Brunetta, l’alto, l’inarrivabile ministro della funzione pubblica e dell’innovazione, nonché dei pubblici fannulloni, ha fatto uscire dal suo grande cilindro da illusionista la proposta di alzare l’età pensionabile alle donne o, per usare il suo alto linguaggio ministeriale, “di perequazione verso l’alto dell’età pensionabile di maschi e femmine”.
Dopo il grande successo della campagna contro i fannulloni, che ha creato una sensibile guerra tra i poveri del pubblico impiego e del privato, aggiungendo un’altra ingiusta tassa alle tante che gravano sul cittadino, “l’inarrivabile” ha deciso, dopo ampio dibattito interno (dentro si sé, s’intende. Tra la sua anima razionale di uomo politico e professore emerito, entrambi interregimi professionisti, e la sua anima passionale che non accetta compromissioni e va diritto allo scopo di rendere la società italiana sempre più equa, specie nei rapporti tra “maschi e femmine”) e per realizzare le famose pari opportunità di dare alle “femmine” la tanto richiesta emancipazione: una alta legge stabilirà che “maschi e femmine” andranno in pensione alla stessa età, 65 anni.
Statene certi, non sarà un altro spot! Il governo del fare realizzerà quest’alta conquista di alta civiltà.
Finalmente, grazie a Brunetta, le “femmine” raggiungeranno i “maschi”.
Quando i “maschi” affiancheranno le “femmine” nel badare alla casa, nell’accudire i figli…?
Ma state all’erta! Vedrete che “l’inarrivabile” escogiterà un Decreto all’uopo.
Saranno istallati telecamere, a spese del “maschio”, in ogni appartamento, collegate ad una centro apposito per monitorare la situazione e intervenire per ripristinare la correttezza dei rapporti laddove il “maschio” si distragga dal compito di perequazione.
“Se affermiamo che l’invecchiamento attivo è un obiettivo di bene pubblico, afferma l’incommensurabile ministro, è necessario che…ci applichiamo per raggiungerlo”.
Bene, bravo! Il problema è cosa s’intende per “invecchiamento attivo”.
Il mio amico, andato in pensione qualche anno fa, intende di non essere emarginato dalla società e pensa che le istituzione debbano provvedere a creare una situazione ottimale di vivibilità per lui e per quanti usciranno dal mondo del lavoro, in quanto il pensionamento deve essere visto non come la vigilia del trapasso, ma come l’inizio di una condizione di vita libera in cui si possano realizzare attese e progetti accantonati durante il lungo periodo lavorativo.
Brunetta non la penserà allo stesso modo. Lui vede e provvede…per il meglio.
Incalza, il ministro: “Recuperando alla vita lavorativa attiva la classe d’età 55-65 recuperiamo il 10% del tasso di occupazione italiano. Questo significa 2,5 milioni di posti di lavoro in più…”.
Non sono un economista, ma vorrei fare qualche osservazione.
Penso, innanzitutto, che, innalzando l’età pensionabile di chi già, ovviamente, lavora, si erige un muro davanti alle nuove generazioni, che troveranno quasi impossibile entrare nel mondo del lavoro, creando frustrazione e disordine sociale altro che “bene pubblico”.
Se si mantengono al lavoro le “femmine” fino a 65 anni e di creano barriere a nuovi ingressi, non capisco come fa il ministro a creare 2,5 milioni di posti di lavoro. È un arcano, forse anche per il nostro “inarrivabile”.
14 dicembre 2008
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