21 dicembre 2009

Il Partito delle libertà ovvero il Partito dell’amore

La politica, dicono alcuni, è la scienza del possibile. Io, quindi, mi chiedo: è possibile che, dopo l’aggressione subita, Berlusconi e il Pdl, ormai divenuto il Partito dell’amore, cambino modo di porsi nell’affrontare la tematica politica?
È una domanda complessa, alla quale non si può rispondere con un si o un no, anche se, sinceramente, la mia risposta istintiva è “no”. Vediamo, allora, come l’istinto arriva ad una tale risposta, utilizzando gli strumenti di valutazione in suo possesso e i comportamenti dei soggetti presi in considerazione.
Inizio col fare due considerazioni:
1– Il Pdl e la Lega hanno vinto le elezioni e in Parlamento possono contare su una larga maggioranza e in forza della famosa legge elettorale, definita una porcata, si è potuto indicare nella scheda il nome del Presidente del Consiglio.
2- Il Presidente del Consiglio, nominato dal Presidente della Repubblica, nelle cui mani ha prestato giuramento, ha il diritto, dopo il voto di fiducia accordato da ciascuna Camera, di governare il Paese nel rispetto, seguendo, però, delle regole costituzionali.
Da quanto espresso, emerge che il Presidente del Consiglio è stato solo indicato da una maggioranza di cittadini, che ciò non gli dà né il diritto di nomina, giacché a questo provvede il Presidente della Repubblica, né quello di governare considerando il Parlamento un accidente (ad oggi si registrano ben 27 voti di fiducia sulle leggi finanziarie e sulle…riforme), e, infine, che il Parlamento può negargli in qualsiasi momento la fiducia.
Solo una riforma costituzionale può modificare tali regole…non le percentuali dei sondaggi.
Il problema, a mio avviso, non è la riforma costituzionale, ma il come e il cosa, oltre all’atteggiamento che sarà tenuto nei confronti dell’opposizione che non si può ridurre, come vuole (non uso “vorrebbe”) la maggioranza, al solo Pd, perché una riforma di grande valore istituzionale deve avere il contributo di tutti.
Il vero problema è, in ogni modo, un altro e riguarda il Presidente del Consiglio e le sue implicazioni giudiziarie.
Dopo la bocciatura del “lodo Alfano” ritenuto incostituzionale dalla Suprema Corte (lo stesso era accaduto per il “lodo Schifani”), ecco “il processo breve”, che così come è congegnato non è che un’altra legge ad personam per salvare il Premier dai processi pendenti. La maggioranza tenta di presentarlo, così è stato per le intercettazioni, come necessario per dare una risposta veloce ai tanti cittadini che attendono anni per avere giustizia. Bene! Penso che tutti siamo d’accordo su questo principio. Sia approvato il provvedimento senza distinzione di reato e senza che riguardi i processi in corso.
Ciò non darebbe adito ad illazioni d’alcun genere, non si parlerebbe più di una velata amnistia, verrebbe resa giustizia a tutti i cittadini, verrebbe a cadere la teoria dalemiana che “certi inciuci farebbero bene al Paese” e, soprattutto, il Presidente del Consiglio allontanerebbe dalla sua persona anche il minimo dubbio che il governo lavora solo “per salvarlo”.
Ma Casini e parte del Pd arrivano in soccorso col “legittimo impedimento”, che farebbe scivolare i processi del Premier a data da destinarsi. Non è malaccio, si dice, anche perché la prescrizione si bloccherebbe, ma non dicono che nel frattempo il Parlamento approverebbe la riforma costituzionale con relativa immunità parlamentare.
Il tutto, naturalmente, salverebbe capre (il Premier e la maggioranza) e cavoli (l’opposizione Pd-Udc) e non si parlerebbe d’inciucio.
Considerando la reazione avute dal Presidente del Consiglio, dai suoi alleati e dai mezzi di stampa, Tv e giornali, che in lui s’intravedono, verso la Corte, i cui componenti (ne sono stati salvati appena quattro, forse quelli che hanno votato per la costituzionalità) sono stati additati a pubblico ludibrio come comunisti (ormai con questo termine di indicano i peggiori, gli infidi e chi più ne ha più ne metta, una cosa di cui vergognarsi) e forse corresponsabili di un complotto, unendo a questi il Presidente della Repubblica Napolitano nonché i suoi due predecessori, Scalfaro e Ciampi, notando il cosiddetto clima d’odio (anche questo unilateralmente e sconsideratamente addebitato all’opposizione) che stampa e Tv versano a piene mani tra i cittadini, come a strumentalizzare il gravissimo episodio di violenza subito dal Premier (vedi il discorso di Cicchitto, in cui si criminalizzano persone e testate giornalistiche ben definite), accertato acquisito come vero l’assunto che tutto quello che propone la maggioranza è buono e giusto e l’opposizione non fa altro che ostacolarne l’approvazione ed esaminando le ultime dichiarazioni del Presidente del Consiglio e dei suoi tanti e ben istruiti portavoce in relazione alle mani tese del Partito dell’amore (è il nuovo messaggio mediatico che ormai è diventato uno slogan di verità), che nascondono un malcelato ricatto e un evidente diktat (insomma, fate i bravi e mettete da parte i…e allora…), sono convinto che la risposta è “no”.
L’odio, la violenza verbale, l’aver trasformato l’avversario politico in nemico, è difficile dire che siano imputabili ai “comunisti” (tutti quelli che si oppongono ai disegni del premier…anche Fini). Eppure tutti dimenticano le esternazioni non certo rasserenatrici dei vari ministri, per esempio Brunetta, del Pdl, dello stesso Premier e degli organi di stampa a lui vicini. La cosa grave è che i notabili della coalizione di maggioranza continuano, irresponsabilmente, come si può costatare nelle loro dichiarazioni, cercando di mettere all’angolo l’opposizione che, dal canto suo, balbetta e batte in ritirata, invece di far capire ai cittadini che al di sopra di ogni azione politica non c’è la volontà di nessuno di noi, ma c’è la costituzione e che, sembra una cosa senso, “la sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della costituzione” (art. 1).

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