30 ottobre 2006

SENTENZA ENROE E FALSO IN BILANCIO

La sentenza sul fallimento della ENROE contiene una condanna esemplare, 24 anni di carcere, per il presidente dell’azienda Jeffrey Skillingé in quanto ritenuto responsabile.
In Italia il governo Berlusconi ha depenalizzato il falso in bilancio affermando così la teoria (regola?) secondo la quale “il mio denaro è mio e il tuo pure e ne faccio quello che voglio”, per cui migliaia di risparmiatori-azionisti si possono trovare da un momento all’altro con un pugno di mosche in mano e senza mai conoscere il responsabile.
Esempi lampanti sono Cirio e Parmalat che hanno evidenziato una certezza: gli azionisti contano solo al momento dell’acquisto del titolo poi…che Dio li aiuti.
A maggior conforto dei manager senza etica e senza coscienza è intervenuto il recente bipartinciucio dell’indulto che utilizzeranno anche gli affaristi Cirio-Parmalat. Questi, se condannati perché ritenuti colpevoli, potranno usufruire di tre anni di abbuono (…per una condanna di tre anni non si entra in carcere…giudicate voi.): sicuramente un regalo troppo grande per chi ha portato due aziende al fallimento.
Mi sono sempre chiesto come mai in Italia, tra indulti e condoni, nessuno dei potenti paga. Se il loro lavoro è molto ben pagato perché gravato da grandi responsabilità perché alla fine le loro sono sempre responsabilità relative o molto relative? Se così è perché non rendono il maltolto? Se hanno condotto una vita dispendiosa e avvolta nel lusso più sfrenato, perché, al momento dell’accertamento del crollo finanziario, le autorità non trovano che un patrimonio ormai disfatto? Ville, barche, aerei, tutto sparisce d’incanto!
La vicenda ENROE è, comunque, esemplare. Ci dimostra che non si pùò giocare con i sacrifici degli altri e “chi rompe paga” e subito.
Gli americani per queste cose sembrano di un altro pianeta. In Italia, mi suggerisce il mio amico, c’è libertà d’impresa e di…presa. E poi, la giustizia funziona che è una meraviglia.
Provate a rubare una mela al supermercato!

UN ALTRO BIPARTINCIUCIO

Un gruppo di onorevoli e personalità di varia cultura, capitanati dal trio Guzzetti – Realacci – Segni (toh , chi si rivede!), propone un referendum abrogativo parziale (una trovata geniale) riguardante l’attuale legge elettorale, col patrocinio delle maggiori forze politiche (DS, Margherita, FI, AN).
Si propone di cancellare le candidature multiple, di dare il premio di maggioranza alla lista più votata e non alla coalizione, di mantenere gli sbarramenti del 4% e dell’8 % senza ripescaggi.
Il trio si mobiliterà per un referendum dai costi elevati per la comunità, quando, data la consistenza numerica degli sponsor, si potrebbe modificare la legge elettorale in parlamento. Ma , si sa. Chiunque ha il diritto di ritagliarsi un pezzo di notorietà…dopo tanto silenzio.
Condivido i tre quesiti per ragioni molto semplici:
- il rispetto degli sbarramenti è necessario per evitare il proliferare di partitini fai da te che, grazie a deroghe ad hoc , possono avere rappresentanze parlamentari anche determinanti (è il caso dei due partitini, Democrazia Cristian e Nuovo PSI, che assieme hanno racimolato solo il 6 %);
- è giustissimo eliminare le candidature plurime per evitare non solo l’effetto trascinamento dei leader ma di mettere in secondo piano o eliminare del tutto i candidati locali;
- il premio di maggioranza alla lista serve a evitare calcoli farraginosi e situazioni strumentali.
Ma l’aspetto più grave della legge che si vuole “referendare”, la mancanza del voto di preferenza, non è stato nemmeno marginalmente sfiorato.
Saranno ancora i partiti a nominare i candidati (ma perché chiamarli ancora così? Non è meglio chiamarli “gli eletti”?).
Una lista in tal modo composta (i primi sicuri di andare e gli altri a portare acqua e a chiedere indennizzi: commissioni, presidenze, posti nei C A…) è un atto di arroganza e di mortificazione della democrazia. Un esproprio del diritto del cittadino di esprimere la preferenza per questo o quel candidato ritenuto più valido..
I partiti diventano , quindi, delle vere e proprie SpA col loro Consiglio di Amministrazione e il loro Amministratore Delegato. Che motivo c’è di tenere aperta una struttura così costosa e ormai inutile come il parlamento? Non si potrebbe pensare a una struttura più leggera e, perché no, itinerante, come un Consorzio (da noi ce ne sono tanti…) col suo CD e il suo AD, espressione della maggioranza azionaria del momento?
E pensare che c’è ancora chi ingenuamente pensa che i partiti hanno lo scopo di raccogliere le istanze dei cittadini e tradurle in proposte politiche! Che c’è ancora chi pensa che funzionano in modo democratico con congressi veri come in FI! Che, quando impongono come parlamentarti mogli, fratelli e parenti, lo fanno perché ne riconoscono le grandi capacità spesso…in embrione.
Forse un giorno ci riprenderemo la sovranità scippata. Ma quando?

29 ottobre 2006

DA BAMBERG A VICENZA

Il comune di Vicenza ha approvato a maggioranza la costruzione di una base logistica che dovrebbe ospitare i militari americani della 173 brigata paracadutisti attualmente di stanza in Germania (Bamberg e Schweinfurt), nonostante la protesta di ben 9 diversi comitati di cittadini determinati ad andare avanti con un referendum popolare.
L’approvazione del consiglio comunale è solo il primo passo verso la costruzione della base USA perché l’ultima parola spetterà al governo.
Al di là del consueto iter burocratico, bisognerà chiedersi perché i 2.000 e passa soldati americani debbano trasferirsi in Italia.
La situazione geopolitica dalla caduta del muro di Berlino è notevolmente cambiata. E’ il Medio Oriente l’area da cui possono arrivare i pericoli, non più l’Est europeo.
Smantelliamo, dunque, le basi in Germania e li trasferiamo in Italia dove opera un governo amico (Berlusconi). Tanto l’Italia rinuncia con facilità a spazi di sovranità (Aviano, Maddalena…), per non scontentare il potente alleato. Così l’Italia diventa il centro di raccolta delle truppe NATO, il punto di partenza di qualsiasi spedizione (per difendere l’Occidente e la democrazia, s’intende!).
Invece di smantellare le basi presenti nel nostro territorio, rinegoziando gli accordi altri se ne sottoscrivono, come sempre segretamente, facendo dell’Italia una caserma NATO.
Ma dico, non sarebbe stato meglio pensare alla Grecia e alla Turchia? Sono più vicine al nuovo “teatro operativo” ed eventuali interventi sarebbero più immediati.
E’ inutile ironizzare, dice il mio amico. Sarebbe più logico, continua, che l’Italia ricominciasse a esercitare la sua sovranità su pezzi di territorio su cui non mette naso da anni dove si “sperimenta” di tutto e dove c’è depositato di tutto, dalle armi convenzionali più sofisticate alle testate nucleari.
E meno male che la nostra Costituzione contiene l’articolo n. 11!

25 ottobre 2006

UN DIRIGENTE PER SEI DIPENDENTI, UN CAPOUFFICIO PER DUE DIPENDENTI

Non capisco lo scalpore suscitato dall’articolo di Attilio Bolzoni (“la Repubblica” del 23/10/0’6).
Il direttore generale dell’”Agenzia per le acque e i rifiuti”, poveretto, racimola circa 568 mila euro, lordi e comprensivi di tutte le indennità, alla luce del sole e per di più deve…guadagnarsele.
Siamo in Sicilia, una regione a statuto speciale, governata dall’on. Salvatore Cuffaro e dalla CdL allargata al MpA di Lombardo.
Non avete la più pallida idea del lavoro che attende il “direttore generale”, altro che miracolo: fare arrivare con una certa continuità l’acqua in tutte le case dell’isola e nel contempo fare pulizia.
Il generale in pensione Roberto Jucci, nella sua breve esperienza, osserva Bolzoni, stava raggiungendo buoni risultati a costo zero ma è stato rimosso. Ma provi a immaginare , caro Bolzoni, quali risultati si raggiungeranno se da un costo zero si passerà a 568 mila!
Ma poi, perché meravigliarci? In Italia, la bengodi dei manager, questi percepiscono compensi milionari per portare al fallimento le aziende e liquidazioni favolose per lasciarle e andare a dirigerne altre…con lo sesso risultato nel rispetto di un consolidato turn over
Il vero scandalo, quello che i politici conoscono e che la Corte dei conti ha sottolineato (art. di Sara Scarafia, “la Repubblica” del 30/06/06), riguarda l’allegra amministrazione della res pubblica, lo sperpero del denaro pubblico:
- la spesa sanitaria assorbe il 57% (8 miliardi di euro) del bilancio della regione “a fronte di servizi scadenti”(procuratore della Corte, dottor Coppola). Si pagano gli stipendi di bel 47.889 dipendenti, mentre gli ospedali di Palermo alla data del 28 Luglio erano privi della Risonanza. Il Civico e il Policlinico, secondo le loro previsioni dovrebbero ormai averlo in dotazione da settembre.
- la spesa per il personale è aumentata del 9%. Sono circa 15.000 i dipendenti regionali, 2.200 dei quali dirigenti: un dirigente per sei dipendenti, un capoufficio per due dipendenti. In Lombardia il rapporto è di un dirigente ogni 60 dipendenti. Gli stipendi vanno da un minimo di 50 mila euro a un massimo, almeno per ora, di 200 mila e il loro contratto è stato firmato il 31Luglio con aumenti mensili che vanno da 435 a 695 euro al mese e relativi arretrati da 13.450 a 19.610 euro (art. di Emanuele Lauria, “la Repubblica” dell’1/08/06).
- i consulenti esterni sono…di casa, tanto che nel 2005 sono aumentati del 4,9%.
- gli uffici di gabinetto, presidenza e assessorati, nel 2005hanno speso una cifra da capogiro: 56,5 milioni di euro, 5,5 dei quali per ospitalità e rappresentanza (La Lombardia la miseria di 395 mila euro).
Una regione indebitata fino al 2022 non può spendere come una virtuosa: è una vergogna, uno schiaffo ai tanti disoccupati e pensionati sociali.
Se per amministrare un territorio ampio e popoloso la Lombardia ha bisogno di un numero di dipendenti e funzionari molto inferiore e i cui stipendi non raggiungono cifre da scandalo, perché la Sicilia va molto oltre? E’ una conseguenza dell’autonomia, suggerisce il mio amico…. Ma non scherziamo, altre regioni sono autonome!
Io penso che gli organi di controllo dello Stato non possono limitarsi a prendere atto e a dare suggerimenti. Devono andare oltre, devono intervenire portando la barca in acque più tranquille.
Non è moralmente corretto pagare così tanto i funzionari e avere 1,3 miliardi di deficit nella sanità; non è possibile avere un esercito di consulenti, di dipendenti e creare l’Agenzia per le acque, se l’unica acqua su si può fare affidamento è l’acqua piovana (grazie santa Rosalia), se mancano strutture e infrastrutture efficienti e moderne (la linea ferrata Palermo – Trapani, a binario unico e non elettrificata, è servita ancora dalla gloriosa littorina), se la disoccupazione è altissima e non accenna a diminuire.
Sono queste anomalie che lo stato deve risolvere. Non può far finta di niente. E’ un obbligo morale verso tutti i cittadini combattere sprechi e privilegi, usando le risorse per rilanciare l’economia.. Penso che, perdurando la condizione culturale secondo cui vale il detto “aiutati che Dio t’aiuta” non si potrà sconfiggere la mafia. E’ determinante, innanzitutto, combattere, non a parole però, l’ingiustizia e la prevaricazione e quel sostrato culturale di furbizia e di prepotenza che porta il più mite dei siciliani ad assumere senza volerlo atteggiamenti che ai non siciliani sembrano mafiosi.

22 ottobre 2006

HANNO DIMENTICATO LA BICICLE TTA

E se si cominciassero a tassare le biciclette?
Dal triciclo alla bici di montagna, a quella da passeggio, di corsa, con osenza il portapacchi , con o senza seggiolino per il bambino, con o senza la canna orizzontale del telaio.
Si può pensare di tassare il numero delle ruote o dei raggi; il peso della bici (più è leggera più si appesantiscono le tasse)con ciclista o con carico.
E i controlli sullo stato dei tubolari, più o meno lisci?
E la RCB (Responsabilità Civile Bicicletta)?
E il casco protettivo dai due anni in su?
E la giacca coi catarifrangenti?
E la pompa al seguito, le luci avanti e retro, e il carter per non sporcarsi i pantaloni, la borsetta porta arnesi per riparare le imprevedibili forature, il campanello e il….libretto di circolazione e la targa?
Per il fisco sarebbe una vera manna, coi cittadini orgogliosi di contribuire al risanamento del Paese.
E il bollino blu e la revisione annuale…?
Ma si sa, le VERE RIFORME in Italia hanno la pedalata corta…non arrivano mai.

17 ottobre 2006

I PARLAMENTARI E GLI SPACCIATORI

Se viene arrestato un tossicomane in possesso di droga, la polizia cercherà di conoscere lo spacciatore.
Il tossicodipendente si guarderà bene dal fare il nome per motivi ovvi che tutti possiamo ben immaginare e la difesa del reo, parlerebbe di “inaffidabilità” del cliente (accusa non del tutto infondata per via dello stato psicologico del tossicomane).
E poi, il tossicodipendente non ha , o non ritiene di avere, l’obbligo morale di fare nomi.
Non così il parlamentare che per il cittadino è un essere integerrimo e affidabile, al di sopra di ogni sospetto, un missionario che lavora per il bene comune (allora, perché l’avrebbe votato?).
Egli ha, pertanto, obbligo morale di fare il nome dello spacciatore che lo rifornisce: non può prima legiferare in proposito e poi misconoscere la legge; non può giurare fedeltà alla costituzione e poi essere reticente (tra l’altro, se non erro, la reticenza è un reato).
La condizione di inaffidabilità penso che non valga per i parlamentari-dipendenti perché, se così non fosse, se fossero, cioè, inaffidabili, dovrebbero essere licenziati in quanto non idonei a svolgere la funzione loro affidata dai datori di lavoro (i cittadini).
Mi fa notare, infine, il mio amico che se gli elettori avessero conosciuto questa loro debolezza forse non li avrebbero votati. Così è venuto a mancare il rapporto di fiducia tra l’elettore e l’eletto.
Inaffidabile, reticente, bugiardo sono aggettivi. E la sostanza?
Dovrebbero dimettersi e il parlamento, in quanto rappresentativo del Paese, dovrebbe mostrare il dovere morale verso i cittadini, lavorando ad un provvedimento che preveda per un così grave reato, qualora verificato, l’automatica decadenza.
Potrebbe essere il primo passo verso la ricostruzione di un rapporto di stima tra i cittadini e i parlamentari.

13 ottobre 2006

COLUMBUS DAY: MAX-DELEGAZIONE DELLA CAMPANIA

La ministra Bonino critica la missione della Campania per il Columbus Day: una delegazione di 160 persone e un costo di 729 mila euro.
Le spese, spiega Sandra Lonardo Mastella, presidente del consiglio regionale della Campania e capo delegazione, provengono da fondi europei (399 mila euro), dalle province campane (250 mila euro) e dalla regione Campania (80 mila euro). La missione, inoltre, ha lo scopo di promuovere le imprese campane per ottenere delle future commesse.
L’obiettivo è in se buono, ma bisogna interrogarsi sulla necessità e opportunità di una così folta delegazione per non dare l’impressione ai cittadini di un viaggio turistico e se non fosse stato meglio investire, se non tutte, una parte dei 729 mila euro, data la grave emergenza rifiuti della Campania, nello smaltimento degli stessi.
La situazione è così grave che è stato mandato a Napoli il capo della protezione civile Bertolaso, nominato con D.G. commissario straordinario per l’emergenza in Campania fino al Dicembre 2007.
Inoltre, in un momento di emergenza economica che vede la Legge Finanziaria tagliare i contributi dello Stato di alcuni miliardi alle regioni, la spesa di 729 mila euro per portare in vacanza, pardon in delegazione, 160 persone, sinceramente sembra uno spreco, specie per una regione dalle tante emergenze.
Bisogna avere più rispetto per i cittadini che, pagando le tasse, anche quelle di provenienza europea, hanno il diritto di vivere in un territorio ...pulito.
160 persone, tra cui 14 artisti, sono un’infinità.
Se ogni regione avesse partecipato al Columbus Day mediamente con una delegazione di 120 persone avremmo portato a New York una piccola comunità di 2500 persone.
Se ogni regione avesse speso mediamente 700 mila euro, il costo complessivo sarebbe stato di 14 milioni di euro, una enormità, forse il bilancio di una media città.
Non si possono chiedere sacrifici ai cittadini, signora Lonardo Mastella, e poi usare allegramente il denaro ottenuto con le tasse. E’ una questione di buon senso, oltre che di opportunità politica.
Un padre di famiglia, in momenti di crisi economica familiare, non può chiedere ai figli di abbandonare gli studi, mentre lui ogni sera andrà a cenare al ristorante.

12 ottobre 2006

LA DROGA NEL PARLAMENTO

Se una grande azienda privata, mettiamo la FIAT, acclara che il 30% dei suoi dipendenti si droga in maniera abituale che cosa fa? Farà finta di niente o prenderà provvedimenti?
La risposta non è difficile: prenderà dei provvedimenti in quanto il suo manufatto, se mal progettato o mal costruito, arrecherà danni agli automobilisti e, quindi, a sé stessa.
Oltre ai cittadini-automobilisti anche i politici nella quasi totalità approveranno la decisione dell’azienda, indipendentemente dal modo in cui è venuta a conoscenza della situazione.
Nessuno vuole guidare o lasciar guidare ai suoi familiari un mezzo rischioso!
Allora, perché noi italiani dobbiamo essere governati da “dipendenti” che per il 30% si drogano?
E se sono nostri dipendenti (li retribuiamo con stipendi d’oro e con benefit di ogni genere) perché non possiamo licenziarli prima della scadenza del loro mandato?
Il Parlamento , mi dice un amico, è rappresentativo degli italiani per cui accanto alle persone per bene siedono i corrotti, i corruttori, i sodali, i drogati…
E pensare che alcuni mesi fa, epoca Berlusconi, i nostri dipendenti hanno approvato una legge abbastanza punitiva a proposito dell’uso della droga….
Ma i nostri dipendenti, suggerisce l’amico, hanno a cuore la nostra salute in quanto datori di lavoro e la legge è stata fatta per noi. Siamo noi e i nostri figli a doverla rispettare.
Ma se i “dipendenti” si drogano, da qualche parte prenderanno (compreranno) gli stupefacenti o qualcuno gliela recapiterà.
Allora conosceranno….e se li conoscono perché non li denunciano? E se non li hanno finora denunciati perché la magistratura non apre un procedimento?
Forse perché “la soffiata” è considerata illegittima e, quindi, se procedimento ci sarà, saranno “le Iene” a subirlo….così imparano!
P.S.:
Una democrazia in cui si è rotto il rapporto tra i cittadini e i politici, “dipendenti” ma anche padroni,è una democrazia malata, al limite dell’esproprio, che prima o poi esploderà.
Una democrazia sana prevede forme di controllo per i propri dipendenti, a parte il fatto che deve mantenere il DIRITTO di sceglierli (l’attuale legge elettorale non lo permette).