25 novembre 2006

UN PATTO DI EQUITA’ TRA LA CONFINDUSTRIA E I LAVORATORI

L’Europa per bocca del commissario Almunia approva la manovra finanziaria che definisce la migliore da quando c’è l’euro poiché porterà il rapporto deficit PIL sotto il 3% e si avrà una crescita del PIL dell’1,7 (non poca cosa visti gli anni a crescita zero del governo Berlusconi).
Anche la Banca d?Italia esprime nel complesso parere positivo , sottolineando, come d’altronde fa Almunia, che “per rendere durevole il consolidamento dei conti pubblici…saranno essenziali…riforme strutturali dei principali comparti…”.La riforme strutturali di cui parlano riguardano le pensioni e la produttività e sul “bollettino d’autunno della Banca” si leggono due consigli: “Sono necessarie misure in grado di aumentare l’età effettiva di pensionamento”. E “Gli effetti (del cuneo) sulla competitività sono una tantum e vengono riassorbiti nel tempo se i costi unitari seguitano a crescere”.Montezemolo. presidente della confindustria, dichiara che “il recupero della produttività è l’emergenza che dobbiamo affrontare”. E propone un patto con governo e sindacati. Quindi, continua: “La produttività …è penalizzata dal deficit infrastrutturale, dai forti limiti alla concorrenza, alle liberalizzazioni, alla ricerca, dal sistema dell’istruzione e da complicazioni normative e burocratiche che soffocano imprese e cittadini”.
Niente di nuovo per la Confindustria: il governo dà qualche segnale ma insufficiente.
Montezemolo non contento dell’introduzione del cuneo (grande atto di responsabilità del governo che la Confindustria deve dimostrare di saper utilizzare in maniera ottimale) chiede altro, forse per conservarsi una stampella nel caso dovesse cadere (fallimento).
A leggere gli appelli alla riforma delle pensioni, che in realtà si riduce all’aumento dell’età pensionabile, ormai ritengo che sia la panacea di ogni male: aumentiamo, quindi, l’età pensionabile e così risaniamo il bilancio dello stato. E’ una soluzione così semplice che non capisco come mai un tecnico come Tremonti, che tanto ha creato, non l’abbia voluto a qualsiasi costo. Un medico che sa dove ha inizio la cancrena e non interviene arreca un danno all’ammalato. E’ un cattivo medico e l’ammalato perderà un braccio o una gamba. Così noi, pur avendo individuato il male e la cura, continuiamo, come quel medico, a ritardare l’intervento fino alla catastrofe finanziaria.
Non è una cosa seria. Lavoratori, sindacalisti, politici illuminati unitevi, costringete il parlamento a intervenire, poco importa se si andrà in pensione a 65 o a 70 anni, ma almeno abbiamo risolto il vero, l’unico problema che assilla l’economia italiana.
Ha ragione Montezemolo sulla produttività e la concorrenza, ma sull’argomento non capisco parecchie cose.
Che cosa è la produttività? Che cosa è la competitività? La competitività dipende dalla produttività o se c’è la competitività, la produttività va a gonfie vele? Le uniche cose che credo di comprendere riguardano il deficit infrastrutturale, la liberalizzazione, la ricerca, il sistema dell’istruzione e le complicazioni burocratiche e normative, anche se non capisco come mai il governo Berlusconi, liberista dichiarato, non abbia provveduto a realizzarli. Se la confindustria chiede con tale insistenza oggi, perché non ha fatto altrettanto ieri, quando al governo non c’era la sinistra radicale? Mistero.
Da nozioni scolastiche ricordo che la produttività è la quantità di beni e servizi prodotti da un lavoratore nell’unità di tempo. Essendo una legge economica, penso, nella mia stratosferica ignoranza, che non dipende da interventi governativi ma dalle politiche che attua l’azienda.
Ritornando alle nozioni scolastiche, con una produttività più elevata e costi globali costanti, si hanno minori costi unitari e una maggiore competitività. Quindi, la competitività è legata alla produttività e dipende anch’essa in buona parte dalla politica aziendale che riguarda gli investimenti in innovazioni tecnologiche e la ricerca, ma anche dalle competenze dello stato, quale la burocrazia e un sistema infrastrutturale efficiente e integrato.
Vorrei porre qualche domanda ai nostri capitani d’impresa.
Se con i vostri soldi (capitali) impiantate un’azienda, come determinate il vostro guadagno, al netto dei costi d’impianto e dei salari? Che rapporto c’è tra il benessere dell’azienda e il vostro benessere? Se l’azienda entra in crisi, perché chiedete l’intervento dello stato, cioè dei cittadini che pagano le tasse, e non intervenite col vostro patrimonio?
Data la mia ignoranza non mi addentro nell’argomento e attendo una risposta da chi ne sa più di me.
Ma vorrei porre alla Confindustria un patto di equità tra il guadagno dell’impresa e il salario dei lavoratori. Sarebbe un forte incentivo alla produttività e alla competitività.

Nessun commento: