Ormai parlare di liberalizzazioni è come parlare di rotonde o dossi cittadini: più se ne hanno più si è all’avanguardia.
Liberalizzare per eliminare i monopoli e favorire la concorrenza diventa un vantaggio per il cittadino. Liberalizzare i servizi pubblici locali significa innanzitutto privatizzare. Ma privatizzare non sempre è bello, specie se si privatizzano beni essenziali come l’acqua, beni a cui tutti i cittadini, specie i meno abbienti, devono accedere (è un diritto naturale, come l’aria che respiriamo).
La ministra Lanzillotta difende il suo pacchetto delle liberalizzazioni e dichiara: “…le norme sulle liberalizzazioni dei servizi pubblici non si applicano al settore idrico…non è nemmeno ipotizzabile che l’acqua venga venduta. Non lo consente la legge (meno male!): le reti e le risorse idriche appartengono al demanio pubblico”.
Basterebbero queste parole per tranquillizzare i cittadini, se, procedendo nell’intervista (Repubblica dell’01,02,07) non dichiarasse: “…Il punto è individuare un punto di gestione (s’intende ai privati) per sfruttare al meglio la risorsa acqua, abbassando le tariffe e alzando…la qualità del servizio”.
A questo punto arrivano i dubbi , naturalmente dovuti alle scarse capacità di comprensione dei cittadini, perché loro, i ministri, hanno ben chiaro cosa vogliono e dove vogliono arrivare.
Nel caso dell’acqua, elemento naturale e vitale, quale è la differenza tra privatizzazione o dare in gestione? Perché è vantaggioso dare ai privati la gestione del servizio?
Non so se dare in gestione un servizio ha lo stesso significato di esternizzare (la forza delle parole!): se è così, gli esempi, vedi gli ospedali romani, ci dicono che il servizio è peggiorato.
Se i privati gestiranno solo il servizio (cosa s’intende?), chi provvederà all’efficienza (manutenzione, ampliamento, rifacimento) della rete di distribuzione?
Se devono provvedere gli Enti Locali, perché non possono gestire anche il servizio, riformando il sistema e introducendo i dovuti controlli per evitare dispersioni e ruberie?
Sarebbe interessante avere delle risposte per poter capire.
Il mio amico: “…capiremo dopo…quando si vorrà riformare la riforma…e non si potrà…”.
Il mio amico è molto pessimista, non si fida dei nostri dipendenti. Per farlo ricredere basterebbe un po’ di chiarezza e far proprio un detto di Gandhi: “Chiedi a te stesso il valore che ha la tua prossima azione avrà per l’uomo più povero”.
13 febbraio 2007
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