07 gennaio 2009

BATTISTA: RETORICA E TANTA IPOCRISIA

In queste ultime ore non si parla d’altro che della tragedia di Gaza, dove, ferma restando la condanna di Hamas per aver interrotto la tregua, si sta perpetrando il più grave atto criminale contro l’umanità.
Questa mattina mi ha colpito l’articolo “Tregua e retorica” di P. Battista, Corriere della sera, col quale mette il dito sulla piaga della retorica che scorre a fiumi in casi come questi.
Ma è lo stesso opinionista, il Corriere ultimamente ne annovera tanti, a fare retorica.
Tutti sanno come stanno le cose e come andranno a finire, ma non sanno indicare le soluzioni da adottare per stabilire la pace in quella zona martoriata, dove i bambini nascono già adulti con l’odio scritto nei loro occhi: hanno imparato nel grembo materno, sin dal concepimento, ha odiare chi ha loro negato il papà o il fratello o la sorella.
Questo lo sa anche il signor Battista che farebbe forse bene a rattristarsi dei morti, dei morti di tutte e due le parti, invece di puntare il dito su Hamas e giustificare la “reazione d’Israele”. Forse, potremo discutere su quanto sia spropositata…ma questi terroristi di Hamas che si fanno scudo della popolazione civile, che sono indirettamente responsabili delle morti di centinaia d’innocenti, compresi quanti si trovavano nella moschea o nella scuola ONU, vanno combattuti, vanno giustiziati senza processo…non lo meritano. Il signor Battista e tanti altri opinionisti di stampa e di tv hanno già dato il loro giudizio di morte, senza appello.
Se il signor Battista sapesse andare a Gaza, non solo durante i bombardamenti e i successivi rastrellamenti, ma anche durante le tregue, penso, si renderebbe conto di quanto valore abbia l’uomo, non il palestinese o l’israeliano, ma l’uomo, il soldato israeliano e il miliziano palestinese.
La retorica dei “civili”, poi di “civili” si parla quando “per sbaglio” si colpisce una scuola. Israele non fa distinzione tra civili e miliziani: sono tutti terroristi.
E Battista? Si limita solo a definire “Hamas partito dedito alla lotta armata terroristica che però è sostenuto dalla maggioranza della popolazione di Gaza” e, quindi, in un gioco del dire e non dire, è come se la popolazione civile avesse scelto, votandolo, di partecipare agli atti terroristici e di condividerne le conseguenze.
Una serie di domande, impregnate di retorica e d’ipocrisia, avalla la tesi della “colpa e della giustificazione”. Non ci si chiede, tra le tante domande non fatte, perché, dalla fine della seconda guerra mondiale e nonostante le numerose risoluzioni dell’Onu, la situazione israelo-palestinese non sia stata risolta, perché Israele ha costruito colonie in terre non sue, perché gli Usa non hanno mai profuso il giusto impegno da grande potenza mondiale assumendo una posizione super partes?
Oggi i Battista di turno parlano di “condizione asimmetrica”, come qualche anno fa parlavano della “guerra giusta” all’Iraq per la presenza di armi di distruzione di massa in quello stato.
Poi ecco la soluzione.
Siccome Hamas non è affidabile, siccome non si può definire “spropositata” una reazione ad un’aggressione con miseri razzi, siccome si reputa non facile definire le sanzioni per chi viola la tregua (Israele può farlo impunemente in quanto le sue azioni sono lotta al terrorismo, anche quando i suoi missili, lanciati per colpire un presunto terrorista, causano la morte di parecchi civili), siccome gli organi internazionali Onu compresa (l’Onu ha osato parlare di aggressione israeliana) sono latitanti, il nostro saggio Battista, chiede ai postulanti della tregua di “indicare in cosa consista esattamente l’alternativa alla guerra e all’intervento militare. Per rendere La parola “tregua” credibile e convincente e salvare Israele e i civili palestinesi”.L’etica primitiva dell’”occhio per occhio” qui non è applicabile perché, se il signor Battista non se ne è accorto, da dietro la scrivania da dove sentenzia, ”i terroristi” morti, bambini compresi, tanto diventeranno terroristi, sono c.a. 600 e i feriti superano i 2000. Se vuole, può recarsi a Gaza, lo so che al calduccio di uno studio si sta meglio, per vedere lo scempio delle strutture, gli ospedali cadenti, i feriti impossibilitati ad essere curati e gli sguardi terrorizzati di chi scappa al suono delle sirene. Solo per la sua penna, per carità

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