13 ottobre 2010

UNA POLITICA PICOLA PICCOLA n°2

Il presidente della Repubblica ha esternato … ancora. Intervenendo al Forum internazionale per lo sviluppo della giustizia elettronica (di certo il forum è tenuto in Italia ma non riguarda l’Italia, visto che da noi mancano perfino i soldi per i toner o per le fotocopie) ha detto che “occorrono scelte coraggiose che semplifichino le procedure […], che diano piena attuazione ai principi del giusto processo e riducano la durata dei procedimenti”. Concetti così semplici da sembrare retorici, ma che mettono il dito sulla piaga, in un Paese che di piaghe aperte ne ha tante.
Che la giustizia nel nostro Paese somigli a un pachiderma vecchio e stanco è evidente, com’è evidente che tutte le volte che i politici vi mettono mano combinano guai peggiori. Il paradosso è che il parlamento è sovente investito da leggi che riguardano la giustizia … non degli italiani ma di “un italiano”, quello che è più eguale di tutti.
Prendiamo il cosiddetto processo breve. Non entro nei particolari tecnici di equità costituzionale perché e materia dei tecnici e del parlamento nella sua totalità e non di una parte, pur maggioritaria, in quanto la giustizia interessa tutti gli italiani e, quindi, deve essere aperto al contributo anche delle opposizioni, attraverso un vero dibattito, senza voti di fiducia o decreti di necessità.
Non c’è nessun italiano che sia contrario ad accorciare i tempi della politica, ma senza che ciò renda, sembra un gioco di parole, giustizia a un innocente, riducendo, invece dei tempi, la prescrizione che riguarda esclusivamente il colpevole. Ma per rendere efficiente la giustizia occorrono investimenti e una riorganizzazione dei Tribunali. Tremonti, il deus dell’economia italiana, fiscalista di successo e ministro dell’economia, troverà i soldi o, come il solito, inventerà un più facile slogan, per dire e non fare?
Il governo dichiara in ogni occasione che il testo della legge del processo breve è fermo in parlamento, riversando la colpa sulle opposizioni e su parte della maggioranza (i finiani). Ma non è così. Il contendere riguarda la norma transitoria, fatta apposta per salvare dai processi il presidente del consiglio, mettendo fine a centinaia di migliaia di processi tuttora in corso dai quali le parti lese attendono “giustizia”.
E se fosse il presidente del consiglio a fare un passo indietro, recandosi in tribunale a dimostrare la sua innocenza e il fumus persecutionis?
Taglieremmo la testa al toro e ci allineeremmo alle vere democrazie occidentali, dove i premier e i ministri non godono di nessun salvacondotto giudiziario.

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