27 giugno 2009

UNA TERZA IPOTESI DEL “GIORNALE”

C’è un quotidiano in Italia, il cui proprietario è il fratello del premier, che può avvalersi di un grande direttore, sempre pronto ad ospitare notizie di rilievo, anche se la Magistratura il caso a suo tempo l’ha risolto. Ergo: o il direttore in questi anni ha dormito o ha tra le mani prove documentate che potrebbero riaprire il caso. Oppure c’è una terza ipotesi, evidentemente tutta da dimostrare. Gli articoli (titolo significativo e allusivo: “Tutte le escort del clan D’Alema”) riesumano un caso del 1999, che ipotizzava ipotetici incontri a luci rosse che avrebbero coinvolto uomini vicini all’allora presidente del Consiglio. Il caso si chiuse, se non ricordo male, col solo coinvolgimento della maitresse.
Il titolo molto provocatorio fa di D’Alema un capo clan, dedito con i soci a festini a luci rosse. Bene ha fatto D’Alema a querelare il quotidiano. In un periodo in cui, poco in Italia ma tantissimo all’estero, si parla di feste e festini, ora a palazzo Grazioli ora a villa Certosa, mancava il topolino di rosso vestito e il segugio Giordano l’ha finalmente trovato, con gaudio dei lettori appassionati e di viciniori: “Mal comune mezzo gaudio”, recita un proverbio.
Lo stesso quotidiano ha coinvolto L’onorevole Cesa, segretario dell’Udc.
Silvio berlusconi si è subito premurato, attraverso un comunicato, di dargli la sua solidarietà, prendendosela con i giornali che pubblicano notizie infamanti, aggiungendo che “non approvo metodi aggressivi di certa stampa”. Bisogna dire che , se non recita, sa stare nella sua parte.
Cesa ha rinviato al mittente l’attestato di solidarietà, piuttosto duramente: “…non accetto solidarietà da nessuno, in particolare dal presidente del Consiglio”. Sicuramente non ha gradito o ha visto, nell’insieme della vicenda, quella terza ipotesi a cui ho sopra accennato?
Quando la corruzione e l’immoralità spazia da destra a sinistra, coinvolgendo i massimi rappresentanti politici, c’è di che rallegrarsi e, quantomeno, si oggettivizza l’assunto, all’estero da tempo assodato, secondo il quale la classe politica italiana oltre ad essere mediocre è anche inaffidabile e dedita al vizio che pratica anche nelle sedi istituzionali.
“Muore Sansone con tutti i Filistei”, sembra il motto dell’articolo e pure la terza ipotesi cui accennavo. È solo un’ipotesi, s’intende, ma allora perché riprendere un caso chiuso ormai da dieci anni? Perché coinvolgere D’Alema , con un titolo diffamatorio (capo clan), vista la conclusione del caso con l’intervento della Magistratura? Perché coinvolgere Cesa? Perché Berlusconi si è precipitato, facendolo sapere a tutti con un comunicato ufficiale, a dare solidarietà ai due parlamentari? Tutti colpevoli, nessuno colpevole, è questo il messaggio?
Il ministro Bondi ha accusato, con una lettera al quotidiano di Paolo Berlusconi, “la Repubblica” di essere un’insidia per la democrazia”, utilizzando in modo sleale gli strumenti a disposizione del giornalismo. Mi auguro che il sacro furore investa questa volta “il Giornale” con una lettera a “la Repubblica”. Non penso che lo farà, a causa dei troppi impegni istituzionali o forse perché sta meditando di lasciare la politica per la poesia. Chissà!
È però giusto far sapere al ministro che il poeta, a differenza del politico che viene cooptato dalla segreteria in quanto gradito al club, deve produrre, non semplici versi, ma contenuti emotivi.
Certamente, sull’informazione e sui giornalisti bisognerebbe aprire un dibattito serio e approfondito. Ma sarà possibile?

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