28 maggio 2007

MONITO DELLA CORTE DEI CONTI

La Corte dei conti, presentando la relazione dei conti sul costo del lavoro pubblico per il periodo 2003 – 2005, invita il governo a frenare sugli stipendi degli statali.
“La spesa dei dipendenti pubblici, scrivono i giudici contabili, è cresciuta a ritmi elevati…e il suo contenimento deve costituire una priorità delle politiche retributive, per gli effetti che si proiettano sulla finanza pubblica e sul sistema economico in cui è inserito il nostro Paese”.
In dettaglio, da spesa per i vari settori ha avuto il seguente incremento:

Dipendenti pubblici
12,8 %
personale dirigenza
17,4 %
Personale carriera diplomatica
21
Professori universitari
21,4 %
Personale magistratura (anche contabile)
26,2
I dipendenti pubblici si distinguono in statali e non statali. Questi ultimi comprendono i dipendenti del SSN, delle Università, Regioni e autonomie locali, che hanno stipendi più alti.
I magistrati sono gli unici dipendenti le cui retribuzioni sono soggette ad adeguamento automatico. Il altre parole, non hanno bisogno della mediazione sindacale.
Fermo restando che il contenimento della spesa pubblica è un dovere prioritario di ogni governo, penso che l’allarme della magistratura contabile non può riguardare solo i dipendenti pubblici statali perché più numerosi, ma deve interessare la dirigenza, i diplomatici, i professori universitari e…i magistrati, specialmente se impegnati a indicare i capitoli di spesa da…ammorbidire.
Spesso mi sono chiesto se l’adeguamento automatico delle retribuzioni dei magistrati è un privilegio. Non conosco i criteri che determinano l’adeguamento ma, sicuramente, non perdono parte del loro stipendio in scioperi, come accade per tutti gli altri mortali.
Ma è la legge, e loro potessero… commenta il mio amico.
Se si critica la scarsa produttività dei dipendenti pubblici, perché i manager, che della produttività si occupano, hanno un incremento così alto?
E cosa dire dei professori universitari, non di tutti, si badi, ma degli assenteisti, dei baroni avvezzi al nepotismo, di quanti non hanno mai prodotto una pubblicazione? Eppure hanno avuto un incremento del 21,4 del loro stipendio.
Ma l’incremento maggiore (26,2 %) riguarda il personale della magistratura, anche di quella contabile. E’, quindi, paradossale che sia il settore che ha avuto l’incremento maggiore a indicare la soluzione: frenare gli stipendi del pubblico impiego.
Hanno ragione perché un incremento del 12,8 moltiplicato per il numero dei dipendenti pollici da una cifra enorme, mentre i pochi giudici, o manager o professori universitari o diplomatici o politici (ma questo è un argomento che riprenderemo poi), incidono ben poco sulla spesa pubblica e, tra l’altro, se non ci fossero saremmo colati a picco da un bel po’.
Nei loro sofà di bambagia , avvolti nelle loro eleganti toghe, vigilano insonni sugli sprechi e per non contaminarsi col vile denaro, accettano gli adeguamenti automatici delle loro retribuzioni.

25 maggio 2007

IL MINISTRO AMATO UNA NE DICE…CENTO NE SBAGLIA

Il ministro dell’interno Amato è stato sempre un uomo di cultura e sa ben confondere i suoi interlocutori. Ma ha dimenticato, andando in confusione, che di stilemi il “suo” mondo politico è pieno e hanno creato e continuano a creare molti conflitti tra il “palazzo” e i cittadini.
Dal dizionario Garzanti, stilemi: …procedimento stilistico caratteristico di un autore, di una scuola, di un periodo storico.

Da un ministro dalla condotta integerrima, che ha attraversato indenne tangentopoli e dintorni, abituato al potere da così tanto tempo da conoscerne pregi e difetti, mi sarei aspettato un comportamento di comprensione e di apprezzamento del coraggio di Francesco Cipriano che nel suo intervento ha parlato non solo dei 25 condannati che siedono in parlamento ma anche del presidente della Regione Sicilia, Salvatore Cuffaro, imputato per favoreggiamento aggravato a Cosa Nostra, mostrando così di conoscere bene le istituzioni locali.
In maniera sprezzante, il già presidente del consiglio e attuale ministro degli interni cui compete anche la Sicilia (è bene ricordarglielo), risponde che “non puoi dire a me e al governo - quando torna a Roma dica che qui c’e la mafia. Noi lo sappiamo bene…ricordalo a quelli di Palermo…anche tu hai qui delle istituzioni.”
Una risposta chiara di un ministro che, non sapendo cosa e come rispondere o non avendo il coraggio di rispondere, redarguisce ex cathedra lo studente. Avvilente!
Poi, lo accusa di “non lasciare spazio per l’interlocutore” come “un capo populista”. Siamo alla farsa, in quanto, caro mio ex compagno di partito, la tua replica è stata assoluta, non ha dato vita a un confronto democratico e sereno, specie da parte tua. Un ministro ha l’obbligo di ascoltare e di replicare con serenità e argomentazioni convincenti, non si può vestire di arroganza e supponenza , accusando l’interlocutore di populismo.
Ma la perla arriva quando afferma , dall’alto della sua esperienza che “ho il coraggio di risponderti che devo distinguere tra condanne e condanne (Totò avrebbe risposto: “Ma mi faccia il piacere!”), ci possono essere reati minori (chi dei 25 ha rubato una mela o qualcosa di simile?) che permettono, una volta scontata la pena, la piena riabilitazione (Signor ministro le risulta che il già ministro Previti abbia scontato la pena? Non l’ha scontata, eppure è ancora in Parlamento)”.
E finisce con un’accusa, stantia e alquanto meschina: “Se non fai questa distinzione, diventi un giustizialista ingiusto”.
Mi sono sforzato, senza riuscirci, di capire il significato della locuzione “giustizialista ingiusto”, ricorrendo anche all’aiuto del dizionario. Ho concluso che anche gli uomini di cultura vanno in tilt…se incalzati. E il ministro Amato ci va spesso. Nel suo rapporto coi cittadini faccia ricorso ad un pizzico di umiltà e di rispetto…non costa nulla
P.S.:
Giustizialismo (dal Garzanti): l’utilizzazione della magistratura come strumento di lotta politica. Ingiusto (dal Garzanti): che non si attiene alla giustizia, che agisce e giudica senza rispettare i principi della giustizia e dell’equità.

24 maggio 2007

IL PIANO PER LA SICUREZZA DEL PREFETTO SERRA

E’ partito il piano per la sicurezza che riguarda le città Roma, Milano e Napoli. Ma non sono le uniche grandi città a lamentare problemi di ordine pubblico. Genova, Palermo, Brescia, Torino, Bari…non sono delle oasi di pace e presentano problemi identici e anche più gravi.
L’invio di forze dell’ordine (a Milano arriveranno 100 poliziotti, 130 carabinieri e 95 finanzieri) rappresenta solo l’”immagine”, un deterrente, ma nulla di più.
Necessitano, infatti, altri interventi meno visibili e propagandistici ma più determinanti che devono risolvere problemi che vanno dalla mancanza di lavoro all’offerta di servizi e aiuti alle famiglie indigenti e degradate, dalla mancanze di case alla efficienza della giustizia.
Il Prefetto di Roma, Achille Serra, punta a risolvere il problema dei 15.000 nomadi presenti in città.
Il piano prevede per 5.000 una sistemazione in 4 “villaggi della solidarietà”, che saranno costruiti da qui a un anno e sorvegliate da una task force del Viminale; mentre i restanti 10.000 dovranno lasciare la città e “fare i nomadi”. Al prefetto non interessa dove andranno…altri risolveranno il problema. Il solito scaricabarile.
D’altro canto, se non ci sono, non li vediamo e il problema è risolto.
Sono rimasto colpito da alcuni dichiarazioni del Prefetto che rappresentano il sintomo e la diagnosi di un malessere, ma che non contengono la terapia per vincere la malattia, che verrà solo tamponata.
Dice : “Visito personalmente i campi nomadi e vedo alla 10 del mattino i bambini sporchi, giocare a pallone. I ragazzini accampati sulle sponde dei fiumi dormono sullo sterco. Le donne non ci sono perché forse sono sulla metro a scippare borsette; gli uomini dormono perché forse hanno lavorato di notte svaligiando appartamenti. Senza generalizzare, s’intende”.
Ma se le autorità conoscono in maniera così chiara le attività dei nomadi come mai ad oggi non hanno trovato la giusta soluzione? E’ paradossale!
Poi arriva la proposta per gli altri 10.000: “Contemporaneamente…partirà la lotta ai campi abusivi. I 150 uomini del ministero pattuglieranno le rive del Tevere e dell’Aniene in modo sistematico, invitando i nomadi (in fondo, se sono nomadi, non possono avere fissa dimora…) ad andarsene. Se poi questi dovessero tornare gli agenti li farebbero allontanare di nuovo e così via fino a quando non capiranno che se ne devono andare altrove.”
Tutto si svolgerà, naturalmente, attraverso un dialogo leale e corretto, improntato al massimo rispetto reciproco e nella certezza che ….altrove avranno più fortuna. Altrove è il nostro vicino che li farà allontanare di nuovo e così faranno gli altri vicini e…il problema è risolto.
Un grazie al Prefetto è d’obbligo.

21 maggio 2007

UN PAESE ALL’INCONTRARIO

Noi italiani siamo estemporanei: grandi artisti, grandi navigatori, grandi calciatori, grandi evasori…piccoli politici; grandi esternatori (parolai)…piccolissimi costruttori.
I casi per dimostrare l’assunto non mancano, l’imbarazzo sta nello stabilire da chi iniziare.
Matella, il ministro della Giustizia, ha al suo attivo la legge bipartisan dell’indulto ma non si accorge della situazione di sfascio in cui versa la giustizia: tribunali fatiscenti e intasati da procedimenti che non si sa quando si concluderanno, impunità estese che dividono i cittadini in categorie, i protetti e i tartassati. Ma come può pensare, il signor Ministro, ad una riforma che finalmente dia al cittadino la certezza che tutti siamo uguali di fronte alla legge e la certezza della sentenza prima dell’arrivo della prescrizione (a proposito, non si pensava di eliminare le leggi ad personam come quella relativa alla diminuzione dei tempi di prescrizione?), se è impegnato a salvaguardare il suo leaderismo…o meglio il suo cespuglio?
E la polemica tra Prodi e Bertinotti sulla lentezza del Parlamento e conclusa dall’intervento risolutivo, si spera, del Presidente Napoletano? Una classe politica litigiosa e inconcludente, arrogante e senza idee innovative, capace solo di rimescolare l’esistente, altro che riforme!
Non si può non accennare al contratto del pubblico impiego. Il premier arroga a sé la conduzione della trattativa sul pubblico impiego affermando che “lo sciopero è un diritto costituzionale (meno male!)” ma “non deve diventare arma di ricatto”.
Siamo al massimo dell’arroganza!
Come se non sapesse come stanno veramente le cose: un contratto scaduto nel dicembre del 2005, lo scippo di un anno di arretrati (il 2006), il tentativo di far diventare triennale un contratto che è biennale, l’inefficienza di una Finanziaria che dimentica che c’è un contratto da rinnovare che coinvolge circa 3.500.000 dipendenti, il tira e molla tra 101 euro e 95.
Ciò nonostante, Prodi parla di ricatto! Sarei curioso di sapere quale termine si possa usare che riassuma tutte le mancanze di un governo, questa volta di centro sinistra, verso i propri dipendenti.
“Scontro sociale” lo chiama Epifani. Ma è il gioco delle parti: parliamo pure di 6 o 7 euro in più e dimentichiamo gli altri elementi, quelli accennati prima, dell’accordo. La sua voce grossa, signor Epifani, non dà dignità ai lavoratori che, ancora una volta, vedranno mortificati i loro diritti.
Concludo con l’onorevole Fassino, il segretario pro tempore dei DS e aspirante leader del neo- PD.
Ospite di Radio anch’io, invita Pezzotta, già segretario della CISL e aspirante leader politico, a trovare assieme quelle modifiche al codice civile per la tutela dei diritti dei conviventi. In pratica sarebbe l’affossamento dei DICO (una grana in meno per il governo, considerando le lungaggini per arrivare a un a conclusione…forse il successivo governo…).
La piazza ha vinto! Il Vaticano è riuscito a bloccare una proposta di legge del governo, come non è riuscito a fare in Messico! Sembra inverosimile ma è così.
Sicuramente il dialogo è importante, ma occorreva trovarlo, se proprio si voleva, al momento dello studio della legge.
Non risulta chiaro, tra l’altro, a che titolo parla: da segretario traghettatore o da semplice parlamentare o da nuovo portavoce di Prodi e del governo?
Dopo l’alzata di scudi non solo delle ministre Bindi e Pollastrini ma di gran parte della coalizione, il leader DS ha sentito il bisogno di spiegare meglio la sua proposta con una lettera a “La Repubblica” nella quale afferma che “continuo a pensare che quel disegno di legge sia equilibrato e rispettoso dei caratteri precipui della famiglia…come definiti dall’articolo 29 della Costituzione”. Aggiunge: “Tuttavia gli esigui e incerti equilibri parlamentari (ecco la ragione della proposta) rischiano di non consentire l’approvazione di quella legge (dov’è stato l’onorevole prima del Family day e ancor prima, quando è stato steso il programma della coalizione?).” Ancora: si “è di fronte a una scelta: semplicemente confermare la soluzione DICO, scontando tuttavia che non venga approvata e rinviando sine die la soluzione…Oppure ricercare con quali altri strumenti realizzare gli stessi diritti (sono i primi passi del PD ovvero della LGA ovvero La Grande Ammucchiata).
A quello che scrive l’on. Fassino bisogna credere perché riguardo ai grande temi come il terrorismo o la guerra nei Balcani e la sicurezza del cittadino afferma di aver avuto ragione. Così “vorrei evitare che anche sui diritti delle coppie di fatto si ripetesse l’ennesimo rito dello scandalo indignato a cui, anni dopo, far seguire una ragionevolezza tardiva.”
Cosa dire? Se l’on. Fassino ha sempre previsto “giusto” perché non ascoltarlo, almeno una volta?
La coerenza, il programma elettorale, la laicità dello stato, per l’onorevole sono opzioni; ciò che conta è governare e, per cortesia, non parlate di trasformismo. Ma, in fondo sono cavoli loro, dei conviventi, se c’è stato il Family day.
Potrebbero inventarsi la giornata della convivenza e scendere in piazza con bambini e familiari al seguito tanto la “piazza”, come San Giovanni insegna, fa breccia sui nostri sensibili uomini politici.
Che squallore, che miseria!

19 maggio 2007

FINCHE’ PIACE A MASTELLA

Il Ministro della Giustizia a proposito del conflitto d’interesse dichiara che il suo partito si asterrà (ricordiamo che al senato l’astensione equivale a voto contrario) e aggiunge: “Voglio una legge ma non inutilmente punitiva, pauperistica (?).”
L’onorevole fondatore dell’UDEUR a proposito della Legge elettorale afferma: “…se passa una legge contro i cespugli, è crisi di governo…sarei costretto ad andarmene, per difendere la mia stessa esistenza politica.”
Il leader di un partito dell’1,399 alla Camera e dell’1,396 al senato a proposito dei Dico dice che il partito non li voterà mai.
L’UDEUR, con solo tre senatori, ha un forte potere di veto, per non voler dire di ricatto.
Ma il vero problema non riguarda la Legge sul conflitto d’interesse, ma la Legge elettorale e così il suo gioco diventa a tutto campo: “io do affinché tu dia”.
Il suo problema comprensibilmente è non sparire come partito e, quindi, come leader (meglio leader di un cespuglio che comprimario).
La governabilità, l’interesse del Paese non contano perché prima c’è la sua sopravvivenza.
Ma, attenzione, il suo potere di veto non si ferma qui, arriva fino ai Dico. L’ha detto chiaramente, come altrettanto chiaramente l’ha detto e messo in atto un altro democristiano celebre, Andreotti, con la farsa del voto contrario sulla politica estera.
Forse non si arriverà a votare sui Dico, come tutto lascia supporre, ma una grave spada di Damocle pende sulla testa di Prodi, se anche trovasse i numeri, sempre risicati, per farli votare.
Un grande Paese come l’Italia non può essere governato contando sui voti dei senatori a vita, cui auguro lunga vita. Deve poter contare su una maggioranza certa e congrua, perché governare significa affrontare i problemi contingenti con serenità e senza particolari e deleteri compromessi in tempi brevi.
E’ necessaria, quindi, una nuova legge elettorale che unisca la partecipazione alla governabilità, che non lasci il Paese in balia dei vari cespugli. Forse non occorrerebbe nemmeno una soglia di sbarramento se venisse diminuito il numero dei parlamentari di almeno la metà, perché ciò alzerebbe il quorum d’ingresso in parlamento. Ma l’on. Mastella è troppo furbo…
Tant’è che ha chiesto una verifica di governo, come ai bei tempi di Spadolini e di Altissimo, dimenticando che l’ultima verifica di governo risale alla fine di Febbraio, meno di tre mesi fa, e si concluse con l’accettazione del famoso decalogo di Prodi che, da democristiano pure lui, ha rimandato al mittente la richiesta.
Purtroppo, in queste ultime ore anche Rifondazione chiede la verifica…e due…
Ma durante il Consiglio dei Ministri di cosa parlano? Ma il Presidente del Consiglio non deve promuover il dialogo tra i partiti che lo sostengono, giorno dopo giorno?

15 maggio 2007

NOMINA MEOCCI: CHIESTO IL RINVIO A GIUDIZIO DEI CONSIGLIERI RAI DELLA CdL

La Procura della Repubblica di Roma ha chiesto il rinvio a giudizio (imputazione: abuso d’ufficio aggravato e continuato), su cui si esprimerà il gip Giorgio Maria Rossi, dei cinque consiglieri RAI in quota CdL ( M. Staderini – UdC, G. Bianchi Clerici _ Lega, G. Malgieri – AN, A.M. Petroni – nominato dall’allora ministro del tesoro Siniscalco), che nell’Agosto 2005 nominarono A.Meocci Direttore Generale della RAI, nonostante fosse evidente l’incompatibilità in quanto aveva fatto parte dell’Autority.
Allora la RAI fu condannata a pagare la multa 14,3 milioni di euro confermata sia dal TAR che dal Consiglio di Stato, poi gravati di un ulteriore 10% (1,5 milioni ulteriori) per ritardato pagamento.
In Paese che non è l’Italia, la patria del diritto, dove si è innocenti fino all’emissione della sentenza definitiva (campa cavallo che l’erba cresce!) e spesso a furor di partito, i cinque consiglieri per una questione di buon senso e di etica…politica (visto che furono nominati dai partiti) avrebbero già dovuto dimettersi. Invece sono sempre là a dare battaglia in contrapposizione a tutte le proposte che l’altra parte fa, indifferenti agli interessi dell’azienda che, dovrebbero ricordare, non è Mediaset.
Non so se l’eventuale riconoscimento finale dell’imputazione comporta il risarcimento del danno causato all’azienda. Se la condizione è che l’azionista unico si costituisca parte civile, allora il ministro Padoa Schioppa deve farlo.
Ma il signor ministro ha chiesto il parere all’Avvocatura dello Stato che, a quanto risulta (La Repubblica del 14 maggio 2007), sconsiglia di avviare un’azione di rivalsa poiché i 15,8 milioni della multa sono passati dalle casse pubbliche della RAI alle casse pubbliche del ministero dell’economia realizzando “una sostanziale compensazione”. Per di più il ministero, avendo partecipato alla nomina di Mocci attraverso il meccanismo dell’intesa con i consiglieri, gli stessi potrebbero sostenere che il danno lo causò lo stesso ministero.
Insomma, non è successo nulla. Nessuno pagherà …anzi stia attento il ministero che i cinque non chiedano i danni d’immagine e per essere stati indotti all’errore.
Ma se i Consiglieri non sono responsabili, se si parla in maniera indefinita di “ministero” e non di ministro, allora chi è il responsabile? Ma se il responsabile fosse il ministro Siniscalco, non ha agito forse nell’esercizio delle sue funzioni, cioè per bene della comunità ?
E’ un circolo…vizioso, un gatto che si morde la coda, ormai ridotta a un moncherino.
Finirà, quindi, come finisce sempre in Italia…paga Pantalone, cioè i cittadini.

P.S.: Il mio amico si chiede: come mai i nostri dipendenti non approvano una legge che istituisca la responsabilità personale, dal ministro all’assessore al consigliere comunale, mettendo fine ad abusi e sprechi ?
Spesso il mio amico dimentica dove vive e con chi a che fare!

14 maggio 2007

STANCAMENTE MA DOVEROSAMENTE

Caro Angelo,
ti ringrazio per le lodi sul mio grado di sopportazione e sulla capacità di punzecchiarti.
E’ tutto merito di mio nonno che mi ha sempre raccomandato di gratificare il mio interlocutore sia per cortesia, sia per interrompere una querelle che altrimenti non avrebbe fine.
Per cui, ti do ragione, come vuoi, quando scrivi che “è da pirla per un ateo lamentarsi che la Chiesa non lo benedice”. Permettimi almeno di chiedermi se Welby l’abbia fatto o si sia comportato come il Renatino della Magliana.
Su Weber, pur d’accordo sul lievito del capitalismo, ho scritto che “il lievito è limitato nel suo espandersi e così la società, se non in caste, risulta divisa in ceti sociali che, almeno oggi, l’hanno bloccata”. Con buona pace di Weber e dei suoi emuli.
Su Galilei abbiamo idee contrastanti. La tua fonte, Koestler (I sonnambuli), non brilla certo per obiettività né tanto meno per veridicità. A tal proposito ti ho segnalato “Alla ricerca del libro perduto” di Owen Gingerich.
Le accuse che rivolgi a Galilei sono pretestuose e ricavate da informazioni di parte (sicuramente sei andato oltre Koestler). Galilei era figlio del suo tempo e come tale sicuramente legato a “famiglie” e “potentati” medicei ed ecclesiastici. Allora, un “mecenate” non si negava a nessuno, specie ad uno studioso come egli era, anche se aveva cannato la teoria delle maree. Ma gli scienziati per il loro stesso “essere” sono portati all’errore, senza dimenticare che il XVII secolo non offriva né strumenti né informazioni certe se escludiamo Aristotele e la Sacra Bibbia.
L’abiura non fu un atto di vigliaccheria, forse di opportunismo verso una Chiesa chiusa e presuntuosamente attestata a difendere verità “assolute”che la scienza stava demolendo.
Oggi, XXI secolo, quanti uomini d’ingegno e politici di nostrana fama hanno abiurato alla loro fede, s’intende, politica? Se l’abiura a Galilei ha evitato il rogo, ai nostri politici di ogni livello, anche locale, ha procurato medaglie al merito.
Mi sembra irriverente e di poco gusto mettere sullo stesso piano Galilei e Rivera: due personaggi del tutto diversi e con motivazioni d’accusa non paragonabili. Il primo condannato dalla Chiesa per eresia, l’altro accusato di terrorismo (!) per aver posto delle domande …ancora inevase.
La fama non si acquista né per “aver detto” né per “essere stato condannato”, come la “vita eterna” non si conquista grazie al pentimento dell’ultimo istante, magari mentre si firma l’ultima condanna o si spara l’ultimo colpo sperando che raggiunga il bersaglio, ma attraverso una condotta di vita esemplare unita a qualche umana caduta.
T i conosco come insegnante, come politico e uomo di cultura, ora mi vuoi far credere che riesci a leggere nelle palle di vetro.
Fedele agli insegnamenti del nonno, non vorrei deluderti, ma devo confessarti che, preso dalla noia, da tempo Morfeo mi aveva accolto tra le sue braccia.
Un affettuoso abbraccio, augurandoti la buonanotte.
Giuseppe Governanti

11 maggio 2007

POCHE COSE MA NECESSARIE per l’amico Scalese

Caro Scalese,
trovo istruttivo, per me, e gratificante discutere con te, ma vorrei precisare alcune cosette.
Penso, innanzitutto, che per certe questioni la cattedra sia più indicata di un palco, specie se a “salire” è un professore capace non solo di insegnare, ma anche di stimolare, dall’alto della sua serena cultura, la ricerca, intesa come ampliamento delle proprie conoscenze.
Per quanto riguarda Weber, sono d’ accordo sul “lievito del capitalismo”, ma il lievito, faccio notare, è limitato nel suo espandersi e così la società se non in caste risulta divisa in ceti sociali che oggi, come ben sai, l’ hanno di fatto bloccata (è una conseguenza della predestinazione?).
Trovo puerile, questo si, non distinguere tra Chiesa e Chiesa riformata, anche se Sant’Agostino aveva già predicato la predestinazione. Sono state tante le differenze che la Chiesa ha sentito il bisogno di convocare il Concilio di Trento.
Quanto a Galilei, mi è capitato tra le mani il libro dal titolo: “Alla ricerca del libro perduto”. Owen Gingerich, l’autore, confuta, attraverso l’analisi di ben 601 copie, quasi tutte annotate ai margini della principale opera di Copernico, “De rivolutionibus orbium coelestium”, l’affermazione di Arthur Koestler (“I sonnambuli”), secondo cui detta opera è “un libro che nessuno ha mai letto”.
Considerato il periodo storico in cui fu concepito il “De rivolutionibus”, la lentezza dei mezzi di comunicazione del secolo XVII e l’eventuale facile smarrimento di altri volumi, è facile dedurre che l’opera ebbe una …discreta diffusione e, quindi, risulta difficile affermare che il “De rivolutionibus non era stato letto da nessuno”.
Spero che questa non sia l’unica non verità presente nell’opera di Koestler, tanto da dover inserire tra i sonnambuli lo stesso autore.
E’ piuttosto ardito e puerile il tuo concetto secondo cui “Galilei aveva messo le mani avanti sostenendo che la Bibbia trattava le verità teologiche non quelle fisiche. Con tale affermazione Galilei volle tentare di liberare la scienza dalla dipendenza non solo da Aristotele, ma anche dalle Sacre Scritture, distinguendo tra la sfera della ragione e quella della fede.
Il fine della Scrittura è, quindi, insegnare “come si vadia al cielo, e non come vadia il cielo”, essendo quest’ultimo il fine della scienza.
Macchie solari
Non sarebbe più logico e aderente alla realtà affermare che attorno al 1610 tre osservatori indipendenti - Fabricius, Scheiner e Galilei – pervennero alle stesse scoperte?
Cannocchiale
E’ vero che i primi costruttori di cannocchiali furono olandesi (H. Lipperhey, S. Ianssen…) ma Galilei realizzò nel 1609 un cannocchiale di 20 ingrandimenti, ben più potente di tutti quelli circolanti all’epoca in Europa.
Circa le motivazioni della condanna subita da Galilei, non preoccuparti poiché penso di conoscerle. Vai a dormire con tranquillità, sei stato fin troppo disponibile. A me basta riscrivere, vedi mia dell’08/05 scorso, quelle date dall’Inquisizione (santa?): si era reso “vehementemente sospetto d’heresia, cioè d’avere tenuto e creduto dottrina falsa e contraria alle Sacre e Divine scritture, ch’il sole sia centro della Terra e che non si muove da oriente a occidente, e che la Terra si muova e non sia centro del mondo”.
Con affetto sincero
P.S.: “L’inerzia delle mente umana e la sua resistenza all’innovazione si dimostrano più chiaramente non…nelle masse incolte… bensì nei professionisti coi loro interessi acquisiti per tradizione e per il monopolio del sapere”.

08 maggio 2007

LA VIA PER LA VITA ETERNA E ALTRO

Caro Scalese,
ti ringrazio per la lezione di catechismo. Non è mai troppo tardi per imparare.Ecco il perché delle mie elementari domande.
Dalla tua elementare risposta, diretta ad un adulto – bambino, ho capito, finalmente, qual è la via per la vita eterna, molto semplice e garantita: poiché “chiunque è degno del perdono di Dio, anche il più grande dei peccatori” (Pinochet o Franco, Stalin o Mussolini…?), tutti possono accedere al Paradiso purché si pentano in punto di morte, come sicuramente avrà fatto “Renatino” della Magliana mentre, pistola in pugno, cercava di salvare la pelle.
Penso, comunque, che chiedere risposte, non significhi “ciurlare nel manico”.
Ma la misericordia divina o come la chiamava Manzoni la Provvidenza come è scesa su Napoleone (…il Dio che atterra e suscita, che affanna e che consola, sulla deserta coltrice accanto a lui posò), non ha potuto scendere su Welby? E lo stesso Welby non ha potuto chiedere perdono a Dio, mentre moriva?
Come vedi, noi laici (la laicità, come ben sai, non implica l’essere non credente) rispettosi di tutte le opinioni e di tutte le religioni, ci nutriamo di domande e di risposte semplici e comprensibili perché, in fondo, siamo degli eterni bambini.

P.S.: Conosco il pensiero di Weber in modo piuttosto frammentario e può aver detto, a proposito della società occidentale, che, grazie alla religione cristiana, si sia evoluta più delle altre.
Permettimi, comunque, di segnalarti che dall’opera“L’etica protestante e lo spirito del capitalismo” (1904), si evince che lo sviluppo del capitalismo moderno è in larga parte attribuibile a un elemento sovrastrutturale e mentale-culturale quale quello della Riforma protestante. Infatti, l’attivismo di alcune sette protestanti, il loro ascetismo intramondano, anche certi aspetti della teoria della predestinazione e della giustificazione per fede, furono elementi che determinarono lo spirito del capitalismo.

Su Galilei si può con certezza affermare che formalmente è stato assolto dall’accusa di eresia solo nel 1992, ma il tempo è un’invenzione dell’uomo, quello che conta è l’eternità.
Non capisco quali risposte avrebbe dovuto dare a Keplero e su che cosa visto che il 1° gennaio 1611 così scriveva “A Giuliano dei Medici in Praga”: “Averanno dunque il signor Keplero e gli altri copernicani da gloriarsi di aver creduto e filosofato bene…”
Invece, si sa con certezza che Galilei, subito dopo la pubblicazione (21/02/1632) del “Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo”, venne convocato (01/ 10/1632) a Roma dall’Inquisizione (santa?), in quanto per l’istruttoria, prima, per il processo, poi, si era reso “veementemente sospetto d’heresia, cioè d’avere tenuto e creduto dottrina falsa e contraria alle Sacre e Divine Scritture, ch’il sole sia centro della terra e che non si muove da oriente a occidente, e che la terra si muova e non sia centro del mondo”.
Costretto ad abiurare, Galilei fu condannato alla prigione a vita che, con somma misericordia, fu commutata in isolamento assoluto presso il vescovo Piccolomini, prima, e nella sua villa di Aletri, poi.
Con affetto sincero

04 maggio 2007

IL VATICANO E IL “TERRORISMO”

Si legge ne l’”Osservatore Romano”, nell’articolo dal titolo “Attacco al Papa – Anche questo è terrorismo”: ”E’ terrorismo lanciare attacchi alla Chiesa. E’ terrorismo alimentare furori ciechi e irrazionali contro chi parla sempre in nome dell’amore, l’amore per la vita e l’amore per l’uomo. E’ vile e terroristico lanciare sassi questa volta addirittura contro il Papa, sentendosi coperti dalle grida di approvazione di una folla facilmente eccitabile. Ed usando argomenti risibili, manifestando la solita sconcertante ignoranza su temi nei quali si pretende di intervenire pur facendo tutt’altro mestiere”.
Il terrorista, il facinoroso, il vile e l’ignorante è l’attore-conduttore Andrea Rivera che, durante il concerto del primo Maggio a Roma, così si è espresso: “Il Papa ha detto che non crede nell’evoluzionismo. Sono d’accordo, infatti la Chiesa non si è mai evoluita. Non sopporto che il Vaticano abbia rifiutato i funerali a Welby. Invece non è stato così per Pinochet, per Franco e per uno della banda della Magliana”.
Sono rimasto esterrefatto nel leggere il duro articolo dell’organo ufficiale del Vaticano nei confronti di Rivera che ha espresso un sentire, sicuramente non isolato nel nostro Paese.
Si nota una sottile ironia (il Papa…non crede…) ma per il resto sono solo verità talmente note al vulgus che non ci vuole la laurea in teologia per parlarne, esprimendo la propria opinione.
Trovo, semmai, fuori luogo tacciare di “sconcertante ignoranza” chi fa “tutt’altro mestiere” (come dire: il ciabattino faccia scarpe, il falegname mobili, il poeta scriva poesie, il teologo sentenzi sulla moralee sul diritto naturale…con buona pace del progresso…culturale).
Certo, esprimere opinioni su temi di così grande rilevanza, come l’evoluzionismo o il rifiuto dei funerali a Welby o la benedizione in chiesa a Pinochet e Franco (quanti morti in due?), usando parole “risibili, o meglio non usando argomentazioni filosofico-astruse (!?) alle quali molti soloni ci hanno abituato, è una grave colpa: rende più immediati e comprensibili i concetti espressi.
Si afferma che “è vile lanciare sassi”. Davanti a più di 400 mila presenze ? Non mi sembra il caso. Forse per la par condicio occorreva sul palco la presenza di un alto prelato…ma si può rimediare.
Chi tira il sasso è il Vaticano che prima fa scrivere un articolo di fuoco e poi frena col portavoce papale padre Lombardo: “E’ bene che tutti si diano da fare per disinnescare le tensioni…”
Se le parole di Rivera sono terrorismo, cosa dire del citato articolo,un po’ forte nella terminologia?
Tra l’altro non risulta che le parole di Rivera abbiano provocato assalti a chiese e monasteri o aggressioni a sacerdoti. Tutto si è svolto con grande civiltà, segno di maturità della piazza e la certezza che i cittadini italiani sono più avanti di quanto si vuol far credere.
Il fatto è che il Vaticano non ammette d’essere contestato in quanto portatore di verità assolute. Non è abituato a rispondere a dubbi e risolvere contraddizioni: “…vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole, e più non dimandare” (Inferno, canto III).
Perché sono stati rifiutati i funerali a Webly (e l’amore e la misericordia “per l’uomo?)?
Perché Franco e Pinochet sono stati concessi solenni funerali?
Perché De Pedis, componente della banda della Magliana è sepolto in una cripta della basilica di Sant’Apollinare a Roma?
Sono queste domande semplici, le stesse poste da Rivera, cui la Chiesa deve risposte altrettanto semplici.
Come al solito, il ruolo più meschino è stato sostenuto dai nostri politici e sindacalisti che si sono subito prostrati, balbettando e contribuendo ad alimentare il fuoco delle contrapposizioni, dimenticando che il nostro è uno Stato laico dove la Chiesa rappresenta una voce, anche autorevole e degna di essere ascoltata.

03 maggio 2007

Gli ombrelli non finiscono mai

30 Aprile 2007
Altan da repubblica.itMarco Travaglio denuncia l'ennesima legge porcata per parare le chiappe ai nostri dipendenti. Io non ce la faccio più. Appena ti volti c'è un nuovo ombrello. Marco scriverà ancora per poco da uomo libero. Il suo prossimo libro sarà: "Le mie prigioni 2". Dopo Silvio Pellico c'è lui.
“ Caro Beppe, cari amici del blog,vi rubo qualche minuto di attenzione per una faccenda piuttosto preoccupante che riguarda il mio lavoro di giornalista, ma anche il vostro di cittadini.
Dieci giorni fa maggioranza e opposizione unite hanno deciso di mettere il bavaglio alla stampa su tutti gli atti d’indagine: verbali d’interrogatorio, intercettazioni, avvisi di garanzia, mandati di cattura, decreti di perquisizione e di sequestro, insomma tutto ciò che fino a oggi ci ha fatto capire le malefatte del potere politico, imprenditoriale, finanziario, sportivo eccetera. La legge l’hanno intestata al solito Mastella, come Berlusconi intestava le sue prime aziende alle casalinghe e ai cugini di Buscetta, e i suoi giornali al fratello e alla moglie. Ma l’ha voluta e votata tutta la Casta degli Intoccabili: alla Camera ha raccolto 447 voti favorevoli, nessuno contrario, e sette astensioni (Giulietti, De Zulueta, Caldarola, Carra, Poletti, Zaccaria e un altro che non ricordo).Ancora sotto choc per le telefonate che fotografavano i maneggi di Fazio e dei vertici di Forza Italia, della Lega e dei Ds con i furbetti del quartierino, e che produssero le dimissioni dello sgovernatore e il fallimento delle scalate bancarie. Ancora atterriti dalle intercettazioni che costrinsero alla fuga i vari Moggi, Giraudo, Carraro, De Santis. Ancora sgomenti per le carte che hanno smascherato gli scandali del Sismi deviato e dello spionaggio Telecom.Ecco, con questi sentimenti nel cuore e soprattutto nella poltrona, i nostri dipendenti hanno pensato bene di imbavagliare la stampa segretando tutto. Se la legge Mastella fosse stata in vigore qualche anno fa, non sapremmo ancora nulla di Bancopoli, Calciopoli, Vallettopoli, Ricattopoli, Tronchettopoli, Spiopoli (e scusate per queste orrende parole, ma ci siamo capiti). I protagonisti di tutti questi scandali sarebbero ancora ai loro posti, perché i processi non sono ancora iniziati. Infatti la legge impone il top secret a tutti gli atti fino all’inizio del processo (quelli del fascicolo del pubblico ministero, addirittura fino alla sentenza d’appello). Così, se anche il Senato approverà questa porcata, l’opinione pubblica non saprà più nulla degli scandali per anni e anni, visti i tempi biblici della nostra giustizia. E non potremo nemmeno esercitare il controllo sull’attività della magistratura, che pure amministra la giustizia “in nome del popolo italiano”.Non facciamoci fregare dalle parole: questa non è una legge “in difesa della privacy” (che esiste da una quindicina d’anni), nè contro “la gogna delle intercettazioni”: qui non sono in ballo solo le intercettazioni, che pure sono importanti, ma – lo ripeto – tutti gli atti di indagine.Qualcuno dirà: ma anche oggi sono segreti. Non è vero. E’ dal 1989 che il segreto istruttorio non esiste più. E’ stato sostituito, nel nuovo codice di procedura penale, da un blando segreto investigativo che copre solo gli atti “non conoscibili dall’indagato”. Se l’indagato li conosce, non sono più segreti. E se ne può parlare. L’unico limite è quello – peraltro assurdo – che vieta di riportare il testo integrale di un interrogatorio o di un’intercettazione, ma consente di pubblicarne il contenuto, cioè un riassunto il più possibile fedele. Comunque, chi infrange quel divieto (e nei casi importanti è doveroso infrangerlo), rischia una multa ridicola: da 51 a 258 euro (e se uno “oblaziona”, pagando la metà, cioè 130 euro, non viene neppure processato).Ora invece la legge Mastella porta la pena a un minimo di 10 mila e a un massimo di 100 mila euro. Così l’oblazione passa da 120 euro a 50 mila. Cifre che nessun giornalista può permettersi di pagare e che nessun editore – salvo che sia Berlusconi alle prese con le telefonate di Fassino – sarà disposto a sborsare. Al contempo, la legge allarga a dismisura la categoria degli atti non più pubblicabili. E’ vietata la pubblicazione, “anche parziale o per riassunto, degli atti di indagine contenuti nel fascicolo del pubblico ministero o delle investigazioni difensive, anche se non più coperti da segreto, fino alla fine delle indagini o dell’udienza preliminare”.La notizia non é segreta, ma è vietato pubblicarla: i giornalisti la conoscono, ma non possono più raccontarla. Se qualcuno vuol proprio sapere qualcosa, magari viene in redazione e gli facciamo leggere le carte, di straforo. Ancora: è vietata la pubblicazione, anche nel contenuto, di intercettazioni e tabulati telefonici “anche se non più coperti da segreto”. Stesso discorso: non sono segreti, il giornalista li conosce, gli avvocati pure, i politici di solito anche, ma la gente non li deve sapere. Così, intanto, brulicano i ricatti. Se poi vengo in possesso di un dossier o di un’intercettazione illegalmente raccolti (per esempio, dal Sismi o dalla banda Tavaroli), e magari questi contengono notizie gravissime (per esempio, che si sta preparando un colpo di Stato), e li pubblico, rischio da 6 mesi a 4 anni di galera. Quindi non li pubblico, oppure finisco dentro.Che fare? Intanto è importante sapere cosa stanno preparando e avvertire gli amici. E poi bisogna tenersi pronti per qualche iniziativa concreta: che so, una raccolta di firma, un referendum abrogativo. Io, per parte mia, se la porcata dovesse passare, farò obiezione di coscienza e pubblicherò ugualmente notizie vietate, per farmi processare e chiedere al giudice di sollevare un’eccezione dinanzi alla Corte costituzionale per far dichiarare illegittima la norma.a ripeto: non è una legge contro i giornalisti, che le notizie continueranno a conoscerle (e in molti casi sono ben felici di farsi imbavagliare, così danno la colpa a Mastella e non passano per servi). E’ una legge contro i cittadini. Parafrasando Altan, potremmo tradurla così: al cittadino non far sapere come gl’infilano l’ombrello nel sedere." Marco Travaglio


Commento postato il 30/04/07 sul blog di Beppe Grillo

E' una vergogna! Ormai siamo diventati una repubblica delle banane. Una classe politica e sindacale (dovrebbero essere i nostri dipendenti), anche i sindacati fanno parte del sistema, invasiva che tutto controlla e ammala, una classe politica mediocre e indegna che sta distruggendo la democrazia, ha trasformato l'Italia in una immensa SpA il cui CdA è composto dai segretari dei partiti. La prova evidente di ciò è l'espropriazione della sovranità popolare attraverso l'imposizione della lista bloccata per cui i nostri dipendenti, non sono più scelti dal datore di lavoro, gli elettori, ma vengono nominati dai vertici dei partiti, i veri e incontrollabili capi padroni d'Italia assieme, per la verità, al ricco mondo della finanza e dell'imprenditoria monopolistica e similmente mediocre.
Condivido in pieno le preoccupazioni di Travaglio e dei giornalisti indipendenti, vorrei dare una mano, ma il potere e il suo codazzo (molta parte della stampa, il sindacato, la finanza...)schiacceranno nei loro ingranaggi quei granellini considerati fastidiosi.
E il potere non ha colore, purtroppo!
Ci eravamo illusi che il centro-sinistra avrebbe riportato l'Italia nei giusti binari dei DIRITTI, avrebbe abbandonato l'epoca delle leggi ad personam. Ma poco o niente è cambiato: il cittadino è considerato un suddito che deve non conoscere, non vedere e non parlare, come le famose tre scimmiette; e le leggi sono diventate "contra cives"...un bel passo avanti! Lodevole il proposito di Travaglio di pubblicare le notizie di cui viene a conoscenza, ma non può farlo da solo. Occorre creare un movimento popolare per la difesa dei diritti, di tutti i diritti, perché la mortificazione di un diritto, il più piccolo, significa abdicare per il cittadino e prevaricare per chi usa gli strumenti per farlo.
Ringrazio Travaglio per la puntualità dell'informazione.
Giuseppe Governanti

01 maggio 2007

LA COSTITUENTE SOCIALISTA: L’ULTIMA OCCASIONE

La Costituente è l’ultima occasione che i socialisti hanno per riunirsi, per dare al Paese un vero partito riformista e laico, lontano, oggi, da compromissioni e commistioni varie e perciò pulito.
Se non riusciremo a cogliere l’occasione non ci resterà che piangere, continuando ad intristirci in “forum” fine a sé stessi, autoesaltanti e pieni di polemiche, qualche volta di astio, che creano steccati invece di eliminarli.
Bruno Rubes, un caro compagno con cui ho percorso un cammino difficile, ero commissario della provincia di Milano, ma gratificante ( abbiamo voluto partecipare con altri valorosi compagni alle regionali della Lombardia da protagonisti, senza big di partito ma con tanto entusiasmo, raccogliendo un insperato 0,8 % e non più raggiunto), nel suo intervento del 26 scorso mostra di non essere cambiato: grande entusiasmo, grande senso di appartenenza e, da ingegnere, grande senso dell’ordine e della perfezione.
Bruno dice: prima lo SDI si liberi di alcuni lacci (l’attuale collocazione, la posizione sul sistema elettorale, l’attuale alleanza) e “poi possiamo parlare di costituente”.
Questa è una posizione chiara e assoluta, ma che non porta a nessun PSI.
Occorre aprirsi al dialogo, partendo dagli obiettivi comuni, quelli determinanti; in questo caso la creazione di un forte partito socialista riformista e autonomista, laico e liberale, che supererebbe l’attuale sistema bipolare perché si porrebbe come terza forza, capace di dare equilibrio alla stanca e asfittica politica italiana.
Ma il “prima “ e il “dopo” non può essere anche chiesto dallo SDI al NPSI? E che ne facciamo dei “Socialisti di Bobo Craxi? E dei tanti movimenti e circoli socialisti sparsi per l’Italia?
Veti incrociati che hanno fatto la rovina del socialismo, che non vanno più riproposti in tali termini assoluti. Per cento anni abbiamo avuto un partito diviso in correnti di pensiero (ti ricordi degli aniasiani, dei colucciani, , dei craxiani, dei lombardiani, per restare a Milano?) e abbiamo convissuto nella casa comune senza drammi ma convincendoci che ciò fosse una ricchezza.
E’ ragionevole la posizione di Gianni, con cui , come ben sai, mi sono trovato spesso in disaccordo.
Le sue tre condizioni mi sembrano una buona base di partenza. Le prime due (avere una identità politica programmatica molto forte e rendere evidente che il ritorno dei socialisti è un momento di rottura con l’attuale bipolarismo) sono assolutamente determinanti e su queste bisogna aprire il vero dibattito. All’ovvietà, come afferma, che i socialisti sono una forza di sinistra, aggiungerei che la collocazione politica non significa appartenenza al variegato mondo della sinistra italiana ma significa avere una identità che è fatta di continuità con la storia del movimento riformista e autonomista, vicino ai deboli per “superare le vecchie nuove povertà”, come affermava Bettino.
Certo “portare al centro della politica un partito che raccolga molti voti” non è un’impresa facile, ci vuole molta umiltà e moltissimo olio di gomito.
Con il coinvolgimento responsabile dei tanti circoli e movimenti, con la grande forza che deriva loro dalla presenza sul territorio,con un progetto politico di rottura che parta dalle esigenze della gente (vedremo quali), con comportamenti coerenti di dirigenti radicati nel territorio, possiamo partire con ottimismo perché oggi gli italiani sono stanchi del triste spettacolo della politica.
Un caro abbraccio a Bruno e a tutti i socialisti.
Giuseppe Governanti ( Coordinatore Italia Socialista, www.italiasocialista.net).

CONTRATTO SCUOLA: IL SOLITO FURTO COMPLICI I SINDACATI

Leggo(“La Repubblica” del 7 Aprile 2007): “L’intesa è stata raggiunta ieri mattina…Gli aumenti scatteranno dal primo gennaio del 2007…”.
Assistiamo ad un furto da parte dello Stato, ancora una volta recidivo, complici i sindacati che sono bravi a gridare “al lupo” ma poi col lupo si mettono d’accordo sulla pelle degli altri.
Angeletti, segretario generale della UIL, dichiara: “Un buon contratto, è il minimo… per salvaguardare il potere d’acquisto dei dipendenti pubblici, senza contratto da 15 mesi”.
Se il contratto della scuola, dove operavo fino all’agosto del 2006, è scaduto a dicembre del 2005, giusto 15 mesi fa, che fine hanno fatto i 12 mesi, dal primo gennaio del 2006 al 31 dicembre del 2006, quale gioco di prestigio li ha fatti scomparire dal tavolo delle trattative?
E’ così, signor Angeletti e colleghi di Cgil e Cisl, che difendete il potere d’acquisto dei dipendenti?
Un breve calcolo ci fa vedere come ogni dipendente della scuola verrà a perdere 1000 – 1200 euro nell’immediato con gravi ripercussioni su tutto il suo percorso economico e pensionistico.
Per verificare il risparmio dello Stato basta moltiplicare 1000 € per 1.130.658 dipendenti.
Ergo, i dipendenti si pagheranno gli aumenti salariali.
E’ una vergogna! Lo Stato, il garante della legalità e dei diritti, è il primo a violare i diritti dei suoi cittadini! Non rinnova il contratto per 15 mesi (e la vacatio?) e per di più non riconosce un anno di aumenti e, col silenzio e la complicità di tutti, il contratto da biennale diventerà triennale.
E’ difficile accettare un tale furto, insisto furto, ma potremmo provarci se i parlamentari dessero l’esempio riducendo la loro ricca indennità e rinunciando agli adeguamenti almeno per un anno. Non mi risulta che i parlamentari;quelli che in realtà sono i nostri dipendenti, abbiano mai rinunciato a un privilegio, figuriamoci a quello che considerano un diritto!
Quando l’illegalità emana dalle istituzioni, il cammino verso il baratro dell’anarchia e della dissoluzione della società è vicino.
Oggi, mi sento due volte umiliato, come cittadino e come lavoratore.
Impotente a far valer miei diritti, mi convinco sempre più della precarietà di uno Stato incapace a dare sicurezza attraverso la certezza delle leggi.

P.S.: La disgrazia è che ormai, dato il clima di rassegnazione che circola nel Paese (solo le lobby fanno ciò che vogliono), il personale della scuola, di per sé apatico, non osa più protestare e accetta le situazioni come inevitabili.
Continueranno a lavorare con uno stipendio inadeguato al ruolo che svolgono; continueranno a votare una classe politica assolutamente indegna; continueranno a scriversi a sindacati ormai lontani dalle vere ragioni della loro nascita, ma di questo parleremo nei prossimi giorni.
Lasciate ogni indugio e riprendete la lotta (non il solito e inconcludente sciopero) per avere riconosciuti quei diritti che i potere, il colore non conta, calpesta.