20 marzo 2008

ALITALIA E IL CONFLITTO D’INTERESSE

La proposta di Air France non è stata accettata dai sindacati per gli eccessivi tagli, 2100 esuberi, di posti di lavoro. Stando alle dichiarazioni di Spinetta, il presidente di Air France, i limiti di trattativa sono inesistenti o molto limitati.
I lavoratori sono esuberi, in altre parole rami da tagliare per una buona produttività. La società dei consumi…consuma anche la dignità dell’uomo considerato una macchina produttiva: quando esaurisce il ciclo si rottama. Questo è inaccettabile!
In un momento così delicato della politica italiana, nessun partito, nessun candidato leader parla dell’uomo come fulcro del progresso della società, al centro e non ai margini della speculazione politica, come soggetto attivo, faber, Anzi c’è un tentativo, finora riuscito, di emarginarlo, di privarlo del suo diritto fondamentale di scelta responsabile dei suoi rappresentanti. Ma, questa è un’altra cosa! Sicuramente la cosa più importante! E’ la struttura della stessa società che va ripensata, il rapporto tra imprenditore e lavoratore, il criterio di solidarietà e del giusto guadagno.
Ritorniamo alla vendita dell’Alitalia, la compagnia di bandiera, ma sarebbe più logico chiamarla compagnia delle bandiere, giacché è stata da sempre considerata dai partiti delle tante bandiere un contenitore elettorale da riempire…per non parlare dei suoi…capaci manager che hanno dilapidato una ricchezza.
Accertato che nessun partito può tirarsi fuori del disastro, ci si augurerebbe che, almeno in questa fase, tutti partecipassero alla salvezza dell’azienda, mettendo da parte interessi di parte o personali.
Ma non è così perché il caimano è entrato con durezza nell’affaire: “Spinetta col mio veto dovrà rinunciare e su Alitalia possono intervenire Air-One con Banca intesa e nella cordata altri imprenditori italiani tra cui i miei figli”.
E’ impossibile non pensare al “conflitto d’interesse”…anche se i figli sono pezze e core. I nodi, esimi signori Veltroni e D’Alema, vengono sempre al pettine, salvo che questo non sia, sdentato. E il pettine della politica è molto sdentato.
Una considerazione riguarda Banca Intesa, ma potrebbe essere lo stesso per qualsiasi altra banca.
Secondo il mio modesto modo di intendere l’organizzazione della società, le banche dovrebbero svolgere il compito proprio per cui sono nate. Non possono intervenire in prima persona nell’acquisto o nel salvataggio delle aziende, coinvolgendo, come, di fatto, accade, i risparmiatori. Non possono diventare proprietari e condizionarne la ristrutturazione e, quindi, la gestione.
Il paradosso è evidente: le banche diventerebbero i veri proprietari delle aziende produttive e avrebbero diritto di vita o di morte sui lavoratori.
I partiti politici, invece di litigare su Malpensa o sull’incapacità reciproca di risolver un annoso problema, dovrebbero esprimersi, almeno per ora, su queste cose fondamentali: il ruolo delle banche sull’economia imprenditoriale e il conflitto d’interesse.

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