21 novembre 2008

MORTI BIANCHE

Le cosiddette morti bianche o, meglio, le morti sul lavoro sono in continuo aumento. I vari telegiornali ne danno notizia, ma poi tutto cade sotto silenzio. I talk show di maggiore ascolto, e non solo, non promuovono tavole rotonde…non affrontano nemmeno il problema. Preferiscono parlare d’altro: meglio una rissa, finta s’intende, tra rappresentanti di opposti schieramenti, arricchita da telefonate di riguardo, che induce il telespettatore a parteggiare per l’uno o per l’altro…nel sonno della ragione.
Nemmeno Bagnasco e Ruini, sempre pronti a sentenziare sulla base del loro codice assoluto dottrinale, sentono il bisogno di elevare alto il loro grido per le tante tragedie annunciate che lasciano nel dramma intere famiglie, delle quali, molto più spesso, il congiunto morto ha rappresentato l’unica fonte di reddito.
Preferiscono, bontà loro, parlare del dramma di Eluana, senza rispetto per la persona né per i suoi parenti, trattati come veri e propri assassini.
La recente decisione della procura di Torino, che ha rinviato a giudizio per omicidio volontario l’amministratore delegato della Thyssen, è stata accolta con soddisfazione dalle famiglie dei sette operai periti nel rogo e dai sindacati. Una svolta storica che, finalmente, individua nell’a. d. della società il responsabile principale della tragedia. Certo, non sarà facile dimostrare ciò, cioè che tutta la responsabilità è dell’a.d., tra l’altro sul banco degli imputati compariranno per lo stesso reato altri cinque imputati, ma la decisione della Procura è storica e, penso, corretta, perché esiste la responsabilità oggettiva, una volta del proprietario oggi dell’a.d, che non poteva non conoscere lo stato di abbandono in cui versava lo stabilimento, specie per le strutture relative alla sicurezza.
Il problema della sicurezza sui luoghi di lavoro è un problema di rilevante importanza che va risolto con interventi strutturali da parte dello Stato, che devono culminare nella verifica periodica ravvicinata e nell’introduzione di pene molto severe, perché sono in gioco delle vite umane.
La vita va difesa dalla nascita alla morte naturale. Non è quanto afferma la Chiesa, cardinal Bagnasco, cardinal Ruini? E fatelo questo passo di qualità, camminate verso la vita, non guardate la morte, quella che Francesco d’Assisi chiama “sorella”.
La decisione della Procura torinese ha lasciato perplessa la Confindustria, tanto che Samy Gattegno, responsabile del Comitato Tecnico di Confindustria sulla sicurezza dei luoghi di lavoro, si dichiara “stupito e perplesso” ed è convinto che “la magistratura, nella sua autonomia, saprà effettuare le giuste valutazioni sul caso e la giustizia farà il suo corso, ma l’accusa di omicidio volontario mi sembra di una gravità eccessiva”, poiché, “dagli elementi che posso avere io, che ho seguito il dramma attraverso le pagine dei giornali (!), non mi pare che ci siano fatti tali da giustificare tale impostazione”.
Dato il ruolo che svolge in Confindustria, infine, dichiara: “Gli incidenti sul lavoro sono sempre troppi…Ma l’Italia è nella media europea: stiamo parlando di 700 morti all’anno (una statistica di qualche settimana fa, se non erro, parlava di una media di tre morti al giorno che nell’anno arrivano a 1.095), dati Inail….Ma ricordiamoci che i morti sulle strade sono 7 mila (meno male che non ha citato i morti per fame in Africa!)”.
Anch’io, per la verità, sono “stupito e perplesso” di tali dichiarazioni: i morti sul lavoro sono diventati numeri da confrontare con altri numeri (i morti sulle strade). Gli operai sono tali solo finché sono utili e vivi, poi si sostituiscono.
I partiti di sinistra, presenti o no in parlamento, a cosa pensano? Leggono i giornali di oggi o sono ancora ai giornali d’Aprile?
La maggioranza come pensa di risolvere il problema, con gli annunci altisonanti o mandando tre soldati per ogni cantiere a vigilare che vengano rispettate le norme per la sicurezza?
I sindacati, che organizzano scioperi di ogni tipo e per ogni cosa, come mai non hanno elaborato un progetto per la sicurezza nei posti di lavoro?
Non ci resta che piangere! parodiando il titolo del film di Troisi.

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