Si nasconde il sole
dietro nuvole nere.
Impauriti gli uccelli
Smettono i cantare.
Gli alberi percossi
dalle calde lacrime
della primavera mai arrivata
si svestono dai fiori.
Freddo e stanchezza
dell’anima accompagnano
il triste cammino. (G. G.)
19 aprile 2008
17 aprile 2008
L’AGONIA DEI SOCIALISTI SI PUO’ FERMARE
La lenta e inesorabile agonia del Partito Socialista è continuata, ma era prevedibile, anche nella campagna elettorale testé conclusa. Non ci sono giustificazioni!
Ho letto alcuni commenti d’esponenti storici del partito. Tutti concludono l’analisi del voto con l’esortazione a fare quadrato, a solidarizzare, a organizzarci per “cogliere le crepe che si libereranno nello schema di quel bipartitismo, sostiene De Michelis, che è stato messo fortemente in dubbio dagli stessi elettori ” (!).
Il vizio di fondo di qualsiasi discussione è, comunque, affermare che la colpa della nostra “debacle” è stata di Veltroni (cannibalizzazione del Pd verso il resto della sinistra, afferma Biscardini e non solo), della legge elettorale e di qualche altra diavoleria che metta al riparo la dirigenza di qualsiasi responsabilità. Quando parlo di dirigenza mi riferisco a tutti i livelli, dalla sezione, alla provincia, alla Direzione nazionale, o, com’è più gradito, ai “Comitati per la Costituente”.
Il compagno Nigra, individuate le colpe, indica una ventina tra province e di comuni dove il voto amministrativo è stato migliore rispetto al politico, sottolineando che “sono dati che evidenziano il radicamento territoriale, la popolarità dei nostri candidati”.
E’ vero che chi corre per sé corre per tre o forse più di tre, e ciò spiega il successo dei candidati locali, che ci distrae da un’analisi più accorta della sconfitta. Ricordiamo che il disimpegno di questi porta sempre ad un’alta perdita di consensi, come, d’altronde, ha dimostrato il contemporaneo voto politico. E’ giusto però “valorizzarli nella formazione del gruppo dirigente”, che non sia più quello della tradizione e delle sconfitte, quello insomma delle tante repubbliche succedutesi dopo tangentopoli. Ma un gruppo dirigente nuovo rispetto al passato, certo non bisogna fare di tutta l’erba un fascio, e, soprattutto, giovane mosso da entusiasmo e dal convincimento che il socialismo riformista, liberale e laico non è stato un incidente storico da archiviare, ma una necessità oggi più forte che mai.
Un socialismo che metta al centro della speculazione politica l’uomo come soggetto attivo, come protagonista del suo futuro, l’uomo che vive in sé le gioie e le sofferenze di tutta l’umanità e, quindi, consapevole che il suo è il destino di tutta l’umanità.
Se vogliamo continuare il percorso, dobbiamo esaminare con attenzione sia la fase pre-elettorale, quella della costituente, e quella elettorale, con la sua organizzazione centrale e periferica, il messaggio di cui siamo stati portatori e le motivazioni che hanno indotto gli elettori a non votarci.
L’esame fatta da De Michelis mi sembra la più chiara e la più franca e anch’egli, però deve assumersi parte delle responsabilità, promovendo lo svecchiamento anagrafico, e nono solo.
I giovani sono la linfa, rappresentano il futuro. Una società di vecchi, che questi privilegia nel governo delle istituzioni è una società destinata a scomparire, figuriamoci un partito politico. Il nostro, come un’indagine fatta durante la campagna elettorale ha detto, sarebbe stato votato da elettori di età compresa tra i 55 e i 65 anni. Bel futuro! I giovani, non ancorati e repressi da vecchi formule e schemi stantie, possono dare la vera svolta. I giovani responsabili, assieme ai dirigenti storici, della gestione e della programmazione di un progetto che non abbiamo.
I cittadini devono avere chiaro non solo il messaggio immediato, quello che affronta la quotidianità, ma anche e soprattutto idrogetto di una società nuova, più solidale e più “uguale”, dove i privilegi di pochi non possono essere considerati diritti, dove la dignità dell’uomo non deve essere mortificata dalla mancanza di lavoro o da una distribuzione della ricchezza “diseguale”, dove la libertà d’informazione sia reale come reale sia l’istruzione per tutti.
Un progetto di società condiviso e il cammino chiaro e in umiltà, senza cercare a qualsiasi costo la sopravvivenza a spese dell’identità, sono le ragioni che il congresso deve affrontare.
Ma prima del congresso, sono necessari nell’immediato, assemblee che mettano a confronto iscritti e che determinino con certezza le linee entro le quali il partito deve muoversi.
Una cosa che non bisogna dimenticare è che non basta associare, come è stato fatto, lo SDI e il Nuovo PSI, per costruire un partito, perché spesso le somme diventano sottrazioni.
Nel Paese sono presenti associazioni e micro partiti che vanno coinvolti, non cooptati. Sono ricchezze del territorio che vanno valorizzate e coinvolte, ascoltando e facendo proprie le loro idee, sottolineando sempre ciò che ci unisce più che ciò che potrebbe dividerci.
Ho letto alcuni commenti d’esponenti storici del partito. Tutti concludono l’analisi del voto con l’esortazione a fare quadrato, a solidarizzare, a organizzarci per “cogliere le crepe che si libereranno nello schema di quel bipartitismo, sostiene De Michelis, che è stato messo fortemente in dubbio dagli stessi elettori ” (!).
Il vizio di fondo di qualsiasi discussione è, comunque, affermare che la colpa della nostra “debacle” è stata di Veltroni (cannibalizzazione del Pd verso il resto della sinistra, afferma Biscardini e non solo), della legge elettorale e di qualche altra diavoleria che metta al riparo la dirigenza di qualsiasi responsabilità. Quando parlo di dirigenza mi riferisco a tutti i livelli, dalla sezione, alla provincia, alla Direzione nazionale, o, com’è più gradito, ai “Comitati per la Costituente”.
Il compagno Nigra, individuate le colpe, indica una ventina tra province e di comuni dove il voto amministrativo è stato migliore rispetto al politico, sottolineando che “sono dati che evidenziano il radicamento territoriale, la popolarità dei nostri candidati”.
E’ vero che chi corre per sé corre per tre o forse più di tre, e ciò spiega il successo dei candidati locali, che ci distrae da un’analisi più accorta della sconfitta. Ricordiamo che il disimpegno di questi porta sempre ad un’alta perdita di consensi, come, d’altronde, ha dimostrato il contemporaneo voto politico. E’ giusto però “valorizzarli nella formazione del gruppo dirigente”, che non sia più quello della tradizione e delle sconfitte, quello insomma delle tante repubbliche succedutesi dopo tangentopoli. Ma un gruppo dirigente nuovo rispetto al passato, certo non bisogna fare di tutta l’erba un fascio, e, soprattutto, giovane mosso da entusiasmo e dal convincimento che il socialismo riformista, liberale e laico non è stato un incidente storico da archiviare, ma una necessità oggi più forte che mai.
Un socialismo che metta al centro della speculazione politica l’uomo come soggetto attivo, come protagonista del suo futuro, l’uomo che vive in sé le gioie e le sofferenze di tutta l’umanità e, quindi, consapevole che il suo è il destino di tutta l’umanità.
Se vogliamo continuare il percorso, dobbiamo esaminare con attenzione sia la fase pre-elettorale, quella della costituente, e quella elettorale, con la sua organizzazione centrale e periferica, il messaggio di cui siamo stati portatori e le motivazioni che hanno indotto gli elettori a non votarci.
L’esame fatta da De Michelis mi sembra la più chiara e la più franca e anch’egli, però deve assumersi parte delle responsabilità, promovendo lo svecchiamento anagrafico, e nono solo.
I giovani sono la linfa, rappresentano il futuro. Una società di vecchi, che questi privilegia nel governo delle istituzioni è una società destinata a scomparire, figuriamoci un partito politico. Il nostro, come un’indagine fatta durante la campagna elettorale ha detto, sarebbe stato votato da elettori di età compresa tra i 55 e i 65 anni. Bel futuro! I giovani, non ancorati e repressi da vecchi formule e schemi stantie, possono dare la vera svolta. I giovani responsabili, assieme ai dirigenti storici, della gestione e della programmazione di un progetto che non abbiamo.
I cittadini devono avere chiaro non solo il messaggio immediato, quello che affronta la quotidianità, ma anche e soprattutto idrogetto di una società nuova, più solidale e più “uguale”, dove i privilegi di pochi non possono essere considerati diritti, dove la dignità dell’uomo non deve essere mortificata dalla mancanza di lavoro o da una distribuzione della ricchezza “diseguale”, dove la libertà d’informazione sia reale come reale sia l’istruzione per tutti.
Un progetto di società condiviso e il cammino chiaro e in umiltà, senza cercare a qualsiasi costo la sopravvivenza a spese dell’identità, sono le ragioni che il congresso deve affrontare.
Ma prima del congresso, sono necessari nell’immediato, assemblee che mettano a confronto iscritti e che determinino con certezza le linee entro le quali il partito deve muoversi.
Una cosa che non bisogna dimenticare è che non basta associare, come è stato fatto, lo SDI e il Nuovo PSI, per costruire un partito, perché spesso le somme diventano sottrazioni.
Nel Paese sono presenti associazioni e micro partiti che vanno coinvolti, non cooptati. Sono ricchezze del territorio che vanno valorizzate e coinvolte, ascoltando e facendo proprie le loro idee, sottolineando sempre ciò che ci unisce più che ciò che potrebbe dividerci.
13 aprile 2008
Il rumore di oggi mi tormenta.
Alla malinconia
dell’animo irrequieto
aggiunto
stravolge la mia vita.
Mi allontana dai ricordi.
Mi distoglie dai progetti.
Si gridano le parole.
Stordisce la musica.
Ogni cosa copre
della natura impotente
la voce.
Solo il silenzio
della notte
diventa dell’anima
il rifugio.
L’angoscia mi abbandona.
Timoroso mi tuffo
nel verde fiume
della fantasia. (G.G.)
Alla malinconia
dell’animo irrequieto
aggiunto
stravolge la mia vita.
Mi allontana dai ricordi.
Mi distoglie dai progetti.
Si gridano le parole.
Stordisce la musica.
Ogni cosa copre
della natura impotente
la voce.
Solo il silenzio
della notte
diventa dell’anima
il rifugio.
L’angoscia mi abbandona.
Timoroso mi tuffo
nel verde fiume
della fantasia. (G.G.)
10 aprile 2008
LETTERA A SILVIO
Cologno M.se, 10 Aprile 2008
“Caro” Silvio
(uso lo stesso retorico Tuo aggettivo, pur non trovando una ragione per cui Tu – anche il Tu uso come il caro - mi possa essere caro), già in passato ebbi a scriverti di non allietarmi, ora scocciarmi, con le Tue lettere d’infima propaganda elettorale, tanto da me il voto non lo avrai mai.
La cosa che mi preoccupa di più, e non so se definirla una minaccia, è il Tuo voler “riprendere il cammino interrotto due anni fa” ripristinando “un modo di operare che avevamo gia messo in atto” che indusse la Commissione europea a sanzionare l’Italia del creativo Tremonti.
Non mi soffermo sull’Italia del quinquennio, tanto felice che “i coglioni” Italiani non Ti hanno votato, né voglio contestarti le leggi ad personam o le svendite di Stato o l’abolizione del falso in bilancio o le tante altre nefandezze.
Di Te ho vivida l’immagine di quando hai fondato il Pdl: a Piazza San Babila a Milano, dall’alto del predellino dell’auto, hai comunicato la nascita della Tua creatura. Lasciamo perdere i commenti coevi del tuo fedelissimo alleato Fini, oggi più fedele di Fede, delfino senza futuro di un qualsiasi Luigi XVI.
Altro che “una nuova forza politica, nata perché voluta dalla gente”, non fammi ridere, per piacere!
Sicuramente Veltroni non è, come affermi, “nuovo” come non sono nuovi “i soliti vecchi campioni della sinistra”, ma Tu a loro contrapponi Tu stesso, Fini, Bossi, Calderoli, Tremonti, Mussolini, Gasparri, Ciarrapico, Dell’Utri, il già comunista Bondi, Scaiola, Vito….
Non mi sembra il nuovo, più nuovo del Pd, quanto una squadra di reduci pronti per la partita d’addio.
Nel confermarti che non voterò il Pdl, non ricambio il “forte, cordiale abbraccio”, proprio non me la sento, ma Ti auguro una buona salute
Giuseppe Governanti
“Caro” Silvio
(uso lo stesso retorico Tuo aggettivo, pur non trovando una ragione per cui Tu – anche il Tu uso come il caro - mi possa essere caro), già in passato ebbi a scriverti di non allietarmi, ora scocciarmi, con le Tue lettere d’infima propaganda elettorale, tanto da me il voto non lo avrai mai.
La cosa che mi preoccupa di più, e non so se definirla una minaccia, è il Tuo voler “riprendere il cammino interrotto due anni fa” ripristinando “un modo di operare che avevamo gia messo in atto” che indusse la Commissione europea a sanzionare l’Italia del creativo Tremonti.
Non mi soffermo sull’Italia del quinquennio, tanto felice che “i coglioni” Italiani non Ti hanno votato, né voglio contestarti le leggi ad personam o le svendite di Stato o l’abolizione del falso in bilancio o le tante altre nefandezze.
Di Te ho vivida l’immagine di quando hai fondato il Pdl: a Piazza San Babila a Milano, dall’alto del predellino dell’auto, hai comunicato la nascita della Tua creatura. Lasciamo perdere i commenti coevi del tuo fedelissimo alleato Fini, oggi più fedele di Fede, delfino senza futuro di un qualsiasi Luigi XVI.
Altro che “una nuova forza politica, nata perché voluta dalla gente”, non fammi ridere, per piacere!
Sicuramente Veltroni non è, come affermi, “nuovo” come non sono nuovi “i soliti vecchi campioni della sinistra”, ma Tu a loro contrapponi Tu stesso, Fini, Bossi, Calderoli, Tremonti, Mussolini, Gasparri, Ciarrapico, Dell’Utri, il già comunista Bondi, Scaiola, Vito….
Non mi sembra il nuovo, più nuovo del Pd, quanto una squadra di reduci pronti per la partita d’addio.
Nel confermarti che non voterò il Pdl, non ricambio il “forte, cordiale abbraccio”, proprio non me la sento, ma Ti auguro una buona salute
Giuseppe Governanti
LA GIUNGLA DEI MANIFESTI
In questa campagna elettorale, come in tutte le precedenti, assistiamo all’affissione indiscriminata e senza regole dei manifesti. Per la verità, le regole ci sono ma non tutti i partiti le rispettano, tanto l’entità delle multe è così irrilevante che si può…pagare, sempre che le istituzioni locali riescano a dimostrare la responsabilità degli imbrattatori.
Nella giungla dei manifesti si distinguono per mancanza di senso civico e di rispetto degli atri partiti, più numerosi di altri, quelli del Pdl di Berlusconi.
Non solo occupano gli spazi ad altri assegnati, ma vengono attaccati anche fuori di essi, su muri, recinzioni e quant’altro, purché posto in verticale.
Questo segno d’inciviltà e di arroganza verso le istituzioni rappresentano bene l’immagine del partito e del suo leader.
Ciò dovrebbe bastare ai cittadini italiani per non votarlo, per la sua invadenza calcolata, per la protervia che segna ogni suo atto.
Nella giungla dei manifesti si distinguono per mancanza di senso civico e di rispetto degli atri partiti, più numerosi di altri, quelli del Pdl di Berlusconi.
Non solo occupano gli spazi ad altri assegnati, ma vengono attaccati anche fuori di essi, su muri, recinzioni e quant’altro, purché posto in verticale.
Questo segno d’inciviltà e di arroganza verso le istituzioni rappresentano bene l’immagine del partito e del suo leader.
Ciò dovrebbe bastare ai cittadini italiani per non votarlo, per la sua invadenza calcolata, per la protervia che segna ogni suo atto.
06 aprile 2008
IN OLANDA LO FANNO
Dal gennaio 2009 in Olanda, non certo nel Paese più povero d’Europa, coloro che percepiscono un reddito di 500 mila euro netti l’anno dovranno pagare una tassa supplementare del 30% su liquidazioni e indennità, mentre si prevede di fissare un tetto di 185 mila euro agli stipendi pubblici, equiparandoli a quello del primo ministro.
In Olanda, il veltroniano “si può fare” diventerà, come esperienza insegna, un “è giusto farlo”. In Olanda come in molti Paesi europei, la politica è una cosa seria, è ancora un servizio e i provvedimenti legislativi ne tengono conto. In Italia avviene il contrario: la politica è un mestiere che elargisce piaceri e prebende ad amici e viciniori, senza che alcuno arrossisca perché ormai tutto rientra nella normalità. Da noi è anormale quello che è successo in Olanda: una tassa sul sudato guadagno…non scherziamo. Riflettete un momento. Cimoli, supermanager pubblico che passava disinvoltamente dalle FFSS (guadagno: 1,5 milioni di euro l’anno) all’Alitalia (2,7 milioni annui), così bravo da portare entrambe le aziende al fallimento (un mio amico continua a dirmi che sarebbe stato più bravo di lui – ha portato al fallimento per ben tre volte l’azienda di famiglia – e avrebbe chiesto meno soldi), in Olanda sarebbe stato licenziato su due piedi, dopo aver dato conto della sua incompetenza, mentre in Italia …ha avuto anche la buonuscita…e che buonuscita!
La “casta” non difende solo i suoi privilegi, ma garantisce, in barba ai superiori interessi dei cittadini, i fedeli collaboratori una presenza invasiva, “peggio assai” della gramigna, negli enti pubblici, dai Comuni alle AS, indipendentemente dal valore delle loro competenze.
Il cittadino italiano, da sempre considerato suddito, si emancipava durante la campagna elettorale grazie al voto di preferenza, per poi rientrare nel suo ruolo; oggi è suddito e basta, umiliato nella sua dignità d’uomo libero.
In questa campagna elettorale ricca di costose promesse, nessun candidato premier ha affrontato il problema del rapporto tra lo stipendio minimo dell’operaio e lo stipendio massimo dei manager di stato, permettendo alla forbice di allargarsi sempre più (i ricchi sempre più ricchi, i poveri sempre più poveri). Anzi qualcuno prevede di abbassare le aliquote Irpef a tutti come segno di uguaglianza.
P.S.: il premier olandese guadagna € 15.400 al mese, molto meno, credo, dei nostri parlamentari, che paghiamo pure per trattenere rapporti col loro elettorato e per averli sempre al massimo della forma gli mettiamo a disposizione, gratuitamente, momenti ricreativi sia fisici sia mentali (mens sana in corpore sano…Calderoni è stato un’eccezione…tutto il parlamento era stressato alla fine della legislatura…
In Olanda, il veltroniano “si può fare” diventerà, come esperienza insegna, un “è giusto farlo”. In Olanda come in molti Paesi europei, la politica è una cosa seria, è ancora un servizio e i provvedimenti legislativi ne tengono conto. In Italia avviene il contrario: la politica è un mestiere che elargisce piaceri e prebende ad amici e viciniori, senza che alcuno arrossisca perché ormai tutto rientra nella normalità. Da noi è anormale quello che è successo in Olanda: una tassa sul sudato guadagno…non scherziamo. Riflettete un momento. Cimoli, supermanager pubblico che passava disinvoltamente dalle FFSS (guadagno: 1,5 milioni di euro l’anno) all’Alitalia (2,7 milioni annui), così bravo da portare entrambe le aziende al fallimento (un mio amico continua a dirmi che sarebbe stato più bravo di lui – ha portato al fallimento per ben tre volte l’azienda di famiglia – e avrebbe chiesto meno soldi), in Olanda sarebbe stato licenziato su due piedi, dopo aver dato conto della sua incompetenza, mentre in Italia …ha avuto anche la buonuscita…e che buonuscita!
La “casta” non difende solo i suoi privilegi, ma garantisce, in barba ai superiori interessi dei cittadini, i fedeli collaboratori una presenza invasiva, “peggio assai” della gramigna, negli enti pubblici, dai Comuni alle AS, indipendentemente dal valore delle loro competenze.
Il cittadino italiano, da sempre considerato suddito, si emancipava durante la campagna elettorale grazie al voto di preferenza, per poi rientrare nel suo ruolo; oggi è suddito e basta, umiliato nella sua dignità d’uomo libero.
In questa campagna elettorale ricca di costose promesse, nessun candidato premier ha affrontato il problema del rapporto tra lo stipendio minimo dell’operaio e lo stipendio massimo dei manager di stato, permettendo alla forbice di allargarsi sempre più (i ricchi sempre più ricchi, i poveri sempre più poveri). Anzi qualcuno prevede di abbassare le aliquote Irpef a tutti come segno di uguaglianza.
P.S.: il premier olandese guadagna € 15.400 al mese, molto meno, credo, dei nostri parlamentari, che paghiamo pure per trattenere rapporti col loro elettorato e per averli sempre al massimo della forma gli mettiamo a disposizione, gratuitamente, momenti ricreativi sia fisici sia mentali (mens sana in corpore sano…Calderoni è stato un’eccezione…tutto il parlamento era stressato alla fine della legislatura…
04 aprile 2008
I SINDACATI CAUSA DEL FALLIMENTO
La vicenda Alitalia, ma come questa tante altre, ha dimostrato la pochezza del movimento sindacale italiano che, come ho scritto nel mio post del primo d’Aprile, “vivono in una torre d’avorio, lontani dall’Europa e dal resto del mondo…aggrappati ai loro privilegi e interessi …non difendono più né i salari né la dignità dei lavoratori”.
Nove sigle sindacali per ventimila dipendenti, ognuna chiusa alle altre a difesa del proprio recinto.
Hanno voluto tirare troppo una corda molto sfilacciata, pensando di trattare con il governo di turno pronto a cedere per ovvie ragioni clientelari, e la corda si è rotta. All’ennesima richiesta monsieur Spinetta ha tolto…la spina, lasciando i signori sindacalisti col moccolo e con la grave responsabilità di un futuro segnato dal fallimento dell’azienda, con l’inevitabile perdita di un numero elevato di posti di lavoro.
Invece di trattare per il bene dell’azienda, mettendo sul piatto anche l’eventualità dolorosa dei licenziamenti hanno rilanciato, costringendo Air France a troncare la trattativa.
Si parla, ora, di retromarcia dei sindacati. Ritornare sui propri passi è indice di maturità e di ragionevolezza, ma non per “questi” sindacati che hanno cambiato atteggiamento sia a causa della sempre più forte pressione della base, che, prevedendo ancora più gravi conseguenze occupazionali, non vuole il commissariamento dell’azienda, sia per la mancanza della famigerata “cordata” d’imprenditori italiani, sicuramente pronti, come sempre, a partecipare ad un’azione di sciacallaggio non di salvataggio mettendo a rischio i “sudati” soldi.
Il leader del Pdl, che tanto si è prodigato per far fallire la trattativa (italianità dell’azienda, cordata, umilianti condizioni poste da Air France, Malpensa…), sembra scomparso, così come i suoi numerosi e saputelli epigoni.
Il titolo in borsa, tra alti bassi, è stato bloccato fino a martedì, il presidente dell’Alitalia si è dimesso, le prenotazioni sembra siano crollate del 40%, e il candidato premier, come il solito, la fa franca perché le istituzioni preposte non trovano il tempo di intervenire nei suoi confronti, accusandolo magari di turbativa …ma siamo in Italia dove la legge non è uguale per tutti. O forse il suo viene considerato ancora il carro del vincitore!
P.S.: Stralcio dell’intervista al segretario dell’UIL, Angeletti (la Repubblica del 4/4/08):
- …mi sono accorto che invece di trattare i miei colleghi rilanciavano da matti.
- Alla fine della fiera è spuntata la proposta. L’Italia mette i soldi che servono e tu compri Alitalia che però resta com’é.
- …Alitalia ha tanti piloti che potrebbe permettersi il triplo di aerei…impiegati amministrativi in numero sufficiente a coprire le esigenze di dici aziende,un call center che costa due, tre volte di più di quelli equivalenti…
- …se domani si facesse un referendum tra i dipendenti Alitalia la maggioranza assoluta sarebbe favorevole al piano Air France.
Chi vuol capire capisca!
Nove sigle sindacali per ventimila dipendenti, ognuna chiusa alle altre a difesa del proprio recinto.
Hanno voluto tirare troppo una corda molto sfilacciata, pensando di trattare con il governo di turno pronto a cedere per ovvie ragioni clientelari, e la corda si è rotta. All’ennesima richiesta monsieur Spinetta ha tolto…la spina, lasciando i signori sindacalisti col moccolo e con la grave responsabilità di un futuro segnato dal fallimento dell’azienda, con l’inevitabile perdita di un numero elevato di posti di lavoro.
Invece di trattare per il bene dell’azienda, mettendo sul piatto anche l’eventualità dolorosa dei licenziamenti hanno rilanciato, costringendo Air France a troncare la trattativa.
Si parla, ora, di retromarcia dei sindacati. Ritornare sui propri passi è indice di maturità e di ragionevolezza, ma non per “questi” sindacati che hanno cambiato atteggiamento sia a causa della sempre più forte pressione della base, che, prevedendo ancora più gravi conseguenze occupazionali, non vuole il commissariamento dell’azienda, sia per la mancanza della famigerata “cordata” d’imprenditori italiani, sicuramente pronti, come sempre, a partecipare ad un’azione di sciacallaggio non di salvataggio mettendo a rischio i “sudati” soldi.
Il leader del Pdl, che tanto si è prodigato per far fallire la trattativa (italianità dell’azienda, cordata, umilianti condizioni poste da Air France, Malpensa…), sembra scomparso, così come i suoi numerosi e saputelli epigoni.
Il titolo in borsa, tra alti bassi, è stato bloccato fino a martedì, il presidente dell’Alitalia si è dimesso, le prenotazioni sembra siano crollate del 40%, e il candidato premier, come il solito, la fa franca perché le istituzioni preposte non trovano il tempo di intervenire nei suoi confronti, accusandolo magari di turbativa …ma siamo in Italia dove la legge non è uguale per tutti. O forse il suo viene considerato ancora il carro del vincitore!
P.S.: Stralcio dell’intervista al segretario dell’UIL, Angeletti (la Repubblica del 4/4/08):
- …mi sono accorto che invece di trattare i miei colleghi rilanciavano da matti.
- Alla fine della fiera è spuntata la proposta. L’Italia mette i soldi che servono e tu compri Alitalia che però resta com’é.
- …Alitalia ha tanti piloti che potrebbe permettersi il triplo di aerei…impiegati amministrativi in numero sufficiente a coprire le esigenze di dici aziende,un call center che costa due, tre volte di più di quelli equivalenti…
- …se domani si facesse un referendum tra i dipendenti Alitalia la maggioranza assoluta sarebbe favorevole al piano Air France.
Chi vuol capire capisca!
01 aprile 2008
ASTENSIONISMO O SCHEDA BIANCA
Tra dieci giorni gli Italiani si recheranno alle urne e sceglieranno il nuovo parlamento e, possibilmente, chi ci governerà. E’certo che ci sarà un nuovo parlamento, un po’ meno un nuovo governo. Grazie alla legge porcellum, infatti, è possibile un pareggio: la camera al Pdl e i suoi alleati, il senato al Pd e i suoi alleati.
A mio parere il pareggio sarebbe un risultato equo e grave: equo, in quanto nessuno dei due schieramenti che si fronteggiano per guidare il Paese godrebbe dell’approvazione degli Italiani, grave, perché, nonostante la campagna mediatica (TV e Stampa) che ha oscurato le altre forze politiche, in ciò Pdl e Pd si equivalgono, abbiamo avuto, ancora una volta, la dimostrazione che la “casta”, almeno la parte più corposa di essa, non ammette contrapposizione, mortificando il dibattito e la democrazia. Per la verità anche l’informazione continua a fare la sua parte di fiancheggiamento.
Il risultato è una democrazia drogata, una falsa democrazia, i cui pilastri, la politica e l’informazione, sembrano essersi alleati, mentre i cittadini, non sono considerati soltanto sudditi, ma, come ebbe a dire Berlusconi nella precedente campagna elettorale, “coglioni”.
Non parliamo, per carità di patria, delle altre istituzioni come l’imprenditoria e il sindacalismo.
Per questi la società non cammina. Vivono in una torre d’avorio, lontani dall’Europa e dal resto del mondo…che corre. I primi aspettano gli aiuti di stato, i secondi, aggrappati ai loro privilegi e interessi, non difendono più né i salari né la dignità dei lavoratori. Questa è un’altra storia!
La speranza è, dunque, che, toccato il fondo, questi sciacalli famelici si ridimensionino, dandoci almeno una legge elettorale più decente, che restituisca al popolo la “sovranità”, permettendogli di scegliere non solo il partito ma anche il parlamentare.
Il pareggio avvierebbe un processo catartico di portata eccezionale, al quale né la politica, né l’informazione potrebbero sottrarsi.
Certo, con una simile classe politica, c’è poco da sperare.
Al di là del voto utile, o del voto disgiunto, o dell’astensione, credo sia importante andare a votare, anche scheda bianca. Questo rappresenta più che l’astensionismo il vero segnale da dare a una classe politica imbelle e mediocre che sta conducendo il Paese al disastro.
A mio parere il pareggio sarebbe un risultato equo e grave: equo, in quanto nessuno dei due schieramenti che si fronteggiano per guidare il Paese godrebbe dell’approvazione degli Italiani, grave, perché, nonostante la campagna mediatica (TV e Stampa) che ha oscurato le altre forze politiche, in ciò Pdl e Pd si equivalgono, abbiamo avuto, ancora una volta, la dimostrazione che la “casta”, almeno la parte più corposa di essa, non ammette contrapposizione, mortificando il dibattito e la democrazia. Per la verità anche l’informazione continua a fare la sua parte di fiancheggiamento.
Il risultato è una democrazia drogata, una falsa democrazia, i cui pilastri, la politica e l’informazione, sembrano essersi alleati, mentre i cittadini, non sono considerati soltanto sudditi, ma, come ebbe a dire Berlusconi nella precedente campagna elettorale, “coglioni”.
Non parliamo, per carità di patria, delle altre istituzioni come l’imprenditoria e il sindacalismo.
Per questi la società non cammina. Vivono in una torre d’avorio, lontani dall’Europa e dal resto del mondo…che corre. I primi aspettano gli aiuti di stato, i secondi, aggrappati ai loro privilegi e interessi, non difendono più né i salari né la dignità dei lavoratori. Questa è un’altra storia!
La speranza è, dunque, che, toccato il fondo, questi sciacalli famelici si ridimensionino, dandoci almeno una legge elettorale più decente, che restituisca al popolo la “sovranità”, permettendogli di scegliere non solo il partito ma anche il parlamentare.
Il pareggio avvierebbe un processo catartico di portata eccezionale, al quale né la politica, né l’informazione potrebbero sottrarsi.
Certo, con una simile classe politica, c’è poco da sperare.
Al di là del voto utile, o del voto disgiunto, o dell’astensione, credo sia importante andare a votare, anche scheda bianca. Questo rappresenta più che l’astensionismo il vero segnale da dare a una classe politica imbelle e mediocre che sta conducendo il Paese al disastro.
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