La risposta non è difficile o almeno a me pare tale. Forse è un po’ complessa, ma la destra italiana ormai ci ha abituato ad annunci a sorpresa e a repentini cambi di marcia che nascondono la sua profonda incapacità di fare proposte serie e, quel che più conta, realizzabili.
Propongono tutto e il contrario di tutto, dimentichi di far parte di uno schieramento ideologico ben definito nella sua ideologia, specie alla luce degli avvenimenti di quest’ultimo anno di governo.
Una cosa è certa: al loro interno la confusione ideologica e strategica regna sovrana e a forza di credere agli editti stanno perdendo la tramontana, come recitava una vecchia canzone, credo di Antoine.
Vogliono evitare di parlare dei guai del premier così non trovano di meglio che improvvisare proposte da sempre appannaggio della sinistra che, tuttavia, non potranno essere realizzate per via della crisi economica in cui, nonostante le iniezioni d’ottimismo del Cavaliere e company, versa l’Italia.
Il 23 ottobre Morandini, presidente della “Piccola industria di Confindustria” dichiara che la crisi sta mettendo a rischio oltre un milione di piccole imprese. Chiede tra le altre cose la riduzione dell’Irap. Anche la Cgil conferma le stime e sottolinea il rischio di disoccupazione che corrono almeno 4 milioni di lavoratori (la Confindustria afferma che non saranno più di 700 mila…ma se le imprese a rischio sono più di 1 milione?). Al di là dei numeri, è evidente che una simile ipotesi sarebbe un disastro di proporzioni gigantesche che metterebbe in ginocchio l’Italia nella complessità di fattori sociali ed economici che sarebbero ingovernabili. Alla faccia di Tremonti e del sorriso a tutti denti del Presidente del Consiglio. Intanto il governatore della Banca d’Italia dichiara di stare attenti al dopo crisi perché ci attendono nuovi problemi.
Ecco a questo punto l’uscita estemporanea di Berlusconi che l’Irap sarà eliminata. Dove troverà i soldi? Ci penserà Tremonti e poi si potrà attingere ai proventi dello scudo sociale. Ma non era stato destinato ad altro?
Giorni prima il ministro Tremonti , l’illusionista, affiancato il giorno dopo dal premier, dichiara di preferire il posto fisso e, sentite, la partecipazione degli operai agli utili delle aziende.
C’è da restare allibiti! Non perché un politico non possa ravvedersi e cambiare politica economica, ma perché queste sue affermazioni dovrebbero comportare le immediate dimissioni e il ritiro a vita privata. Ma in questo nostro martoriato Paese è tutto permesso: promesse mai realizzate, ravvedimenti solo enunciati, dimissioni annunciate e mai date, dichiarazioni d’onestà agli avvisi di garanzia…insomma…se la politica è lo specchio del Paese, di cosa stiamo parlando, di cosa ci lamentiamo?
L’altro annuncio, questo del ministro Scajola, ci afferma che “bisognerà cominciare a pensare anche al quoziente familiare…”. Ma non è un punto fondamentale dell’UDC? Certo, ma a Marzo si vota per le regionali e l’Udc è necessaria per eventuali accordi…forse in Veneto?
Come si può costatare, niente di nuovo sotto il sole triste della politica: una gran voglia d’imbrogliare le carte e cercare di attingere voti in ogni direzione.
Certo, rimane il contrasto tra il premier e Tremonti con l’intromissione di Bossi…ma anche questa è una manovra prevista . Ne parleremo per un po’ di giorni come le altre. Talk-show, editoriali ne parleranno a iosa e i veri problemi di chi ha perso il posto di lavoro o di chi lo sta perdendo possono aspettare…il tifo da stadio è lì, ognuno col suo striscione e il suo campanaccio.
P.S.: Il Pdl propone alle forse politiche una bicamerale per discutere sulla riforma della giustizia. È vero, come afferma Franceschini, che ormai conosciamo bene il Pdl, ma io non avrei subito rigettato l’invito ma avrei partecipato con una mia proposta alternativa. Sarebbe stato interessante fare scoprire le carte al Pdl, che ora punterà il dito sull’opposizione che “non accetta di discutere”. L’opposizione deve sempre esserci per mettere a nudo le incongruenze e le mistificazioni della destra, ovviamente se ce ne sono,e proporre la sua di riforma. Così non va bene!
24 ottobre 2009
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