19 luglio 2008

UN VOTO DI FIDUCIA PER LE COSE DA FARE

Il governo ha posto il voto di fiducia alla Camera sul decreto sicurezza, nonostante l’enorme disponibilità di numeri. Ora il decreto passerà al Senato dove sarà tranquillamente approvato.
Fermo restando che il voto di fiducia è normale prassi parlamentare, mi riesce difficile capire perché un governo con una schiacciante maggioranza l’abbia posto. Mi ritornano in mente le violente critiche del centro destra ogni qual volta Prodi poneva il voto di fiducia, condizionato da una maggioranza risicata e litigiosa, sempre pronta a diventare opposizione.
Allora era una questione di sopravvivenza ora di premura. I contenuti del decreto, oltre alla sicurezza contiene norme sull’economia e sulla giustizia, proprio per l’importanza che rivestono, meritavano un’ampia discussione in Parlamento, anche in virtù della sempre dichiarata disponibilità del premier di cercare la collaborazione dell’opposizione. Ma, si sa, verba volant…
L’imposizione del voto di fiducia ha dimostrato che l’attuale governo non ha nessun interesse né di discutere i provvedimenti in Parlamento né di chiedere la collaborazione dell’opposizione, se non per la prossima legge per le elezioni europee per eliminare del tutto i mini partiti della sinistra, complice Veltroni, in questo caso insostituibile spalla.
E’ il solito cliché che si ripete sempre identico: l’opposizione non collabora, è d’impedimento, noi procederemo per la nostra strada, il popolo italiano ci ha largamente votato e suole essere da noi governato...
Sarebbe opportuno, conoscendo il pensiero del leader massimo, certificati i numeri del Parlamento, sostituire le presenze con deleghe e, come in un’assemblea condominiale, approvare le decisioni, senza ripetere, come spesso accade, momenti d’indecenza parlamentare (sputi, litigi, parolacce, spintoni…).
Visto come si è votato e il ruolo che hanno avuto le segreterie dei partiti nel definire l’elenco dei candidati in ordine d’eleggibilità (una parola usata impropriamente in quanto il candidato non è stato eletto, cioè scelto, dal popolo sovrano), sarebbe consequenziale, come in una SpA, affidare l’amministrazione ad un Consiglio che per la verità già c’è, il Consiglio dei ministri, plasmato dal presidente del CdA.
L’opposizione potrebbe dedicarsi, finalmente, a far capire ai cittadini, chi rappresenta, quali obbiettivi si pone, come intende affrontare la crisi economica in atto, quale idea di nuova società guiderà, insomma, la sua azione politica, attualmente, per la verità, piuttosto moscia.

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