Caro Angelo,
ti ringrazio per le lodi sul mio grado di sopportazione e sulla capacità di punzecchiarti.
E’ tutto merito di mio nonno che mi ha sempre raccomandato di gratificare il mio interlocutore sia per cortesia, sia per interrompere una querelle che altrimenti non avrebbe fine.
Per cui, ti do ragione, come vuoi, quando scrivi che “è da pirla per un ateo lamentarsi che la Chiesa non lo benedice”. Permettimi almeno di chiedermi se Welby l’abbia fatto o si sia comportato come il Renatino della Magliana.
Su Weber, pur d’accordo sul lievito del capitalismo, ho scritto che “il lievito è limitato nel suo espandersi e così la società, se non in caste, risulta divisa in ceti sociali che, almeno oggi, l’hanno bloccata”. Con buona pace di Weber e dei suoi emuli.
Su Galilei abbiamo idee contrastanti. La tua fonte, Koestler (I sonnambuli), non brilla certo per obiettività né tanto meno per veridicità. A tal proposito ti ho segnalato “Alla ricerca del libro perduto” di Owen Gingerich.
Le accuse che rivolgi a Galilei sono pretestuose e ricavate da informazioni di parte (sicuramente sei andato oltre Koestler). Galilei era figlio del suo tempo e come tale sicuramente legato a “famiglie” e “potentati” medicei ed ecclesiastici. Allora, un “mecenate” non si negava a nessuno, specie ad uno studioso come egli era, anche se aveva cannato la teoria delle maree. Ma gli scienziati per il loro stesso “essere” sono portati all’errore, senza dimenticare che il XVII secolo non offriva né strumenti né informazioni certe se escludiamo Aristotele e la Sacra Bibbia.
L’abiura non fu un atto di vigliaccheria, forse di opportunismo verso una Chiesa chiusa e presuntuosamente attestata a difendere verità “assolute”che la scienza stava demolendo.
Oggi, XXI secolo, quanti uomini d’ingegno e politici di nostrana fama hanno abiurato alla loro fede, s’intende, politica? Se l’abiura a Galilei ha evitato il rogo, ai nostri politici di ogni livello, anche locale, ha procurato medaglie al merito.
Mi sembra irriverente e di poco gusto mettere sullo stesso piano Galilei e Rivera: due personaggi del tutto diversi e con motivazioni d’accusa non paragonabili. Il primo condannato dalla Chiesa per eresia, l’altro accusato di terrorismo (!) per aver posto delle domande …ancora inevase.
La fama non si acquista né per “aver detto” né per “essere stato condannato”, come la “vita eterna” non si conquista grazie al pentimento dell’ultimo istante, magari mentre si firma l’ultima condanna o si spara l’ultimo colpo sperando che raggiunga il bersaglio, ma attraverso una condotta di vita esemplare unita a qualche umana caduta.
T i conosco come insegnante, come politico e uomo di cultura, ora mi vuoi far credere che riesci a leggere nelle palle di vetro.
Fedele agli insegnamenti del nonno, non vorrei deluderti, ma devo confessarti che, preso dalla noia, da tempo Morfeo mi aveva accolto tra le sue braccia.
Un affettuoso abbraccio, augurandoti la buonanotte.
Giuseppe Governanti
14 maggio 2007
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