25 febbraio 2007

RAPPORTI STATO ITALIANO CHIESA 1985 (FINANZIAMENTO) n. 2

L’art. 7 del nuovo Concordato fa obbligo allo Stato di finanziare il funzionamento, il personale e le attività della Chiesa.
Nell’anno 2000 la Chiesa possedeva in Italia:

16.500 istituti religiosi
27.000 parrocchie
16.000 enti di varia natura

Le fonti di finanziamento si possono così riassumere (tratto da http://www.homolaicus.com/):

- la devoluzione dell’8 per mille dal gettito IRPEF di ogni anno;
- la deducibilità delle libere offerte destinata alla chiesa fino ad u importo di 2 milioni;
- gli stipendi per i funzionari/operatori alle dipendenze della gerarchia impiegati in settori della pubblica amministrazione (scuola, forze armate, ospedali, carceri);
- esenzione dall’IVA e dalle imposte su terreni e fabbricati e sulle successioni;
- contributi dirette alle scuole confessionali(materne non statali, elementari parificate, ex magistrali parificate) e contributi alle famiglie non abbienti che mandano i loro figli nelle scuole private sotto il nome di diritto alla studio;
- finanziamento pubblico per la costruzione e per la manutenzione di edifici di culto;
- contributi a strutture religiose che dichiarano di svolgere un servizio sociale o che suppliscano all’assenza o inefficienza delle strutture pubbliche;
- le banche vaticane operano in Italia in condizioni di assoluto privilegio.

Con l’art.50 della Legge 222/1985 si ha un ulteriore finanziamento annuo di lire 3 miliardi e mezzo (c.a 1 milione e 800 mila euro) come versamento a favore del fondo degli edifici di culto.

Art. 50: …”Per ciascuno degli anni 1987, 1988 e1989 gli stessi contributi…aumentati del 5 per cento rispetto all’importo dell’anno precedente, cono corrisposti alla Conferenza Episcopale Italiana, ad eccezione della somma dei lire 3.500 milioni annui che verrà corrisposta, a decorrere dall’anno 1987, al Fonfo edifici di culto…” che (art.56 L 222/1985) “ha personalità giuridica ed è amministrato in base alle norme che regolano le gestioni patrimoniali dello Stato con i privilegi, le esenzioni e le agevolazioni fiscali ad esse riconosciute”.

Il finanziamento più consistente la Chiesa lo riceve dall’8 per mille dell’IRPEF, regolato dall’art. 47 della L 222/85, non da tutti i contribuenti conosciuto nei suoi perversi contenuti.

Art. 47: …A decorrere dall’anno finanziario 1990, un a quota pari all’otto per mille dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, liquidata dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali, è destinata, in parte, a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale, in parte, a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica.
Le destinazioni vengono stabilite sulla base delle scelte espresse dai contribuenti in sede di dichiarazione annuale dei redditi. In caso di scelte non espresse da parte dei contribuenti, la destinazione si stabilisce in proporzione alle scelte espresse.

La Chiesa cattolica in base al comma 3 dell’art. 47 riceve la quota che il contribuente destina di sua volontà e una quota proporzionale delle scelte dai contribuenti non espresse che molte pensano vada allo Stato: Quindi, attinge due volte allo stesso beneficio.
Grazie ad un ordine del giorno presentato dai radicali, per una questione di equità, anche le altre confessioni religiosi possono accedere alla distribuzione dell’8 per mille, previa intesa firmata con lo Stato.
Vediamo come è stato distribuito l’8 per mille nell’anno 2004:
87,25 % Chiesa cattolica
10,28 % Stato
1,27 % Valdesi
0,42 % Comunità ebraiche
0,31 % Luterani
0,27 % Avventisti
0,20 % Evangelici dell’Assemblea di Dio
In base alle percentuali su espresse la Chiesa cattolica avrebbe dovuto ricevere 310 milioni di euro. Invece ne ha ricevuto ben 782 milioni.
Non è finita , in quanto i 782 milioni sono diventati 936,5. La differenza è un conguaglio, un cospicuo aggiornamento della congrua che il clero riceveva prima del nuovo concordato, quando era ancora religione di stato.
Il paradosso: lo Stato Italiano, pur non essendo uno stato confessionale, garantisce alla Chiesa un finanziamento abbastanza consistente. Ma la cosa più paradossale è che parte di questo finanziamento si fa passare per libera scelta dei contribuenti.
“A quanto ammonta il finanziamento alla Chiesa cattolica in un anno?”, chiede il mio amico.
“Non so, ma è possibile, con tutti i problemi economici che ci ritroviamo, continuare a finanziare un altro Stato con pretese di ingerenze, peggio di quanto aveva fatto Mussolini?”

RAPPORTI STATO ITALIANO CHIESA (1929 – 1985) n. 1

La Costituente inserì i Patti Lateranensi nell’art.7 della Costituzione,

Art.7: Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani.
I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazioni dei patti, accettate dalle
due parti , non richiedono procedimento di revisione costituzionale.

riconfermando in sostanza la religione cattolica quale religione di stato, anche se l’art. 8 riconosce la totale libertà di religione e consente intese bilaterali tra lo Stato e le varie confessioni.
Per rendere più chiaro il contenuto dell’ultimo comma dell’art. 7, la Corte Costituzionale (sentenza Febbraio/Marzo 1971) pone i Patti Lateranensi tra le fonti atipiche dell’ordinamento italiano (non hanno la stessa natura delle norme costituzionali).
Nonostante le numerose discussioni riguardanti la revisione, i Patti Lateranensi rimasero in vigore quasi del tutto immutati fino al1984, quando fu rivisto soltanto il Concordato.
Il nuovo Concordato fu sottoscritto dal presidente del consiglio B. Craxi e il cardinale Casaroli il 18/02/1984 e fu ratificato in legge il 25/03/1985.
I più importanti risultati:
- la religione cattolica non è più religione di stato;
- l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche diventa facoltativo;
- vengono introdotte nelle clausole perché il matrimonio religioso possa essere trascritto dall’ufficiale di diritto civile;
- viene abolita la congrua sostituita dal sistema di finanziamento dell’8 per mille (Legge 222 del Maggio 1985), che rappresenta una frazione del gettito totale dell’IRPEF.
Si afferma di certo il principio della laicità dello stato, anche se alla Chiesa vennero fatte molte concessioni che oggi andrebbero riviste.
Tra queste vale la pena ricordare:
- l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche;
- il finanziamento della Chiesa
In conseguenza dell’art. 9 del nuovo Concordato

Art. 9 a) La Repubblica Italiana, in conformità al principio di libertà della scuola e dell’insegnamento e nei termini previsti dalla propria Costituzione, garantisce alla Chiesa cattolica il diritto a istituire liberamente scuole di ogni ordine e grado ed istituti di educazione. A tali scuole che ottengono la parità è assicurata la piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni delle scuole dello Stato e degli altri enti territoriali…
b) La Repubblica Italiana…continuerà ad assicurare , nel quadro delle finalità della scuola, l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche…di ogni ordine e grado.
E’ vero che l’art.33 della Costituzione prevede il principio della libertà dell’insegnamento ma il terzo comma recita: “Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato”.

si è determinato quanto segue:
- è stato introdotto l’insegnamento curricolare della religione cattolica nelle scuole materne, prima escluse, per 60 more;
- si sono raddoppiate le ore curricolari nelle scuole elementari;
- si è ottenuto per le scuole confessionali e per i loro alunni un trattamento equipollente senza alcun obbligo verso lo Stato;
- si fa passare il concetto che non ci siano differenze tra l’insegnamento confessionale e l’insegnamento culturale e scientifico (altre discipline curricolari).
L’onere economico (stipendi agli insegnanti) è a carico dello Stato, ma la nomina degli insegnanti è di esclusiva pertinenza della Chiesa, come si evince dal punto 5 (b)del protocollo addizionale.

(b) l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole…è…impartito da insegnanti che siano riconosciuti idonei dall’autorità ecclesiastica, nominati, d’intesa con essa, dall’autorità scolastica.

Può sembrare assurdo, ma, come si può ben vedere, non è così. E’ paradossale: lo Stato paga perché i bambini vengano indottrinati in un’età, tra l’altro, in cui tutto in loro è in formazione (plagio? No, la volontà di Dio, attraverso il diritto naturale!).
“Come le scuole craniche!”, interviene il mio amico.
“Non lo so, rispondo, ma uno Stato che si professa laico, garantisce ma non paga”.
“Potrebbe spendere gli stessi soldi per potenziare il servizio scolastico”.
“Sono d’accordo”.

RAPPORTI STATO ITALIANO CHIESA (1870 – 1929)

I rapporti tra lo Stato Italiano e la Città del Vaticano sono regolati dal Concordato, firmato da Craxi e dal cardinale Casaroli il 18/02/84 e ratificato in legge il 25/03/85, che sostituì il Concordato precedente (Patti Lateranensi) dell’11/02/29, sottoscritti da Mussolini e dal cardinali Gasparri.
Prima ancora era stata la Legge delle guarentigie, approvata unilateralmente dal parlamento italiano (13/05/1871), a regolare tale rapporto dopo la presa di Roma (20 Settembre 1870).

Cosa sono i due Concordati se non un compromesso tra due autorità (Stato e Chiesa), una convenienza reciproca che elimina questioni di principio ritenute, ricordiamo il famoso “non possumus”, irrinunciabili?
Non si può in questo caso parlare di relativismo?
O la Chiesa ha accettato il compromesso perché ritenuto vantaggioso (ragion di stato)?
Dove sta allora l’eticità di comportamento dalle altre autorità preteso?

L’annessione di Roma e dei territori pontifici vennero sanciti dal plebiscito del 02/10/1870.
Così, dopo 1549 anni, dal 321 quando Costantino I dona alla Chiesa il Palazzo del Vaticano, ebbe fine il potere temporale dei pontefici romani.

Il potere temporale dei papi si fa risalire all’anno 324 e si basò su un documento storico attribuito all’imperatore Costantino I, la “Donazione di Costantino (Constitutum donatio Costantini) che l’umanista Lorenzo Valla dimostrò nel 1440 in modo inequivocabile essere un falso (appropriazione indebita diremmo oggi). Il libro del Valle, “De falsio credita et ementita Costantini donatione declamatio”, fu possibile pubblicarlo nel 1517 solo tra i protestanti. La Chiesa difese ancora per secoli l’originalità del documento.
Molti studiosi ritengono che il falso venne confezionato, papa Stefano II, attorno all’anno 752.
Altro che diritto naturale! Altro che comportamento etico!

Con la Legge delle Guarentigie lo Stato Italiano garantiva il libero magistero papale ed ecclesiastico, la protezione giuridica per il Papa simile a quella accordata al re, il diritto di mantenere un corpo di guardia armato, la extraterritorialità per i palazzi del Vaticano e del Laterano e di Castelgandolfo.
Pio IX, con l’enciclica “Ubi nos” (15/05/1871) ribadisce il principio dell’inscindibilità del potere spirituale dal temporale e nel 1874 vieta ai cattolici la partecipazione alla vita politica (non expedit).
Pio X, eletto papa nel 1903, era convinto che i cattolici non potessero rimanere ancora fuori dalla politica e, attraverso una strategia di piccoli passi, permise loro di poter partecipare al voto del 1913 (Pattoi Gentiloni), votando i candidati liberali che avessero promesso di opporsi alle leggi anticlericali in parlamento.
Il suo successore Benedetto XV abrogò nel 1919 il “non expedit” e permise a don Luigi Sturzo di fondare il Partito popolare, un partito chiaramente cattolico.
Con i “Patti Lateranensi”, papa Benedetto XV regnante, lo Stato Italiano e la Santa Sede firmano il primo Concordato (il secondo sarà quello del 1984). Mussolini ottiene il riconoscimento dei cattolici, diciamo una legittimazione del suo potere. In cambio la S.S. ottiene vantaggi e privilegi e il riconoscimento del cattolicesimo quale religione di stato (conferma art. 1 dello “Statuto albertino”, con la consequenziale istituzione nel sistema scolastico pubblico della religione cattolica.
I Patti consistevano in un insieme di due protocolli: il Trattato e il Concordato.
Nella premessa del Trattato lo Stato Italiano ravvisa la necessità di costituire la “Città del Vaticano”, di cui riconosce l’indipendenza e la sovranità, e la S.S. riconosce la sovranità dello Stato Italiano con Roma capitale. Al Trattato è allegata la “Convenzione finanziaria” con la quale venivano liquidate a titolo di indennizzo tutte le pendenze economiche dal 1871.

Dalla Convenzione
“Le due Alte Parti…hanno convenuto:
1. L’Italia si obbliga a versare…alla S.S. la somma di lire …settecentocinquanta milioni ed a consegnare contemporaneamente alla medesima tanto consolidato italiano 5 per cento al portatore del valore nominale di lire italiane…un miliardo”.
I versamenti, se fatti nel 2002, rappresenterebbero:
750 milioni di lire = 1034 miliardi di lire = 534 miliardi di euro
1 miliardo di lire = 1379 miliardi di lire = 712 miliardi di euro

Il Concordato regolava i rapporti civili e religiosi tra lo Stato e la Chiesa. Garantiva alla Chiesa la libertà nell’esercizio del potere spirituale e alcuni privilegi agli ecclesiastici (esonero dalla leva militare, speciale trattamento penale…); conformava le leggi italiane sul matrimonio e sul divorzio a quelle della Chiesa. Unica concessione allo Stato Italiano: i candidati vescovi, prima della nomina, dovevano giurare fedeltà allo Stato (veniva escluso il Vescovo di Roma e il suo vicario) e veniva proibito loro di prendere parte alla vita politica.

E’ indicativo conoscere cosa scriveva A. De Gasperi al suo amico don S. Weber:
“…il pericolo…è nella politica concordataria. Ne verrà una compromissione della Chiesa come in Spagna… Io spero che le esperienze …freneranno certe intrusioni di fronte al fascismo, in modo che il popolo distingua tra cattolicesimo e fascismo…e certo il Duce vede la grande impresa oltre che dal punto di vista … della politica di prestigio anche in un certo nembo romantico che lo cinge della spada di Goffredo e lo corona della tiara di Carlo Magno; e certo…qualcuno crederà di riaprire le porte di secoli in cui s’intrecciarono lo scettro e il pastorale.

18 febbraio 2007

VICENZA: PISANU DELUSO

Gli esponenti dell’opposizione nella loro triste passerella quotidiana di commento alla manifestazione di Vicenza, rilasciano le solite, vecchie, monotone dichiarazioni che, ormai, gli italiani non ascoltano più.
Nella mediocrità ripetitiva, qualcuno si salva! E’ il caso dell’ex ministro Pisanu: “A Vicenza oggi manca qualcuno tra i manifestanti: i quindici arrestati l’altro giorno per terrorismo”.
Una dichiarazione delirante, rilasciata da un ex ministro considerato un moderato.
Non è che il già ministro si aspettava una qualche forma di guerriglia e c’è rimasto male, avendo dovuto cambiare la dichiarazione già preparata?
Ma come, una manifestazione che si conclude senza cassonetti a fuoco, macchine della polizia rovesciate, vetri rotti, fumo di lacrimogeni, nonostante una settimana di moniti, allarmi e prese di posizione? Non è concepibile, vero dr Pisanu?, che una manifestazione così imponente, principalmente voluta dai cittadini vicentini, si sia trasformata in una festa, non è possibile che i cittadini reagiscano con una civile manifestazione a una decisione assurda, contro ogni logica di “interesse nazionale”, in evidente sottomissione all’”impero” del…bene americano.
Berlusconi, nella sua concezione manichea della realtà (più semplicemente: chi non è con me è contro di me) si è dichiarato molto triste perché “migliaia di dimostranti stanno sfilando a Vicenza contro gli Americani”.
E’ lontano dal suo pensiero che manifestare in difesa del loro territorio e contro il raddoppio della base USA, non NATO, è un diritto dei cittadini di Vicenza che più di lui e dei suoi alleati capiscono che nella nuova realtà geopolitica Vicenza rappresenta un avamposto di guerra. E ciò non significa essere antiamericani. Ormai diventa anche patetico per l’ex presidente, ricordare il sacrificio di tanti giovani americani venuti a morire in Italia.
E’ vero, nessuno lo nega. Il popolo italiano deve essere sempre grato a quei valorosi giovani, ma ha anche il diritto di decidere sul destino del suo territorio e sul suo futuro di Nazione libera, con una sua politica estera autonoma e costruttiva.
E non dimentichiamo, mi invita a scrivere il mio amico, i tanti giovani emigranti italiani che sono morti per fare grande l’America.

16 febbraio 2007

LA SPADA DEL DIRITTO NATURALE

Il diritto naturale usato come una folgore divina, ultima ratio di una Chiesa in preda alla paura e priva di idee, sempre più lontana dalla gente, sempre più dogmatica ed assolutista.
Sul concetto di diritto naturale, da quanto è stata inventata la filosofia si è sviluppata una discussione che dura sino ad oggi e che ha coinvolto filosofi come Aristotele, San Tommaso, Hobbes, Locke, Rousseau. Così dal giusnaturalismo antico, basato sul pensiero di Aristotele, si arriva al giusnatuarlismo scolastico, massimo esponente San Tommaso d’Aquino, e, quindi, al giusnaturalismo moderno, teorizzato da Hobbes.
Non sono un filosofo e, quindi, non mi addentrerò in meandri a me sconosciuti, ma posso fare alcune considerazioni non assolutistiche e passibili d’errore.
San Tommaso concepisce il diritto naturale un “insieme di primi principi etici generalissimi” che costituisce la partecipazione della legge eterna nella creatura razionale (partecipatio legis aeternae in rationali creatura). Giovanni Paolo II nell’enciclica “Veritatis splendor”, ribadisce quanto contenuto nell’enciclica ”Diuturnum” di Leone XIII e cioè l’essenziale subordinazione della ragione e della legge umana alla Sapienza di Dio e alla sua legge.
Per Leone XIII tutte le varie forme di governo sono legittime purché l’ordinamento sia giusto e rivolto al comune vantaggio ( dall’enciclica Diuturnum: “…importa…che coloro i quali siano per essere proposti alla pubblica cosa, possano…venire eletti…dalla moltitudine, senza che ciò sia contraria o ripugni alla dottrina cattolica. Colla quale scelta tuttavia si designa il Principe, non si conferiscono i diritti del principato: non si da l’imperio ma si stabilisce da chi deve essere amministrato”.)
Giovanni Paolo II afferma che l’insegnamento morale della Chiesa si fonda sulla dottrina tomistica di legge naturale e fa riferimento ai principi essenziali della dottrina politica e giuridica della Chiesa come sono espressi nell’enciclica “Libertas praestantissimum” di Leone XIII, secondo la quale la ragione individuale e la legge della comunità politica sono subordinate alla sapienza di Dio e alla sua legge.
La forza della legge, sostiene Giovanni Paolo II, risiede nella sua capacità di imporre dei doveri, di conferire dei diritti e di dare la sanzione a certi comportamenti; “ora tutto ciò non potrebbe esistere nell’uomo, se fosse egli stesso a darsi, quale legislatore supremo, la norma delle sue azioni”. Ne consegue che “ la legge naturale è la stessa legge eterna, ossia la stessa eterna ragione di Dio creatore e reggitore del mondo, inserita nelle ragionevoli creature…”.
Da quanto sopra descritto si ricava che il diritto naturale, infallibile ed eterno perché proveniente direttamente da Dio, è superiore al diritto positivo elaborato dall’uomo per assicurare alla società condizioni ottimali di sopravvivenza, fallibile e contingente. Anzi lo precede. Per la Chiesa diventa verità di fede e attorno ad esso tutto si compie.
Quindi, un governo che si fonda sul concetto di diritto naturale dal quale tutte le sue leggi derivano, altro non è che un governo teocratico, un regime assolutistico che simula la democrazia, del tutto simile ai governi integralisti islamici dall’Occidente tanto aborriti.
Un tale regime teocratico, delegato ai parlamenti, che rappresentano tutti i cittadini e sul cui consenso si reggono, non ha (ecco il paradosso, l’imbroglio), né responsabilità economiche né giuridiche né di ordine pubblico…. Ed esprime il suo potere attraverso l’imposizione dei doveri e la sanzione.
Un ritorno al Medioevo dei tre ordini sociali, al cui vertice saldamente stava la Chiesa.
Così, grazie ad una classe politica imbelle ed inetta, che tra l’altro ha giurato fedeltà alla Repubblica, più portata alla conservazione di privilegi e prebende che alla salvaguardia dei valori espressi dalla Stato laico necessariamente garante di tutti i sui cittadini, lo Stato Italiano, in barba al Concordato, rischia di diventare un’appendice dello Stato del Vaticano.
Sarebbe la fine dello stato di diritto nato dalla Rivoluzione Francese, la fine del progresso.
Per non cadere nell’oscurantismo e per vincere la battaglia tra la democrazia e l’assolutismo dogmatico, il governo non può affidarsi solo alla sua forza ma deve cercare il consenso anche nella parte più progressista e non confessionale dell’opposizione, perché il momento politico contingente lo richiede.

15 febbraio 2007

ANCORA SULL’INGERENZA DEL VATICANO n. 1

Ho già ampliamente esposto il mio pensiero in merito al ruolo svolto ad oggi dalla Chiesa nell’attuale discussione politica riguardante prima i PACS e ora i DICO.
E’ sceso in campo, accanto ai più alti prelati, alla stampa e alla radio vaticana, in modo continuato e duro anche il Papa sfoderando tutta la sua cultura teologica e filosofica.
“Scalfisce l’istituto del matrimonio”, “una minaccia per la società”, “ferisce la famiglia”, “il Papa si ritiene preoccupato e invita i politici a tener conto del diritto naturale”, matrimonio e fine della vita”, “la confusione minaccia l’esistenza dell’uomo”, “è importante non lasciarsi incatenare da elementi come il relativismo…e le relazione affettive disordinate”…..
Tutte dichiarazioni minacciose che stonano con l’invito (?) alle autorità civili e alle persone “che hanno funzione nella trasmissione dei valori ad avere il coraggio della verità sull’uomo”.
Ammonisce il Papa: “ E’ necessario appellarsi alla responsabilità dei laici presenti negli organi legislativi, nel governo e nell’amministrazione della giustizia, affinché le leggi esprimano sempre i principi e i valori che siano conformi al diritto naturale e che promuovano l’autentico bene comune”.
In un Paese normale e serio, in una Repubblica in cui i rappresentanti dei cittadini abbiano chiaro il concetto di laicità dello stato basterebbe quanto dichiarato dalla cattolica Bindi: “…abbiamo scritta una legge giusta che tutela i più deboli, riconosce i diritti alle persone discriminate e non crea nessuna figura giuridica che possa attentare alla famiglia. Non è negando diritti e doveri a chi è in difficoltà che si difende la famiglia. L’insegnamento cattolico parla di valore della giustizia, di pace, di libertà personale, di accoglienza persino nell’errore, di carità e di misericordia….un politico deve avere come riferimento il Paese”.
Ma siamo in Italia e i politici, quelli che contano (i voti delle sacrestie?), fanno quadrato (crociata, vorrei dire, ma…) attorno al Papa, dimentichi, solo per il momento delle dichiarazioni, del loro status di divorziati, di conviventi o di sposati con divorziati (Berlusconi, Bossi, Casini, Santanché, Bianchi, Fini, Calderoni……credono così tanto alla famiglia da crearne qualcuna in più!).
Non voglio fare moralismo, ma sottolineare le contraddizioni, ancora più evidenti quando si viene a sapere che dal 1992 i nostri parlamentari possono estendere l’assicurazione sanitaria al convivente (purché ne dichiarino Non sono un filosofo, ma sul relativismo l’esistenza all’inizio del mandato) e lasciargli la pensione di reversibilità (uno stato di famiglia deve dimostrare che convivano almeno da due anni).
Non solo incoerenti, ma anche ipocriti.
Non sono un filosofo e per confutare le affermazioni di papa Ratzinger mi avvarrò di Popper.
Relativismo secondo Ratzinger: “Si va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie. Noi, invece, abbiamo un’altra misura: il Figlio di Dio , il vero uomo. E’ Lui la misura del vero umanesimo”.
Non ammette il relativismo in quanto accetta solo la verità precostituita ed ideologica ma indaga sui “valori”. Ecco, dunque, il dogmatismo e, come infausta conseguenza, il dogmatismo che fa risalire a Dio tutta la conoscenza, che diventa nei suoi principi infallibile.
Popper, viceversa, afferma che “tutta la conoscenza rimane fallibile, congetturale: Non esiste nessuna giustificazione, compresa, beninteso, nessuna giustificazione definitiva di una confutazione. Tuttavia, noi impariamo attraverso confutazioni, cioè attraverso l’eliminazione di errori: la scienza è fallibile perché è umana”.
Dal relativismo culturale, secondo cui, partendo dall’universalità della cultura, ogni società è unica e diversa dalle altre e quindi degna di rispetto in quanto portatrice di valori altri, deriva la società aperta, attuale e lontana da quella statica e immutabile del dogmatismo di Ratzinger, che Popper così definisce: “La società aperta è aperta a più valori, a più visioni filosofiche del mondo e a più fedi religiose, ad una molteplicità di proposte per la soluzione dei problemi concreti e alla maggior quantità di critica. La società aperta è aperta al maggior numero di idee e ideali differenti, e magari contrastanti. Ma, pena la sua autodissoluzione, non di tutti: la società aperta è chiusa solo agli intolleranti”. Come papa Ratzinger!La Chiesa, infatti, non accetta il relativismo culturale perché mette in discussione le verità rivelate, i dogmi di fede, salvo accettare i valori propri di ogni cultura o religione purché non abbiano comportamenti che essa disapprova (missionarietà).

ANCORA SULL’INGERENZA DEL VATICANO n. 1

Ho già ampliamente esposto il mio pensiero in merito al ruolo svolto ad oggi dalla Chiesa nell’attuale discussione politica riguardante prima i PACS e ora i DICO.
E’ sceso in campo, accanto ai più alti prelati, alla stampa e alla radio vaticana, in modo continuato e duro anche il Papa sfoderando tutta la sua cultura teologica e filosofica.
“Scalfisce l’istituto del matrimonio”, “una minaccia per la società”, “ferisce la famiglia”, “il Papa si ritiene preoccupato e invita i politici a tener conto del diritto naturale”, matrimonio e fine della vita”, “la confusione minaccia l’esistenza dell’uomo”, “è importante non lasciarsi incatenare da elementi come il relativismo…e le relazione affettive disordinate”…..
Tutte dichiarazioni minacciose che stonano con l’invito (?) alle autorità civili e alle persone “che hanno funzione nella trasmissione dei valori ad avere il coraggio della verità sull’uomo”.
Ammonisce il Papa: “ E’ necessario appellarsi alla responsabilità dei laici presenti negli organi legislativi, nel governo e nell’amministrazione della giustizia, affinché le leggi esprimano sempre i principi e i valori che siano conformi al diritto naturale e che promuovano l’autentico bene comune”.
In un Paese normale e serio, in una Repubblica in cui i rappresentanti dei cittadini abbiano chiaro il concetto di laicità dello stato basterebbe quanto dichiarato dalla cattolica Bindi: “…abbiamo scritta una legge giusta che tutela i più deboli, riconosce i diritti alle persone discriminate e non crea nessuna figura giuridica che possa attentare alla famiglia. Non è negando diritti e doveri a chi è in difficoltà che si difende la famiglia. L’insegnamento cattolico parla di valore della giustizia, di pace, di libertà personale, di accoglienza persino nell’errore, di carità e di misericordia….un politico deve avere come riferimento il Paese”.
Ma siamo in Italia e i politici, quelli che contano (i voti delle sacrestie?), fanno quadrato (crociata, vorrei dire, ma…) attorno al Papa, dimentichi, solo per il momento delle dichiarazioni, del loro status di divorziati, di conviventi o di sposati con divorziati (Berlusconi, Bossi, Casini, Santanché, Bianchi, Fini, Calderoni……credono così tanto alla famiglia da crearne qualcuna in più!).
Non voglio fare moralismo, ma sottolineare le contraddizioni, ancora più evidenti quando si viene a sapere che dal 1992 i nostri parlamentari possono estendere l’assicurazione sanitaria al convivente (purché ne dichiarino Non sono un filosofo, ma sul relativismo l’esistenza all’inizio del mandato) e lasciargli la pensione di reversibilità (uno stato di famiglia deve dimostrare che convivano almeno da due anni).
Non solo incoerenti, ma anche ipocriti.
Non sono un filosofo e per confutare le affermazioni di papa Ratzinger mi avvarrò di Popper.
Relativismo secondo Ratzinger: “Si va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie. Noi, invece, abbiamo un’altra misura: il Figlio di Dio , il vero uomo. E’ Lui la misura del vero umanesimo”.
Non ammette il relativismo in quanto accetta solo la verità precostituita ed ideologica ma indaga sui “valori”. Ecco, dunque, il dogmatismo e, come infausta conseguenza, il dogmatismo che fa risalire a Dio tutta la conoscenza, che diventa nei suoi principi infallibile.
Popper, viceversa, afferma che “tutta la conoscenza rimane fallibile, congetturale: Non esiste nessuna giustificazione, compresa, beninteso, nessuna giustificazione definitiva di una confutazione. Tuttavia, noi impariamo attraverso confutazioni, cioè attraverso l’eliminazione di errori: la scienza è fallibile perché è umana”.
Dal relativismo culturale, secondo cui, partendo dall’universalità della cultura, ogni società è unica e diversa dalle altre e quindi degna di rispetto in quanto portatrice di valori altri, deriva la società aperta, attuale e lontana da quella statica e immutabile del dogmatismo di Ratzinger, che Popper così definisce: “La società aperta è aperta a più valori, a più visioni filosofiche del mondo e a più fedi religiose, ad una molteplicità di proposte per la soluzione dei problemi concreti e alla maggior quantità di critica. La società aperta è aperta al maggior numero di idee e ideali differenti, e magari contrastanti. Ma, pena la sua autodissoluzione, non di tutti: la società aperta è chiusa solo agli intolleranti”. Come papa Ratzinger!La Chiesa, infatti, non accetta il relativismo culturale perché mette in discussione le verità rivelate, i dogmi di fede, salvo accettare i valori propri di ogni cultura o religione purché non abbiano comportamenti che essa disapprova (missionarietà).

13 febbraio 2007

SOLIDARIETA’ A SOLDANO E A COCCIRO

Nell’esprimere preoccupazione e sdegno per quanto accaduto nella notte tra il 4 e il 5 febbraio e nel dare solidarietà alle istituzioni nelle persone del sindaco M. Soldano e dell’assessore G. Coccio, non si può non chiedersi da dove arriva questa violenza.
Il mondo politico, a qualsiasi livello, non può più nascondere dietro il cosiddetto “buonismo” la sua incapacità ad esprimere concetti chiari e condanne ancora più chiare, sottolineando errori voluti per meri vantaggi elettorali.
Berluisconi ha sdoganato partiti come AN (lasciamo perdere Fiuggi…) o movimenti come la Lega (ancora oggi Roma è ladrona), gratificati con importanti incarichi di governo.
Ancora Berlusconi nelle ultime elezioni politiche non ha disdegnato l’alleanza (solo elettorale, direbbero i convertiti Bondi e Cicchetto) con Alternativa sociale, Forza Nuova, Fronte Sociale Nazionale, Azione Sociale e Fiamma tricolore che assieme alla Camera hanno raggiunto l’1,275 % e al Senato l’1,226. (determinanti, avrebbero avuto incarichi di governo).
E non dimentichiamo che la destra e i suoi alleati, con lo slogan “i morti sono tutti uguali” ha tentato di equiparare i repubblichini ai partigiani sull’ala di un revisionismo storico sfacciato e sotto il disarmante silenzio, giustificato dalla “verità storica”, della sinistra e dei suoi alleati, con qualche voce d’isolata protesta (ricordiamo la polemica tra Pansa e Bocca).
Le istituzioni democratiche e la Costituzione si difendono senza accettare compromessi sul passato; attraverso una capillare e consapevole diffusione dei fatti storici sottolineando che non c’è mediazione tra democrazia e fascismo; dando il giusto significato alle parole, rimarcandone le differenze.

PRIVATIZZARE L’ACQUA: UNA FOLLIA

Ormai parlare di liberalizzazioni è come parlare di rotonde o dossi cittadini: più se ne hanno più si è all’avanguardia.
Liberalizzare per eliminare i monopoli e favorire la concorrenza diventa un vantaggio per il cittadino. Liberalizzare i servizi pubblici locali significa innanzitutto privatizzare. Ma privatizzare non sempre è bello, specie se si privatizzano beni essenziali come l’acqua, beni a cui tutti i cittadini, specie i meno abbienti, devono accedere (è un diritto naturale, come l’aria che respiriamo).
La ministra Lanzillotta difende il suo pacchetto delle liberalizzazioni e dichiara: “…le norme sulle liberalizzazioni dei servizi pubblici non si applicano al settore idrico…non è nemmeno ipotizzabile che l’acqua venga venduta. Non lo consente la legge (meno male!): le reti e le risorse idriche appartengono al demanio pubblico”.
Basterebbero queste parole per tranquillizzare i cittadini, se, procedendo nell’intervista (Repubblica dell’01,02,07) non dichiarasse: “…Il punto è individuare un punto di gestione (s’intende ai privati) per sfruttare al meglio la risorsa acqua, abbassando le tariffe e alzando…la qualità del servizio”.
A questo punto arrivano i dubbi , naturalmente dovuti alle scarse capacità di comprensione dei cittadini, perché loro, i ministri, hanno ben chiaro cosa vogliono e dove vogliono arrivare.
Nel caso dell’acqua, elemento naturale e vitale, quale è la differenza tra privatizzazione o dare in gestione? Perché è vantaggioso dare ai privati la gestione del servizio?
Non so se dare in gestione un servizio ha lo stesso significato di esternizzare (la forza delle parole!): se è così, gli esempi, vedi gli ospedali romani, ci dicono che il servizio è peggiorato.
Se i privati gestiranno solo il servizio (cosa s’intende?), chi provvederà all’efficienza (manutenzione, ampliamento, rifacimento) della rete di distribuzione?
Se devono provvedere gli Enti Locali, perché non possono gestire anche il servizio, riformando il sistema e introducendo i dovuti controlli per evitare dispersioni e ruberie?
Sarebbe interessante avere delle risposte per poter capire.
Il mio amico: “…capiremo dopo…quando si vorrà riformare la riforma…e non si potrà…”.
Il mio amico è molto pessimista, non si fida dei nostri dipendenti. Per farlo ricredere basterebbe un po’ di chiarezza e far proprio un detto di Gandhi: “Chiedi a te stesso il valore che ha la tua prossima azione avrà per l’uomo più povero”.

08 febbraio 2007

“NON POSSUMUS” CEDERE ALLE MINACCE DI RUINI

Gli infiltrati del Vaticano stanno facendo di tutto per creare ad hoc una guerra di religioni, come nel Medioevo, tra papisti (guelfi e laici (ghibellini). I primi rappresentano la voce di Ruini-Ratzinger, i secondi la voce dello stato laico che, pur tenendo conto delle varie posizioni, anche di quelle dei cattolici, deve garantire a tutti i cittadini i diritti espressi dalla Costituzione.
Oggi la Chiesa pretende di applicare il ”relativismo”, condannato per ciò che la riguarda, mediante i suoi massimi esponenti (dal Papa, ai cardinali, ai vescovi) e gli infiltrati in Parlamento (sarebbe più onesto presentare un partito teocom alle elezioni) sta compiendo un atto di profondo disprezzo verso le istituzioni democratiche di uno stato indipendente e non confessionale.
E’ INACCETTABILE il non possumus oscurantista che l’Avvenire, organo dei Vescovi, fa pervenire al Parlamento.
E’ INACCETTABILE la minaccia tutta politica (altro che il diritto di esprimere opinioni!) al governo quando si afferma che il testo di legge elaborato dal duo Bindi (cattolica praticante) – Pollastrini rappresenta “uno spartiacque che inevitabilmente peserà sul futuro della politica italiana”.
E’ INACCETTABILE, anzi immorale che molti parlamentari ubbidiscano al Papa-re e non allo Stato democratico sulla cui Costituzione hanno giurato.
“NON POSSUMUS” accettare l’ingerenza del Vaticano, questa doveva essere la risposta immediata di un governo serio e responsabile.
Non si può permettere che un disegno di legge della Repubblica venga discusso ed emendato fuori della sua sede naturale e in uno stato straniero.
Come reagirebbe il Vaticano se il governo italiano decidesse di mettere in discussione il Concordato? Con la scomunica preceduta dal consueto “non possunus”?
Come reagirebbe se partecipasse per l’uno o l’altro, e sono tanti come i veti incrociati, eleggendo presidente della CEI?Visto che fino ad oggi i non possumus , a partire da quello famoso di Pio IX, sono stati un boomerang per la Chiesa, non ci resta che sperare che accada quello che è accaduto per l’aborto e il divorzio, quando gli italiani dimostrarono di essere più avanti rispetto a molti parlamentari.

D’ANTONA E L’INVITO A SOFRI

E' vero, Sofri attraverso i suoi articoli ha dimostrato di essere un intellettuale di rilievo ; si sarà pure pentito, ma resta il suo atto contro lo Stato che , in un momento storico come l'attuale, di tutto ha bisogno fuorché del solito revisionismo buonista. Ha ragione la signora D'Antona ma è difficile farlo capire al nostro mondo politico avvolto in una arrogante mediocrità . D'altro canto abbiamo (hanno è solo un eufemismo) portato al governo i figli e i nipoti del fascismo e la Lega...è quanto dire!

IL CALCIO E LA VIOLENZA

Molto bella l'immagine delle finestre rotte. Ma chi le ha rotte? Chi li rompe?Moto spesso ci si sofferma all'effetto e non andiamo alla causa. E così pagheranno le incolpevoli vittime e gli ultras organizzati (da chi?), mentre i veri responsabili o i corresponsabili rilasceranno dichiarazioni di biasimo "contro i soliti criminali" e di solidarietà verso le famiglie delle vittime.Il calcio nella sua massima espressione è gestito da uomini di affari(Berlusconi - Galliani, Lotito, Zamparini, Sensi, Preziosi, Moratti.....) che investono il loro denaro e con i loro atteggiamenti e le loro dichiarazioni di fine partita (a caldo) o infrasettimanali (a ragion di causa...loro...) contribuiscono ad avvelenare il clima, lanciando accuse verso tutti, lamentando ingiustizie e favorendo il clima di sospetto che è l'anticamera della violenza.E delle molte trasmissioni televisive, dove molti giornalisti danno il meglio di sè tanto da rasentare la rissa vogliamo parlarne, o ci accontenteremo della logica trasmissione di approfonfimento che cerca le colpe degli altri e mai le proprie?Se i presidenti stessero zitti e si interessassero ad una sana amministrazione delle società, se i giornalisti si limitassero a commentare i risultati del punto di vista sportivo (è uno sport il calcio?) dimenticando di essere "tifosi rissosi", se i conduttori televisivi dimenticassero l'audience", se le pene fossero certe, se gli allenatori si assumessero le colpe delle sconfitte o riconoscessero la bravura degli avversari, se.....se...Mi rendo conto dei troppi "se", ma se vogliamo salvare il calcio, bisogna affondare il bisturi e cercare tutte le possibili cause della grave malattia prima che sia troppo tardi.

01 febbraio 2007

NAPOLITANO, IL PAPA E I PACS

Avevo già scritto (12/01/07) in merito all’ingerenza della Chiesa (Città del Vaticano) sui problemi riguardanti elusivamente lo Stato italiano, Stato laico la cui Costituzione tutela tutti i cittadini della Repubblica nella fruizione dei diritti dell’uomo.
Anche gli omosessuali, cari eminenze, sono uomini e cittadini italiani e in quanto tali godono dei diritti universalmente riconosciuti.
Anche i conviventi (tra l’altro alcuni – o tanti? – parlamentari convivono o sono divorziati…e godono già di una legge ad hoc).
A proposito dei PACS è molto grave che la Chiesa menta, facendo credere che i PACS vogliono sostituire e distruggere l’istituto della famiglia tradizionale: non è così.
Come le capita spesso la Chiesa lancia anatemi e non si accorge che l’umanità (il Cristianesimo ne è una parte e nemmeno la più numerosa) cammina, progredisce e prende consapevolezza dei diritti…anche di quelli degli altri. E la morale, poiché non è valore esclusivo della Chiesa, non si può imporre né con la violenza delle parole né con condanne più o meno velate (condanna del relativismo perché mina l’integralismo o assolutismo cattolico).
Lo stesso atteggiamento (una vera e propria crociata) la Chiesa assunse riguardo al divorzio e all’aborto. Oggi l’Italia in conseguenza di quelle leggi non è peggiore di prima, ma è più europea e più civile.. I divorzi non hanno lacerato “la famiglia” così come l’aborto non ha limitato le nascite.
Abbiamo solo due strumenti in più in difesa della famiglia (non basta perché sia tale l’unione di un uomo e di una donna) e della salute delle donne.
Dice il mio amico: “Ma la Chiesa fa il suo mestiere. Mica puoi tapparle la bocca”.
Certo. Un proverbio della mia terra dice: “Cu è cchiù fissa carnevali o cu ci va appressu? (Chi è più stupido carnevale o chi lo segue?”. Sinceramente chi lo segue.
Così, oltre alle genuflessioni di tanti politici si destra e di sinistra, abbiamo assistito allo squallido spettacolo offerto dal presidente della Repubblica (troppe esternazioni e non sempre a proposito) che da Madrid ha dichiarato: “Dobbiamo tener conto delle preoccupazioni del Papa e trovare una sintesi con la Chiesa sui PACS”. Intollerabile!
Come intollerabili sono statele risposte pervenute (Rifletta Presidente, rifletta!):
Monsignor Sgreccia, presidente della pontificia accademia della vita: “…malgrado le parole di buona volontà pronunciate dal presidente Napoletano, la Chiesa non potrà mai scendere a compromessi…i diritti ed i doveri delle singole persone cono gia contemplati dal Codice Civile. Basta applicarlo”.
Monsignor Betori,segretario della CEI: “…noi non potremmo accettare un compromesso o una mediazione al ribasso che implicasse una rinuncia ai principi, ciò che i cattolici e la Chiesa non possono fare”.
Data l’arroganza e la chiusura evidenti e poco rispettose, padre Lombardi, portavoce del Papa, cerca di zuccherare la pillola, che sempre amare è, dichiarando apprezzamento per l’intervento di Napoletano ma concludendo il suo intervento televisivo (!) chiedendosi come si possa arrivare a una conclusione che “ tenga nel dovuto conto le posizioni manifestate dall’autorità della Chiesa in Italia (incarta e porta via)”.
Concludo, facendo mie le parole di Cacciari “…Non condivido l’impostazione di Napolitano. Io devo muovermi come uno Stato laico, non è pensabile sentire cosa pensa la Chiesa per fare una legge. Non devo dipendere dalla Chiesa, altrimenti verrebbe meno la concezione stessa dello Stato. Certo, la Chiesa va ascoltata, come vanno ascoltati tutti, non per cercare compromessi o mediazioni.
Per un cristiano questa non è mica una questione di fede, non stiamo parlando di Gesù ma di due persone che si amano e vogliono vivere assieme”.