26 novembre 2010

PIATUSU

Piatusu, dal Vocabolario Siciliano Italiano di A. Traina: che muove pietà, meschino.
Sto parlando di Emilio Fede, il direttore di Rete quattro, un messinese che sicuramente ricorda ancora qualche parola della sua terra, un mio conterraneo, da cui prendo le distanze, che è molto “civile” come uno dei suoi ultimi tg – ad onor del vero io non guardo mai perché qualche volta che l’ho fatto ho provato vergogna … per lui , s’intende - ci ha mostrato, il cui grado di civiltà emerge ogni qual volta apre bocca. Potrei dire che forse sarebbe bene che la bocca in certi casi la tenesse ben serrata, ma sarei accusato di voler limitare la libertà d’espressione e, in un Paese civile come il nostro, le persone “civili” come il signor Fede hanno diritto di esprimersi … come sanno, anche per farsi conoscere meglio, se ce ne fosse bisogno.
Il signor Fede inizia la sua arringa affermando che “la violenza assunta come protesta sta diventando una moda grazie all’effetto mediatico di certe stampa e di certe televisioni”. Per questo giornalista, sempre misurato nelle parole e chiaro nei concetti, ogni forma di protesta ormai è assimilabile alla violenza. Bisogna protestare civilmente, magari inviando qualche lettera: “ Signor ministro Maroni, ho seguito la procedura per avere il permesso di soggiorno ma ancora lo sto aspettando. Che faccio, aspetto ancora o salgo sulla gru ... mi faccia sapere. Nell’attesa di una sua, la saluto molto distintamente.” Oppure: “Esimia ministra M. S. Gelmini, noi insegnanti universitari, ricercatori precari, noi studenti senza futuro, non condividiamo certi aspetti della sua riforma. Prima che sia approvata dal Parlamento, potremmo avere un confronto civile, s’intende, con lei, così potrà spiegarci perché sono stati stanziati soldi per le scuole e le università private, ma solo per rispondere a quei patetici comunisti che non hanno proposte, studenti ripetenti. In attesa di una sua risposta, senza protestare, come la civiltà prevede, seguiteremo a svolgere i nostri rispettivi ruoli. La preghiamo solamente di non farci attendere troppo. Se vuole, ma solo se vuole, potrebbe suggerirci una forma molto civile di protesta, visto che tra noi ci sono troppi facinorosi, organizzati per bande. Un evidente inchino e un augurio di immensa fortuna”. O, ancora: “ Signor Presidente del consiglio, la fabbrica dove lavoravo con mia moglie ha chiuso perché ha de-localizzato. Ho due bambini e un mutuo … potrebbe risolvere il mio caso umano, magari telefonando ad un suo amico imprenditore o assumendomi come uomo di fatica in una delle sue tante ville? Resto in attesa di una sua risposta. Nel frattempo riascolto una delle sue potentissime barzellette … con simpatia e stima”.
Si sono comportati malissimo gli studenti, fomentati e organizzate dall’estremismo rosso, come il direttore afferma. Hanno occupato dei monumenti o dei tetti delle università, ma come si permettono … mica sono di loro proprietà. Hanno “assalito il Senato”, hanno “violato il tempio della Costituzione - il signor Fede a proposito della costituzione fa un po’ di confusione. Quale Costituzione? Quella immaginata o quella che viene calpestata senza ritegno … forse perché non la si conosce -, hanno aggredito le forze dell’ordine, procurando feriti e contusi … una violenza inaudita – quale? Ma che telegiornale ha visto? Ora anche gli studenti hanno i manganelli e si vestono i abiti antisommossa, mentre i piccioni lasciano cadere le uova fuori dal nido - “Cresce, ci informa, la rabbia e l’indignazione tra i cittadini per bene”, cioè, mi chiedo, tra i padri, le mogli, i fratelli, i figli di coloro che stanno protestando per sperare su un futuro migliore?
“È gentaglia” e “un popolo civile come noi siamo, quando si trova in queste situazioni dovrebbe intervenire e menarli perché questi capiscono solo [di essere menati (traduco: quando sono menati. È la conseguenza della premessa)].
Ecco, il paladino della non-violenza, il nuovo Gandhi, ha sentenziato
Qualcuno leggendo le sue considerazioni, potrebbe pensare che il suo è un linguaggio violento, che il suo discorso e un incitamento alla violenza. Ma poi uno si chiede: - Ma vi sembra possibile che un ometto piccolo, così si è definito dopo l’aggressione dell’imprenditore Giuliani, e inoffensivo come lui e di grande cultura, aggiungo, possa solo pensare o incitare alla violenza? Ma non dite stupidate, lui che va in giro con scorta per non fare brutti incontri … ma fatemi il piacere.
Certe volte mi chiedo: - Come mai molti giornalisti di centro destra hanno la scorta e altri no? È un argomento che mi piacerebbe capire.
Concludo, ho già perso troppo tempo, con un detto siciliano:
- “Lu putiaru zoccu havi abbannia”. Traduco letteralmente: “Il bottegaio dà voce a ciò che ha”. Per meglio capire: “Ognuno dà quello che ha”.
P. S.: Vivo sicuramente in un Paese civile i cui semplici cittadini rispettano la Costituzione e le regole. Conosco il significato di poche parole e mi guardo bene dal modificarlo. Desidererei che i miei governanti fossero altrettanto ligi e non pensassero che la democrazia si compia con l’espressione del voto. La democrazia si realizza anche dopo con forme le più diverse di partecipazione I cittadini hanno il diritto di chiedere il confronto con i loro rappresentanti, su quei provvedimenti legislativi determinanti per il vivere civile. Il Parlamento, quindi non è solo il tempio della Costituzione, ma è anche il tempio della democrazia e gli eletti del popolo devono rispondere ad esso in tutti i momenti della legislatura … anche se oggi i parlamentari sono nominati dalle segreterie dei partiti e a queste s’inchinano, purtroppo.

24 novembre 2010

L'osceno normalizzato

di BARBARA SPINELLI Ci fu un tempo, non lontano, in cui era vero scandalo, per un politico, dare a un uomo di mafia il bacio della complicità. Il solo sospetto frenò l'ascesa al Quirinale di Andreotti, riabilitato poi dal ceto politico ma non necessariamente dagli italiani né dalla magistratura, che estinse per prescrizione il reato di concorso in associazione mafiosa ma ne certificò la sussistenza fino al 1980. Quel sospetto brucia, dopo anni, e anche se non è provato ha aperto uno spiraglio sulla verità di un lungo sodalizio con la Cupola. Chi legga oggi le motivazioni della condanna in secondo grado di Dell'Utri avrà una strana impressione: lo scandalo è divenuto normalità, il tremendo s'è fatto banale e scuote poco gli animi.

Nella villa di Arcore e negli uffici di Edilnord che Berlusconi - futuro Premier - aveva a Milano, entravano e uscivano con massima disinvoltura Stefano Bontate, Gaetano Cinà, Mimmo Teresi, Vittorio Mangano, mafiosi di primo piano: per quasi vent'anni, almeno fino al '92. Dell'Utri, suo braccio destro, era non solo il garante di tutti costoro ma il luogotenente-ambasciatore. Fu nell'incontro a Milano della primavera '74 che venne deciso di mandare ad Arcore Mangano: che dovremmo smettere di chiamare stalliere perché fu il custode mafioso e il ricattatore del Cavaliere. Quest'ultimo lo sapeva, se è vero che fu Bontate in persona, nel vertice milanese, a promettergli il distaccamento a Arcore d'un "uomo di garanzia".



La sentenza attesta che Berlusconi era legato a quel mondo parallelo, oscuro: ogni anno versava 50 milioni di lire, fatti pervenire a Bontate (nell'87 Riina chiederà il doppio). A questo pizzo s'aggiunga il "regalo" a Riina (5 milioni) per "aggiustare la situazione delle antenne televisive" in Sicilia. Fu Dell'Utri, ancor oggi senatore di cui nessuno chiede l'allontanamento, a consigliare nel 1993 la discesa in politica. Fedele Confalonieri, presidente Mediaset, dirà che altrimenti il Cavaliere sarebbe "finito sotto i ponti o in galera per mafia" (la Repubblica, 25-6-2000). Il 10 febbraio 2010 Dell'Utri, in un'intervista a Beatrice Borromeo sul Fatto, spiega: "A me della politica non frega niente, io mi sono candidato per non finire in galera".

C'è dell'osceno in questo mondo parallelo, che non è nuovo ma oggi non è più relegato fuori scena, per prudenza o gusto. Oggi, il bacio lo si dà in Parlamento, come Alessandra Mussolini che bacia Cosentino indagato per camorra. Dacci oggi il nostro osceno quotidiano. Questo il paternoster che regna - nella Mafia le preghiere contano, spiega il teologo Augusto Cavadi - presso il Premier: vittima di ricatti, uomo non libero, incapace di liberarsi di personaggi loschi come Dell'Utri o il coordinatore Pdl in Campania Cosentino. Ai tempi di Andreotti non ci sarebbe stato un autorevole commentatore che afferma, come Giuliano Ferrara nel 2002 su Micromega: "Il punto fondamentale non è che tu devi essere capace di ricattare, è che tu devi essere ricattabile (...) Per fare politica devi stare dentro un sistema che ti accetta perché sei disponibile a fare fronte, a essere compartecipe di un meccanismo comunitario e associativo attraverso cui si selezionano le classi dirigenti. (...) Il giudice che decide il livello e la soglia di tollerabilità di questi comportamenti è il corpo elettorale".

Il corpo elettorale non ha autonoma dignità, ma è sprezzato nel momento stesso in cui lo si esalta: è usato, umiliato, tramutato in palo di politici infettati dalla mafia. Gli stranieri che si stupiscono degli italiani più che di Berlusconi trascurano spesso l'influenza che tutto ciò ha avuto sui cervelli: quanto pensiero prigioniero, ma anche quanta insicurezza e vergogna di fondo possa nascere da questo sprezzo metodico, esibito.
Ai tempi di Andreotti non conoscemmo la perversione odierna: vali se ti pagano. La mazzetta ti dà valore, potere, prestigio. Non sei nessuno se non ti ricattano. L'1 agosto 1998, Montanelli scrisse sul Corriere una lettera a Franco Modigliani, premio Nobel dell'economia: "Dopo tanti secoli che la pratichiamo, sotto il magistero di nostra Santa Madre Chiesa, ineguagliabile maestra d'indulgenze, perdoni e condoni, noi italiani siamo riusciti a corrompere anche la corruzione e a stabilire con essa il rapporto di pacifica convivenza che alcuni popoli africani hanno stabilito con la sifilide, ormai diventata nel loro sangue un'afflizioncella di ordine genetico senza più gravi controindicazioni".

In realtà le controindicazioni ci sono: gli italiani intuiscono i danni non solo etici dell'illegalità. Da settimane Berlusconi agita lo spettro di una guerra civile se lo spodestano: guerra che nella crisi attuale - fa capire - potrebbe degenerare in collasso greco. È l'atomica che il Cavaliere brandisce contro Napolitano, Fini, Casini, il Pd, i media. I mercati diventano arma: "Se non vi adeguate ve li scateno contro". Sono lo spauracchio che ieri fu il terrorismo: un dispositivo della politica della paura. Poco importa se l'ordigno infine non funzionerà: l'atomica dissuade intimidendo, non agendo. Il mistero è la condiscendenza degli italiani, i consensi ancora dati a Berlusconi. Ma è anche un mistero la loro ansia di cambiare, di esser diversi. Il loro giudizio è netto: affondano il Pdl come il Pd. Premiano i piccoli ribelli: Italia dei Valori, Futuro e Libertà. Se interrogati, applaudirebbero probabilmente le due donne - Veronica Lario, Mara Carfagna - che hanno denunciato il "ciarpame senza pudore" del Cavaliere, e le "guerre per bande" orchestrate da Cosentino. Se interrogati, immagino approverebbero Saviano, indifferenti all'astio che suscita per il solo fatto che impersona un'Italia che ama molto le persone oneste, l'antimafia di Don Ciotti, il parlar vero.

Questa normalizzazione dell'osceno è la vita che viviamo, nella quale politica e occulto sono separati in casa e non è chiaro, quale sia il mondo reale e quale l'apparente. Chi ha visto Essi Vivono, il film di John Carpenter, può immaginare tale condizione anfibia. La doppia vita italiana non nasce con Berlusconi, e uscirne vuol dire ammettere che destra e sinistra hanno più volte accettato patti mafiosi. C'è molto da chiarire, a distanza di anni, su quel che avvenne dopo l'assassinio di Falcone e Borsellino. In particolare, sulla decisione che il ministro della giustizia Conso prese nel novembre '92 - condividendo le opinioni del ministro dell'Interno Mancino e del capo della polizia Parisi - di abolire il carcere duro (41bis) a 140 mafiosi, con la scusa che esisteva nella Mafia una corrente anti-stragi favorevole a trattative. Congetturare è azzardato, ma si può supporre che da allora viviamo all'ombra di un patto.

Il patto non è obbligatoriamente formale. L'universo parallelo ha le sue opache prudenze, ma esiste e contamina la sinistra. In Sicilia, anch'essa sembra costretta a muoversi nel perimetro dell'osceno. Osceno è l'accordo con la giunta Lombardo, presidente della Regione, indagato per "concorso esterno in associazione mafiosa". Osceno e tragico, perché avviene nella ricerca di un voto di sfiducia a Berlusconi.

Non si può non avere un linguaggio inequivocabile, sulla legalità. Non ci si può comportare impunemente come quando gli americani s'intesero con la Mafia per liberare l'Italia. L'accordo, scrive il magistrato Ingroia, fu liberatore ma ebbe l'effetto di rendere "antifascisti i mafiosi, assicurando loro un duraturo potere d'influenza". Non è chiaro quel che occorra fare, ma qualcosa bisogna dire, promettere. Non qualcosa "di sinistra", ma di ben più essenziale: l'era in cui la Mafia infiltrava la politica finirà, la legalità sarà la nuova cultura italiana.
Fino a che non dirà questo il Pd è votato a fallire. Proclamerà di essere riformista, con "vocazione maggioritaria", ma l'essenza la mancherà. Non sarà il parlare onesto che i cittadini in fondo amano. Si tratta di salvare non l'anima, ma l'Italia da un lungo torbido. Sarebbe la sua seconda liberazione, dopo il '45 e la Costituzione. Sennò avrà avuto ragione Herbert Matthew, il giornalista Usa che nel novembre '44, sul mensile Mercurio, scrisse parole indimenticabili sul fascismo: "È un mostro col capo d'idra. Non crediate d'averlo ucciso".
(24 NOVEMBRE 2010 DA WWW.REPUBBLICA IT

18 novembre 2010

Tratto dal Blog | di Paolo Farinella
18 novembre 2010
L’”ammucchiata” che salverà B.
Scorrendo i giornali sembra ventilarsi una ipotesi che se fosse vera, ma credo che la «grande ammucchiata» l’abbia già deciso, sarebbe la negazione di vent’anni di lotta contro il berlusconismo e la morte definitiva del concetto stesso di «Diritto». Se il Pd sta a questo gioco perverso e a questa soluzione tragica, è meglio che vada a ibernarsi al polo nord.

L’ipotesi è: per convincere Berlusconi a farsi da parte e a rassegnare le dimissioni per permettere alla destra berlusconista e finiana di fare un nuovo governo con un programma di destra, appoggiato dagli stessi berlusconisti (con Berlusocni dietro le quinte), gli si confeziona un salvacondotto definitivo, per cui anche se non è più presidente del Consiglio «si slava dai tribunali» e se ne può andare a spasso come se niente fosse stato. Berlusconi, imputato di reati gravissimi commessi da cittadino senza incarichi politici, è assolto dalla politica, buttando al macero codici di procedura, sentenze della Corte e la stessa carta straccia della Costituzione.

In questo modo, Berlusconi ha raggiunto il suo obiettivo, il solo per cui è entrato in politica: salvarsi dal carcere e salvare le sue aziende, cioè i suoi delittuosi guadagni. Non deve fare nemmeno lo sforzo di una legge apposita, perché «la grande ammucchiata» da sinistra e da destra che sono ben felici di attribuire questa «porcata» alla sinistra gli faranno il regalo di Natale che più desidera: essere impunito per oggi, per domani e per sempre.

Se il Pd e chiunque altro che fino ad oggi si è battuto per la sopravvivenza dello Stato di Diritto, credono di essere furbi, è meglio che recedano e non si lascino nemmeno tentare da una simile ignobile e ributtante ipotesi. Noi non possiamo accettarlo. Noi non possiamo tollerarlo. Noi ci opporremo con la forza della nostra onestà e con lo spessore della nostra dignità con le quali abbiamo combattuto una battaglia impari, mentre deputati e senatori cincischiavano tra loro camarille e interessi e riscuotendo alla fine di ogni santo mese un lauto compenso non inferiore a € 20.000,00 mentre noi pagavamo di tasca nostra ogni iniziativa e ogni trasferta.

Berlusconi deve andarsene perché ha fatto fallire il Paese e perché ha fallito anche il suo programma che partiva dai suoi interessi personali e finiva ai suoi interessi personali. Qualunque salvacondotto non è solo illecito, ma è indegno e immorale e nessuno si azzardi a pensarlo perché si troverà contro un muro di onestà e una diga di indignazione che li travolgerà tutti quanti. Se vogliono sfidare l’ira degli onesti lo facciano, ma sappiano che ne pagheranno le conseguenze amaramente. Berlusconi deve semplicemente essere processato, e se è colpevole, deve essere condannato: nessun salvacondotto di transizione o per qualsiasi altro motivo è lecito e tollerabile. Il principio semplice e trasparente della innocenza/assoluzione e colpevole/condannato deve restare integro e nessuno lo può stravolgere, nemmeno per mandare via Berlusconi «prima del tempo» e nemmeno per paura che egli voglia fare la politica del «muoia Sansone con tutti i Filistei».

Nemmeno in politica il fine giustifica i mezzi. Lo dovrebbero sapere i signori cardinali che hanno tenuto bordone a un individuo ripugnante moralmente, insano politicamente e riprovevole socialmente. Lo sanno anche i figliocci dei cardinali che bevono acqua benedetta dalla mattina alla sera, baciano pile con devozione e poi fanno affari illeciti e immorali: «le loro mani grondano sangue» e nessuna acqua benedetta o rancida li potrà mai lavare. Nessuno si azzardi a salvare Berlusconi per facilitarne l’uscita perché un salvacondotto «per breviorem», potrebbe essere un’arma nelle sue mani per rientrare alla prima occasione che, immorale come è, non esiterà a creare. I suoi manutengoli, infatti, sono a sua immagine e somiglianza: complici in corruzione e manomissione di verità.

Una volta ottenuto il salvacondotto «tombale», chi potrà impedirgli di ritornare in gioco e aspirare alla presidenza della Repubblica? Chi è così stupido da fidarsi degli uomini e donne (queste poi!) di destra? Chi garantisce che non sia una trappola? L’unico che ne beneficia è Berlusconi. Possibile che la bicamerale di D’Alema non abbia insegnato nulla e che questi ultimi sedici anni siano passati invano? Se qualcuno si assume il compito di salvare Berlusconi dai processi a cui deve soggiacere in forza del primo comma dell’articolo 3 della Costituzione, si assume l’onere della vergogna e della gogna e porterà il peso morale e politico di avere minato dalle fondamenta l’architrave della Costituzione suprema di una Repubblica decente: «Tutti i cittadini sono uguali davanti alla Legge». Tolto questo architrave, tutto l’impianto non è che una manciata di macerie: la Pompei del Diritto.

«Quod non fecererunt barbari, fecerunt Barberini» sentenziarono i Romani contro Urbano VIII che, tra gli scempi edilizi e le malefatte indicibili, nel 1625 fece fondere i bronzi antichi del Pantheon per fare i cannoni di Castel Sant’Angelo. Spero e prego che nessun altro «Barberino» voglia fondere la decenza democratica e la sovranità del Diritto e farne un cannone di inciviltà da mettere nelle mani di un delinquente, di un ladro, di un evasore, di un corrotto, di un corruttore, di un immorale come Silvio Berlusconi.

La corruzione del berlusconismo è arrivata così in profondità da inquinare anche le falde profonde della vita democratica: se anche la sinistra simil-pelle arriva a pensare di aggirare la Legge per salvare un delinquente potente, è segno che questo Paese non può più salvarsi, ma avrà bisogno di una batosta epocale che azzeri tutto e faccia ripartire su basi nuove che sono quelle antiche: la Costituzione Italiana e la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo dell’Onu. Il Pd e gli illusi illusionisti di turno sono avvertiti. Le prossime elezioni potrebbero essere uno tzunami che, per loro, salvatori di Berlusconi motu proprio, sarà senza ciambella di salvataggio.

13 novembre 2010

UNA POLITICA PICCOLA PICCOLA n° 7

L’ancienne regime e la Rivoluzione
“Una politica piccola piccola” non basta più a identificare questa fase storica in cui la politica ormai non esiste, le regole sono scritte ma non vengono rispettate e i “politici” si comportano come se si stessero movendo dentro una farsa teatrale, dimenticando che il Paese è precipitato nel dramma assoluto.
Il governo col suo Presidente è latitante. Non c’è famiglia che non sia toccata dalla crisi economica e sociale; non c’è istituzione che non sia toccata dalla crisi morale.
Mi chiedo come sia possibile superare una crisi economica gravissima, se questa è sovrastata da una crisi morale devastante, che investe tutti gangli del potere. Dalla prima si può uscire, dalla seconda, considerando gli attori, è molto difficile, quasi – un “quasi” di ottimismo - non c’è speranza.
Mi sembra di essere nella Francia di Luigi XVI e di Maria Antonietta. Il popolo moriva letteralmente di fame e la regina indicava nelle brioss la soluzione; il popolo protestava i propri diritti e veniva aggredito dall’esercito; i cittadini più illuminati raccoglievano le rivendicazioni nei cahier des doleances e a Versailles ci si divertiva in feste sfarzose; l’ancienne regime era alla fine e nei palazzi del potere le giornate passavano tra luci e musica.
Potevano evitare la rivoluzione? Forse sì. Ma il re e la corte ormai vivevano lontani dai problemi, la casta a Versailles non sentiva il dolore, non conosceva i problemi in cui si dibatteva la popolazione, non capiva perché ormai anche quel sottile filo di moralità che portava al rispetto dell’altro era reciso.
Le tasse erano i pochi a pagarle – la Chiesa e la nobiltà erano esenti e non solo –, gli appalti erano gestiti allegramente; la delinquenza dilagava; i ricchi divenivano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri, se alla povertà è possibile dare un segno più.
Nei nostri palazzi sembra andare in scena l’ancienne regime. Gli attori con i loro vizi ci sono tutti, appalti gonfiati, furti legalizzati, combriccole, lobby, affaristi, crimine …
Cosa ci manca per sentirci nella Francia della vigilia della Rivoluzione?
Forse niente, forse poco … chissà! Un fatto, però, è certo: da noi la classe politica sta andando verso il suicidio senza accorgersi, ammantata in quella furbizia bizantina che pensano li metta al riparo dalle brutte sorprese. Si credono immortali e sono con la bava alla bocca.
Un’aggravante hanno i nostri politici. Sono cattolici professanti e perciò conoscono la frase pronunciata da Sansone: “Muore Sansone con tutti i Filistei”.
La paura oggi è che i nostri grandi statisti pur di non lasciare il potere commetta una serie di azioni strampalate e poi non riescano a fermarne la deriva, buttando il paese nel caos politico e istituzionale, verso soluzioni violente di regime.
Basta guardare alle due mozioni presentare in Parlamento: una di sfiducie del Pd e IdV alla Camera e l’altra di fiducia del Pdl al Senato. Il tutto per rendere ingovernabile la crisi che già c’è ed è abbastanza grave.
La Rivoluzione Francese ha avuto una sua grandezza …