05 ottobre 2008

CACCIA AL DIVERSO

In queste ultime settimane sembra che nel nostro Paese si stia imponendo uno sport violento e crudele: la caccia al diverso, che è, purtroppo, anche il più indifeso.
Aggressioni fisiche e verbali, attuati da adulti e da adolescenti, da comuni cittadini e, come risulta da alcune denunce, da coloro che dovrebbero vigilare al fine che questi atti d’inciviltà non accadano.
D’improvviso gli italiani “brava gente” si sono trasformati in aggressivi razzisti.
La “tolleranza zero” (repressione) è il motto ricorrente di una parte di politici e di prestatori d’opera mediatici, che fanno credere, attraverso argomentazioni forti come la sicurezza, la mancanza di lavoro per gl’italiani, la diffusione della prostituzione, lo spaccio della droga, la delinquenza in genere, che gli extracomunitari (un infelice termine per distinguerli dai comunitari – ma anche qui ci sono dei distinguo: i rumeni) rappresentano il male e solo il loro allontanamento (regolazione di flussi, clandestinità) risolverebbe tutti i mali dell’Italia: non più droga, né prostituzione, né disoccupazione, né evasione fiscale, né delinquenza, né truffe di stato, né corruzione…. Ci sarebbe, insomma, un ritorno all’età dell’oro!
Dimenticano i nostri bravi politici (ma sono, poi, così bravi, se siamo ridotti in uno stato comatoso), nazionali e locali, che molti imprenditori del Nord come del Sud utilizzano proprio gli sporchi extracomunitari nelle loro imprese, pagandoli in nero e facendoli lavorare in situazioni d’insicurezza? Dove troverebbero una manodopera a così basso prezzo, così disperata da rischiare la vita? I nostri magnanimi imprenditori come farebbero ad incamerare un surplus di guadagno che altrimenti dovrebbero dare all’operaio italiano? Siamo sicuri, infine, che i nostri disoccupati, accetterebbero i lavori faticosi e sporchi che oggi sono svolti dagli immigrati (regolari o clandestini)?
In Italia oggi c’è tanto bisogno d’onestà intellettuale. I molti che gridano contro e agitano la bandiera della legalità, dell’accoglienza decente, dell’integrazione, dei valori condivisi per giustificare la loro xenofobia, conoscono bene l’altra realtà, spesso sono i primi attori e le prese di posizione servono solo a rinfocolare l’odio razziale e all’esercizio del ricatto verso i cittadini stranieri loro dipendenti.
Il presidente della Camera, onorevole Fini, nel suo intervento alla Festa della libertà di Milano ha dichiarato che “sarebbe sbagliato negare che esiste un pericolo razzismo e xenofobia”, ha auspicato la necessità di una politica d’integrazione e invitato a “tenere alta la guardia”.
Tutto sacrosanto e condivisibile. Si vede che sotto i ponti di Roma dall’Ottobre 2007 è passata tanta acqua e, oggi, vestito dell’abito istituzionale, ha maturato una diversa opinione, da quando assieme al suo partito strumentalizzò l’assassinio della signora Reggiani.
Scrivevo allora che i politici in compagnia dei media “non capiscono fino a quando possono tirare la corda senza che l’intolleranza si trasformi in violenza, in squadrismo” (post del 4 Novembre 2007). Ma allora l’onorevole era all’opposizione…
Afferma, parlando della politica dell’integrazione, che “la vera integrazione esiste quando si fanno propri i valori di fondo della società in cui si vive” e respinge l’idea che la cultura di destra è razzista perché “i tratti fondamentali della cultura occidentale, sono quelli del rispetto della persona umana perché senza quello non si può parlare di cultura”.
Certo, emerge un po’ di confusione e qualche contraddizione ma, dal 2007 i passi fatti verso la tolleranza sono stati tanti, anche se si è spinto troppo avanti nell’equiparare la cultura di destra con la cultura occidentale, ma la porta è stata aperta e la meta, nonostante il cammino sia accidentato, può essere raggiunta.
E’ ora di cambiare registro, di usare meno demagogia e un linguaggio più veritiero e meno violento.

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