Il ministro della funzione pubblica Brunetta parla di “operazione trasparenza” per gli operatori dell’informazione pubblica televisiva. Nei titoli d’apertura delle varie trasmissioni dovrebbe comparire uno schema che informi gli spettatori del “compenso all’autore e il compenso ai giornalisti”, lo share della settimana precedente, le querele che ha ricevuto e l’esito dei giudizi perché “continuiamo a pagare noi i costi del risarcimento e questo non è giusto”.
Il ragionamento non fa una grinza. Lo condivido.
Ma il provvedimento per essere corretto dovrebbe riguardare non solo l’informazione e non solo il servizio pubblico, visto che il ministro continua, affermando che “non posso farmi dare del politico castale da un giornalista che guadagna dieci volte quello che guadagno io”. Spero che non sia un fatto personale, perché, a proposito del guadagno, penso che un parlamentare o un ministro della Repubblica, nostri dipendenti, anche se guadagnano dieci volte meno di un giornalista, guadagnano fin troppo rispetto a quanto guadagna in media un cittadino e rispetto alla produttività.
Circa i costi del risarcimento per i “giudizi” persi, corretto il principio, mi meraviglio che il ministro non abbia sollevato tale problema riguardo il caso Santoro riammesso in servizio e non solo e circa la multa che dovette pagare la Rai, cioè il cittadino, nel caso Meocci, presidente incompatibile nominato dal cd della Rai a maggioranza centro destra...e a proposito di share, come la mettiamo col flop di “porta a porta” di qualche settimana fa e il rinvio di altre trasmissioni?
Il ministro sembra avere la lingua lunga, a ragione, ma la memoria corta, a torto (a ragione?)
Le cose che dice, bisogna dargliene atto, se realizzate, potrebbero dare una svolta al servizio pubblico. Finalmente molte teste calde, prima di scrivere roventi articoli o mandare in onda trasmissioni infarcite di falsità e diffamazioni o mettere alla berlina politici onesti e scrupolosi nel loro servizio al Paese, temendo per la loro tasca, oltre al lavaggio farebbero anche il prelavaggio alle notizie. Questa non è censura, ma è giusto che il cane abbai solo quando vede che il ladro sta andando via col malloppo e non prima. Forse era l’uomo delle pulizie che era tornato per finire lo studio o il bagno…chissà!
Altre due ovvie verità che condivido, non in quanto ovvietà ma in quanto verità. Certo risulta difficile, quindi comprensibile, conoscere i proprietari di tutte le testate giornalistiche o televisive e i rispettivi consigli di amministrazione, ma riesce difficile pensare che il ministro non conosca la proprietà di testate come “Libero”, “il Giornale” o “il Foglio” o di Mediaset.
“Chiudere i rubinetti ai cattivi editori, ma anche al cattivo cinema e al cattivo sindacato”.
Giusto, anzi giustissimo, compagno Brunetta!
Al ministro sfugge che i contributi agli editori sono dati a pioggia, anche ai quotidiani sopraddetti. Non entro in merito alla loro bontà, semmai alla loro proprietà, ma sarei il primo a sostenere la sua battaglia se fossero aboliti gli aiuti di stato e si creasse, così, una vera impresa editoriale e fosse il mercato a decidere la loro sopravvivenza.
Sul cattivo cinema e sul cattivo sindacato, riprenderemo il discorso, anche se mi sembra, in una democrazia, difficile stabilire il grado di cattiveria o di bontà.
E se abolissimo gli albi professionali? Non farebbe parte un tale provvedimento di una politica di liberalizzazioni propria di un governo liberale?
Ministro pensi anche a queste cose, se ha il tempo!
06 ottobre 2009
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