.000 feriti: una reazione molto esagerata.
E’ una strage continua ed è gravissimo lo scarso interesse mostrato dalla cancellerie occidentali.
L’informazione (libera e indipendente?) non è da meno, anzi mette in evidenza le giustificazioni di Israele, ben sapendo che alla fine a forza di dirle le bugie, prima o poi, diventano mezze verità e poi verità assolute: nessuna responsabilità, ma solo casualità e ci sono pure …le scuse.
Per Olmert la strage è stata provocata, infatti, da un errore tecnico. Altre volte si è parlato di effetti collaterali, di vittime usate dai miliziani come “scudi” (oggetti di difesa che si possono abbattere4), di miliziani travestiti, di terroristi da eliminare e pazienza se molti pagano per l’unica colpa di trovarsi nei paraggi (tragici errori di armi intelligenti). Troppi errori tecnici e umani in questo impari conflitto. L’esistenza di Israele, ormai un dato di fatto incontrovertibile (tutti lo sanno, ma…), non può basarsi sul sangue, non è più ragionevole ne accettabile.
Spesso mi rivolgo le domande:
Perché le stragi provocate dai sofisticati missili israeliani sono errori tecnici giustificabili mentre i morti causati da razzi fai-da-te palestinesi sono esecrabili?
Perché gli attacchi dell’esercito d’Israele sono sacrosante reazioni a provocazioni e minacce e gli attacchi dei miliziani sono atti criminali?
Perché un soldato israeliano rapito riempie fogli di giornali e provocano sdegno e nessuno parla dei rappresentanti del governo palestinese rapiti e tenuti prigionieri nelle carceri israeliani?
Ho cercato delle risposte, ma sono diverse da quelle, ormai assimilate, di convenienza.
Penso che i due popoli, quello israeliano e quello palestinese, hanno il diritto di esistere in pace e prosperità, che i loro politici sono i veri responsabili di tali disastri che, prigionieri di vecchi schemi e di pregiudizi, non sapranno mai trovare una via d’uscita, una soluzione, dicono, conveniente.
Ma cosa c’è di più conveniente di far vivere il popolo in pace e senza il tormento della continua paura di un attentato?
La soluzione è più semplice di quanto non si creda, basta cercarla e, soprattutto, volerla.
Perché non applicare la risoluzione dell’ONU del Novembre del 1947?

P.S.: Il mio amico mi suggerisce un’ulteriore domanda: Perché chi può fare tanto (Bush), nonostante le reiterate promesse, non ha mosso un dito ma continua a giustificare le “reazione americane”?

11 novembre 2006

PROGETTO DI LEGGE DI INIIZIATIVA POPOLARE

“ITALIA SOCIALISTA” si fa promotrice di:
PROGETTO DI LEGGE DI INIZIATIVA POPOLARE (bozza)
In riferimento all’articolo 71 della Costituzione (“…Il popolo esercita l’iniziativa delle leggi mediante la proposta…di un progetto redatto in articoli”.) i signori Governanti Giuseppe, Mercaldi Michele…. presentano il seguente progetto di legge di iniziativa popolare riguardante la Legge elettorale che considerano lo strumento fondamentale per esercitare la democrazia e rendere così attivo il suo principio fondante espresso dall’articolo 1, comma 2 della Costituzione (“la sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.”):
Articolo n. 1 – Il cittadino alle elezioni politiche nazionali esercita il diritto di voto esprimendo il voto al partito e il voto di preferenza per un solo candidato della lista del partito votato.
Articolo n. 2- Il parlamentare può essere eletto solamente per due legislature comunque si concludano.
Articolo n. 3 - Possono essere candidati i cittadini italiani che non abbiano condanne passate in giudicato al momento della presentazione delle liste elettorali.
Articolo n. 4 - I cittadini possono candidarsi in una sola circoscrizione

La proposta si rivolge ai cittadini, alle associazioni, ai movimenti politici e culturali e ai partiti che vogliono modificare l’attuale legge elettorale (Calderoli) perché la sovranità espropriata ritorni al popolo..
In attesa di un riscontro, porgiamo distinti saluti.

PROGETTO DI LEGGE DI INIIZIATIVA POPOLARE

“ITALIA SOCIALISTA” si fa promotrice di:
PROGETTO DI LEGGE DI INIZIATIVA POPOLARE (bozza)
In riferimento all’articolo 71 della Costituzione (“…Il popolo esercita l’iniziativa delle leggi mediante la proposta…di un progetto redatto in articoli”.) i signori Governanti Giuseppe, Mercaldi Michele…. presentano il seguente progetto di legge di iniziativa popolare riguardante la Legge elettorale che considerano lo strumento fondamentale per esercitare la democrazia e rendere così attivo il suo principio fondante espresso dall’articolo 1, comma 2 della Costituzione (“la sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.”):
Articolo n. 1 – Il cittadino alle elezioni politiche nazionali esercita il diritto di voto esprimendo il voto al partito e il voto di preferenza per un solo candidato della lista del partito votato.
Articolo n. 2- Il parlamentare può essere eletto solamente per due legislature comunque si concludano.
Articolo n. 3 - Possono essere candidati i cittadini italiani che non abbiano condanne passate in giudicato al momento della presentazione delle liste elettorali.
Articolo n. 4 - I cittadini possono candidarsi in una sola circoscrizione

La proposta si rivolge ai cittadini, alle associazioni, ai movimenti politici e culturali e ai partiti che vogliono modificare l’attuale legge elettorale (Calderoli) perché la sovranità espropriata ritorni al popolo..
In attesa di un riscontro, porgiamo distinti saluti.

08 novembre 2006

L’ESPROPRIO DELLA SOVRANITA’ E LA DITTATURA DEI PARTITI

Walter Veltroni, sindaco di Roma e voce di rilievo dei DS, lancia la proposta di una costituente “che riscriva le regole del gioco, le norme che regolano i rapporti tra esecutivo e legislativo, in modo tale da avere un parlamento che controlli e dia gli indirizzi ad un governo che operi nella pienezza dei suoi poteri”.
Non penso che “la lentezza e la farraginosità della politica” siano dovute alla mancanza di regole, ma al fatto che i politici non hanno il senso della comunità, considerano la controparte un nemico e per conservare il potere sono disposti a usare la loro forza parlamentare in modo strumentale e improprio.
La costituzione prevede quanto auspicato da Veltroni e rende, quindi, inutile una costituente, necessaria solo dopo un trauma di natura politico-sociale.
Quando si parla di riscrivere le regole si sottintende di cambiare una parte della costituzione e i cittadini con un recente referendum hanno espresso parere negativo al proposito. Ecco, il rispetto della volontà popolare è la prima e più importante regola cui i politici devono attenersi.
Per avere un buon funzionamento della vita politica e sociale, per ricostruire il giusto rapporto tra i cittadini e i politici, occorre che ognuno di noi abbia acquisito come naturale (facente parte della natura dell’uomo) il comma 2 dell’art. 1 della costituzione che così recita: “La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della costituzione”. Tutto il resto e polvere…inquinamento.
Dopo la vicenda di tangentopoli, quando, cioè, sembrava che il popolo potesse esercitare compiutamente la propria sovranità, i partiti poco a poco hanno ripreso in mano il “pallino”. Hanno cominciato a non tener conto dei vari referendum succedutisi (vedi referendum sul finanziamento pubblico dei partiti) fino all’ultima sciagurata legge elettorale approvata dal governo Berlusconi, con la quale il cittadino è stato espropriato della “sovranità”
Con l’abolizione del voto di preferenza, infatti, sono i partiti a decidere i rappresentanti del popolo, divenendo, così, i veri padroni delle istituzioni, potenti SpA . Il vero punto nevralgico (malattia) è proprio questo: l’esproprio della sovranità e la dittatura dei partiti.
Gli esponenti del centro sinistra durante la campagna elettorale hanno sostenuto che la legge elettorale sarebbe stata annullata come sarebbe successo per le leggi ad personam. Ad oggi non se ne parla, anzi sta diventando, stando alle dichiarazioni, un tabù.
Nel ragionamento di Veltroni non c’è nessuna novità, la proposta viene fuori da un vecchio schema mentale, gattopardesco e inefficiente.
Bisogna dare potere al popolo, attraverso una legge elettorale che ridia a ciascuno il giusto ruolo istituzionale, quello antico, quello dell’Illuminismo (Montesquieu, D’Alambert..).
Il politico è un nostro amministratore delegato e se non lo consideriamo più all’altezza del ruolo, o quando il rapporto di fiducia si inclina, dobbiamo avere il potere di non mandarlo in parlamento. Ma non è quello che l’attuale legge elettorale ci permette di fare. Riprendiamoci la sovranità.

I VUOTI DI MEMORIA DELLA CDL

E’ veramente patetico vedere il portavoce di FI, on. Bondi, invocare l’intervento del Capo dello Stato (ora garante…poi vedremo…) se il governo porrà la fiducia sulla Finanziaria.
Il già presidente della Camera, on. Casini, parla di esproprio delle prerogative del Parlamento e l’ex ministro dell’economia, on. Tremonti, di attentato ala democrazia.
Il capo di AN, on. Fini, già vice di Berlusconi, afferma che “ci sarà, se la porranno, una reazione durissima”. La stessa falsariga tengono i molti rappresentanti della CdL nella loro passerella televisiva.
Un portavoce autorevole, un presidente della camera, un ministro dell’economia, un ministro degli esteri, esponenti di primo piano, dunque, del passato governo, sembra abbiano dimenticato (un vuoto mentale capita a tutti, specie a chi vuol rimuovere il proprio passato…) le tante volte in cui il loro governo pur disponendo di una maggioranza straripante sia alla camera che al senato, ha posto la fiducia come è successo per le ultime tre finanziarie.
Niente di grave, per carità, se il comportamento di oggi deriva dalla consapevolezza delle buone ragioni della democrazia, dopo anni di foschia istituzionale. Meglio tardi che mai!
Per l’on. Bondi è un’altra conversione sulla strada di Damasco, tanto non costa nulla; per l’on. Casini una confessione a voce alta di qualche peccatuccio istituzionale, una penitenza più toccante e più partecipata; per il creativo vice presidente di FI un’occasione persa di ben tacere; per l’on. Fini l’ennesima indignazione verso i comportamenti altrui, come il gobbo della favola di Fedro.
La Finanziaria rappresenta l’atto più importante di ogni governo ed è giusto che il Parlamento possa dibatterne i contenuti. In una democrazia adulta, con politici all’altezza del compito assegnato loro dagli elettori (essere al servizio del proprio Paese in modo disinteressato e non al servizio della pars d’appartenenza), il problema della fiducia non si porrebbe in quanto il confronto, nel rispetto dei ruoli (governo, opposizione) si realizzerebbe nei limiti della correttezza, con lealtà e senza ostruzionismo: non è possibile discutere e votare migliaia di emendamenti
Se il governo fosse battuto sulla finanziaria neanche l’opposizione, specie la più responsabile, avrebbe da rallegrarsene. Consultazioni, tentativi di grande coalizione o di governi tecnici, di governi a tempo, l’esercizio provvisorio, l’Europa, la nostra credibilità,, il treno del risanamento che poassa…elezioni anticipate con una legge elettorale che è “una porcata” e che potrebbe riproporre la stessa precarietà di oggi. Avremmo, insomma, un Paese allo sfascio e senza futuro.
Se lor signori vogliono questo, allora continuino nella strada dell’irresponsabilità e nella vecchia abitudine, tutta italiana, del “muore Sansone con tutti i Filistei”.

I VUOTI DI MEMORIA DELLA CDL

E’ veramente patetico vedere il portavoce di FI, on. Bondi, invocare l’intervento del Capo dello Stato (ora garante…poi vedremo…) se il governo porrà la fiducia sulla Finanziaria.
Il già presidente della Camera, on. Casini, parla di esproprio delle prerogative del Parlamento e l’ex ministro dell’economia, on. Tremonti, di attentato ala democrazia.
Il capo di AN, on. Fini, già vice di Berlusconi, afferma che “ci sarà, se la porranno, una reazione durissima”. La stessa falsariga tengono i molti rappresentanti della CdL nella loro passerella televisiva.
Un portavoce autorevole, un presidente della camera, un ministro dell’economia, un ministro degli esteri, esponenti di primo piano, dunque, del passato governo, sembra abbiano dimenticato (un vuoto mentale capita a tutti, specie a chi vuol rimuovere il proprio passato…) le tante volte in cui il loro governo pur disponendo di una maggioranza straripante sia alla camera che al senato, ha posto la fiducia come è successo per le ultime tre finanziarie.
Niente di grave, per carità, se il comportamento di oggi deriva dalla consapevolezza delle buone ragioni della democrazia, dopo anni di foschia istituzionale. Meglio tardi che mai!
Per l’on. Bondi è un’altra conversione sulla strada di Damasco, tanto non costa nulla; per l’on. Casini una confessione a voce alta di qualche peccatuccio istituzionale, una penitenza più toccante e più partecipata; per il creativo vice presidente di FI un’occasione persa di ben tacere; per l’on. Fini l’ennesima indignazione verso i comportamenti altrui, come il gobbo della favola di Fedro.
La Finanziaria rappresenta l’atto più importante di ogni governo ed è giusto che il Parlamento possa dibatterne i contenuti. In una democrazia adulta, con politici all’altezza del compito assegnato loro dagli elettori (essere al servizio del proprio Paese in modo disinteressato e non al servizio della pars d’appartenenza), il problema della fiducia non si porrebbe in quanto il confronto, nel rispetto dei ruoli (governo, opposizione) si realizzerebbe nei limiti della correttezza, con lealtà e senza ostruzionismo: non è possibile discutere e votare migliaia di emendamenti
Se il governo fosse battuto sulla finanziaria neanche l’opposizione, specie la più responsabile, avrebbe da rallegrarsene. Consultazioni, tentativi di grande coalizione o di governi tecnici, di governi a tempo, l’esercizio provvisorio, l’Europa, la nostra credibilità,, il treno del risanamento che poassa…elezioni anticipate con una legge elettorale che è “una porcata” e che potrebbe riproporre la stessa precarietà di oggi. Avremmo, insomma, un Paese allo sfascio e senza futuro.
Se lor signori vogliono questo, allora continuino nella strada dell’irresponsabilità e nella vecchia abitudine, tutta italiana, del “muore Sansone con tutti i Filistei”.

30 ottobre 2006

SENTENZA ENROE E FALSO IN BILANCIO

La sentenza sul fallimento della ENROE contiene una condanna esemplare, 24 anni di carcere, per il presidente dell’azienda Jeffrey Skillingé in quanto ritenuto responsabile.
In Italia il governo Berlusconi ha depenalizzato il falso in bilancio affermando così la teoria (regola?) secondo la quale “il mio denaro è mio e il tuo pure e ne faccio quello che voglio”, per cui migliaia di risparmiatori-azionisti si possono trovare da un momento all’altro con un pugno di mosche in mano e senza mai conoscere il responsabile.
Esempi lampanti sono Cirio e Parmalat che hanno evidenziato una certezza: gli azionisti contano solo al momento dell’acquisto del titolo poi…che Dio li aiuti.
A maggior conforto dei manager senza etica e senza coscienza è intervenuto il recente bipartinciucio dell’indulto che utilizzeranno anche gli affaristi Cirio-Parmalat. Questi, se condannati perché ritenuti colpevoli, potranno usufruire di tre anni di abbuono (…per una condanna di tre anni non si entra in carcere…giudicate voi.): sicuramente un regalo troppo grande per chi ha portato due aziende al fallimento.
Mi sono sempre chiesto come mai in Italia, tra indulti e condoni, nessuno dei potenti paga. Se il loro lavoro è molto ben pagato perché gravato da grandi responsabilità perché alla fine le loro sono sempre responsabilità relative o molto relative? Se così è perché non rendono il maltolto? Se hanno condotto una vita dispendiosa e avvolta nel lusso più sfrenato, perché, al momento dell’accertamento del crollo finanziario, le autorità non trovano che un patrimonio ormai disfatto? Ville, barche, aerei, tutto sparisce d’incanto!
La vicenda ENROE è, comunque, esemplare. Ci dimostra che non si pùò giocare con i sacrifici degli altri e “chi rompe paga” e subito.
Gli americani per queste cose sembrano di un altro pianeta. In Italia, mi suggerisce il mio amico, c’è libertà d’impresa e di…presa. E poi, la giustizia funziona che è una meraviglia.
Provate a rubare una mela al supermercato!

UN ALTRO BIPARTINCIUCIO

Un gruppo di onorevoli e personalità di varia cultura, capitanati dal trio Guzzetti – Realacci – Segni (toh , chi si rivede!), propone un referendum abrogativo parziale (una trovata geniale) riguardante l’attuale legge elettorale, col patrocinio delle maggiori forze politiche (DS, Margherita, FI, AN).
Si propone di cancellare le candidature multiple, di dare il premio di maggioranza alla lista più votata e non alla coalizione, di mantenere gli sbarramenti del 4% e dell’8 % senza ripescaggi.
Il trio si mobiliterà per un referendum dai costi elevati per la comunità, quando, data la consistenza numerica degli sponsor, si potrebbe modificare la legge elettorale in parlamento. Ma , si sa. Chiunque ha il diritto di ritagliarsi un pezzo di notorietà…dopo tanto silenzio.
Condivido i tre quesiti per ragioni molto semplici:
- il rispetto degli sbarramenti è necessario per evitare il proliferare di partitini fai da te che, grazie a deroghe ad hoc , possono avere rappresentanze parlamentari anche determinanti (è il caso dei due partitini, Democrazia Cristian e Nuovo PSI, che assieme hanno racimolato solo il 6 %);
- è giustissimo eliminare le candidature plurime per evitare non solo l’effetto trascinamento dei leader ma di mettere in secondo piano o eliminare del tutto i candidati locali;
- il premio di maggioranza alla lista serve a evitare calcoli farraginosi e situazioni strumentali.
Ma l’aspetto più grave della legge che si vuole “referendare”, la mancanza del voto di preferenza, non è stato nemmeno marginalmente sfiorato.
Saranno ancora i partiti a nominare i candidati (ma perché chiamarli ancora così? Non è meglio chiamarli “gli eletti”?).
Una lista in tal modo composta (i primi sicuri di andare e gli altri a portare acqua e a chiedere indennizzi: commissioni, presidenze, posti nei C A…) è un atto di arroganza e di mortificazione della democrazia. Un esproprio del diritto del cittadino di esprimere la preferenza per questo o quel candidato ritenuto più valido..
I partiti diventano , quindi, delle vere e proprie SpA col loro Consiglio di Amministrazione e il loro Amministratore Delegato. Che motivo c’è di tenere aperta una struttura così costosa e ormai inutile come il parlamento? Non si potrebbe pensare a una struttura più leggera e, perché no, itinerante, come un Consorzio (da noi ce ne sono tanti…) col suo CD e il suo AD, espressione della maggioranza azionaria del momento?
E pensare che c’è ancora chi ingenuamente pensa che i partiti hanno lo scopo di raccogliere le istanze dei cittadini e tradurle in proposte politiche! Che c’è ancora chi pensa che funzionano in modo democratico con congressi veri come in FI! Che, quando impongono come parlamentarti mogli, fratelli e parenti, lo fanno perché ne riconoscono le grandi capacità spesso…in embrione.
Forse un giorno ci riprenderemo la sovranità scippata. Ma quando?

29 ottobre 2006

DA BAMBERG A VICENZA

Il comune di Vicenza ha approvato a maggioranza la costruzione di una base logistica che dovrebbe ospitare i militari americani della 173 brigata paracadutisti attualmente di stanza in Germania (Bamberg e Schweinfurt), nonostante la protesta di ben 9 diversi comitati di cittadini determinati ad andare avanti con un referendum popolare.
L’approvazione del consiglio comunale è solo il primo passo verso la costruzione della base USA perché l’ultima parola spetterà al governo.
Al di là del consueto iter burocratico, bisognerà chiedersi perché i 2.000 e passa soldati americani debbano trasferirsi in Italia.
La situazione geopolitica dalla caduta del muro di Berlino è notevolmente cambiata. E’ il Medio Oriente l’area da cui possono arrivare i pericoli, non più l’Est europeo.
Smantelliamo, dunque, le basi in Germania e li trasferiamo in Italia dove opera un governo amico (Berlusconi). Tanto l’Italia rinuncia con facilità a spazi di sovranità (Aviano, Maddalena…), per non scontentare il potente alleato. Così l’Italia diventa il centro di raccolta delle truppe NATO, il punto di partenza di qualsiasi spedizione (per difendere l’Occidente e la democrazia, s’intende!).
Invece di smantellare le basi presenti nel nostro territorio, rinegoziando gli accordi altri se ne sottoscrivono, come sempre segretamente, facendo dell’Italia una caserma NATO.
Ma dico, non sarebbe stato meglio pensare alla Grecia e alla Turchia? Sono più vicine al nuovo “teatro operativo” ed eventuali interventi sarebbero più immediati.
E’ inutile ironizzare, dice il mio amico. Sarebbe più logico, continua, che l’Italia ricominciasse a esercitare la sua sovranità su pezzi di territorio su cui non mette naso da anni dove si “sperimenta” di tutto e dove c’è depositato di tutto, dalle armi convenzionali più sofisticate alle testate nucleari.
E meno male che la nostra Costituzione contiene l’articolo n. 11!

25 ottobre 2006

UN DIRIGENTE PER SEI DIPENDENTI, UN CAPOUFFICIO PER DUE DIPENDENTI

Non capisco lo scalpore suscitato dall’articolo di Attilio Bolzoni (“la Repubblica” del 23/10/0’6).
Il direttore generale dell’”Agenzia per le acque e i rifiuti”, poveretto, racimola circa 568 mila euro, lordi e comprensivi di tutte le indennità, alla luce del sole e per di più deve…guadagnarsele.
Siamo in Sicilia, una regione a statuto speciale, governata dall’on. Salvatore Cuffaro e dalla CdL allargata al MpA di Lombardo.
Non avete la più pallida idea del lavoro che attende il “direttore generale”, altro che miracolo: fare arrivare con una certa continuità l’acqua in tutte le case dell’isola e nel contempo fare pulizia.
Il generale in pensione Roberto Jucci, nella sua breve esperienza, osserva Bolzoni, stava raggiungendo buoni risultati a costo zero ma è stato rimosso. Ma provi a immaginare , caro Bolzoni, quali risultati si raggiungeranno se da un costo zero si passerà a 568 mila!
Ma poi, perché meravigliarci? In Italia, la bengodi dei manager, questi percepiscono compensi milionari per portare al fallimento le aziende e liquidazioni favolose per lasciarle e andare a dirigerne altre…con lo sesso risultato nel rispetto di un consolidato turn over
Il vero scandalo, quello che i politici conoscono e che la Corte dei conti ha sottolineato (art. di Sara Scarafia, “la Repubblica” del 30/06/06), riguarda l’allegra amministrazione della res pubblica, lo sperpero del denaro pubblico:
- la spesa sanitaria assorbe il 57% (8 miliardi di euro) del bilancio della regione “a fronte di servizi scadenti”(procuratore della Corte, dottor Coppola). Si pagano gli stipendi di bel 47.889 dipendenti, mentre gli ospedali di Palermo alla data del 28 Luglio erano privi della Risonanza. Il Civico e il Policlinico, secondo le loro previsioni dovrebbero ormai averlo in dotazione da settembre.
- la spesa per il personale è aumentata del 9%. Sono circa 15.000 i dipendenti regionali, 2.200 dei quali dirigenti: un dirigente per sei dipendenti, un capoufficio per due dipendenti. In Lombardia il rapporto è di un dirigente ogni 60 dipendenti. Gli stipendi vanno da un minimo di 50 mila euro a un massimo, almeno per ora, di 200 mila e il loro contratto è stato firmato il 31Luglio con aumenti mensili che vanno da 435 a 695 euro al mese e relativi arretrati da 13.450 a 19.610 euro (art. di Emanuele Lauria, “la Repubblica” dell’1/08/06).
- i consulenti esterni sono…di casa, tanto che nel 2005 sono aumentati del 4,9%.
- gli uffici di gabinetto, presidenza e assessorati, nel 2005hanno speso una cifra da capogiro: 56,5 milioni di euro, 5,5 dei quali per ospitalità e rappresentanza (La Lombardia la miseria di 395 mila euro).
Una regione indebitata fino al 2022 non può spendere come una virtuosa: è una vergogna, uno schiaffo ai tanti disoccupati e pensionati sociali.
Se per amministrare un territorio ampio e popoloso la Lombardia ha bisogno di un numero di dipendenti e funzionari molto inferiore e i cui stipendi non raggiungono cifre da scandalo, perché la Sicilia va molto oltre? E’ una conseguenza dell’autonomia, suggerisce il mio amico…. Ma non scherziamo, altre regioni sono autonome!
Io penso che gli organi di controllo dello Stato non possono limitarsi a prendere atto e a dare suggerimenti. Devono andare oltre, devono intervenire portando la barca in acque più tranquille.
Non è moralmente corretto pagare così tanto i funzionari e avere 1,3 miliardi di deficit nella sanità; non è possibile avere un esercito di consulenti, di dipendenti e creare l’Agenzia per le acque, se l’unica acqua su si può fare affidamento è l’acqua piovana (grazie santa Rosalia), se mancano strutture e infrastrutture efficienti e moderne (la linea ferrata Palermo – Trapani, a binario unico e non elettrificata, è servita ancora dalla gloriosa littorina), se la disoccupazione è altissima e non accenna a diminuire.
Sono queste anomalie che lo stato deve risolvere. Non può far finta di niente. E’ un obbligo morale verso tutti i cittadini combattere sprechi e privilegi, usando le risorse per rilanciare l’economia.. Penso che, perdurando la condizione culturale secondo cui vale il detto “aiutati che Dio t’aiuta” non si potrà sconfiggere la mafia. E’ determinante, innanzitutto, combattere, non a parole però, l’ingiustizia e la prevaricazione e quel sostrato culturale di furbizia e di prepotenza che porta il più mite dei siciliani ad assumere senza volerlo atteggiamenti che ai non siciliani sembrano mafiosi.

22 ottobre 2006

HANNO DIMENTICATO LA BICICLE TTA

E se si cominciassero a tassare le biciclette?
Dal triciclo alla bici di montagna, a quella da passeggio, di corsa, con osenza il portapacchi , con o senza seggiolino per il bambino, con o senza la canna orizzontale del telaio.
Si può pensare di tassare il numero delle ruote o dei raggi; il peso della bici (più è leggera più si appesantiscono le tasse)con ciclista o con carico.
E i controlli sullo stato dei tubolari, più o meno lisci?
E la RCB (Responsabilità Civile Bicicletta)?
E il casco protettivo dai due anni in su?
E la giacca coi catarifrangenti?
E la pompa al seguito, le luci avanti e retro, e il carter per non sporcarsi i pantaloni, la borsetta porta arnesi per riparare le imprevedibili forature, il campanello e il….libretto di circolazione e la targa?
Per il fisco sarebbe una vera manna, coi cittadini orgogliosi di contribuire al risanamento del Paese.
E il bollino blu e la revisione annuale…?
Ma si sa, le VERE RIFORME in Italia hanno la pedalata corta…non arrivano mai.

17 ottobre 2006

I PARLAMENTARI E GLI SPACCIATORI

Se viene arrestato un tossicomane in possesso di droga, la polizia cercherà di conoscere lo spacciatore.
Il tossicodipendente si guarderà bene dal fare il nome per motivi ovvi che tutti possiamo ben immaginare e la difesa del reo, parlerebbe di “inaffidabilità” del cliente (accusa non del tutto infondata per via dello stato psicologico del tossicomane).
E poi, il tossicodipendente non ha , o non ritiene di avere, l’obbligo morale di fare nomi.
Non così il parlamentare che per il cittadino è un essere integerrimo e affidabile, al di sopra di ogni sospetto, un missionario che lavora per il bene comune (allora, perché l’avrebbe votato?).
Egli ha, pertanto, obbligo morale di fare il nome dello spacciatore che lo rifornisce: non può prima legiferare in proposito e poi misconoscere la legge; non può giurare fedeltà alla costituzione e poi essere reticente (tra l’altro, se non erro, la reticenza è un reato).
La condizione di inaffidabilità penso che non valga per i parlamentari-dipendenti perché, se così non fosse, se fossero, cioè, inaffidabili, dovrebbero essere licenziati in quanto non idonei a svolgere la funzione loro affidata dai datori di lavoro (i cittadini).
Mi fa notare, infine, il mio amico che se gli elettori avessero conosciuto questa loro debolezza forse non li avrebbero votati. Così è venuto a mancare il rapporto di fiducia tra l’elettore e l’eletto.
Inaffidabile, reticente, bugiardo sono aggettivi. E la sostanza?
Dovrebbero dimettersi e il parlamento, in quanto rappresentativo del Paese, dovrebbe mostrare il dovere morale verso i cittadini, lavorando ad un provvedimento che preveda per un così grave reato, qualora verificato, l’automatica decadenza.
Potrebbe essere il primo passo verso la ricostruzione di un rapporto di stima tra i cittadini e i parlamentari.

13 ottobre 2006

COLUMBUS DAY: MAX-DELEGAZIONE DELLA CAMPANIA

La ministra Bonino critica la missione della Campania per il Columbus Day: una delegazione di 160 persone e un costo di 729 mila euro.
Le spese, spiega Sandra Lonardo Mastella, presidente del consiglio regionale della Campania e capo delegazione, provengono da fondi europei (399 mila euro), dalle province campane (250 mila euro) e dalla regione Campania (80 mila euro). La missione, inoltre, ha lo scopo di promuovere le imprese campane per ottenere delle future commesse.
L’obiettivo è in se buono, ma bisogna interrogarsi sulla necessità e opportunità di una così folta delegazione per non dare l’impressione ai cittadini di un viaggio turistico e se non fosse stato meglio investire, se non tutte, una parte dei 729 mila euro, data la grave emergenza rifiuti della Campania, nello smaltimento degli stessi.
La situazione è così grave che è stato mandato a Napoli il capo della protezione civile Bertolaso, nominato con D.G. commissario straordinario per l’emergenza in Campania fino al Dicembre 2007.
Inoltre, in un momento di emergenza economica che vede la Legge Finanziaria tagliare i contributi dello Stato di alcuni miliardi alle regioni, la spesa di 729 mila euro per portare in vacanza, pardon in delegazione, 160 persone, sinceramente sembra uno spreco, specie per una regione dalle tante emergenze.
Bisogna avere più rispetto per i cittadini che, pagando le tasse, anche quelle di provenienza europea, hanno il diritto di vivere in un territorio ...pulito.
160 persone, tra cui 14 artisti, sono un’infinità.
Se ogni regione avesse partecipato al Columbus Day mediamente con una delegazione di 120 persone avremmo portato a New York una piccola comunità di 2500 persone.
Se ogni regione avesse speso mediamente 700 mila euro, il costo complessivo sarebbe stato di 14 milioni di euro, una enormità, forse il bilancio di una media città.
Non si possono chiedere sacrifici ai cittadini, signora Lonardo Mastella, e poi usare allegramente il denaro ottenuto con le tasse. E’ una questione di buon senso, oltre che di opportunità politica.
Un padre di famiglia, in momenti di crisi economica familiare, non può chiedere ai figli di abbandonare gli studi, mentre lui ogni sera andrà a cenare al ristorante.

12 ottobre 2006

LA DROGA NEL PARLAMENTO

Se una grande azienda privata, mettiamo la FIAT, acclara che il 30% dei suoi dipendenti si droga in maniera abituale che cosa fa? Farà finta di niente o prenderà provvedimenti?
La risposta non è difficile: prenderà dei provvedimenti in quanto il suo manufatto, se mal progettato o mal costruito, arrecherà danni agli automobilisti e, quindi, a sé stessa.
Oltre ai cittadini-automobilisti anche i politici nella quasi totalità approveranno la decisione dell’azienda, indipendentemente dal modo in cui è venuta a conoscenza della situazione.
Nessuno vuole guidare o lasciar guidare ai suoi familiari un mezzo rischioso!
Allora, perché noi italiani dobbiamo essere governati da “dipendenti” che per il 30% si drogano?
E se sono nostri dipendenti (li retribuiamo con stipendi d’oro e con benefit di ogni genere) perché non possiamo licenziarli prima della scadenza del loro mandato?
Il Parlamento , mi dice un amico, è rappresentativo degli italiani per cui accanto alle persone per bene siedono i corrotti, i corruttori, i sodali, i drogati…
E pensare che alcuni mesi fa, epoca Berlusconi, i nostri dipendenti hanno approvato una legge abbastanza punitiva a proposito dell’uso della droga….
Ma i nostri dipendenti, suggerisce l’amico, hanno a cuore la nostra salute in quanto datori di lavoro e la legge è stata fatta per noi. Siamo noi e i nostri figli a doverla rispettare.
Ma se i “dipendenti” si drogano, da qualche parte prenderanno (compreranno) gli stupefacenti o qualcuno gliela recapiterà.
Allora conosceranno….e se li conoscono perché non li denunciano? E se non li hanno finora denunciati perché la magistratura non apre un procedimento?
Forse perché “la soffiata” è considerata illegittima e, quindi, se procedimento ci sarà, saranno “le Iene” a subirlo….così imparano!
P.S.:
Una democrazia in cui si è rotto il rapporto tra i cittadini e i politici, “dipendenti” ma anche padroni,è una democrazia malata, al limite dell’esproprio, che prima o poi esploderà.
Una democrazia sana prevede forme di controllo per i propri dipendenti, a parte il fatto che deve mantenere il DIRITTO di sceglierli (l’attuale legge elettorale non lo permette).

28 settembre 2006

MISSIONE IN LIBANO: “BIPARTINCIUCIO”

Dal “Dizionario Italiano Garzanti”:
Bipartisan: voce inglese, propriamente “bipartitico”; si dice di orientamento politico concorde dei partiti di maggioranza e di opposizione.
Inciucio: dal napoletano ‘nciucià, propriamente “parlottare segretamente”; accordo politico non lineare, frutto di basso compromesso.
Neologismo (G.Governanti.)
bipartinciucio: voce anglo-napoletana, propriamente “segreto parlottare bipartitico; accordo politico non lineare, frutto di basso compromesso tra i partiti di maggioranza e di opposizione.
Ad oggi tra il governo Prodi e l’opposizione si sono avuti tre “bipartinciuci”: l’indulto, il decreto brucia-intercettazioni (caso telecom), missione in Libano.
Il governo, con una dichiarazione del ministro D’Alema, ha accolto un odg della CdL che esprime “apprezzamento nei confronti delle forze armate per lo spirito umanitario e di pace e per le modalità di comportamento nelle missioni internazionali, sempre in linea con i valori espressi dall’articolo 11 della Costituzione…”
Prodi esprime grande soddisfazione: “E’ stato il miglior risultato…: la maggioranza è stata compatta, l’opposizione divisa (la Lega ha detto “no”).” Un’esultanza non giustificabile in quanto la maggioranza non ha votato, così hanno deciso, e l’opposizione può, a ragione, considerare la vicenda un suo successo.
Fini, infatti, non solo può affermare che “…le missioni militari italiane si sono sempre svolte nel rispetto dell’articolo 11 della Costituzione” ma può affondare: “Presto ricorderò le due dichiarazioni di due ministri e di due segretari di partito secondo cui la missione in Iraq era incostituzionale.”
Con l’accettare l’odg della CdL il governo ha, di fatto, rinnegato le motivazioni politiche e morali sulla natura della missione in Iraq, mai accettata e che ha portato milioni d’italiani a imponenti proteste nelle piazze; Ha avallato, inoltre, la politica estera del governo Berlusconi, accettandone la continuità. Tutto questo per un voto unitario che, al di là della mera retorica patriottica, porta solo vantaggi alla CdL (avrebbe dovuto essere lei a spiegare agli italiani e al contesto internazionale il suo eventuale voto contrario alla missione) e discredito alla maggioranza., che dimostra di essere incoerente e pavida.
Se il buon giorno si vede dal mattino allora…pioverà.Art.11 della Costituzione: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali…”

19 settembre 2006

I PRIVILEGI n. 5 ( I BENEFIT DELL’EX GOVERNATORE FAZIO)

Sono regolari, così afferma la Procura, i benefit concessi dai vertici di Bankitalia all’ex governatore di Fazio.
Per la FALBI (sindacato autonomo interno) i benefit sono illegittimi e vanno eliminati.
Ma andiamo per ordine:
- nel bel mezzo della bufera (Opa, Fiorani, Unipol, furbetti del quartiere), finalmente, il potente (quasi un re, considerato il suo mandato a vita) governatore Fazio il 19 dicembre 2005 si dimette;
- il 29 dicembre 2006 i consiglieri superiori di Bankitalia concedono, con voto unanime (11 voti favorevoli su undici presenti) i seguenti benefici: auto con autista, segretaria, ufficio a villa Huffer;
- i sindacati contestano la scelta dei consiglieri (Fazio non è più un dipendente, né è stato nominato governatore onorario) investendo la magistratura;
- la Procura di Roma, esaminato il regolamento di Bankitalia e la procedura adottata, decide per l’archiviazione: i benefit sono legittimi;
- la Corte dei conti nel frattempo da il via a un’indagine (possiamo prevedere come finirà).
Non è un problema di legittimazione ma è un problema di convenienza e opportunità, che mette in evidenza la differenza di trattamento tra lavoratori.
I benefit non sono altro che dei benefici di medievale memoria, sono dei privilegi.
Certamente Fazio ha dato tanto, specie in credibilità e affidamento internazionale, e per ripagarlo non sono bastate né la liquidazione né la pensione, entrambe di platino, ma è stata necessaria un’integrazione molto gratificante.
D’altro canto, bisogna capire che l’ex governatore deve mantenere il tenore di vita abituale e non può permettersi di attingere alla pensione. Ha fatto bene la Bankitalia a provvedere e Fazio ad accettare. E, d’altro canto, il regolamento di Bankitalia lo prevede.
Ma è poi corretto che siano previsti benefit di questa portata? E possibile dare sempre di più a chi più ha? Non sarebbe più corretto, come succede in molti Paesi occidentali, eliminare tali privilegi che non hanno ragione di esistere dopo la messa a riposo, volontaria o no, del lavoratore?
Per quale motivo Fazio ha bisogno dell’auto con autista, della segretaria e dell’ufficio? Svolge delle funzioni per Bankitalia o va solo per abitudine o per leggere il giornale? Ciò non rappresenta un’offesa per tanti pensionati che sopravvivono con 470 euro mensili?
Misteri…ma l’Italia è piena di misteri. Non entriamo , infine, in merito alle liquidazioni e alle pensioni di manager più o meno validi. Sarà un futuro argomento.
Cologno 19,09,06

14 settembre 2006

BERLUSCONI E FINI: NO ALLA MISSIONE DI PACE IN LIBANO

Non capisco la richiesta di FI e AN, pretestuosa e strumentale ma autolesionista in quanto finora nessuno la capisce, nemmeno i loro elettori, di votare la missione di pace italiana in Libano solo se verrà approvato un ordine del giorno che affermi la continuità della politica estera italiana e riconosca che sia la missione italiana in Afghanistan sia quella in Iraq siano stati missioni di pace.
A smentire la continuità basta verificare il ruolo svolto dall’Italia nella crisi libanese e il coinvolgimento dell’Europa, nonché l’accettazione del ruolo centrale e della presenza italiana degli Hezbollah e di Olmert.
E’ vero che l’on. Fini è stato ministro degli esteri, ma non ha trascorso tutto il periodo del suo mandato fuori dall’Italia per non ricordare la posizione motivata espressa dal centro sinistra prima e durante il conflitto iracheno, i voti negativi al finanziamento della missione e, per ultimo, la campagna elettorale.
E allora due sono le cose: o è così Berlusconi-dipendente da sposarne ciecamente le posizioni indipendentemente dalla logica e dalla coerenza; o dello statista quale si atteggia ha solo l’impeccabile doppiopetto, anche se eccelle nella furbizia che spesso, come succede a molti politici nostrani, nasconde incapacità e malafede.
Ma non capisco nemmeno perché si debba cercare a qualsiasi costo una mediazione a queste condizioni impossibile per ottenere l’unanimità.
Certo ciò, l’unanimità, sarebbe auspicabile, ma non si può dimenticare la politica del governo Berlusconi - Fini a proposito dell’Iraq.
Ognuno in Parlamento si assuma le proprie responsabilità: è al Paese, oltre che ai loro elettori, che devono rispondere .
Compete solo al Capo dello Stato, come ha fatto, invocare un voto unanime alla missione. Prodi, capo dell’esecutivo non può accettare simili compromessi che, via di questo passo, potrebbero andare fino alle leggi che si discuteranno sul conflitto d’interesse o sul riordino delle frequenze.
Un tale governo avrebbe vita breve perché non sarebbe più in grado di mantenere gli impegni presi con gli elettori e ribaditi nel voto di fiducia in Parlamento.