E’ strano che il già ministro dell’economia abbia dimenticato che il primo governo Berlusconi ha ottenuto la fiducia al senato grazie a un voto di scarto di un senatore a vita.
Perché, allora, la CdL non rifiutò il voto adducendo le stesse motivazioni invece d’incassare silente?
Perché, oggi, la CdL grida allo scandalo in maniera demagogica e lesiva della dignità dei senatori?
E’ “scandaloso” afferma l’onorevole, che persone che “devono rappresentare la Patria come gli impone la costituzione” osino “votare in maniera zelante e militante per una parte politica”. Quindi, se cambierà la legge elettorale bisogna escluderli dal voto, ma solo i nominati:
La Costituzione, purtroppo per l’onorevole, non fa queste distinzioni tra nominati ed ex presidenti: entrambi le categorie, giustamente, godono dello stesso diritto di ogni parlamentare.
Certo, si potrebbe modificare la Costituzione. Cosa non si farebbe per un voto…oggi.
Sarebbe stato forse più semplice, nel cambiare la legge elettorale, essere più ,previdente e meno arroganti (oggi l’onorevole sottolinea che “è giusto cambiarla insieme”. Anche per me è giusto, ma ieri perché no?) invece di produrre l’obbrobrio che è sotto gli occhi di tutti.
Ma quale differenza c’è nell’essere stato nominato o nell’essere stato eletto, per esercitare i diriti previsti dalla Costituzione? Un senatore nominato è una statuina di cera, un parlamentare dimezzato che serve da coreografia?
Per “illustrare la Patria” (non può essere chela Patria ha bisogno di loro ) non hanno sicuramente bisogno di essere nominati senatori. Lo hanno fatto in anni di carriera scientifica o artistica o…..
Tra l’altro, siccome sono in grado di discernere , e come!, hanno il dovere, proprio per dare lustro alla Patria, di esercitare pienamente e in piena autonomia le funzioni alle quali sono stati chiamati. Per di più, mi sembra legittimo che abbiano un’ideologia di riferimento, specie in un momento di confusione ideologi e di salto della quaglia..
E’ questo l’unico modo di “rappresentare la Patria come gli impone la Costituzione” o ce n’è un altro? E, allora , l’onorevole farebbe bene a dircelo, riempiendo le nostre lacune.
Il mio solito amico: ”ma il già ministro dell’economia è stato eletto o è stato nominato perch’ la legge elettorale con la quale si è votato ha eliminato il voto di preferenza che sicuramente sarebbe stato indicativo per valutare il gradimento o l’accettazione da parte degli elettori”.
Sicuramente l’onorevole avrebbe raccolto un alto numero di preferenze, ma oggi il dubbio rimane.
30 novembre 2006
27 novembre 2006
IL CANONE TV
Si avvicina la fine dell’anno e tra le tante scadenze incombe il rinnovo dell’abbonamento TV.
Bisogna pagare il canone, non c’è via d’uscita.
Vuoi vedere “Porta a porta” o l’”Isola dei famosi”? Paga.
Vuoi vedere una passerella di politici per di più mediocri? Paga.
Vuoi vedere il pranzo o il treno della Clerici? Paga.
Vuoi divertirti con le distorsioni linguistiche di Giurato? Paga.
Vuoi vedere “Affari tuoi” o “Ballando con le stelle? Paga.
Vuoi vedere sceneggiati ricchi di amori impossibile e di tradimenti o telefilm stantii? Paga.
- Ma se non volessi vedere niente di tutto questo?
- Paghi lo stesso.
- Anche se non avrò l’opportunità di vedere in prima serata una rappresentazione teatrale?
- Ebbene si.
- Ma se tutti paghiamo il canone e la RAI è un’azienda pubblica, abbiamo tutti il diritto di vedere almeno un programma di nostro gradimento?
- Ma dove sta scritto? E poi, dobbiamo tener conto dell’audience.
- Se è così, perché non si esonera dal pagamento del canone chi non guarda la RAI?
- Non si può. E poi nelle ore notturne qualcosa d’interessante c’è?
- Ma la notte non si riposa perché al mattino si va a lavorare?
- Ma dai, organizzati!
- Ma posso non pagare il canone.
- Furbo,così poi arriva la finanza.
- Ma se invio regolare disdetta con lettera sottoscritta e con firma autenticata dal notaio con la quale mi impegno a non sintonizzarmi sui canali della RAI?
- Ci è impossibile intervenire.
- Ma, insomma, io non voglio più vedere i programmi della RAI.
- Allora ti mandiamo la finanza che piomba il televisore…
- Finalmente ce l’ho fatta!
- …così non potrai più vedere nessuna trasmissione…di nessuna rete.
- Ma…
- Nessun ma, punto!
Perché devo pagare un servizio che non voglio perché non è di mio gradimento? Perché nel definire il palinsesto non si tiene conto delle varie categorie di utenti?
La TV non è solo intrattenimento o reality o sceneggiati belli o brutti o film di terza o infima categoria o festival vari di lunghezza esagerata.
La TV deve soddisfare anche altre esigenze culturali, deve essere un’opportunità.
Ritengo che non si può costringere il cittadino a pagare un servizio dimezzato, di dubbia qualità culturale e che non appaga le sue esigenze.
Il mio amico, come al solito interviene con sagacia e mi dice che sono io che non apprezzo perché, in fondo, che altro è la nostra televisione durante i telegiornali se non il teatrino della politica?
Bisogna pagare il canone, non c’è via d’uscita.
Vuoi vedere “Porta a porta” o l’”Isola dei famosi”? Paga.
Vuoi vedere una passerella di politici per di più mediocri? Paga.
Vuoi vedere il pranzo o il treno della Clerici? Paga.
Vuoi divertirti con le distorsioni linguistiche di Giurato? Paga.
Vuoi vedere “Affari tuoi” o “Ballando con le stelle? Paga.
Vuoi vedere sceneggiati ricchi di amori impossibile e di tradimenti o telefilm stantii? Paga.
- Ma se non volessi vedere niente di tutto questo?
- Paghi lo stesso.
- Anche se non avrò l’opportunità di vedere in prima serata una rappresentazione teatrale?
- Ebbene si.
- Ma se tutti paghiamo il canone e la RAI è un’azienda pubblica, abbiamo tutti il diritto di vedere almeno un programma di nostro gradimento?
- Ma dove sta scritto? E poi, dobbiamo tener conto dell’audience.
- Se è così, perché non si esonera dal pagamento del canone chi non guarda la RAI?
- Non si può. E poi nelle ore notturne qualcosa d’interessante c’è?
- Ma la notte non si riposa perché al mattino si va a lavorare?
- Ma dai, organizzati!
- Ma posso non pagare il canone.
- Furbo,così poi arriva la finanza.
- Ma se invio regolare disdetta con lettera sottoscritta e con firma autenticata dal notaio con la quale mi impegno a non sintonizzarmi sui canali della RAI?
- Ci è impossibile intervenire.
- Ma, insomma, io non voglio più vedere i programmi della RAI.
- Allora ti mandiamo la finanza che piomba il televisore…
- Finalmente ce l’ho fatta!
- …così non potrai più vedere nessuna trasmissione…di nessuna rete.
- Ma…
- Nessun ma, punto!
Perché devo pagare un servizio che non voglio perché non è di mio gradimento? Perché nel definire il palinsesto non si tiene conto delle varie categorie di utenti?
La TV non è solo intrattenimento o reality o sceneggiati belli o brutti o film di terza o infima categoria o festival vari di lunghezza esagerata.
La TV deve soddisfare anche altre esigenze culturali, deve essere un’opportunità.
Ritengo che non si può costringere il cittadino a pagare un servizio dimezzato, di dubbia qualità culturale e che non appaga le sue esigenze.
Il mio amico, come al solito interviene con sagacia e mi dice che sono io che non apprezzo perché, in fondo, che altro è la nostra televisione durante i telegiornali se non il teatrino della politica?
26 novembre 2006
UN COLPO DI GENIO: ARCHIVIO PER I VIP
Parola d’ordine: istituire l’archivio dei vip per proteggere i dati dell’anagrafe tributaria da occhi indiscreti.
Ho pensato a una notizia burla, ad una barzelletta sulla politica e su Visco – Dracula in particolare,ma non siamo a carnevale e Visco non ha mai fatto ridere.
Ergo, è stata una proposta seria di un vice ministro serio: il Robin Hood che nasconde i ricchi per separarli dai comuni cittadini.
Che ci sta a fare il signor Rossi o il signor Bianchi nello stesso archivio generale di Fazio (il banchiere), di Tronchetti Provera , di Benetton o di Berlusconi?
Non è una questione di evasione , ma è una questione di protezione e di ordine pubblico. Evitiamo, ecco la buona fede, che i loro dati (redditi) possano essere carpiti e dati in pasto ai poveri contribuenti a reddito fisso: manco per alimentare il malcontento di chi, ingiustamente chiedendosi come abbiano fatto a crearsi una siffatta fortuna, potrebbero avere la strampalata idea di protestare in maniera non consona all’alto rango dei vip che, come fa notare la Santanchè, oggi è un termine fuori moda , sostituito da “upper class”.
Povera upper class, più nasconde le proprie ricchezze più se ne parla e non è bene.
Meno male che c’è Visco che per quello che ha proposto non deve essere così scorbutico e scostante, come la iconografia corrente tende a rappresentare.
In realtà, la proposta di Visco tende a responsabilizzare le “Agenzie delle Entrate” che, così, periodicamente dovrebbero verificare le indagini (controlli, curiosità) condotti a carico di personaggi noti. Così, le Agenzie delle Entrate, invece di ”rincorrere” gli evasori si trasformerebbero (badate bene, solo per periodi costanti ma brevi) in controllori di spioni incalliti che, come dice l’onorevole Tremonti, sono “stupidate fatti da impiegati che non sapevano (caro Prodi) come passare qualche minuto”.
Anche se non ci sarà un archivio ufficiale (chi stabilisce quali nomi tenere in osservazione?), risulta difficile immaginare una differenza sul trattamento e sulla protezione dei dati in quanto l’uguaglianza è un valore costituzionale. “Ma mi faccia il piacere”, direbbe Totò.
La rivista “Forbes” pubblica la classifica dei ricchi d’America (accanto al nome c’è l’ammontare del patrimonio). Nessuno protesta, forse perché per gli americani la trasparenza è un valore.Il mio amico mi suggerisce di concludere con la piccata dichiarazione del vip Boncompagni: “Io sono per la trasparenza. Non voglio essere iscritto in nessun archivio speciale…e sono convinto che le very important person debbano essere controllate come tutte le very normal person”.
Ho pensato a una notizia burla, ad una barzelletta sulla politica e su Visco – Dracula in particolare,ma non siamo a carnevale e Visco non ha mai fatto ridere.
Ergo, è stata una proposta seria di un vice ministro serio: il Robin Hood che nasconde i ricchi per separarli dai comuni cittadini.
Che ci sta a fare il signor Rossi o il signor Bianchi nello stesso archivio generale di Fazio (il banchiere), di Tronchetti Provera , di Benetton o di Berlusconi?
Non è una questione di evasione , ma è una questione di protezione e di ordine pubblico. Evitiamo, ecco la buona fede, che i loro dati (redditi) possano essere carpiti e dati in pasto ai poveri contribuenti a reddito fisso: manco per alimentare il malcontento di chi, ingiustamente chiedendosi come abbiano fatto a crearsi una siffatta fortuna, potrebbero avere la strampalata idea di protestare in maniera non consona all’alto rango dei vip che, come fa notare la Santanchè, oggi è un termine fuori moda , sostituito da “upper class”.
Povera upper class, più nasconde le proprie ricchezze più se ne parla e non è bene.
Meno male che c’è Visco che per quello che ha proposto non deve essere così scorbutico e scostante, come la iconografia corrente tende a rappresentare.
In realtà, la proposta di Visco tende a responsabilizzare le “Agenzie delle Entrate” che, così, periodicamente dovrebbero verificare le indagini (controlli, curiosità) condotti a carico di personaggi noti. Così, le Agenzie delle Entrate, invece di ”rincorrere” gli evasori si trasformerebbero (badate bene, solo per periodi costanti ma brevi) in controllori di spioni incalliti che, come dice l’onorevole Tremonti, sono “stupidate fatti da impiegati che non sapevano (caro Prodi) come passare qualche minuto”.
Anche se non ci sarà un archivio ufficiale (chi stabilisce quali nomi tenere in osservazione?), risulta difficile immaginare una differenza sul trattamento e sulla protezione dei dati in quanto l’uguaglianza è un valore costituzionale. “Ma mi faccia il piacere”, direbbe Totò.
La rivista “Forbes” pubblica la classifica dei ricchi d’America (accanto al nome c’è l’ammontare del patrimonio). Nessuno protesta, forse perché per gli americani la trasparenza è un valore.Il mio amico mi suggerisce di concludere con la piccata dichiarazione del vip Boncompagni: “Io sono per la trasparenza. Non voglio essere iscritto in nessun archivio speciale…e sono convinto che le very important person debbano essere controllate come tutte le very normal person”.
25 novembre 2006
UN PATTO DI EQUITA’ TRA LA CONFINDUSTRIA E I LAVORATORI
L’Europa per bocca del commissario Almunia approva la manovra finanziaria che definisce la migliore da quando c’è l’euro poiché porterà il rapporto deficit PIL sotto il 3% e si avrà una crescita del PIL dell’1,7 (non poca cosa visti gli anni a crescita zero del governo Berlusconi).
Anche la Banca d?Italia esprime nel complesso parere positivo , sottolineando, come d’altronde fa Almunia, che “per rendere durevole il consolidamento dei conti pubblici…saranno essenziali…riforme strutturali dei principali comparti…”.La riforme strutturali di cui parlano riguardano le pensioni e la produttività e sul “bollettino d’autunno della Banca” si leggono due consigli: “Sono necessarie misure in grado di aumentare l’età effettiva di pensionamento”. E “Gli effetti (del cuneo) sulla competitività sono una tantum e vengono riassorbiti nel tempo se i costi unitari seguitano a crescere”.Montezemolo. presidente della confindustria, dichiara che “il recupero della produttività è l’emergenza che dobbiamo affrontare”. E propone un patto con governo e sindacati. Quindi, continua: “La produttività …è penalizzata dal deficit infrastrutturale, dai forti limiti alla concorrenza, alle liberalizzazioni, alla ricerca, dal sistema dell’istruzione e da complicazioni normative e burocratiche che soffocano imprese e cittadini”.
Niente di nuovo per la Confindustria: il governo dà qualche segnale ma insufficiente.
Montezemolo non contento dell’introduzione del cuneo (grande atto di responsabilità del governo che la Confindustria deve dimostrare di saper utilizzare in maniera ottimale) chiede altro, forse per conservarsi una stampella nel caso dovesse cadere (fallimento).
A leggere gli appelli alla riforma delle pensioni, che in realtà si riduce all’aumento dell’età pensionabile, ormai ritengo che sia la panacea di ogni male: aumentiamo, quindi, l’età pensionabile e così risaniamo il bilancio dello stato. E’ una soluzione così semplice che non capisco come mai un tecnico come Tremonti, che tanto ha creato, non l’abbia voluto a qualsiasi costo. Un medico che sa dove ha inizio la cancrena e non interviene arreca un danno all’ammalato. E’ un cattivo medico e l’ammalato perderà un braccio o una gamba. Così noi, pur avendo individuato il male e la cura, continuiamo, come quel medico, a ritardare l’intervento fino alla catastrofe finanziaria.
Non è una cosa seria. Lavoratori, sindacalisti, politici illuminati unitevi, costringete il parlamento a intervenire, poco importa se si andrà in pensione a 65 o a 70 anni, ma almeno abbiamo risolto il vero, l’unico problema che assilla l’economia italiana.
Ha ragione Montezemolo sulla produttività e la concorrenza, ma sull’argomento non capisco parecchie cose.
Che cosa è la produttività? Che cosa è la competitività? La competitività dipende dalla produttività o se c’è la competitività, la produttività va a gonfie vele? Le uniche cose che credo di comprendere riguardano il deficit infrastrutturale, la liberalizzazione, la ricerca, il sistema dell’istruzione e le complicazioni burocratiche e normative, anche se non capisco come mai il governo Berlusconi, liberista dichiarato, non abbia provveduto a realizzarli. Se la confindustria chiede con tale insistenza oggi, perché non ha fatto altrettanto ieri, quando al governo non c’era la sinistra radicale? Mistero.
Da nozioni scolastiche ricordo che la produttività è la quantità di beni e servizi prodotti da un lavoratore nell’unità di tempo. Essendo una legge economica, penso, nella mia stratosferica ignoranza, che non dipende da interventi governativi ma dalle politiche che attua l’azienda.
Ritornando alle nozioni scolastiche, con una produttività più elevata e costi globali costanti, si hanno minori costi unitari e una maggiore competitività. Quindi, la competitività è legata alla produttività e dipende anch’essa in buona parte dalla politica aziendale che riguarda gli investimenti in innovazioni tecnologiche e la ricerca, ma anche dalle competenze dello stato, quale la burocrazia e un sistema infrastrutturale efficiente e integrato.
Vorrei porre qualche domanda ai nostri capitani d’impresa.
Se con i vostri soldi (capitali) impiantate un’azienda, come determinate il vostro guadagno, al netto dei costi d’impianto e dei salari? Che rapporto c’è tra il benessere dell’azienda e il vostro benessere? Se l’azienda entra in crisi, perché chiedete l’intervento dello stato, cioè dei cittadini che pagano le tasse, e non intervenite col vostro patrimonio?
Data la mia ignoranza non mi addentro nell’argomento e attendo una risposta da chi ne sa più di me.
Ma vorrei porre alla Confindustria un patto di equità tra il guadagno dell’impresa e il salario dei lavoratori. Sarebbe un forte incentivo alla produttività e alla competitività.
Anche la Banca d?Italia esprime nel complesso parere positivo , sottolineando, come d’altronde fa Almunia, che “per rendere durevole il consolidamento dei conti pubblici…saranno essenziali…riforme strutturali dei principali comparti…”.La riforme strutturali di cui parlano riguardano le pensioni e la produttività e sul “bollettino d’autunno della Banca” si leggono due consigli: “Sono necessarie misure in grado di aumentare l’età effettiva di pensionamento”. E “Gli effetti (del cuneo) sulla competitività sono una tantum e vengono riassorbiti nel tempo se i costi unitari seguitano a crescere”.Montezemolo. presidente della confindustria, dichiara che “il recupero della produttività è l’emergenza che dobbiamo affrontare”. E propone un patto con governo e sindacati. Quindi, continua: “La produttività …è penalizzata dal deficit infrastrutturale, dai forti limiti alla concorrenza, alle liberalizzazioni, alla ricerca, dal sistema dell’istruzione e da complicazioni normative e burocratiche che soffocano imprese e cittadini”.
Niente di nuovo per la Confindustria: il governo dà qualche segnale ma insufficiente.
Montezemolo non contento dell’introduzione del cuneo (grande atto di responsabilità del governo che la Confindustria deve dimostrare di saper utilizzare in maniera ottimale) chiede altro, forse per conservarsi una stampella nel caso dovesse cadere (fallimento).
A leggere gli appelli alla riforma delle pensioni, che in realtà si riduce all’aumento dell’età pensionabile, ormai ritengo che sia la panacea di ogni male: aumentiamo, quindi, l’età pensionabile e così risaniamo il bilancio dello stato. E’ una soluzione così semplice che non capisco come mai un tecnico come Tremonti, che tanto ha creato, non l’abbia voluto a qualsiasi costo. Un medico che sa dove ha inizio la cancrena e non interviene arreca un danno all’ammalato. E’ un cattivo medico e l’ammalato perderà un braccio o una gamba. Così noi, pur avendo individuato il male e la cura, continuiamo, come quel medico, a ritardare l’intervento fino alla catastrofe finanziaria.
Non è una cosa seria. Lavoratori, sindacalisti, politici illuminati unitevi, costringete il parlamento a intervenire, poco importa se si andrà in pensione a 65 o a 70 anni, ma almeno abbiamo risolto il vero, l’unico problema che assilla l’economia italiana.
Ha ragione Montezemolo sulla produttività e la concorrenza, ma sull’argomento non capisco parecchie cose.
Che cosa è la produttività? Che cosa è la competitività? La competitività dipende dalla produttività o se c’è la competitività, la produttività va a gonfie vele? Le uniche cose che credo di comprendere riguardano il deficit infrastrutturale, la liberalizzazione, la ricerca, il sistema dell’istruzione e le complicazioni burocratiche e normative, anche se non capisco come mai il governo Berlusconi, liberista dichiarato, non abbia provveduto a realizzarli. Se la confindustria chiede con tale insistenza oggi, perché non ha fatto altrettanto ieri, quando al governo non c’era la sinistra radicale? Mistero.
Da nozioni scolastiche ricordo che la produttività è la quantità di beni e servizi prodotti da un lavoratore nell’unità di tempo. Essendo una legge economica, penso, nella mia stratosferica ignoranza, che non dipende da interventi governativi ma dalle politiche che attua l’azienda.
Ritornando alle nozioni scolastiche, con una produttività più elevata e costi globali costanti, si hanno minori costi unitari e una maggiore competitività. Quindi, la competitività è legata alla produttività e dipende anch’essa in buona parte dalla politica aziendale che riguarda gli investimenti in innovazioni tecnologiche e la ricerca, ma anche dalle competenze dello stato, quale la burocrazia e un sistema infrastrutturale efficiente e integrato.
Vorrei porre qualche domanda ai nostri capitani d’impresa.
Se con i vostri soldi (capitali) impiantate un’azienda, come determinate il vostro guadagno, al netto dei costi d’impianto e dei salari? Che rapporto c’è tra il benessere dell’azienda e il vostro benessere? Se l’azienda entra in crisi, perché chiedete l’intervento dello stato, cioè dei cittadini che pagano le tasse, e non intervenite col vostro patrimonio?
Data la mia ignoranza non mi addentro nell’argomento e attendo una risposta da chi ne sa più di me.
Ma vorrei porre alla Confindustria un patto di equità tra il guadagno dell’impresa e il salario dei lavoratori. Sarebbe un forte incentivo alla produttività e alla competitività.
22 novembre 2006
FORZA DI PACE INTERNAZIONALE A GAZA
Bolton, l’ambasciatore USA all’ONU, in merito alla proposta italo-francospagnola di inviare una forza di pace nella Striscia di Gaza per porre fine ai sanguinosi attacchi e contrattacchi che infieriscono soprattutto sulla popolazione civile (480 morti palestinesi, distruzioni di infrastrutture, mancanza di acqua e si luce, completa cessazione di ogni attività economica con la disoccupazione all’85%, 900.000 palestinesi assistiti dall’ONU) dichiara che “l’interposizione di una forza internazionale non crediamo possa contribuire a una soluzione permanente del problema dell’area”.
Ricordiamo che la Striscia di Gaza è mediamente larga 6 e lunga 42 Km (Kmq 252 il territorio di una media cittadina italiana) ed è abitata da 1.700.000 palestinesi.
Il giorno dopo. Il portavoce del ministro degli esteri israeliano, commentando la risoluzione di condanna dell’ONU circa l’uccisione di 19 palestinesi a Beit Hanun a causa di un bombardamento dell’artiglieria israeliana (un errore tecnico per Olmert, il primo ministro israeliano), e l’appello ad Israele idi cessare le azioni militari, afferma che la risoluzione “rappresenta un premio ai terroristi” e “non tiene conto che i terroristi si fanno scudo della popolazione palestinese”. L’ambasciatore israeliano all’ONU, inoltre, con grande rispetto, dichiara che “le forze del male tengono in ostaggio l’assemblea dell’ONU”. Senza dubbio una dichiarazione assai generosa sulle capacità intellettive e morali di un’assemblea che merita rispetto.
Infine, l’alto commissario dell’ONU per i diritti civili Louise Arbour, dopo la visita nella Striscia, denuncia gravi violazioni dei diritti nei territori palestinesi: “La violazione dei diritti umani…è intollerabile”. E ancora: “Essere qui, parlare e vedere con i miei occhi tutto questo è stata un’esperienza estremamente toccante”.
Il 20 scorso l’aviazione israeliana ha attaccato un veicolo che transitava a Gaza City. Bilancio provvisorio: due miliziani uccisi (l’obiettivo) e sei civili, tra cui una bambina di un anno, feriti (effetti collaterali…non voluti).
Non si vuol puntare il dito contro nessuno ma se gli USA fossero più recettivi e meno intransigenti (non si capisce perché), se gli israeliani tenessero nel dovuto conto le rioluzioni dell’ONU, se le ispezioni dell’ONU nella Striscia, nonostante le prese di posizione dei commissari, fossero tenute nella dovuta considerazione, se i palestinesi fossero più uniti, se…se…
Ma la storia non si fa con se, lo sappiamo, né tanto meno con la vecchia e infruttuosa strategia statunitense, israeliana e palestinese. Occorre cambiare metodo, partendo dalle sofferenze della gente palestinese e israeliana, di quella che vive per le strade e che ha diritto ad una vita serena nella pace. Ben venga, quindi, l’iniziativa italo-franco-spagnola se potrà aprire solo uno spiraglio nel nero di una lunga e sanguinosa guerra.
Gandhi: “Chiedi a te stesso il valore che la tua prossima azione avrà per l’uomo più povero della terra”.
Ricordiamo che la Striscia di Gaza è mediamente larga 6 e lunga 42 Km (Kmq 252 il territorio di una media cittadina italiana) ed è abitata da 1.700.000 palestinesi.
Il giorno dopo. Il portavoce del ministro degli esteri israeliano, commentando la risoluzione di condanna dell’ONU circa l’uccisione di 19 palestinesi a Beit Hanun a causa di un bombardamento dell’artiglieria israeliana (un errore tecnico per Olmert, il primo ministro israeliano), e l’appello ad Israele idi cessare le azioni militari, afferma che la risoluzione “rappresenta un premio ai terroristi” e “non tiene conto che i terroristi si fanno scudo della popolazione palestinese”. L’ambasciatore israeliano all’ONU, inoltre, con grande rispetto, dichiara che “le forze del male tengono in ostaggio l’assemblea dell’ONU”. Senza dubbio una dichiarazione assai generosa sulle capacità intellettive e morali di un’assemblea che merita rispetto.
Infine, l’alto commissario dell’ONU per i diritti civili Louise Arbour, dopo la visita nella Striscia, denuncia gravi violazioni dei diritti nei territori palestinesi: “La violazione dei diritti umani…è intollerabile”. E ancora: “Essere qui, parlare e vedere con i miei occhi tutto questo è stata un’esperienza estremamente toccante”.
Il 20 scorso l’aviazione israeliana ha attaccato un veicolo che transitava a Gaza City. Bilancio provvisorio: due miliziani uccisi (l’obiettivo) e sei civili, tra cui una bambina di un anno, feriti (effetti collaterali…non voluti).
Non si vuol puntare il dito contro nessuno ma se gli USA fossero più recettivi e meno intransigenti (non si capisce perché), se gli israeliani tenessero nel dovuto conto le rioluzioni dell’ONU, se le ispezioni dell’ONU nella Striscia, nonostante le prese di posizione dei commissari, fossero tenute nella dovuta considerazione, se i palestinesi fossero più uniti, se…se…
Ma la storia non si fa con se, lo sappiamo, né tanto meno con la vecchia e infruttuosa strategia statunitense, israeliana e palestinese. Occorre cambiare metodo, partendo dalle sofferenze della gente palestinese e israeliana, di quella che vive per le strade e che ha diritto ad una vita serena nella pace. Ben venga, quindi, l’iniziativa italo-franco-spagnola se potrà aprire solo uno spiraglio nel nero di una lunga e sanguinosa guerra.
Gandhi: “Chiedi a te stesso il valore che la tua prossima azione avrà per l’uomo più povero della terra”.
21 novembre 2006
LEGGE ELETTORALE: E IL VOTO DI PREFERENZA?
Non è ripetitivo ritornare a parlare di legge elettorale perché i nostri “dipendenti”, ormai padroni, non sono interessati a cambiarla veramente.
L’apparenza: tutti i partiti,anche la Lega, condannano la “porcata” di Calderoli.
La realtà: tutti, per opportunismo politico (egoismo di partito) non sono in grado di abrogarla.
I primi a apporsi sono i partiti minori, specie quelli regionalistici o familiari che non vogliono la soglia di esclusione, 4 o 5 % che sia, né il ritorno ai collegi uninominali (segnerebbero la loro fine).
I partiti maggiori di governo non vogliono andare alle elezioni anticipate a legge approvata come invece chiede in modo pregiudiziale l’opposizione prima di discutere di riforma.
Rimarrebbe il referendum. Ma, anche in questo caso, i partiti minori si sono premurati a far sapere che, qualora un partito della coalizione lo sostenesse, si riterrebbero liberi da qualsiasi vincolo.
E i partiti maggiori governo? Se il referendum passasse, il parlamento si dovrebbe sciogliere. Quindi…non sono interessati, come quelli dell’opposizione
Il ministro Chiti proporrà ad alleati e opposizione la proposta D’Alimone, valente politologo e professore universitario, che si articola in cinque punti: premio di maggioranza al senato a livello nazionale; voto ai diciottenni anche al senato; eliminazione delle candidature plurime; i voti delle liste che non superano lo sbarramento saranno escluse dal computo per l’assegnazione del premio di maggioranza alla camera e al senato; inclusione dei voti della Val d’Aosta ai fini dell’assegnazione del premio di maggioranza alla camera.
Ritengo la proposta valida ma incompleta in quanto non fa cenno alcuno al voto di preferenza.
Ancora una volta il detentore della sovranità non viene preso in considerazione. Saranno i partiti a decidere chi rappresenterà il popolo in parlamento quando definiranno le liste bloccate da presentare agli elettori. Il voto di preferenza è l’unico strumento, anche se limitato, che permetta un possibile ricambio della classe politica che, vecchia e arrogante, ha paura di mettersi in discussione, affrontando il giudizio degli elettori. Sarà il trionfo del nepotismo (familiari, amici fidati…).
Dice il mio amico: “ Ma di cosa ti preoccupi; non è meglio avere qualcuno, per esempio un professionista della politica, che pensa per te, che interpreta i tuoi desideri, che ti conduca per mano recapitandoti al mattino il cibo della giornata e le informazioni giuste? Tanto loro sanno cosa è la democrazia e la tengono ben salda tra le mani”.
Ma il mio amico, spero l’abbiate capito, è un po’ strano, sembra di un altro pianeta.
L’apparenza: tutti i partiti,anche la Lega, condannano la “porcata” di Calderoli.
La realtà: tutti, per opportunismo politico (egoismo di partito) non sono in grado di abrogarla.
I primi a apporsi sono i partiti minori, specie quelli regionalistici o familiari che non vogliono la soglia di esclusione, 4 o 5 % che sia, né il ritorno ai collegi uninominali (segnerebbero la loro fine).
I partiti maggiori di governo non vogliono andare alle elezioni anticipate a legge approvata come invece chiede in modo pregiudiziale l’opposizione prima di discutere di riforma.
Rimarrebbe il referendum. Ma, anche in questo caso, i partiti minori si sono premurati a far sapere che, qualora un partito della coalizione lo sostenesse, si riterrebbero liberi da qualsiasi vincolo.
E i partiti maggiori governo? Se il referendum passasse, il parlamento si dovrebbe sciogliere. Quindi…non sono interessati, come quelli dell’opposizione
Il ministro Chiti proporrà ad alleati e opposizione la proposta D’Alimone, valente politologo e professore universitario, che si articola in cinque punti: premio di maggioranza al senato a livello nazionale; voto ai diciottenni anche al senato; eliminazione delle candidature plurime; i voti delle liste che non superano lo sbarramento saranno escluse dal computo per l’assegnazione del premio di maggioranza alla camera e al senato; inclusione dei voti della Val d’Aosta ai fini dell’assegnazione del premio di maggioranza alla camera.
Ritengo la proposta valida ma incompleta in quanto non fa cenno alcuno al voto di preferenza.
Ancora una volta il detentore della sovranità non viene preso in considerazione. Saranno i partiti a decidere chi rappresenterà il popolo in parlamento quando definiranno le liste bloccate da presentare agli elettori. Il voto di preferenza è l’unico strumento, anche se limitato, che permetta un possibile ricambio della classe politica che, vecchia e arrogante, ha paura di mettersi in discussione, affrontando il giudizio degli elettori. Sarà il trionfo del nepotismo (familiari, amici fidati…).
Dice il mio amico: “ Ma di cosa ti preoccupi; non è meglio avere qualcuno, per esempio un professionista della politica, che pensa per te, che interpreta i tuoi desideri, che ti conduca per mano recapitandoti al mattino il cibo della giornata e le informazioni giuste? Tanto loro sanno cosa è la democrazia e la tengono ben salda tra le mani”.
Ma il mio amico, spero l’abbiate capito, è un po’ strano, sembra di un altro pianeta.
20 novembre 2006
ROMA: IL CORTEO MALEDETTO
Poche decine, un centinaio…non è una questione di numeri. Bisogna avere il coraggio di chiamare le cose col loro giusto nome: è stato un atto di barbarie assoluta.
Una manifestazione per la pace in Medio Oriente si è trasformata in uno spettacolo indecente, partendo dal vergognoso e già sentito coro d’insulti (dieci, cento mille Nassiriya) al rogo dei tre fantocci avvolti nelle bandiere italiana, americana e israeliana.
Espressioni di sdegno e condanne verbale da parte delle istituzioni e dei politici…ma non basta.
Non è più il tempo della tolleranza e delle giustificazioni. I facinorosi manifestanti di indubbia provenienza devono essere isolati da tutti i democratici, specialmente da quelle forze politiche cui fanno riferimento e sulle quali gettano discredito (l’opinione pubblica fa presto ad associarle alla sinistra in genere). Così la destra con Cicchetto e Gasparri ha buon gioco nel paventare una sorta di complicità tra la maggioranza e il governo con i responsabili dell’ignobile misfatto, vista la partecipazione alla manifestazione del segretario del Pdci Di Liberto che sembra chiuda la faccenda con la seguente dichiarazione di condanna: “Chi grida certi slogan è nemico della causa palestinese. Il rogo è opera di quattro imbecilli”.
Non basta. L’onorevole Di Liberto, per il ruolo che svolge e per l’intelligenza politica che lo contraddistingue, non può parlare così semplicemente di quattro imbecilli, perché sa che non sono quattro imbecilli, considerando, tra l’altro, che non è la prima volta che partecipa a manifestazioni così composite e movimentate.
Il problema è molto più complesso e investe tutta la sinistra, da quella più moderata a quella radicale, ormai pure essa sinistra di governo, che deve dare delle risposte convincenti.
Come la democrazia non si esporta con le armi, la pace non s’impone con la violenza. Tanto basta, quindi, perché tutta la sinistra, da Fassino a Di Liberto, dichiari a voce “forte e chiara” che non ha niente in comune con questi facinorosi violenti e insensati; che non parteciperanno mai a nessuna manifestazioni che preveda la loro presenza. Tutto ciò senza doppi giochi e furberie.
La sinistra per affermare i valori propri non ha bisogno di avvalersi della violenza di pochi “imbecilli”, ma deve distinguersi. Deve isolarli, abbandonarli al loro destino.
Manifestare con determinazione ma con serenità si può. E Milano ne è la riprova. Forse l’onorevole Di Liberto avrebbe fatto meglio a unirsi ai manifestanti di Milano.
Una manifestazione per la pace in Medio Oriente si è trasformata in uno spettacolo indecente, partendo dal vergognoso e già sentito coro d’insulti (dieci, cento mille Nassiriya) al rogo dei tre fantocci avvolti nelle bandiere italiana, americana e israeliana.
Espressioni di sdegno e condanne verbale da parte delle istituzioni e dei politici…ma non basta.
Non è più il tempo della tolleranza e delle giustificazioni. I facinorosi manifestanti di indubbia provenienza devono essere isolati da tutti i democratici, specialmente da quelle forze politiche cui fanno riferimento e sulle quali gettano discredito (l’opinione pubblica fa presto ad associarle alla sinistra in genere). Così la destra con Cicchetto e Gasparri ha buon gioco nel paventare una sorta di complicità tra la maggioranza e il governo con i responsabili dell’ignobile misfatto, vista la partecipazione alla manifestazione del segretario del Pdci Di Liberto che sembra chiuda la faccenda con la seguente dichiarazione di condanna: “Chi grida certi slogan è nemico della causa palestinese. Il rogo è opera di quattro imbecilli”.
Non basta. L’onorevole Di Liberto, per il ruolo che svolge e per l’intelligenza politica che lo contraddistingue, non può parlare così semplicemente di quattro imbecilli, perché sa che non sono quattro imbecilli, considerando, tra l’altro, che non è la prima volta che partecipa a manifestazioni così composite e movimentate.
Il problema è molto più complesso e investe tutta la sinistra, da quella più moderata a quella radicale, ormai pure essa sinistra di governo, che deve dare delle risposte convincenti.
Come la democrazia non si esporta con le armi, la pace non s’impone con la violenza. Tanto basta, quindi, perché tutta la sinistra, da Fassino a Di Liberto, dichiari a voce “forte e chiara” che non ha niente in comune con questi facinorosi violenti e insensati; che non parteciperanno mai a nessuna manifestazioni che preveda la loro presenza. Tutto ciò senza doppi giochi e furberie.
La sinistra per affermare i valori propri non ha bisogno di avvalersi della violenza di pochi “imbecilli”, ma deve distinguersi. Deve isolarli, abbandonarli al loro destino.
Manifestare con determinazione ma con serenità si può. E Milano ne è la riprova. Forse l’onorevole Di Liberto avrebbe fatto meglio a unirsi ai manifestanti di Milano.
17 novembre 2006
L’ITALIA SETTENTRIONALE E IL PARTINCIUCIO ALL’ITALIANA
Sette regioni del Nord, le più industrializzate d’Italia (la Lombardia col più alto tenore di vita d’Europa) chiedono, giustamente ma guarda caso in un momento molto delicato per il governo (approvazione piuttosto travagliata della Legge Finanziaria), interventi relativi al potenziamento di infrastrutture e servizi pubblici e l’avvio di quelle concertate con l’Europa.
La gravità della situazione e la necessità di non più rinviare le opere emergono dall’unità di sette governatori appartenenti a due blocchi politici opposti.
Se a Roma, maggioranza e opposizione, superando il clima di continua campagna elettorale, si confrontassero costruttivamente, i numerosi problemi istituzionali aperti potrebbero trovare soluzioni condivise nell’interesse della collettività. Ma ciò è un’altra cosa.
Le ragioni esposte dal governatore Formigoni sono comprensibili e i problemi reali.
Nell’”Italia Settentrionale”, così si esprimono i sette, bisogna risolvere i problemi dell’affollamento delle autostrade, specie nelle ore di punta (basta percorrere la TO - VE per rendersene conto), quelli del pendolarismo (treni sporchi e, quando non cancellati, sempre in ritardo, superaffollati), quelli del trasporto aereo con gli enormi disagi nei collegamenti specie con Malpensa, quelli dell’ingresso nelle città (traffico caotico e spesso in tilt, con un altissimo inquinamento.
L’Italia non ha per confine il Rubiconde, ma scende lungo 1.600 KM (distanza che separa Milano da Palermo) di autostrada, se tale si può considerare la SA –RC, e presenta molto più gravi e urgenti problemi legati allo sviluppo (mancato) economico.
Assodata la necessità e, se volete, la sacralità della crescita economica del Settentrione, è necessario far emergere i problemi del Meridione che, se non sono più impellenti (solo per evitare campanilismi), nono molto più gravi e improcrastinabili.
Solo alcune esemplificazioni:
- Autostrade: mi chiedo se qualcuno dei sette abbia mai percorso le autostrade siciliane senza stazioni di servizio , senza manutenzione e sempre da ultimare, come d’altronde la A3, per non parlare dei collegamenti tra la Puglia e il Lazio o la Campania.
- Ferrovie: sa il governatore Formigoni che nella tratta (è una delle tante) Palermo - Trapani (un capoluogo e una provincia, da tanto) sono ancora in servizio le littorine, proprio quelle del fascismo, che vanno a gasolio; sa che, se si escludono la Messina – Palermo e la Messina – Siracusa, le altre tratte non sono elettrificate? Sa il governatore Burlando che per percorrere una tratta di c.a 50 Km (Palermo – Partitico) la famosa littorina impiega un’ora e mezza , salvo imprevisti (fermarsi in aperta campagna)? Sa il governatore Galan che la Messina – Palermo è a un solo binario e che i treni provenienti dal settentrione (o continente?) si trasformano in locali con tempi di percorrenza impensabili nel Settentrione?
- Aeroporti e porti: Formigoni, per sua fortuna, non ha porti e pensa, sempre giustamente, a un piano straordinario che “eviti il blocco del sistema…aeroportuale dell’Italia Settentrionale (una delle macroregioni di bossiana memoria. O non è un caso?)”, ma non ha mai visitato un porto o un aeroporto dell’Italia Meridionale (per restare in tema) che avrebbero bisogno immediato di investimenti proprio perché “la carenza di infrastrutture è un freno allo sviluppo economico”. Quante volte si è detto che la Sicilia per la sua posizione al centro del Mediterraneo deve diventare il nodo economico centrale tra l’Africa del Nord, il Medio Oriente e l’Europa?
Se è giusto, lo ritengo tale, il piano straordinario per rilanciare l’economia dell’Italia Settentrionale, è doveroso, molto doveroso, un piano straordinario che faccia uscire l’Italia Meridionale dal medioevo tecnologico.
Se è giusto investire risorse perché l’Italia Settentrionale rimanga ancorata all’Europa (linea ferroviaria ad Alta velocità Lione – Budapest attraverso Torino, Milano, Venezia, Trieste;varie opere autostradali che colleghino Genova a Rotterdam…) è doveroso elettrificare le linee ferroviarie dell’Italia Meridionale, rendere più efficienti le poche autostrade e costruirne altre necessarie allo sviluppo economico e che facciano da collegamento con i vari porti e aeroporti per far decollare un’economia arretrata e diminuire il gran numero di disoccupati e sottooccupati.
Oggi l’Italia, egregi governatori dell’Italia Settentrionale, è ancora uno Stato unitario e tutte le regioni hanno diritto ad un tenore di vita almeno dignitoso. Non ci possono essere figli e figliastri.
Avevo una decina d’anni, mi racconta il mio amico, e assistevo ad un comizio col papà nella piazza principale del paese. “Dobbiamo ricostruire l’Italia e capite bene, gridava l’oratore, che dobbiamo iniziare dal Nord dove esiste già un’industria….”
Dice Formigoni: “Non vogliamo escludere le altre regioni, ma le nostre infrastrutture sono cruciali per il Paese”.
Dove sta la differenza?
“Non c’è differenza”, rispondo.
La gravità della situazione e la necessità di non più rinviare le opere emergono dall’unità di sette governatori appartenenti a due blocchi politici opposti.
Se a Roma, maggioranza e opposizione, superando il clima di continua campagna elettorale, si confrontassero costruttivamente, i numerosi problemi istituzionali aperti potrebbero trovare soluzioni condivise nell’interesse della collettività. Ma ciò è un’altra cosa.
Le ragioni esposte dal governatore Formigoni sono comprensibili e i problemi reali.
Nell’”Italia Settentrionale”, così si esprimono i sette, bisogna risolvere i problemi dell’affollamento delle autostrade, specie nelle ore di punta (basta percorrere la TO - VE per rendersene conto), quelli del pendolarismo (treni sporchi e, quando non cancellati, sempre in ritardo, superaffollati), quelli del trasporto aereo con gli enormi disagi nei collegamenti specie con Malpensa, quelli dell’ingresso nelle città (traffico caotico e spesso in tilt, con un altissimo inquinamento.
L’Italia non ha per confine il Rubiconde, ma scende lungo 1.600 KM (distanza che separa Milano da Palermo) di autostrada, se tale si può considerare la SA –RC, e presenta molto più gravi e urgenti problemi legati allo sviluppo (mancato) economico.
Assodata la necessità e, se volete, la sacralità della crescita economica del Settentrione, è necessario far emergere i problemi del Meridione che, se non sono più impellenti (solo per evitare campanilismi), nono molto più gravi e improcrastinabili.
Solo alcune esemplificazioni:
- Autostrade: mi chiedo se qualcuno dei sette abbia mai percorso le autostrade siciliane senza stazioni di servizio , senza manutenzione e sempre da ultimare, come d’altronde la A3, per non parlare dei collegamenti tra la Puglia e il Lazio o la Campania.
- Ferrovie: sa il governatore Formigoni che nella tratta (è una delle tante) Palermo - Trapani (un capoluogo e una provincia, da tanto) sono ancora in servizio le littorine, proprio quelle del fascismo, che vanno a gasolio; sa che, se si escludono la Messina – Palermo e la Messina – Siracusa, le altre tratte non sono elettrificate? Sa il governatore Burlando che per percorrere una tratta di c.a 50 Km (Palermo – Partitico) la famosa littorina impiega un’ora e mezza , salvo imprevisti (fermarsi in aperta campagna)? Sa il governatore Galan che la Messina – Palermo è a un solo binario e che i treni provenienti dal settentrione (o continente?) si trasformano in locali con tempi di percorrenza impensabili nel Settentrione?
- Aeroporti e porti: Formigoni, per sua fortuna, non ha porti e pensa, sempre giustamente, a un piano straordinario che “eviti il blocco del sistema…aeroportuale dell’Italia Settentrionale (una delle macroregioni di bossiana memoria. O non è un caso?)”, ma non ha mai visitato un porto o un aeroporto dell’Italia Meridionale (per restare in tema) che avrebbero bisogno immediato di investimenti proprio perché “la carenza di infrastrutture è un freno allo sviluppo economico”. Quante volte si è detto che la Sicilia per la sua posizione al centro del Mediterraneo deve diventare il nodo economico centrale tra l’Africa del Nord, il Medio Oriente e l’Europa?
Se è giusto, lo ritengo tale, il piano straordinario per rilanciare l’economia dell’Italia Settentrionale, è doveroso, molto doveroso, un piano straordinario che faccia uscire l’Italia Meridionale dal medioevo tecnologico.
Se è giusto investire risorse perché l’Italia Settentrionale rimanga ancorata all’Europa (linea ferroviaria ad Alta velocità Lione – Budapest attraverso Torino, Milano, Venezia, Trieste;varie opere autostradali che colleghino Genova a Rotterdam…) è doveroso elettrificare le linee ferroviarie dell’Italia Meridionale, rendere più efficienti le poche autostrade e costruirne altre necessarie allo sviluppo economico e che facciano da collegamento con i vari porti e aeroporti per far decollare un’economia arretrata e diminuire il gran numero di disoccupati e sottooccupati.
Oggi l’Italia, egregi governatori dell’Italia Settentrionale, è ancora uno Stato unitario e tutte le regioni hanno diritto ad un tenore di vita almeno dignitoso. Non ci possono essere figli e figliastri.
Avevo una decina d’anni, mi racconta il mio amico, e assistevo ad un comizio col papà nella piazza principale del paese. “Dobbiamo ricostruire l’Italia e capite bene, gridava l’oratore, che dobbiamo iniziare dal Nord dove esiste già un’industria….”
Dice Formigoni: “Non vogliamo escludere le altre regioni, ma le nostre infrastrutture sono cruciali per il Paese”.
Dove sta la differenza?
“Non c’è differenza”, rispondo.
12 novembre 2006
BEIT HANUN: ANCORA UN ERRORE…ANCORA UNA STRAGE
L’ultima strage porta il nome di Beit Hanun. Prima di questa, due donne che manifestavano (proteggevano dei miliziani, dicono gli israeliani. Ma ciò ha poca importanza…o tanta se è una giustificazione.) sono rimaste uccise, e prima ancora…l’elenco si farebbe troppo lungo.
Dal rapimento del caporale Ghilad Shalit tra i palestinesi si contano 300 morti (molti bambini) e 4.000 feriti: una reazione molto esagerata.
E’ una strage continua ed è gravissimo lo scarso interesse mostrato dalla cancellerie occidentali.
L’informazione (libera e indipendente?) non è da meno, anzi mette in evidenza le giustificazioni di Israele, ben sapendo che alla fine a forza di dirle le bugie, prima o poi, diventano mezze verità e poi verità assolute: nessuna responsabilità, ma solo casualità e ci sono pure …le scuse.
Per Olmert la strage è stata provocata, infatti, da un errore tecnico. Altre volte si è parlato di effetti collaterali, di vittime usate dai miliziani come “scudi” (oggetti di difesa che si possono abbattere4), di miliziani travestiti, di terroristi da eliminare e pazienza se molti pagano per l’unica colpa di trovarsi nei paraggi (tragici errori di armi intelligenti). Troppi errori tecnici e umani in questo impari conflitto. L’esistenza di Israele, ormai un dato di fatto incontrovertibile (tutti lo sanno, ma…), non può basarsi sul sangue, non è più ragionevole ne accettabile.
Spesso mi rivolgo le domande:
Perché le stragi provocate dai sofisticati missili israeliani sono errori tecnici giustificabili mentre i morti causati da razzi fai-da-te palestinesi sono esecrabili?
Perché gli attacchi dell’esercito d’Israele sono sacrosante reazioni a provocazioni e minacce e gli attacchi dei miliziani sono atti criminali?
Perché un soldato israeliano rapito riempie fogli di giornali e provocano sdegno e nessuno parla dei rappresentanti del governo palestinese rapiti e tenuti prigionieri nelle carceri israeliani?
Ho cercato delle risposte, ma sono diverse da quelle, ormai assimilate, di convenienza.
Penso che i due popoli, quello israeliano e quello palestinese, hanno il diritto di esistere in pace e prosperità, che i loro politici sono i veri responsabili di tali disastri che, prigionieri di vecchi schemi e di pregiudizi, non sapranno mai trovare una via d’uscita, una soluzione, dicono, conveniente.
Ma cosa c’è di più conveniente di far vivere il popolo in pace e senza il tormento della continua paura di un attentato?
La soluzione è più semplice di quanto non si creda, basta cercarla e, soprattutto, volerla.
Perché non applicare la risoluzione dell’ONU del Novembre del 1947?
P.S.: Il mio amico mi suggerisce un’ulteriore domanda: Perché chi può fare tanto (Bush), nonostante le reiterate promesse, non ha mosso un dito ma continua a giustificare le “reazione americane”?
Dal rapimento del caporale Ghilad Shalit tra i palestinesi si contano 300 morti (molti bambini) e 4.000 feriti: una reazione molto esagerata.
E’ una strage continua ed è gravissimo lo scarso interesse mostrato dalla cancellerie occidentali.
L’informazione (libera e indipendente?) non è da meno, anzi mette in evidenza le giustificazioni di Israele, ben sapendo che alla fine a forza di dirle le bugie, prima o poi, diventano mezze verità e poi verità assolute: nessuna responsabilità, ma solo casualità e ci sono pure …le scuse.
Per Olmert la strage è stata provocata, infatti, da un errore tecnico. Altre volte si è parlato di effetti collaterali, di vittime usate dai miliziani come “scudi” (oggetti di difesa che si possono abbattere4), di miliziani travestiti, di terroristi da eliminare e pazienza se molti pagano per l’unica colpa di trovarsi nei paraggi (tragici errori di armi intelligenti). Troppi errori tecnici e umani in questo impari conflitto. L’esistenza di Israele, ormai un dato di fatto incontrovertibile (tutti lo sanno, ma…), non può basarsi sul sangue, non è più ragionevole ne accettabile.
Spesso mi rivolgo le domande:
Perché le stragi provocate dai sofisticati missili israeliani sono errori tecnici giustificabili mentre i morti causati da razzi fai-da-te palestinesi sono esecrabili?
Perché gli attacchi dell’esercito d’Israele sono sacrosante reazioni a provocazioni e minacce e gli attacchi dei miliziani sono atti criminali?
Perché un soldato israeliano rapito riempie fogli di giornali e provocano sdegno e nessuno parla dei rappresentanti del governo palestinese rapiti e tenuti prigionieri nelle carceri israeliani?
Ho cercato delle risposte, ma sono diverse da quelle, ormai assimilate, di convenienza.
Penso che i due popoli, quello israeliano e quello palestinese, hanno il diritto di esistere in pace e prosperità, che i loro politici sono i veri responsabili di tali disastri che, prigionieri di vecchi schemi e di pregiudizi, non sapranno mai trovare una via d’uscita, una soluzione, dicono, conveniente.
Ma cosa c’è di più conveniente di far vivere il popolo in pace e senza il tormento della continua paura di un attentato?
La soluzione è più semplice di quanto non si creda, basta cercarla e, soprattutto, volerla.
Perché non applicare la risoluzione dell’ONU del Novembre del 1947?
P.S.: Il mio amico mi suggerisce un’ulteriore domanda: Perché chi può fare tanto (Bush), nonostante le reiterate promesse, non ha mosso un dito ma continua a giustificare le “reazione americane”?
11 novembre 2006
PROGETTO DI LEGGE DI INIIZIATIVA POPOLARE
“ITALIA SOCIALISTA” si fa promotrice di:
PROGETTO DI LEGGE DI INIZIATIVA POPOLARE (bozza)
In riferimento all’articolo 71 della Costituzione (“…Il popolo esercita l’iniziativa delle leggi mediante la proposta…di un progetto redatto in articoli”.) i signori Governanti Giuseppe, Mercaldi Michele…. presentano il seguente progetto di legge di iniziativa popolare riguardante la Legge elettorale che considerano lo strumento fondamentale per esercitare la democrazia e rendere così attivo il suo principio fondante espresso dall’articolo 1, comma 2 della Costituzione (“la sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.”):
Articolo n. 1 – Il cittadino alle elezioni politiche nazionali esercita il diritto di voto esprimendo il voto al partito e il voto di preferenza per un solo candidato della lista del partito votato.
Articolo n. 2- Il parlamentare può essere eletto solamente per due legislature comunque si concludano.
Articolo n. 3 - Possono essere candidati i cittadini italiani che non abbiano condanne passate in giudicato al momento della presentazione delle liste elettorali.
Articolo n. 4 - I cittadini possono candidarsi in una sola circoscrizione
La proposta si rivolge ai cittadini, alle associazioni, ai movimenti politici e culturali e ai partiti che vogliono modificare l’attuale legge elettorale (Calderoli) perché la sovranità espropriata ritorni al popolo..
In attesa di un riscontro, porgiamo distinti saluti.
PROGETTO DI LEGGE DI INIZIATIVA POPOLARE (bozza)
In riferimento all’articolo 71 della Costituzione (“…Il popolo esercita l’iniziativa delle leggi mediante la proposta…di un progetto redatto in articoli”.) i signori Governanti Giuseppe, Mercaldi Michele…. presentano il seguente progetto di legge di iniziativa popolare riguardante la Legge elettorale che considerano lo strumento fondamentale per esercitare la democrazia e rendere così attivo il suo principio fondante espresso dall’articolo 1, comma 2 della Costituzione (“la sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.”):
Articolo n. 1 – Il cittadino alle elezioni politiche nazionali esercita il diritto di voto esprimendo il voto al partito e il voto di preferenza per un solo candidato della lista del partito votato.
Articolo n. 2- Il parlamentare può essere eletto solamente per due legislature comunque si concludano.
Articolo n. 3 - Possono essere candidati i cittadini italiani che non abbiano condanne passate in giudicato al momento della presentazione delle liste elettorali.
Articolo n. 4 - I cittadini possono candidarsi in una sola circoscrizione
La proposta si rivolge ai cittadini, alle associazioni, ai movimenti politici e culturali e ai partiti che vogliono modificare l’attuale legge elettorale (Calderoli) perché la sovranità espropriata ritorni al popolo..
In attesa di un riscontro, porgiamo distinti saluti.
PROGETTO DI LEGGE DI INIIZIATIVA POPOLARE
“ITALIA SOCIALISTA” si fa promotrice di:
PROGETTO DI LEGGE DI INIZIATIVA POPOLARE (bozza)
In riferimento all’articolo 71 della Costituzione (“…Il popolo esercita l’iniziativa delle leggi mediante la proposta…di un progetto redatto in articoli”.) i signori Governanti Giuseppe, Mercaldi Michele…. presentano il seguente progetto di legge di iniziativa popolare riguardante la Legge elettorale che considerano lo strumento fondamentale per esercitare la democrazia e rendere così attivo il suo principio fondante espresso dall’articolo 1, comma 2 della Costituzione (“la sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.”):
Articolo n. 1 – Il cittadino alle elezioni politiche nazionali esercita il diritto di voto esprimendo il voto al partito e il voto di preferenza per un solo candidato della lista del partito votato.
Articolo n. 2- Il parlamentare può essere eletto solamente per due legislature comunque si concludano.
Articolo n. 3 - Possono essere candidati i cittadini italiani che non abbiano condanne passate in giudicato al momento della presentazione delle liste elettorali.
Articolo n. 4 - I cittadini possono candidarsi in una sola circoscrizione
La proposta si rivolge ai cittadini, alle associazioni, ai movimenti politici e culturali e ai partiti che vogliono modificare l’attuale legge elettorale (Calderoli) perché la sovranità espropriata ritorni al popolo..
In attesa di un riscontro, porgiamo distinti saluti.
PROGETTO DI LEGGE DI INIZIATIVA POPOLARE (bozza)
In riferimento all’articolo 71 della Costituzione (“…Il popolo esercita l’iniziativa delle leggi mediante la proposta…di un progetto redatto in articoli”.) i signori Governanti Giuseppe, Mercaldi Michele…. presentano il seguente progetto di legge di iniziativa popolare riguardante la Legge elettorale che considerano lo strumento fondamentale per esercitare la democrazia e rendere così attivo il suo principio fondante espresso dall’articolo 1, comma 2 della Costituzione (“la sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.”):
Articolo n. 1 – Il cittadino alle elezioni politiche nazionali esercita il diritto di voto esprimendo il voto al partito e il voto di preferenza per un solo candidato della lista del partito votato.
Articolo n. 2- Il parlamentare può essere eletto solamente per due legislature comunque si concludano.
Articolo n. 3 - Possono essere candidati i cittadini italiani che non abbiano condanne passate in giudicato al momento della presentazione delle liste elettorali.
Articolo n. 4 - I cittadini possono candidarsi in una sola circoscrizione
La proposta si rivolge ai cittadini, alle associazioni, ai movimenti politici e culturali e ai partiti che vogliono modificare l’attuale legge elettorale (Calderoli) perché la sovranità espropriata ritorni al popolo..
In attesa di un riscontro, porgiamo distinti saluti.
08 novembre 2006
L’ESPROPRIO DELLA SOVRANITA’ E LA DITTATURA DEI PARTITI
Walter Veltroni, sindaco di Roma e voce di rilievo dei DS, lancia la proposta di una costituente “che riscriva le regole del gioco, le norme che regolano i rapporti tra esecutivo e legislativo, in modo tale da avere un parlamento che controlli e dia gli indirizzi ad un governo che operi nella pienezza dei suoi poteri”.
Non penso che “la lentezza e la farraginosità della politica” siano dovute alla mancanza di regole, ma al fatto che i politici non hanno il senso della comunità, considerano la controparte un nemico e per conservare il potere sono disposti a usare la loro forza parlamentare in modo strumentale e improprio.
La costituzione prevede quanto auspicato da Veltroni e rende, quindi, inutile una costituente, necessaria solo dopo un trauma di natura politico-sociale.
Quando si parla di riscrivere le regole si sottintende di cambiare una parte della costituzione e i cittadini con un recente referendum hanno espresso parere negativo al proposito. Ecco, il rispetto della volontà popolare è la prima e più importante regola cui i politici devono attenersi.
Per avere un buon funzionamento della vita politica e sociale, per ricostruire il giusto rapporto tra i cittadini e i politici, occorre che ognuno di noi abbia acquisito come naturale (facente parte della natura dell’uomo) il comma 2 dell’art. 1 della costituzione che così recita: “La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della costituzione”. Tutto il resto e polvere…inquinamento.
Dopo la vicenda di tangentopoli, quando, cioè, sembrava che il popolo potesse esercitare compiutamente la propria sovranità, i partiti poco a poco hanno ripreso in mano il “pallino”. Hanno cominciato a non tener conto dei vari referendum succedutisi (vedi referendum sul finanziamento pubblico dei partiti) fino all’ultima sciagurata legge elettorale approvata dal governo Berlusconi, con la quale il cittadino è stato espropriato della “sovranità”
Con l’abolizione del voto di preferenza, infatti, sono i partiti a decidere i rappresentanti del popolo, divenendo, così, i veri padroni delle istituzioni, potenti SpA . Il vero punto nevralgico (malattia) è proprio questo: l’esproprio della sovranità e la dittatura dei partiti.
Gli esponenti del centro sinistra durante la campagna elettorale hanno sostenuto che la legge elettorale sarebbe stata annullata come sarebbe successo per le leggi ad personam. Ad oggi non se ne parla, anzi sta diventando, stando alle dichiarazioni, un tabù.
Nel ragionamento di Veltroni non c’è nessuna novità, la proposta viene fuori da un vecchio schema mentale, gattopardesco e inefficiente.
Bisogna dare potere al popolo, attraverso una legge elettorale che ridia a ciascuno il giusto ruolo istituzionale, quello antico, quello dell’Illuminismo (Montesquieu, D’Alambert..).
Il politico è un nostro amministratore delegato e se non lo consideriamo più all’altezza del ruolo, o quando il rapporto di fiducia si inclina, dobbiamo avere il potere di non mandarlo in parlamento. Ma non è quello che l’attuale legge elettorale ci permette di fare. Riprendiamoci la sovranità.
Non penso che “la lentezza e la farraginosità della politica” siano dovute alla mancanza di regole, ma al fatto che i politici non hanno il senso della comunità, considerano la controparte un nemico e per conservare il potere sono disposti a usare la loro forza parlamentare in modo strumentale e improprio.
La costituzione prevede quanto auspicato da Veltroni e rende, quindi, inutile una costituente, necessaria solo dopo un trauma di natura politico-sociale.
Quando si parla di riscrivere le regole si sottintende di cambiare una parte della costituzione e i cittadini con un recente referendum hanno espresso parere negativo al proposito. Ecco, il rispetto della volontà popolare è la prima e più importante regola cui i politici devono attenersi.
Per avere un buon funzionamento della vita politica e sociale, per ricostruire il giusto rapporto tra i cittadini e i politici, occorre che ognuno di noi abbia acquisito come naturale (facente parte della natura dell’uomo) il comma 2 dell’art. 1 della costituzione che così recita: “La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della costituzione”. Tutto il resto e polvere…inquinamento.
Dopo la vicenda di tangentopoli, quando, cioè, sembrava che il popolo potesse esercitare compiutamente la propria sovranità, i partiti poco a poco hanno ripreso in mano il “pallino”. Hanno cominciato a non tener conto dei vari referendum succedutisi (vedi referendum sul finanziamento pubblico dei partiti) fino all’ultima sciagurata legge elettorale approvata dal governo Berlusconi, con la quale il cittadino è stato espropriato della “sovranità”
Con l’abolizione del voto di preferenza, infatti, sono i partiti a decidere i rappresentanti del popolo, divenendo, così, i veri padroni delle istituzioni, potenti SpA . Il vero punto nevralgico (malattia) è proprio questo: l’esproprio della sovranità e la dittatura dei partiti.
Gli esponenti del centro sinistra durante la campagna elettorale hanno sostenuto che la legge elettorale sarebbe stata annullata come sarebbe successo per le leggi ad personam. Ad oggi non se ne parla, anzi sta diventando, stando alle dichiarazioni, un tabù.
Nel ragionamento di Veltroni non c’è nessuna novità, la proposta viene fuori da un vecchio schema mentale, gattopardesco e inefficiente.
Bisogna dare potere al popolo, attraverso una legge elettorale che ridia a ciascuno il giusto ruolo istituzionale, quello antico, quello dell’Illuminismo (Montesquieu, D’Alambert..).
Il politico è un nostro amministratore delegato e se non lo consideriamo più all’altezza del ruolo, o quando il rapporto di fiducia si inclina, dobbiamo avere il potere di non mandarlo in parlamento. Ma non è quello che l’attuale legge elettorale ci permette di fare. Riprendiamoci la sovranità.
I VUOTI DI MEMORIA DELLA CDL
E’ veramente patetico vedere il portavoce di FI, on. Bondi, invocare l’intervento del Capo dello Stato (ora garante…poi vedremo…) se il governo porrà la fiducia sulla Finanziaria.
Il già presidente della Camera, on. Casini, parla di esproprio delle prerogative del Parlamento e l’ex ministro dell’economia, on. Tremonti, di attentato ala democrazia.
Il capo di AN, on. Fini, già vice di Berlusconi, afferma che “ci sarà, se la porranno, una reazione durissima”. La stessa falsariga tengono i molti rappresentanti della CdL nella loro passerella televisiva.
Un portavoce autorevole, un presidente della camera, un ministro dell’economia, un ministro degli esteri, esponenti di primo piano, dunque, del passato governo, sembra abbiano dimenticato (un vuoto mentale capita a tutti, specie a chi vuol rimuovere il proprio passato…) le tante volte in cui il loro governo pur disponendo di una maggioranza straripante sia alla camera che al senato, ha posto la fiducia come è successo per le ultime tre finanziarie.
Niente di grave, per carità, se il comportamento di oggi deriva dalla consapevolezza delle buone ragioni della democrazia, dopo anni di foschia istituzionale. Meglio tardi che mai!
Per l’on. Bondi è un’altra conversione sulla strada di Damasco, tanto non costa nulla; per l’on. Casini una confessione a voce alta di qualche peccatuccio istituzionale, una penitenza più toccante e più partecipata; per il creativo vice presidente di FI un’occasione persa di ben tacere; per l’on. Fini l’ennesima indignazione verso i comportamenti altrui, come il gobbo della favola di Fedro.
La Finanziaria rappresenta l’atto più importante di ogni governo ed è giusto che il Parlamento possa dibatterne i contenuti. In una democrazia adulta, con politici all’altezza del compito assegnato loro dagli elettori (essere al servizio del proprio Paese in modo disinteressato e non al servizio della pars d’appartenenza), il problema della fiducia non si porrebbe in quanto il confronto, nel rispetto dei ruoli (governo, opposizione) si realizzerebbe nei limiti della correttezza, con lealtà e senza ostruzionismo: non è possibile discutere e votare migliaia di emendamenti
Se il governo fosse battuto sulla finanziaria neanche l’opposizione, specie la più responsabile, avrebbe da rallegrarsene. Consultazioni, tentativi di grande coalizione o di governi tecnici, di governi a tempo, l’esercizio provvisorio, l’Europa, la nostra credibilità,, il treno del risanamento che poassa…elezioni anticipate con una legge elettorale che è “una porcata” e che potrebbe riproporre la stessa precarietà di oggi. Avremmo, insomma, un Paese allo sfascio e senza futuro.
Se lor signori vogliono questo, allora continuino nella strada dell’irresponsabilità e nella vecchia abitudine, tutta italiana, del “muore Sansone con tutti i Filistei”.
Il già presidente della Camera, on. Casini, parla di esproprio delle prerogative del Parlamento e l’ex ministro dell’economia, on. Tremonti, di attentato ala democrazia.
Il capo di AN, on. Fini, già vice di Berlusconi, afferma che “ci sarà, se la porranno, una reazione durissima”. La stessa falsariga tengono i molti rappresentanti della CdL nella loro passerella televisiva.
Un portavoce autorevole, un presidente della camera, un ministro dell’economia, un ministro degli esteri, esponenti di primo piano, dunque, del passato governo, sembra abbiano dimenticato (un vuoto mentale capita a tutti, specie a chi vuol rimuovere il proprio passato…) le tante volte in cui il loro governo pur disponendo di una maggioranza straripante sia alla camera che al senato, ha posto la fiducia come è successo per le ultime tre finanziarie.
Niente di grave, per carità, se il comportamento di oggi deriva dalla consapevolezza delle buone ragioni della democrazia, dopo anni di foschia istituzionale. Meglio tardi che mai!
Per l’on. Bondi è un’altra conversione sulla strada di Damasco, tanto non costa nulla; per l’on. Casini una confessione a voce alta di qualche peccatuccio istituzionale, una penitenza più toccante e più partecipata; per il creativo vice presidente di FI un’occasione persa di ben tacere; per l’on. Fini l’ennesima indignazione verso i comportamenti altrui, come il gobbo della favola di Fedro.
La Finanziaria rappresenta l’atto più importante di ogni governo ed è giusto che il Parlamento possa dibatterne i contenuti. In una democrazia adulta, con politici all’altezza del compito assegnato loro dagli elettori (essere al servizio del proprio Paese in modo disinteressato e non al servizio della pars d’appartenenza), il problema della fiducia non si porrebbe in quanto il confronto, nel rispetto dei ruoli (governo, opposizione) si realizzerebbe nei limiti della correttezza, con lealtà e senza ostruzionismo: non è possibile discutere e votare migliaia di emendamenti
Se il governo fosse battuto sulla finanziaria neanche l’opposizione, specie la più responsabile, avrebbe da rallegrarsene. Consultazioni, tentativi di grande coalizione o di governi tecnici, di governi a tempo, l’esercizio provvisorio, l’Europa, la nostra credibilità,, il treno del risanamento che poassa…elezioni anticipate con una legge elettorale che è “una porcata” e che potrebbe riproporre la stessa precarietà di oggi. Avremmo, insomma, un Paese allo sfascio e senza futuro.
Se lor signori vogliono questo, allora continuino nella strada dell’irresponsabilità e nella vecchia abitudine, tutta italiana, del “muore Sansone con tutti i Filistei”.
I VUOTI DI MEMORIA DELLA CDL
E’ veramente patetico vedere il portavoce di FI, on. Bondi, invocare l’intervento del Capo dello Stato (ora garante…poi vedremo…) se il governo porrà la fiducia sulla Finanziaria.
Il già presidente della Camera, on. Casini, parla di esproprio delle prerogative del Parlamento e l’ex ministro dell’economia, on. Tremonti, di attentato ala democrazia.
Il capo di AN, on. Fini, già vice di Berlusconi, afferma che “ci sarà, se la porranno, una reazione durissima”. La stessa falsariga tengono i molti rappresentanti della CdL nella loro passerella televisiva.
Un portavoce autorevole, un presidente della camera, un ministro dell’economia, un ministro degli esteri, esponenti di primo piano, dunque, del passato governo, sembra abbiano dimenticato (un vuoto mentale capita a tutti, specie a chi vuol rimuovere il proprio passato…) le tante volte in cui il loro governo pur disponendo di una maggioranza straripante sia alla camera che al senato, ha posto la fiducia come è successo per le ultime tre finanziarie.
Niente di grave, per carità, se il comportamento di oggi deriva dalla consapevolezza delle buone ragioni della democrazia, dopo anni di foschia istituzionale. Meglio tardi che mai!
Per l’on. Bondi è un’altra conversione sulla strada di Damasco, tanto non costa nulla; per l’on. Casini una confessione a voce alta di qualche peccatuccio istituzionale, una penitenza più toccante e più partecipata; per il creativo vice presidente di FI un’occasione persa di ben tacere; per l’on. Fini l’ennesima indignazione verso i comportamenti altrui, come il gobbo della favola di Fedro.
La Finanziaria rappresenta l’atto più importante di ogni governo ed è giusto che il Parlamento possa dibatterne i contenuti. In una democrazia adulta, con politici all’altezza del compito assegnato loro dagli elettori (essere al servizio del proprio Paese in modo disinteressato e non al servizio della pars d’appartenenza), il problema della fiducia non si porrebbe in quanto il confronto, nel rispetto dei ruoli (governo, opposizione) si realizzerebbe nei limiti della correttezza, con lealtà e senza ostruzionismo: non è possibile discutere e votare migliaia di emendamenti
Se il governo fosse battuto sulla finanziaria neanche l’opposizione, specie la più responsabile, avrebbe da rallegrarsene. Consultazioni, tentativi di grande coalizione o di governi tecnici, di governi a tempo, l’esercizio provvisorio, l’Europa, la nostra credibilità,, il treno del risanamento che poassa…elezioni anticipate con una legge elettorale che è “una porcata” e che potrebbe riproporre la stessa precarietà di oggi. Avremmo, insomma, un Paese allo sfascio e senza futuro.
Se lor signori vogliono questo, allora continuino nella strada dell’irresponsabilità e nella vecchia abitudine, tutta italiana, del “muore Sansone con tutti i Filistei”.
Il già presidente della Camera, on. Casini, parla di esproprio delle prerogative del Parlamento e l’ex ministro dell’economia, on. Tremonti, di attentato ala democrazia.
Il capo di AN, on. Fini, già vice di Berlusconi, afferma che “ci sarà, se la porranno, una reazione durissima”. La stessa falsariga tengono i molti rappresentanti della CdL nella loro passerella televisiva.
Un portavoce autorevole, un presidente della camera, un ministro dell’economia, un ministro degli esteri, esponenti di primo piano, dunque, del passato governo, sembra abbiano dimenticato (un vuoto mentale capita a tutti, specie a chi vuol rimuovere il proprio passato…) le tante volte in cui il loro governo pur disponendo di una maggioranza straripante sia alla camera che al senato, ha posto la fiducia come è successo per le ultime tre finanziarie.
Niente di grave, per carità, se il comportamento di oggi deriva dalla consapevolezza delle buone ragioni della democrazia, dopo anni di foschia istituzionale. Meglio tardi che mai!
Per l’on. Bondi è un’altra conversione sulla strada di Damasco, tanto non costa nulla; per l’on. Casini una confessione a voce alta di qualche peccatuccio istituzionale, una penitenza più toccante e più partecipata; per il creativo vice presidente di FI un’occasione persa di ben tacere; per l’on. Fini l’ennesima indignazione verso i comportamenti altrui, come il gobbo della favola di Fedro.
La Finanziaria rappresenta l’atto più importante di ogni governo ed è giusto che il Parlamento possa dibatterne i contenuti. In una democrazia adulta, con politici all’altezza del compito assegnato loro dagli elettori (essere al servizio del proprio Paese in modo disinteressato e non al servizio della pars d’appartenenza), il problema della fiducia non si porrebbe in quanto il confronto, nel rispetto dei ruoli (governo, opposizione) si realizzerebbe nei limiti della correttezza, con lealtà e senza ostruzionismo: non è possibile discutere e votare migliaia di emendamenti
Se il governo fosse battuto sulla finanziaria neanche l’opposizione, specie la più responsabile, avrebbe da rallegrarsene. Consultazioni, tentativi di grande coalizione o di governi tecnici, di governi a tempo, l’esercizio provvisorio, l’Europa, la nostra credibilità,, il treno del risanamento che poassa…elezioni anticipate con una legge elettorale che è “una porcata” e che potrebbe riproporre la stessa precarietà di oggi. Avremmo, insomma, un Paese allo sfascio e senza futuro.
Se lor signori vogliono questo, allora continuino nella strada dell’irresponsabilità e nella vecchia abitudine, tutta italiana, del “muore Sansone con tutti i Filistei”.
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