La legislatura ormai si è conclusa. Le elezioni anticipate , comunque si evolva la crisi (la remota possibilità di un governo istituzionale capace di evitare una nuova legge elettorale), sono certe: bisogna stabilire solo la data. Chi ha in mano le carte è Berlusconi, Casini, Fini e Bossi non hanno voce i capitolo, e lo sanno, perché il loro futuro elettorale e politico dipende solo dal Cavaliere, tanto che già accettato, dopo mesi di polemiche, la sua leadership.
Come al solito, quindi il cavaliere non solo detterà la data, ma come arrivarci. Tutto dipenderà dalla sua ambizione, da quello che vorrà fare nel futuro: limitare la sua azione alla Presidenza del Consiglio o puntare alla Presidenza della Repubblica.
Nel primo caso andremo alle elezioni in primavera; nel secondo la data sarà spostata in avanti finché il mandato a Napolitano scadrà prima della legislatura. Il resto, in questo caso, sarà scontato: il Paese sarà in mano al centro destra per chissà quanto tempo, con buona pace degli strateghi del centro sinistra.
Solo fantasia, direte, perché è meglio battere il ferro mentre è caldo: votare al più presto e sfruttare oil vantaggio accumulato grazie al suicidio del centro sinistra.
Ma volevo parlare d’altro, delle novità della prossima campagna elettorale: Berlusconi è ringiovanito e il nipotino è in attesa di una villa; Fini, lasciatosi con la moglie, ha anch’egli un erede post- fascista, Casini ha coronato il sogno di sposarsi dopo il divorzio, Calderoni non pensa più al matrimonio celtico mentre il suo capo è ossessionato dalla secessione armata; Rutelli, convinto dalla Binetti, si avvicinerà al cardinal Ruini; D’Alema, non più distratto dai suoi viaggi all’estero, farà il tifo per l’Unipol richiamando Fassino; Veltroni, aspirante premier penserà con nostalgia alla città eterna; Pecoraro Scanio finalmente potrà organizzare le marce ecologiche; Bertinotti, sollevato dall’incarico istituzionale, potrà tornare al suo vecchio look e a dibattere con Berlusconi, riempiendo di sé lo schermo; Di liberto si preoccuperà della salma di Lenin; Di Pietro litigherà in libertà con Mastella; Boselli forse guiderà un Partito Socialista autonomo, Pannella farà qualche sciopero della fame….. E se queste non sono novità, cosa sono?
E’ dal 1994 che le stesse facce governano alternativamente l’Italia con risultati disastrosi. Eppure hanno la faccia tosta di vestirsi di “novità”! Certo potremmo non votarli, ma come fare se il cittadino è stato espropriato del voto di preferenza (su questo sono tutti d’accordo, anche Casini che fa solo vento perché sa bene che le elezioni subito non comportano la preferenza).
L’altra novità è la passerella mediatica dei capipartito e dei loro delegati. Cosa avranno da dirci che già non ci hanno detto?
Un aspetto grave della politica italiana, caso unico al mondo, è la dittatura della gerontocrazia o la gerontocrazia al potere. Per i giovani d’oggi il futuro è dietro l’angolo ma l’angolo è lontano!
29 gennaio 2008
25 gennaio 2008
L’ALLOCUZIONE DI BENEDETTO XVI
E’ impossibile competere con l’immensa cultura del più grande teologo vivente che come acclarato è Papa Ratzinger, umiliato da “una laicità scomposta e radicalizzante (E.Galli della Loggia).
La sua allocuzione, che in milioni di copie ha ricoperto le università e le piazze d’Italia (non si è badato a pese!), merita alcune riflessioni.
Giornalisti di valore, molto superficialmente, hanno, certamente per necessità di sintesi, ridotto, mancando in tal modo di rispetto al Pontefice stesso, l’allocuzione ad una mera risposta ad una domanda retorica che lo stesso si è posta: “Che cosa deve fare o dire il Papa nell’università? Sicuramente non deve cercare d’imporre ad altri in modo autoritario la fede, che può essere solo donata in libertà”.
Ma il “professore emerito” Ratzinger così continua: “…è suo compito invitare sempre di nuovo la ragione a mettersi alla ricerca del vero, del bene, di Dio e, su questo cammino, sollecitarla a scorgere le utili luci sorte lungo la storia della fede cristiana e a percepire così Gesù Cristo come la luce che illumina la storia ed aiuta a trovare la via verso il futuro”.
Non penso che omettendo parte della conclusione dell’allocuzione, emerga lo stesso concetto di libertà nella ricerca della verità poco prima enfatizzato.
Il “professore” prima afferma che non è sua intenzione imporre la fede ma solo donarla, poi invita la ragione “a mettersi alla ricerca bel vero, del bene, di Dio”, quindi la sollecita a servirsi delle “utili luci sorte lungo la storia delle fedi cristiane, infine arriva il messaggio, quello vero, sfuggito alle grandi firme del giornalismo italiano: solo “Gesù Cristo…aiuta a trovare la via verso il futuro”.
Questo è il punto fondamentale del discorso papale che i commentatori hanno volutamente evitato, dal quale emerge quella “faziosità”, intrisa di presunzione culturale del solo detentore della verità, che docenti e studenti temevano.
Sul fatto che la ragione debba confidare in Dio “per trovare la via verso il futuro”, non si capisce come ciò possa accadere considerando che nel passato storico, anche prossimo, dell’umanità la Chiesa ha sempre ostacolato il progresso visto come un ostacolo.
E’ possibile dubitare per chi abbia una sufficiente conoscenza della storia della Chiesa delle “utili luci…” e confutare, quindi, l’affermazione di fondo.
Certamente nella storia della Chiesa ci sono stati, come ci sono, luci ed ombre, più le ombre, a partire dalle falsificazioni storiche accertate di documenti, proseguendo per le crociate (non solo contro gli “infedeli” ma anche contro gli stessi cristiani: crociata contro gli Albigesi), le persecuzioni contro gli Ebrei, trattati come fecero i Nazisti, la “Santa Inquisizione”, la colonizzazione delle Americhe e l’appoggio più o meno velato delle dittature di destra. E’ un discorso che interrompo perché richiederebbe molto inchiostro, ma sicuramente riprenderò.
Mi permetto, nella mia consapevole ignoranza, qualche altra riflessione.
Penso che non basta, in un discorso così alto, per dare valore alle proprie affermazioni, comunque contestabili, utilizzare prima Rawls e poi Socrate.
Rawls afferma, trasferendo in ambito politico la legge morale formale dell’imperativo categorico di Kant (“Agisci soltanto secondo quella massima che, al tempo stesso, puoi volere che divenga una legge universale”.), che solo così si può costruire una Ragione pubblica che antepone i valori politici alle dottrine comprensive (le filosofiche e le religiose). Nel chiedersi come si può pretendere che i sostenitori delle dottrine religiose accettino una politica ragionevole che sostenga un regime democratico ragionevole, risponde che anche i “cittadini di fede” dovrebbero diventare membri convinti di un società democratica, aderire, in altre parole, agli ideali e ai valori di quella società. Con ciò non si chiede ai “cittadini di fede” di rinunciare alla loro fede, ma alla pretesa di cambiare la costituzione nel nome della loro religione o di cambiare i nostri doveri di cittadini con lo scopo di assicurare il successo della loro dottrina. Conservare queste pretese è opporsi all’idea che tutti i cittadini liberi ed eguali possano avere eguali libertà fondamentali. Rawls afferma, inoltre, che una società democratica, unita, stabile e tollerante, si può realizzare attraverso l’affermazione di una politica condivisa da tutti i cittadini, ma indipendente dalle dottrine filosofiche, morali e religiose.
L’uomo “vuole verità”, afferma Il professor Ratzinger.
Sicuramente non una verità rivelata che dà solo certezze e deve essere accettata per fede, ma la verità cercata, quella cui l’uomo tende, dall’alba della storia, attraverso una ricerca comprensiva che coinvolga tutte le scienze.
Il dialogo di Socrate con Eutifrone possiamo sì vederlo come impulso alla nascita dell’università occidentale, come la via per la ricerca del vero, ma è certamente pretestuoso affermare che “nella domanda di Socrate (“Tu credi che fra gli dei esistano realmente una guerra vicendevole…Dobbiamo, Eutifrone, effettivamente dire che tutto ciò è vero?”) “i cristiani dei primi secoli hanno riconosciuto se stessi e il loro cammino” che “ hanno compreso (la loro fede) come il dissolvimento della nebbia della religione mitologica per far posto alla scoperta di quel Dio…”.
Tutto ciò viene dedotto da uno scritto che risale a 400 anni prima di cristo, con un discorso che è una forzatura intellettuale.
Abbagnano afferma che “la religiosità socratica non ha nulla a che fare con il Cristianesimo, di cui Socrate nella vecchia storiografia è ritenuto l’antesignano. Non si può parlare di cristianesimo se si prescinde dalla rivelazione; niente è più estraneo allo spirito di Socrate di un sapere che pretende di essere rivelazione divina”.
Resta, comunque, il fatto che l’”Eutifrone” è un dialogo sulla santità.
Non è corretto costruire un castello su basi determinate da speculazione. Mettere al servizio della propria ideologia Socrate o altre grandi personalità della cultura non porta merito, anzi rappresenta un approccio sbagliato al dialogo, salvo che per dialogo non s’intenda imporre la propria fede, grazie ad una supposta egemonia culturale e morale.
Un’altra forzatura, abilmente celata in una retorica robusta e furba, consiste nell’indicare la filosofia “partner autonomo della teologia e della fede in questa riflessa” che però “deve vedere i suoi limiti” e, quindi, non deve neppure chiudersi davanti a ciò che le religioni ed in particolare la fede cristiana hanno ricevuto e donato all’umanità come indicazione del cammino”.
Quanta santa umiltà, altro che metodo socratico per arrivare alla verità!
Dibattete, ricercate, illudetevi dell’autonomia della filosofia, perché la teologia (“riflesso della fede”) è l’unica scienza della verità.
Se la Chiesa accettasse il confronto si aprirebbero le porte di tante “Sapienza”!
La sua allocuzione, che in milioni di copie ha ricoperto le università e le piazze d’Italia (non si è badato a pese!), merita alcune riflessioni.
Giornalisti di valore, molto superficialmente, hanno, certamente per necessità di sintesi, ridotto, mancando in tal modo di rispetto al Pontefice stesso, l’allocuzione ad una mera risposta ad una domanda retorica che lo stesso si è posta: “Che cosa deve fare o dire il Papa nell’università? Sicuramente non deve cercare d’imporre ad altri in modo autoritario la fede, che può essere solo donata in libertà”.
Ma il “professore emerito” Ratzinger così continua: “…è suo compito invitare sempre di nuovo la ragione a mettersi alla ricerca del vero, del bene, di Dio e, su questo cammino, sollecitarla a scorgere le utili luci sorte lungo la storia della fede cristiana e a percepire così Gesù Cristo come la luce che illumina la storia ed aiuta a trovare la via verso il futuro”.
Non penso che omettendo parte della conclusione dell’allocuzione, emerga lo stesso concetto di libertà nella ricerca della verità poco prima enfatizzato.
Il “professore” prima afferma che non è sua intenzione imporre la fede ma solo donarla, poi invita la ragione “a mettersi alla ricerca bel vero, del bene, di Dio”, quindi la sollecita a servirsi delle “utili luci sorte lungo la storia delle fedi cristiane, infine arriva il messaggio, quello vero, sfuggito alle grandi firme del giornalismo italiano: solo “Gesù Cristo…aiuta a trovare la via verso il futuro”.
Questo è il punto fondamentale del discorso papale che i commentatori hanno volutamente evitato, dal quale emerge quella “faziosità”, intrisa di presunzione culturale del solo detentore della verità, che docenti e studenti temevano.
Sul fatto che la ragione debba confidare in Dio “per trovare la via verso il futuro”, non si capisce come ciò possa accadere considerando che nel passato storico, anche prossimo, dell’umanità la Chiesa ha sempre ostacolato il progresso visto come un ostacolo.
E’ possibile dubitare per chi abbia una sufficiente conoscenza della storia della Chiesa delle “utili luci…” e confutare, quindi, l’affermazione di fondo.
Certamente nella storia della Chiesa ci sono stati, come ci sono, luci ed ombre, più le ombre, a partire dalle falsificazioni storiche accertate di documenti, proseguendo per le crociate (non solo contro gli “infedeli” ma anche contro gli stessi cristiani: crociata contro gli Albigesi), le persecuzioni contro gli Ebrei, trattati come fecero i Nazisti, la “Santa Inquisizione”, la colonizzazione delle Americhe e l’appoggio più o meno velato delle dittature di destra. E’ un discorso che interrompo perché richiederebbe molto inchiostro, ma sicuramente riprenderò.
Mi permetto, nella mia consapevole ignoranza, qualche altra riflessione.
Penso che non basta, in un discorso così alto, per dare valore alle proprie affermazioni, comunque contestabili, utilizzare prima Rawls e poi Socrate.
Rawls afferma, trasferendo in ambito politico la legge morale formale dell’imperativo categorico di Kant (“Agisci soltanto secondo quella massima che, al tempo stesso, puoi volere che divenga una legge universale”.), che solo così si può costruire una Ragione pubblica che antepone i valori politici alle dottrine comprensive (le filosofiche e le religiose). Nel chiedersi come si può pretendere che i sostenitori delle dottrine religiose accettino una politica ragionevole che sostenga un regime democratico ragionevole, risponde che anche i “cittadini di fede” dovrebbero diventare membri convinti di un società democratica, aderire, in altre parole, agli ideali e ai valori di quella società. Con ciò non si chiede ai “cittadini di fede” di rinunciare alla loro fede, ma alla pretesa di cambiare la costituzione nel nome della loro religione o di cambiare i nostri doveri di cittadini con lo scopo di assicurare il successo della loro dottrina. Conservare queste pretese è opporsi all’idea che tutti i cittadini liberi ed eguali possano avere eguali libertà fondamentali. Rawls afferma, inoltre, che una società democratica, unita, stabile e tollerante, si può realizzare attraverso l’affermazione di una politica condivisa da tutti i cittadini, ma indipendente dalle dottrine filosofiche, morali e religiose.
L’uomo “vuole verità”, afferma Il professor Ratzinger.
Sicuramente non una verità rivelata che dà solo certezze e deve essere accettata per fede, ma la verità cercata, quella cui l’uomo tende, dall’alba della storia, attraverso una ricerca comprensiva che coinvolga tutte le scienze.
Il dialogo di Socrate con Eutifrone possiamo sì vederlo come impulso alla nascita dell’università occidentale, come la via per la ricerca del vero, ma è certamente pretestuoso affermare che “nella domanda di Socrate (“Tu credi che fra gli dei esistano realmente una guerra vicendevole…Dobbiamo, Eutifrone, effettivamente dire che tutto ciò è vero?”) “i cristiani dei primi secoli hanno riconosciuto se stessi e il loro cammino” che “ hanno compreso (la loro fede) come il dissolvimento della nebbia della religione mitologica per far posto alla scoperta di quel Dio…”.
Tutto ciò viene dedotto da uno scritto che risale a 400 anni prima di cristo, con un discorso che è una forzatura intellettuale.
Abbagnano afferma che “la religiosità socratica non ha nulla a che fare con il Cristianesimo, di cui Socrate nella vecchia storiografia è ritenuto l’antesignano. Non si può parlare di cristianesimo se si prescinde dalla rivelazione; niente è più estraneo allo spirito di Socrate di un sapere che pretende di essere rivelazione divina”.
Resta, comunque, il fatto che l’”Eutifrone” è un dialogo sulla santità.
Non è corretto costruire un castello su basi determinate da speculazione. Mettere al servizio della propria ideologia Socrate o altre grandi personalità della cultura non porta merito, anzi rappresenta un approccio sbagliato al dialogo, salvo che per dialogo non s’intenda imporre la propria fede, grazie ad una supposta egemonia culturale e morale.
Un’altra forzatura, abilmente celata in una retorica robusta e furba, consiste nell’indicare la filosofia “partner autonomo della teologia e della fede in questa riflessa” che però “deve vedere i suoi limiti” e, quindi, non deve neppure chiudersi davanti a ciò che le religioni ed in particolare la fede cristiana hanno ricevuto e donato all’umanità come indicazione del cammino”.
Quanta santa umiltà, altro che metodo socratico per arrivare alla verità!
Dibattete, ricercate, illudetevi dell’autonomia della filosofia, perché la teologia (“riflesso della fede”) è l’unica scienza della verità.
Se la Chiesa accettasse il confronto si aprirebbero le porte di tante “Sapienza”!
CINQUE ANNI: IL SUCCESSO DELL’ONESTA’
La Sicilia.per solidarietà col suo presidente adotterà il sistema quinquegesimale (parola di nuovo conio): 0. 5,10,15…..
C’è chi si contenta di poco, e il presidente Cuffaro è soddisfatto della sentenza (siamo pur sempre al primo grado!): “Sono molto confortato da questa sentenza perché ho sempre saputo di non avere favorito la mafia e questa sentenza me ne dà atto”.
Confortato da un siciliano doc come l’on. Schifani (“…ora lavori tranquillo”), dal suo segretario di partito Cesa (“è stata esclusa ogni collusione con la mafia”) e dal presidente Casini (“Da sempre sappiamo che Cuffaro non è colluso con la mafia”), pomposamente dichiara: “…da domani mattina ricomincerò a lavorare per la Sicilia…”.
Solo il procuratore antimafia Grasso ha osato affermare che “rimane provato il favoreggiamento a singoli mafiosi, ma tutto questo non è stato ritenuto sufficiente a integrare l’aggravante…”.
A chi gli chiedeva se si sarebbe dimesso, rispondeva: “Certo che non mi dimetto perché devo rispondere al milione e seicentomila siciliani che mi hanno votato pur sapendomi indagato”.
Ma allora perché il presidente è stato prima indagato, poi giudicato e, quindi, condannato a Cinque anni di reclusione e all’interdizione perpetua dai pubblici servizi per favoreggiamento e rivelazione di segreto d’ufficio?
I misteri di una Magistratura che una volta è vista come persecutoria e un’altra come giusta!
Da questa vicenda emerge la sfrontatezza e l’arroganza (per chi ha seguito l’arringa dell’on. Schifani può ben rendersene conto) di una classe politica mediocre e giunta al punto del non ritorno, retta solo da una rete di garanzie legislative che hanno steso attorno al loro operato.
Mentre i cittadini comuni per le medesime colpe (mi riferisco non solo a quelle previste dai codici ma anche a comportamenti che ricevono la loro legalità da comportamenti che la morale comune da sempre condanna) vengono perseguiti e condannati, la “casta politica” sfugge, anzi, ne esce più forte. Si permette addirittura di esultare, di festeggiare per una condanna di continuare a governare una grande regione come è la Sicilia.
A cosa servono i distinguo di Dell’Utri (…il problema oggi è che questo governatore non governa…Una regione non si governa baciando tutti.) o di Micciché, plenipotenziario di FI e presidente dell’Assemblea (E’ il peggiore risultato per tutti. Non si può festeggiare una condanna che di fatto indebolisce l’immagine della Sicilia, la maggioranza e il governo”), se il loro partito vota, poi, la fiducia?
C’è chi si contenta di poco, e il presidente Cuffaro è soddisfatto della sentenza (siamo pur sempre al primo grado!): “Sono molto confortato da questa sentenza perché ho sempre saputo di non avere favorito la mafia e questa sentenza me ne dà atto”.
Confortato da un siciliano doc come l’on. Schifani (“…ora lavori tranquillo”), dal suo segretario di partito Cesa (“è stata esclusa ogni collusione con la mafia”) e dal presidente Casini (“Da sempre sappiamo che Cuffaro non è colluso con la mafia”), pomposamente dichiara: “…da domani mattina ricomincerò a lavorare per la Sicilia…”.
Solo il procuratore antimafia Grasso ha osato affermare che “rimane provato il favoreggiamento a singoli mafiosi, ma tutto questo non è stato ritenuto sufficiente a integrare l’aggravante…”.
A chi gli chiedeva se si sarebbe dimesso, rispondeva: “Certo che non mi dimetto perché devo rispondere al milione e seicentomila siciliani che mi hanno votato pur sapendomi indagato”.
Ma allora perché il presidente è stato prima indagato, poi giudicato e, quindi, condannato a Cinque anni di reclusione e all’interdizione perpetua dai pubblici servizi per favoreggiamento e rivelazione di segreto d’ufficio?
I misteri di una Magistratura che una volta è vista come persecutoria e un’altra come giusta!
Da questa vicenda emerge la sfrontatezza e l’arroganza (per chi ha seguito l’arringa dell’on. Schifani può ben rendersene conto) di una classe politica mediocre e giunta al punto del non ritorno, retta solo da una rete di garanzie legislative che hanno steso attorno al loro operato.
Mentre i cittadini comuni per le medesime colpe (mi riferisco non solo a quelle previste dai codici ma anche a comportamenti che ricevono la loro legalità da comportamenti che la morale comune da sempre condanna) vengono perseguiti e condannati, la “casta politica” sfugge, anzi, ne esce più forte. Si permette addirittura di esultare, di festeggiare per una condanna di continuare a governare una grande regione come è la Sicilia.
A cosa servono i distinguo di Dell’Utri (…il problema oggi è che questo governatore non governa…Una regione non si governa baciando tutti.) o di Micciché, plenipotenziario di FI e presidente dell’Assemblea (E’ il peggiore risultato per tutti. Non si può festeggiare una condanna che di fatto indebolisce l’immagine della Sicilia, la maggioranza e il governo”), se il loro partito vota, poi, la fiducia?
23 gennaio 2008
UN’OCCASIONE PER I LIBERALSOCIALISTI
L’appello ricolto da Nicola Cariglia al mondo laico-socialista, in un momento che anch’io reputo favorevole, potrebbe essere importante per rimettere assieme le diverse anime del socialismo e di quel mondo laico che oggi si sente tradito dal Partito Democratico.
Il tempo, in ogni modo, non ci è alleato, in quanto, se si voterà in primavera, saremmo più impreparati dei partiti già sulla piazza.
Abbiamo perso parecchio tempo in discussioni sterili che hanno distratto energie e persone. La Costituente socialista doveva darsi dei tempi più stretti e un progetto politico nuovo capace di attrarre gli elettori, non per quello che siamo stati, ma per quello che volevamo essere. Insomma dovevamo dare un messaggio forte su temi caratteristico per le famiglie che ci avrebbero visto come punto di riferimento. Oggi, più che mai dopo le pessime dimostrazioni date dal mondo politico, c’è bisogno di una novità dirompente che stacchi con la vecchia politica, che faccia della coerenza un punto fondante dell’azione politica.
Insomma, abbiamo la necessità come partito “nuovo” di avere delle specificità chiare che indichino un percorso e facciano da calamita.
Il laicismo, come difesa da ogni ingerenza sulle istituzioni repubblicane, la difesa dello stato di diritto nato dalla Costituzione nell’assoluto rispetto e nella separazione dei principi fondamentali su cui si fonda la democrazia, il diritto di ogni “persona” di vivere un’esistenza dignitosa dal punto di vista economico e sociale, questi dovrebbero essere i punti qualificanti del nuovo partito che nasca dalla Costituente.
Avere posizioni chiare su punti precisi ci farebbe uscire, come dice Cariglia, “dall’umiliante giorno per giorno e darsi una prospettiva per la quale molti giovani e meno giovani sarebbero disposti ad impegnarsi”.
Il tempo, in ogni modo, non ci è alleato, in quanto, se si voterà in primavera, saremmo più impreparati dei partiti già sulla piazza.
Abbiamo perso parecchio tempo in discussioni sterili che hanno distratto energie e persone. La Costituente socialista doveva darsi dei tempi più stretti e un progetto politico nuovo capace di attrarre gli elettori, non per quello che siamo stati, ma per quello che volevamo essere. Insomma dovevamo dare un messaggio forte su temi caratteristico per le famiglie che ci avrebbero visto come punto di riferimento. Oggi, più che mai dopo le pessime dimostrazioni date dal mondo politico, c’è bisogno di una novità dirompente che stacchi con la vecchia politica, che faccia della coerenza un punto fondante dell’azione politica.
Insomma, abbiamo la necessità come partito “nuovo” di avere delle specificità chiare che indichino un percorso e facciano da calamita.
Il laicismo, come difesa da ogni ingerenza sulle istituzioni repubblicane, la difesa dello stato di diritto nato dalla Costituzione nell’assoluto rispetto e nella separazione dei principi fondamentali su cui si fonda la democrazia, il diritto di ogni “persona” di vivere un’esistenza dignitosa dal punto di vista economico e sociale, questi dovrebbero essere i punti qualificanti del nuovo partito che nasca dalla Costituente.
Avere posizioni chiare su punti precisi ci farebbe uscire, come dice Cariglia, “dall’umiliante giorno per giorno e darsi una prospettiva per la quale molti giovani e meno giovani sarebbero disposti ad impegnarsi”.
22 gennaio 2008
MASTELLA LASCIA IL CENTROSINISTRA
Prima in una conferenza stampa e poi a “Porta a porta”, Mastella dichiara di uscire dalla maggioranza perché ritiene che “l’esperienza di questo centro sinistra è finita”. In altri momenti e con un peso numerico minore al senato, conoscendo l’uomo, non l’avrebbe fatto.E’ vero pure che in altri momenti avremmo emesso un sospiro di sollievo. Oggi, in considerazione della situazione contingente sia nazionale sia internazionale, con un’economia da risanare e le istituzioni da riformare, in primis la legge elettorale, non ha certamente arrecato benefico alcuno al Paese, anzi ha dimostrato di tenere solo al suo particulare. Forse è proprio per questo che lascia.
Le argomentazioni addotte, l’azione persecutoria della procura di Vibo e la mancata solidarietà del governo, sono mere giustificazioni. Come ex ministro della Giustizia avrebbe dovuto dare l’esempio e presentarsi davanti al giudice con la serenità di chi non ha niente da nascondere. Come uomo politico, capo di un partito di governo, sa che Prodi gli aveva espresso sollecita solidarietà tanto da non avere accettato le dimissioni e nell’assumere l’interim del ministero aveva auspicato “ un chiarimento forte che consenta a Mastella di riprendere con rinnovata e piena autorità il suo posto”. Come poteva la maggioranza approvare, dietro ricatto, “una mozione di totale condivisione di quanto detto dal ministro in aula” che era stata piuttosto offensivo e di forte delegittimazione di un’istituzione fondante della Repubblica?
L’ammissibilità del referendum con uno sbarramento che l’Udeur mai avrebbe raggiunto, la possibile nuova legge elettorale anch’essa con uno sbarramento alto, le dichiarazioni di Veltroni che il PD avrebbe corso da solo, hanno convinto Mastella a far cadere il governo e chiedere, visti i gravi problemi che attanagliano il Paese, l’immediato ricorso alle elezioni anticipate.
Il referendum non si farà, si voterà col porcellum che mi garantisce, la nuova legge elettorale la lasceremo fare a Berlusconi che, riconoscente, mi troverà un posto al sole, il campanile sopravvivrà per altri cinque anni e tutti…. a Ceppaloni vissero felici e contenti.
Le argomentazioni addotte, l’azione persecutoria della procura di Vibo e la mancata solidarietà del governo, sono mere giustificazioni. Come ex ministro della Giustizia avrebbe dovuto dare l’esempio e presentarsi davanti al giudice con la serenità di chi non ha niente da nascondere. Come uomo politico, capo di un partito di governo, sa che Prodi gli aveva espresso sollecita solidarietà tanto da non avere accettato le dimissioni e nell’assumere l’interim del ministero aveva auspicato “ un chiarimento forte che consenta a Mastella di riprendere con rinnovata e piena autorità il suo posto”. Come poteva la maggioranza approvare, dietro ricatto, “una mozione di totale condivisione di quanto detto dal ministro in aula” che era stata piuttosto offensivo e di forte delegittimazione di un’istituzione fondante della Repubblica?
L’ammissibilità del referendum con uno sbarramento che l’Udeur mai avrebbe raggiunto, la possibile nuova legge elettorale anch’essa con uno sbarramento alto, le dichiarazioni di Veltroni che il PD avrebbe corso da solo, hanno convinto Mastella a far cadere il governo e chiedere, visti i gravi problemi che attanagliano il Paese, l’immediato ricorso alle elezioni anticipate.
Il referendum non si farà, si voterà col porcellum che mi garantisce, la nuova legge elettorale la lasceremo fare a Berlusconi che, riconoscente, mi troverà un posto al sole, il campanile sopravvivrà per altri cinque anni e tutti…. a Ceppaloni vissero felici e contenti.
20 gennaio 2008
L’IMAM RUINI
Oggi, l’Imam Cardinal Ruini potrà contare i soldati della Chiesa schierati in Piazza San Pietro all’Angelus e tutti gli altri sparsi in tutte le piazze d’Italia davanti ai maxi-schermi, come se stessero assistendo ad una partita di calcio e non ad una manifestazione politica, perché di questo si tratta.
Saranno presenti i politici teo-com, sparsi con molta perspicacia in tutti gli schieramenti a dimostrazione che il parlamento italiano, nella sua pochezza culturale e politica, altro non è che l’emanazione del papa-re. Essi, abituati ai sotterfugi del Palazzo, pensano di strumentalizzare l’evento “pro domo sua”. Ma non sanno che l’Imam Ruini sorride sornione. Pensano di essere in piazza come graduati, invece sono considerati questuanti di sacrestia. Già si sbracciano nel loro servilismo con dichiarazioni forti, da crociata, come la senatrice Binetti: “I teo-com. sono il braccio armato della chiesa”.Altri pensano che non bisogna fermarsi alla sola presenza all’Angelus, ma proseguire con atti concreti, forse pensando alla 194 o ai Dico o al testamento biologico.
Il cardinale Ruini dal suo canto non disdegna di alimentare il fuoco della contrapposizione. Così in un’intervista, rilasciato ad A.Cazzullo (Corriere del 17 scorso) dichiara che “la Chiesa non ha responsabilità per le divisioni. Ritengo che abbiamo detto solo quello che dovevamo dire, che potevamo non dire. Qualche volta non abbiamo detto tutto quello che potevamo e forse dovevamo”. Ma lo schiaffo più pesante la riserva al governo: “Alcune solidarietà sarebbero state più significative se fossero state più tempestive. Da parte di alcuni si è atteso troppo. Sono intervenuti dopo che il triste episodio si era consumato”.
E poi accusiamo l’Islam di fondamentalismo!
Come si deve chiamare il fenomeno che viviamo in Italia, in cui la vita sociale e politica, ma anche quella privata, viene condizionata dalla presenza invasiva di una dottrina che non sempre ha dato, nel corso dei secoli, un’immagine limpida?
Che dire dell’atteggiamento del cardinale Ruini che, novello Pietro l’Eremita, chiama alla guerra santa, invece di rasserenare gli animi, visto che dichiara che “la Chiesa è la voce di pace e di conciliazione”.
Saranno presenti i politici teo-com, sparsi con molta perspicacia in tutti gli schieramenti a dimostrazione che il parlamento italiano, nella sua pochezza culturale e politica, altro non è che l’emanazione del papa-re. Essi, abituati ai sotterfugi del Palazzo, pensano di strumentalizzare l’evento “pro domo sua”. Ma non sanno che l’Imam Ruini sorride sornione. Pensano di essere in piazza come graduati, invece sono considerati questuanti di sacrestia. Già si sbracciano nel loro servilismo con dichiarazioni forti, da crociata, come la senatrice Binetti: “I teo-com. sono il braccio armato della chiesa”.Altri pensano che non bisogna fermarsi alla sola presenza all’Angelus, ma proseguire con atti concreti, forse pensando alla 194 o ai Dico o al testamento biologico.
Il cardinale Ruini dal suo canto non disdegna di alimentare il fuoco della contrapposizione. Così in un’intervista, rilasciato ad A.Cazzullo (Corriere del 17 scorso) dichiara che “la Chiesa non ha responsabilità per le divisioni. Ritengo che abbiamo detto solo quello che dovevamo dire, che potevamo non dire. Qualche volta non abbiamo detto tutto quello che potevamo e forse dovevamo”. Ma lo schiaffo più pesante la riserva al governo: “Alcune solidarietà sarebbero state più significative se fossero state più tempestive. Da parte di alcuni si è atteso troppo. Sono intervenuti dopo che il triste episodio si era consumato”.
E poi accusiamo l’Islam di fondamentalismo!
Come si deve chiamare il fenomeno che viviamo in Italia, in cui la vita sociale e politica, ma anche quella privata, viene condizionata dalla presenza invasiva di una dottrina che non sempre ha dato, nel corso dei secoli, un’immagine limpida?
Che dire dell’atteggiamento del cardinale Ruini che, novello Pietro l’Eremita, chiama alla guerra santa, invece di rasserenare gli animi, visto che dichiara che “la Chiesa è la voce di pace e di conciliazione”.
18 gennaio 2008
IL CAMPANILE DETTA CONDIZIONI ovvero RICATTA
E’ mortificante parlare ancora del campanile e di Mastella o del campanile di Mastella.
Sembra che si sia guidati da preconcetti, ma la verità è che l’arroganza di questo “drappello” di parlamentari non fa che alimentare un giudizio negativo su comportamenti che una classe politica, anche se ingiustamente colpita, non dovrebbe avere. In fondo, come lo stesso cavaliere ha riconosciuto, Mastella non ha fatto altro che seguire, anche se in ritardo di quattordici anni, il suo esempio. Il fenomeno di sparare al giudice purtroppo si va sempre più diffondendo. Si calpestano le istituzioni e si usa il ricatto più becero per meri fini di bottega. E’, se si può dire, una valanga senza ritegno. La sera andiamo a letto attoniti, mentre la notte ci perseguita l’incubo del giorno dopo.
Quando ho letto la sgrammatica (se si voterà lunedì, avrebbe dovuto usare il futuro: voterà, non ci saranno, non si conteranno; ma il senso è stato chiaro.) dichiarazione ricattatoria di Fabris, il capogruppo del campanile, mi sono vergognato per lui.
A Mastella e al suo gruppo non sono bastate le riprovevoli parole di Prodi che, nell’assumere l’interim del ministero della Giustizia, così si esprime: “…dalla Magistratura possa, nei tempi più rapidi possibili, giungere un chiarimento forte che consenta a Mastella di riprendere con rinnovata e piena autorità il suo posto di ministro della Giustizia”. In che Paese viviamo!
Con chi sta il presidente del Consiglio? Nemmeno la tenuta del governo giustifica tali parole, lesive dell’intero Parlamento. Ha perfettamente ragione il ministro Di Pietro quando chiede a Prodi di voler conoscere con chi sta l’esecutivo.
Il ricatto, certamente per evitare incomprensioni, è fin troppo chiaro: “Se l’Unione non vota lunedì una mozione di totale condivisione con quanto detto dal ministro Mastella in aula, e cioè una formula del tipo ascoltata la relazione del governo la si approva, non c’è più la maggioranza non solo numerica ma politica. I nostri voti non si contano più”.
Se una tale mozione ci dovesse essere (è da pazzi solo a pensare a un simile degrado), l’Unione dovrebbe rigettarla in blocco. Sarebbe un segnale forte al Paese e un monito a quanti fanno delle istituzioni il proprio orticello.
Sembra che si sia guidati da preconcetti, ma la verità è che l’arroganza di questo “drappello” di parlamentari non fa che alimentare un giudizio negativo su comportamenti che una classe politica, anche se ingiustamente colpita, non dovrebbe avere. In fondo, come lo stesso cavaliere ha riconosciuto, Mastella non ha fatto altro che seguire, anche se in ritardo di quattordici anni, il suo esempio. Il fenomeno di sparare al giudice purtroppo si va sempre più diffondendo. Si calpestano le istituzioni e si usa il ricatto più becero per meri fini di bottega. E’, se si può dire, una valanga senza ritegno. La sera andiamo a letto attoniti, mentre la notte ci perseguita l’incubo del giorno dopo.
Quando ho letto la sgrammatica (se si voterà lunedì, avrebbe dovuto usare il futuro: voterà, non ci saranno, non si conteranno; ma il senso è stato chiaro.) dichiarazione ricattatoria di Fabris, il capogruppo del campanile, mi sono vergognato per lui.
A Mastella e al suo gruppo non sono bastate le riprovevoli parole di Prodi che, nell’assumere l’interim del ministero della Giustizia, così si esprime: “…dalla Magistratura possa, nei tempi più rapidi possibili, giungere un chiarimento forte che consenta a Mastella di riprendere con rinnovata e piena autorità il suo posto di ministro della Giustizia”. In che Paese viviamo!
Con chi sta il presidente del Consiglio? Nemmeno la tenuta del governo giustifica tali parole, lesive dell’intero Parlamento. Ha perfettamente ragione il ministro Di Pietro quando chiede a Prodi di voler conoscere con chi sta l’esecutivo.
Il ricatto, certamente per evitare incomprensioni, è fin troppo chiaro: “Se l’Unione non vota lunedì una mozione di totale condivisione con quanto detto dal ministro Mastella in aula, e cioè una formula del tipo ascoltata la relazione del governo la si approva, non c’è più la maggioranza non solo numerica ma politica. I nostri voti non si contano più”.
Se una tale mozione ci dovesse essere (è da pazzi solo a pensare a un simile degrado), l’Unione dovrebbe rigettarla in blocco. Sarebbe un segnale forte al Paese e un monito a quanti fanno delle istituzioni il proprio orticello.
17 gennaio 2008
MASTELLA E SIGNORA INQUISITI: LA SOLIDARIETA’ DELLA “CASTA”
Un intero partito, l’Udeur, è stato inquisito: non solo il ministro Mastella e la moglie, presidente del Consiglio della Regione Campania, ma anche il capogruppo, due assessori e il sindaco di Benevento, ventitre in totale, la maggior parte dei quali agli arresti..
La signora Mastella è agli arresti domiciliari, mentre al marito vengono contestate ben sette reati.
Il Ministro, al termine di un accorato e violento, nonché applaudito, intervento, ha dato le dimissioni che il premier Prodi si è premurato di respingere. Sapremo in breve, se “tra l’amore per la famiglia e il potere” sceglierà il primo. Intanto la signora Sandra ha dichiarato che non si dimetterà. Bene, vuol dire che dirigerà in video conferenza il Consiglio regionale!
Se è istintivo stare vicino all’uomo Mastella, è difficile esprimere solidarietà al politico Mastella che ha espresso giudizi inaccettabili, almeno in un Paese che non è il nostro, nei confronti di un’istituzione e di un suo rappresentante in particolare.
Le sue affermazioni, oltre a buttare fango e a delegittimare un’istituzione paritetica, la Costituzione è chiara a tal proposito, rappresentano, assieme agli applausi della “casta” il buio della Repubblica.
Sono dichiarazioni inaccettabili: “…devo prendere atto che …sono stato percepito da frange estremiste come un avversario da contrastare, se non un nemico da abbattere”; vede un “…tiro al bersaglio nei miei confronti, quasi una caccia all’uomo, un’autentica persecuzione”; “un’ingiustizia enorme è la fonte inquinata di un provvedimento perseguito con ostinazione da un procuratore che l’ordinamento giudiziario manda a casa per limiti di mandato e di questo mi addebita la colpa”. E’, inoltre, inqualificabile affermare che lo stesso procuratore “non ravvisa (colpa) nell’esercizio domestico delle sue funzioni per altre vicende che lambiscono i suoi stretti parenti e (quasi una minaccia) delle quali è bene che il CSM e altri (?) si occupino”.
Infine dichiara di dimettersi per riaprire “la questione delle intercettazioni a volte manipolate, a volte estrapolate ad arte…”. Aspettiamoci, quindi, nell’immediato una “moratoria” delle intercettazioni, almeno di quelle che sono invise al potere, a quella casta d’intoccabili che ha steso attorno a se una rete di garanzie legali che spesso ne determina l’impunità.
Ma la cosa più vergognosa è la solidarietà, con alcuni distinguo, bipartisan della casta, l’applauso complice, senza che alcuno di loro conoscesse le motivazioni dei provvedimenti. E’ bastato scagliarsi contro la magistratura.
Vale la pena elencare alcune dichiarazioni a caldo dei nostri intrepidi leaders politici:
- Berlusconi: “E’ successa una cosa di una gravità assoluta”.
- Schifani: “Film che conosciamo già.Con una tempistica più che sospetta la magistratura scende in campo per influenzare l’attività politica e legislativa”.
- Casini: “Siamo all’emergenza democratica: Questa giustizia ad orologeria è frutto non di una causalità ma di una concertazione”.
- Fini: “Una parte della magistratura agisce per ragioni esclusivamente politiche e personali”.
- Fabris: “ Siamo sconcertati e colpiti dalla tempistica”.
- Dini: “A volte la magistratura se la prende con le mogli e io ne so qualcosa…”.
- Mancino (vice presidente del CSM): “Esprimo umana solidarietà a Clemente Mastella e alla moglie e spero che la vicenda giudiziaria si possa chiarire al più presto.
Il ministro Di Pietro si allontana dal coro affermando che “Mastella ha fatto un discorso eversivo. Non può più fare il Guardasigilli se non ritratta quelle dichiarazioni”.
Altri esponenti del centro sinistra hanno espresso perplessità cercando di separare il discorso umano dal politico. Casson parla di “toni da abbassare”; il ministro Chiti butta acqua sul fuoco
perché “Mastella ha parlato di frange di giudici”; Finocchiaro invita a “scacciare il fantasma dello scontro tra politica e magistratura”. Di Lello è più duro in quanto afferma che “L’attacco generalizzato della magistratura ci riporta indietro di molti anni..Mastella si è lasciato andare, è difficile che possa tornare a fare il Guardasigilli”.
Questa squallida vicenda, che presumo essere solo all’inizio, rappresenta lo stato di decadimento delle istituzioni, in primis della politica, i cui esponenti si sentono al di sopra di tutti e di tutto pretendendo di controllare uno dei tre poteri fondanti di ogni democrazia che è la magistratura. Forse per ignoranza, forse per puro calcolo di potere la Repubblica sta vivendo uno dei periodi più oscurantisti della sua breve storia, che potrebbe condurre al disastro.
E’ infine deprimente l’affermazione della signora Mastella secondo cui “ci fanno pagare la nostra battaglia per vedere affermati i principi di moderazione e di tolleranza contro ogni fanatismo ed estremismo. Basta guardare alla vicenda del Papa per capire cosa avviene a noi cattolici”.
Il sasso è lanciato, qualcuno di sicuro lo raccoglierà!
La signora Mastella è agli arresti domiciliari, mentre al marito vengono contestate ben sette reati.
Il Ministro, al termine di un accorato e violento, nonché applaudito, intervento, ha dato le dimissioni che il premier Prodi si è premurato di respingere. Sapremo in breve, se “tra l’amore per la famiglia e il potere” sceglierà il primo. Intanto la signora Sandra ha dichiarato che non si dimetterà. Bene, vuol dire che dirigerà in video conferenza il Consiglio regionale!
Se è istintivo stare vicino all’uomo Mastella, è difficile esprimere solidarietà al politico Mastella che ha espresso giudizi inaccettabili, almeno in un Paese che non è il nostro, nei confronti di un’istituzione e di un suo rappresentante in particolare.
Le sue affermazioni, oltre a buttare fango e a delegittimare un’istituzione paritetica, la Costituzione è chiara a tal proposito, rappresentano, assieme agli applausi della “casta” il buio della Repubblica.
Sono dichiarazioni inaccettabili: “…devo prendere atto che …sono stato percepito da frange estremiste come un avversario da contrastare, se non un nemico da abbattere”; vede un “…tiro al bersaglio nei miei confronti, quasi una caccia all’uomo, un’autentica persecuzione”; “un’ingiustizia enorme è la fonte inquinata di un provvedimento perseguito con ostinazione da un procuratore che l’ordinamento giudiziario manda a casa per limiti di mandato e di questo mi addebita la colpa”. E’, inoltre, inqualificabile affermare che lo stesso procuratore “non ravvisa (colpa) nell’esercizio domestico delle sue funzioni per altre vicende che lambiscono i suoi stretti parenti e (quasi una minaccia) delle quali è bene che il CSM e altri (?) si occupino”.
Infine dichiara di dimettersi per riaprire “la questione delle intercettazioni a volte manipolate, a volte estrapolate ad arte…”. Aspettiamoci, quindi, nell’immediato una “moratoria” delle intercettazioni, almeno di quelle che sono invise al potere, a quella casta d’intoccabili che ha steso attorno a se una rete di garanzie legali che spesso ne determina l’impunità.
Ma la cosa più vergognosa è la solidarietà, con alcuni distinguo, bipartisan della casta, l’applauso complice, senza che alcuno di loro conoscesse le motivazioni dei provvedimenti. E’ bastato scagliarsi contro la magistratura.
Vale la pena elencare alcune dichiarazioni a caldo dei nostri intrepidi leaders politici:
- Berlusconi: “E’ successa una cosa di una gravità assoluta”.
- Schifani: “Film che conosciamo già.Con una tempistica più che sospetta la magistratura scende in campo per influenzare l’attività politica e legislativa”.
- Casini: “Siamo all’emergenza democratica: Questa giustizia ad orologeria è frutto non di una causalità ma di una concertazione”.
- Fini: “Una parte della magistratura agisce per ragioni esclusivamente politiche e personali”.
- Fabris: “ Siamo sconcertati e colpiti dalla tempistica”.
- Dini: “A volte la magistratura se la prende con le mogli e io ne so qualcosa…”.
- Mancino (vice presidente del CSM): “Esprimo umana solidarietà a Clemente Mastella e alla moglie e spero che la vicenda giudiziaria si possa chiarire al più presto.
Il ministro Di Pietro si allontana dal coro affermando che “Mastella ha fatto un discorso eversivo. Non può più fare il Guardasigilli se non ritratta quelle dichiarazioni”.
Altri esponenti del centro sinistra hanno espresso perplessità cercando di separare il discorso umano dal politico. Casson parla di “toni da abbassare”; il ministro Chiti butta acqua sul fuoco
perché “Mastella ha parlato di frange di giudici”; Finocchiaro invita a “scacciare il fantasma dello scontro tra politica e magistratura”. Di Lello è più duro in quanto afferma che “L’attacco generalizzato della magistratura ci riporta indietro di molti anni..Mastella si è lasciato andare, è difficile che possa tornare a fare il Guardasigilli”.
Questa squallida vicenda, che presumo essere solo all’inizio, rappresenta lo stato di decadimento delle istituzioni, in primis della politica, i cui esponenti si sentono al di sopra di tutti e di tutto pretendendo di controllare uno dei tre poteri fondanti di ogni democrazia che è la magistratura. Forse per ignoranza, forse per puro calcolo di potere la Repubblica sta vivendo uno dei periodi più oscurantisti della sua breve storia, che potrebbe condurre al disastro.
E’ infine deprimente l’affermazione della signora Mastella secondo cui “ci fanno pagare la nostra battaglia per vedere affermati i principi di moderazione e di tolleranza contro ogni fanatismo ed estremismo. Basta guardare alla vicenda del Papa per capire cosa avviene a noi cattolici”.
Il sasso è lanciato, qualcuno di sicuro lo raccoglierà!
13 gennaio 2008
LA MORATORIA PER L’ABORTO
Intervistato da Gianni Riotta, Ferrara a TV7 (11/01/08) ha dichiarato che a causa dell’aborto “mancano” 200.000 bambine ovvero, stando al suo appello, sono stati uccise “in nome di una schizofrenica e grottesca ideologia della salute della donna”.
Il direttore del Foglio dimentica di dirci quante donne mancano (e quante sono state rovinate per tutta la vita in cantine fatiscenti da “mammane” improvvisate) e quante bambine sono state uccise dalla fame e dalle malattie nei primi mesi di vita.
In verità dovrebbe, prima di pontificare che “con la donna in carne e ossa e con la sua speranza di salute e di salvezza non ha niente a che vedere”, spiegare a noi tutti, e alla donne in particolare, proprio per capire, da cosa derivano queste ermetiche e offensive affermazioni.
Ma, sprofondato nella sua poltrona, questo grande e borioso giornalista è abituato ad affermazioni paraboliche giustificate solo da convinzioni personali e come tali spesso soggettive: basta ricordare la campagna mediatica a favore della guerra in Iraq (con sicumera affermava che Saddam era in possesso di armi di sterminio di massa) e della giustezza di esportazione della democrazia o dell’Israele day…
La 194 è stata una legge di civiltà, che ha dato alla donna la dignità di essere umano consapevole, togliendola dal medioevo in cui secoli di violenze fisiche e morali (il direttore legga la letteratura relativa ai divieti della Chiesa Cattolica sul sesso) l’avevano relegata. E’ arrivata, quindi, la consapevolezza dell’essere donna e la maternità voluta e spesso cercata, tanto che, dall’entrata in vigore della 194, il numero degli aborti è drasticamente calato, contraddicendo l’assioma che l’avrebbe voluti in aumento. Ma, si sa, non sempre le speranze diventano realtà!
Il 6 scorso, a commento di un’indagine sul tema della moratoria, Mannheimer scriveva quanto segue sul “Corriere”: Sul piano dei principi v’è nel nostro Paese, in tutte le componenti sociali, politiche, religiose, un atteggiamento maggioritario favorevole all’aborto” e “il 57% degli italiani reputa opportuno lasciare la legge sull’aborto com’è ora”. E riguardo ai cattolici praticanti “la maggioranza relativa, il 45%, opta per mantenere lo status quo”.
Gli Italiani, molto spesso dimostrano di essere più avanti di molti uomini di cultura che, animati da spirito di onnipotenza, dimenticano di scendere tra i “miseri” cittadini che, nel bene e nel male, vivono la quotidianità con umiltà.
Il direttore del Foglio dimentica di dirci quante donne mancano (e quante sono state rovinate per tutta la vita in cantine fatiscenti da “mammane” improvvisate) e quante bambine sono state uccise dalla fame e dalle malattie nei primi mesi di vita.
In verità dovrebbe, prima di pontificare che “con la donna in carne e ossa e con la sua speranza di salute e di salvezza non ha niente a che vedere”, spiegare a noi tutti, e alla donne in particolare, proprio per capire, da cosa derivano queste ermetiche e offensive affermazioni.
Ma, sprofondato nella sua poltrona, questo grande e borioso giornalista è abituato ad affermazioni paraboliche giustificate solo da convinzioni personali e come tali spesso soggettive: basta ricordare la campagna mediatica a favore della guerra in Iraq (con sicumera affermava che Saddam era in possesso di armi di sterminio di massa) e della giustezza di esportazione della democrazia o dell’Israele day…
La 194 è stata una legge di civiltà, che ha dato alla donna la dignità di essere umano consapevole, togliendola dal medioevo in cui secoli di violenze fisiche e morali (il direttore legga la letteratura relativa ai divieti della Chiesa Cattolica sul sesso) l’avevano relegata. E’ arrivata, quindi, la consapevolezza dell’essere donna e la maternità voluta e spesso cercata, tanto che, dall’entrata in vigore della 194, il numero degli aborti è drasticamente calato, contraddicendo l’assioma che l’avrebbe voluti in aumento. Ma, si sa, non sempre le speranze diventano realtà!
Il 6 scorso, a commento di un’indagine sul tema della moratoria, Mannheimer scriveva quanto segue sul “Corriere”: Sul piano dei principi v’è nel nostro Paese, in tutte le componenti sociali, politiche, religiose, un atteggiamento maggioritario favorevole all’aborto” e “il 57% degli italiani reputa opportuno lasciare la legge sull’aborto com’è ora”. E riguardo ai cattolici praticanti “la maggioranza relativa, il 45%, opta per mantenere lo status quo”.
Gli Italiani, molto spesso dimostrano di essere più avanti di molti uomini di cultura che, animati da spirito di onnipotenza, dimenticano di scendere tra i “miseri” cittadini che, nel bene e nel male, vivono la quotidianità con umiltà.
10 gennaio 2008
DE GENNARO FARA’ QUELLO CHE I POITICI DOVEVANO
Finalmente sappiamo i nomi dei colpevoli del dramma campano. Semplice, anzi semplicissimo: sono i cittadini. Quelli che si sono ammalati di tumore, quelli che respirano diossina, quelli che mangiano prodotti diossinati (!), sono i bambini di Pianura e di Campagna, di Napoli e di Acerra, di Caserta e di Montecorvino che stanno in casa perché le scuole sono chiuse, sono gli anziani con problemi respiratori… Sono i campani insensibili che, nonostante l’emergenza, continuano a produrre rifiuti, sono i campani che da anni vedono alternarsi commissari straordinari coadiuvati da molti sub-commissari inefficienti e cialtroni, sono i campani che hanno rieletto Jervolino sindaco di Napoli e Bassolino presidente della regione, sono i campani che non si fidano più delle promesse, sono i campani che non vogliono più sul loro martoriato territorio spazzatura nociva, che vogliono discariche che non inquinano le falde e i terreni circostanti, sono i campani che non vogliono trovare diossina nei prodotti alimentari.
Sono i campani che vogliono conoscere i…correi…quelli che hanno ridotto il territorio una discarica ininterrotta, quelli che si sono arricchiti sulla loro salute.
Ma, statene certi, il dr De Gennaro già comandante della polizia (si dice inquisito per i fatti di Genova del 2001) e capo gabinetto del ministero degli interni saprà sicuramente ripristinare l’ordine pubblico, far sparire la spazzatura e, data la sua capacità investigativa e d’azione, eliminare la camorra o diminuirne i condizionamenti. Ridare, insomma, serenità e infondere fiducia nei cittadini!
Mentre il territorio campano veniva sempre più violentato che cosa facevano nei loro palazzi il sindaco di Napoli e suoi colleghi della regione, cosa faceva il presidente della Regione Bassolino? Non sentivano la puzza? O si erano già abituati? Cosa facevano i commissari del governo e i sub- commissari sicuramente in quota partiti?
E il governo perché ha aspettato così tanto prima d’intervenire. Se mai si troveranno i colpevoli (ma quando mai!) avremo la certezza della pena?
A queste domande i cittadini, non solo campani, vogliono che si risponda in maniera esaustiva.
Sono i campani che vogliono conoscere i…correi…quelli che hanno ridotto il territorio una discarica ininterrotta, quelli che si sono arricchiti sulla loro salute.
Ma, statene certi, il dr De Gennaro già comandante della polizia (si dice inquisito per i fatti di Genova del 2001) e capo gabinetto del ministero degli interni saprà sicuramente ripristinare l’ordine pubblico, far sparire la spazzatura e, data la sua capacità investigativa e d’azione, eliminare la camorra o diminuirne i condizionamenti. Ridare, insomma, serenità e infondere fiducia nei cittadini!
Mentre il territorio campano veniva sempre più violentato che cosa facevano nei loro palazzi il sindaco di Napoli e suoi colleghi della regione, cosa faceva il presidente della Regione Bassolino? Non sentivano la puzza? O si erano già abituati? Cosa facevano i commissari del governo e i sub- commissari sicuramente in quota partiti?
E il governo perché ha aspettato così tanto prima d’intervenire. Se mai si troveranno i colpevoli (ma quando mai!) avremo la certezza della pena?
A queste domande i cittadini, non solo campani, vogliono che si risponda in maniera esaustiva.
07 gennaio 2008
IL CAROPETROLIO E L’ITALIA
Dovremmo essere molto soddisfatti poiché un altro record è stato superato: il barile è oltre i cento dollari e, come afferma Chakib Khelil, presidente dell’OPEC, il prezzo del greggio rimarrà alto per i prossimi tre mesi.
I petrolieri nostrani gongolano, il governo si sfrega le mani, i commercianti ringraziano…i comuni mortali, cittadini a stipendio fisso e pensionati, si apprestano a fare un altro buco alla cintura, ovviamente per stringerla ancora.
Il nostro Presidente del Consiglio afferma che “dobbiamo capire che dobbiamo alleviare il peso per il consumatore”; ma subito dopo aggiunge che “non è con una politica fiscale sul singolo prodotto che lo si può fare, perché dobbiamo avere una politica di serio risparmio dell’energia”; e, infine, coinvolge l’Europa affermando che “dobbiamo avere finalmente una politica europea in questo campo”.
Si capisce, quindi, che le accise non diminuiranno, i petrolieri continueranno ad aumentare i prezzi e i profitti, seguiti a ruota dai “padroncini”, dai gestori della catena alimentare, dai commercianti. Insomma da tutte le categorie produttive e commerciali, sempre pronte ad approfittare anche di un leggero piovasco, figuriamoci quando c’è di mezzo il petrolio. Anche Prodi n’approfitta per incamerare un altro…tesoretto.
Non si capisce perché non si può alleviare” il peso per il consumatore” intervenendo su un singolo prodotto, quando sono stati tanti i singoli prodotti il cui incremento di prezzo è stato giustificato con l’allineamento all’Europa. E’ un mistero
Mistero è anche “la politica di serio risparmio energetico” che bisogna avere. Giusto, da applauso. Ma dov’è? Oltre ai gassificatori, a Putin piacendo, c’è solo il buio.
Anche l’Europa brancola nel buio ed è giusto un suo coinvolgimento. Ma oggi il richiamo ad una politica energetica europea suona più come un calcio al nostro problema che una chiara volontà di affrontarlo.
Nel 2004, non un decennio fa, il barile costava 50 dollari. Da allora, cause spesso momentanee, una possibile guerra, una rivolta destabilizzante o un guasto ad un pozzo, portavano ad un aumento, poi definitivo non tanto e non sempre del barile, quanto del prodotto finito.
I consumatori su questo fenomeno non hanno mai avuto una risposta chiara: i governi di centro destra o di centro sinistra non hanno mai avuto il coraggio d’intervenire. Solo grida manzoniane.
Quest’ultimo rincaro del barile viene spiegato con le tensioni politiche in Pakistan, la violenza in Nigeria, le intoccabili riserve USA, la forte domanda di India e di Cina e perfino la chiusura dei porti messicani per il cattivo tempo. E Prodi, quando parla di speculazioni ha verosimilmente ragione.
Ma le colpe dell’Europa e dell’Italia in particolare sono molto gravi in quanto non hanno approfondito lo sfruttamento di altre fonti di energia, specie nel campo dei trasporti, considerando l’alto numero di auto in circolazione e che gli scambi commerciali avvengono in massima parte su gomma.
E’ vero, altresì, che le compagnie più potenti al mondo, quelle con bilanci tali che possono determinare la politica di tanti stati, compresi gli USA, sono americane e non hanno mai gradito nessuno sviluppo positivo nel campo dell’energia. Monopolio assoluto e…guai ai vinti!
Per non parlare poi, ma è solo l’opinione di uno a digiuno di politica economica, della convenienza per gli USA, vista la differenza del cambio dollaro euro, che il prezzo del barile salga sempre di più..
Il momento dell’attesa è ormai finito, bisogna dare soluzione al problema, non dimenticarlo e farsi ritrovare ancora una volta impreparati. Se ciò accadesse, se i politici….sarebbe un miracolo!
I petrolieri nostrani gongolano, il governo si sfrega le mani, i commercianti ringraziano…i comuni mortali, cittadini a stipendio fisso e pensionati, si apprestano a fare un altro buco alla cintura, ovviamente per stringerla ancora.
Il nostro Presidente del Consiglio afferma che “dobbiamo capire che dobbiamo alleviare il peso per il consumatore”; ma subito dopo aggiunge che “non è con una politica fiscale sul singolo prodotto che lo si può fare, perché dobbiamo avere una politica di serio risparmio dell’energia”; e, infine, coinvolge l’Europa affermando che “dobbiamo avere finalmente una politica europea in questo campo”.
Si capisce, quindi, che le accise non diminuiranno, i petrolieri continueranno ad aumentare i prezzi e i profitti, seguiti a ruota dai “padroncini”, dai gestori della catena alimentare, dai commercianti. Insomma da tutte le categorie produttive e commerciali, sempre pronte ad approfittare anche di un leggero piovasco, figuriamoci quando c’è di mezzo il petrolio. Anche Prodi n’approfitta per incamerare un altro…tesoretto.
Non si capisce perché non si può alleviare” il peso per il consumatore” intervenendo su un singolo prodotto, quando sono stati tanti i singoli prodotti il cui incremento di prezzo è stato giustificato con l’allineamento all’Europa. E’ un mistero
Mistero è anche “la politica di serio risparmio energetico” che bisogna avere. Giusto, da applauso. Ma dov’è? Oltre ai gassificatori, a Putin piacendo, c’è solo il buio.
Anche l’Europa brancola nel buio ed è giusto un suo coinvolgimento. Ma oggi il richiamo ad una politica energetica europea suona più come un calcio al nostro problema che una chiara volontà di affrontarlo.
Nel 2004, non un decennio fa, il barile costava 50 dollari. Da allora, cause spesso momentanee, una possibile guerra, una rivolta destabilizzante o un guasto ad un pozzo, portavano ad un aumento, poi definitivo non tanto e non sempre del barile, quanto del prodotto finito.
I consumatori su questo fenomeno non hanno mai avuto una risposta chiara: i governi di centro destra o di centro sinistra non hanno mai avuto il coraggio d’intervenire. Solo grida manzoniane.
Quest’ultimo rincaro del barile viene spiegato con le tensioni politiche in Pakistan, la violenza in Nigeria, le intoccabili riserve USA, la forte domanda di India e di Cina e perfino la chiusura dei porti messicani per il cattivo tempo. E Prodi, quando parla di speculazioni ha verosimilmente ragione.
Ma le colpe dell’Europa e dell’Italia in particolare sono molto gravi in quanto non hanno approfondito lo sfruttamento di altre fonti di energia, specie nel campo dei trasporti, considerando l’alto numero di auto in circolazione e che gli scambi commerciali avvengono in massima parte su gomma.
E’ vero, altresì, che le compagnie più potenti al mondo, quelle con bilanci tali che possono determinare la politica di tanti stati, compresi gli USA, sono americane e non hanno mai gradito nessuno sviluppo positivo nel campo dell’energia. Monopolio assoluto e…guai ai vinti!
Per non parlare poi, ma è solo l’opinione di uno a digiuno di politica economica, della convenienza per gli USA, vista la differenza del cambio dollaro euro, che il prezzo del barile salga sempre di più..
Il momento dell’attesa è ormai finito, bisogna dare soluzione al problema, non dimenticarlo e farsi ritrovare ancora una volta impreparati. Se ciò accadesse, se i politici….sarebbe un miracolo!
04 gennaio 2008
LA “MONNEZZA”…e le stelle stanno a guardare
Il titolo del celebre romanzo di Cronin mal si adatta al dramma ecologico della Regione Campania. Non si può parlare di stelle, men che meno splendenti, ma almeno il numero dei protagonisti, quelli che oggi si distinguono per la loquacità eccessiva, è identico: tre protagonisti tre, il sindaco di Napoli (dal 2001, al secondo mandato) Rosa Russo Jervolino, il presidente della Regione Campania (dal 2000 e al secondo mandato, già sindaco di Napoli dal 1993 al 2000, già commissario straordinario dal 2000 al 2004) Antonio Bassolino e il Prefetto di Napoli Alessandro Pansa il quale dal 7 Luglio al 31 Dicembre 2007 ha svolto la funzione di commissario per l’emergenza rifiuti.
Ognuno esprime alla stampa le proprie certezze lasciando ad altri (a chi?) le responsabilità. Loro che hanno ricoperto e ricoprono i più alti incarichi istituzionali locali. Mostrano per intero la loro incapacità ad agire e a governare poiché ancora non hanno capito che è giunto il tempo di decidere, è improcrastinabile: la Campania è come un malato terminale che spera nel miracolo della scienza ma bisogna fare in fretta.
Le dichiarazioni dimostrano che la malattia sarà lunga e i medici saranno sempre gli stessi.
Alessandro Pansa: “Abbiamo riaperto Pianura senza incidenti anche se alcuni avrebbero voluto o scontro (…) C’è mancanza di fiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni, a causa di anni d’inganni, soprusi e insoddisfazioni. Quando non funziona la mediazione politica, le difficoltà aumentano”.
Rosa Russo Jervolino: “Sono preoccupata. Non è giusto che continuino a pagare i più deboli. Hanno avuto la discarica lì per 40 anni (…). Sono stati spesi due miliardi, ma chi li ha visti? La responsabilità degli sprechi è dei vari commissari che si sono succeduti in questi anni. Pansa ha avuto da noi, tutti gli aiuti possibili (…). Ma ora si torna ad infierire su una zona che ha già sofferto. Resto contraria a questa scelta. Ma il Consiglio comunale è un pezzo di Stato e io non organizzo la rivoluzione. Però ho sentito da Pansa dichiarazioni incomprensibili sul fatto che qualcuno si sarebbe augurato degli scontri a Pianura. Come si permette di dirlo? (…) Sono dichiarazioni da fine del mondo per un prefetto della Repubblica… La discarica è aperta? Bene, voglio sapere come la si utilizza, per quanto tempo, con quali garanzie per la popolazione”.
Antonio Bassolino: “ La nuova fase di crisi, scriveva qualche giorno addietro, è il risultato del perdurare dei particolarismi. (…) come Regione lavoriamo al fianco del commissariato”, e giudichiamo la riapertura della discarica di Pianura, “un passo fondamentale, anche se doloroso”.
Ognuno tragga le conclusioni che ritiene opportune. Ma il decadimento culturale e politico è chiaro.
Sembrava che le tre scimmiotte fossero prerogative siciliane, ma tutto il mondo è paese e i nostri politici fanno presto a adeguarsi.
E’ facile chiedere le dimissioni, è più difficile chiedere conto e ragione del crimine ambientale.
Ognuno esprime alla stampa le proprie certezze lasciando ad altri (a chi?) le responsabilità. Loro che hanno ricoperto e ricoprono i più alti incarichi istituzionali locali. Mostrano per intero la loro incapacità ad agire e a governare poiché ancora non hanno capito che è giunto il tempo di decidere, è improcrastinabile: la Campania è come un malato terminale che spera nel miracolo della scienza ma bisogna fare in fretta.
Le dichiarazioni dimostrano che la malattia sarà lunga e i medici saranno sempre gli stessi.
Alessandro Pansa: “Abbiamo riaperto Pianura senza incidenti anche se alcuni avrebbero voluto o scontro (…) C’è mancanza di fiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni, a causa di anni d’inganni, soprusi e insoddisfazioni. Quando non funziona la mediazione politica, le difficoltà aumentano”.
Rosa Russo Jervolino: “Sono preoccupata. Non è giusto che continuino a pagare i più deboli. Hanno avuto la discarica lì per 40 anni (…). Sono stati spesi due miliardi, ma chi li ha visti? La responsabilità degli sprechi è dei vari commissari che si sono succeduti in questi anni. Pansa ha avuto da noi, tutti gli aiuti possibili (…). Ma ora si torna ad infierire su una zona che ha già sofferto. Resto contraria a questa scelta. Ma il Consiglio comunale è un pezzo di Stato e io non organizzo la rivoluzione. Però ho sentito da Pansa dichiarazioni incomprensibili sul fatto che qualcuno si sarebbe augurato degli scontri a Pianura. Come si permette di dirlo? (…) Sono dichiarazioni da fine del mondo per un prefetto della Repubblica… La discarica è aperta? Bene, voglio sapere come la si utilizza, per quanto tempo, con quali garanzie per la popolazione”.
Antonio Bassolino: “ La nuova fase di crisi, scriveva qualche giorno addietro, è il risultato del perdurare dei particolarismi. (…) come Regione lavoriamo al fianco del commissariato”, e giudichiamo la riapertura della discarica di Pianura, “un passo fondamentale, anche se doloroso”.
Ognuno tragga le conclusioni che ritiene opportune. Ma il decadimento culturale e politico è chiaro.
Sembrava che le tre scimmiotte fossero prerogative siciliane, ma tutto il mondo è paese e i nostri politici fanno presto a adeguarsi.
E’ facile chiedere le dimissioni, è più difficile chiedere conto e ragione del crimine ambientale.
03 gennaio 2008
LA “MONNEZZA”IN CAMPANIA, UNA EMERGENZA INFINITA
I rifiuti in Campania ormai fanno parte del paesaggio, anzi sono il paesaggio, altro che Vesuvio.
L’inizio della storia si perde nel sonno della Repubblica. E’ stato il Presidente del Consiglio Ciampi a nominare il prefetto di Napoli (ordinanza dell’11 Febbraio 1994), primo commissario straordinario per l’emergenza rifiuti in Campania. Da allora niente sembra sia cambiato, nonostante siano stati sprecati, come ci dice Sergio Rizzo, ben 2 miliardi di euro. L’emergenza è diventata fisiologica e i rischi per la salute sono elevatissimi dato l’odierno disastro ambientale (la diossina è ormai entrata nella catena alimentare). Di termovalorizzatori o d’impianti di smaltimento moderni e innocui per l’ambiente nemmeno l’ombra.
Ma di chi è la colpa di tale disastro? Come al solito è difficile provare
Rosa Russo Jervolino, sindaco di Napoli dal 2001, dopo aver considerata chiusa l’emergenza a Napoli (20 Maggio 2007), inaugura così l’anno: “Sull’emergenza il Comuine di Napoli non ha alcuna responsabilità e nessuna competenza. Spetta al commissario di governo trovare le soluzioni”.
Antonio Bassolino (presidente della Regione Campania dal 2000, sindaco di Napoli dal 1993 al 2000, commissario straordinario emergenza rifiuti dal 2000 al 2004) nel 2005 dichiara: “Quando sono arrivato in Regione il piano rifiuti c’era già. A decidere non sono stato io (ma, allora, perché era stato nominato commissario, meglio, perché ha accettato l’incarico?). Tutte le scelte più importanti erano state già fatte”. Oggi, è stato rinviato a giudizio perché, afferma il procuratore Giovandomenico Lepore, “se fosse intervenuto quando doveva farlo, l’emergenza rifiuti non sarebbe arrivata al punto in cui è ora”. Sono indagati anche i dirigenti della Impresilo, Piergiorgio e Paolo Romiti, il vicecommissario Raffaele Vanoli e il subcommissario Giulio Facchi.
In Italia nessuno è colpevole fino a sentenza definitiva, ma la giustizia è così lenta che i processi verso i presunti colpevoli difficilmente si concludono o si protraggono fino alle calende greche.
Ah, se il signor Ministro della Giustizia, abbreviasse i tempi di giudizio con un’adeguata riforma!
La cosa strana e per qualche verso paradossale (l’attuale prefetto di Napoli è stato commissario straordinario) è che è iniziato il solito gioco a nascondino: ognuno nasconde le proprie responsabilità e le passa ad altri. Hanno giocato con la salute dei cittadini, compromettendo l’ambiente e macchiandosi del delitto più efferato perché colpisce in maniera indiscriminata tutti e in maniera subdola.
Camorra, politica, finanza…il solito triangolo o cerchio che sia.
E’ possibile che non si riesce a conoscere i colpevoli? Ma se nessuno è colpevole, come sono stati utilizzati i due miliardi? Se i commissari che si sono avvicendati hanno agito secondo legge e secondo coscienza, la colpa, allora, è dei campani che li hanno boicottati…che provano piacere a farsi del male…che godono a stare in mezzo alla “mondezza”…
Se ogni effetto dipende da una causa, e il disastro ambientale (effetto) è davanti agli occhi di noi tutti, la causa dovrebbe essere chiara anch’essa, o no?
A queste domande il cittadino vorrebbe risposte certe e immediate…cari politici.
L’inizio della storia si perde nel sonno della Repubblica. E’ stato il Presidente del Consiglio Ciampi a nominare il prefetto di Napoli (ordinanza dell’11 Febbraio 1994), primo commissario straordinario per l’emergenza rifiuti in Campania. Da allora niente sembra sia cambiato, nonostante siano stati sprecati, come ci dice Sergio Rizzo, ben 2 miliardi di euro. L’emergenza è diventata fisiologica e i rischi per la salute sono elevatissimi dato l’odierno disastro ambientale (la diossina è ormai entrata nella catena alimentare). Di termovalorizzatori o d’impianti di smaltimento moderni e innocui per l’ambiente nemmeno l’ombra.
Ma di chi è la colpa di tale disastro? Come al solito è difficile provare
Rosa Russo Jervolino, sindaco di Napoli dal 2001, dopo aver considerata chiusa l’emergenza a Napoli (20 Maggio 2007), inaugura così l’anno: “Sull’emergenza il Comuine di Napoli non ha alcuna responsabilità e nessuna competenza. Spetta al commissario di governo trovare le soluzioni”.
Antonio Bassolino (presidente della Regione Campania dal 2000, sindaco di Napoli dal 1993 al 2000, commissario straordinario emergenza rifiuti dal 2000 al 2004) nel 2005 dichiara: “Quando sono arrivato in Regione il piano rifiuti c’era già. A decidere non sono stato io (ma, allora, perché era stato nominato commissario, meglio, perché ha accettato l’incarico?). Tutte le scelte più importanti erano state già fatte”. Oggi, è stato rinviato a giudizio perché, afferma il procuratore Giovandomenico Lepore, “se fosse intervenuto quando doveva farlo, l’emergenza rifiuti non sarebbe arrivata al punto in cui è ora”. Sono indagati anche i dirigenti della Impresilo, Piergiorgio e Paolo Romiti, il vicecommissario Raffaele Vanoli e il subcommissario Giulio Facchi.
In Italia nessuno è colpevole fino a sentenza definitiva, ma la giustizia è così lenta che i processi verso i presunti colpevoli difficilmente si concludono o si protraggono fino alle calende greche.
Ah, se il signor Ministro della Giustizia, abbreviasse i tempi di giudizio con un’adeguata riforma!
La cosa strana e per qualche verso paradossale (l’attuale prefetto di Napoli è stato commissario straordinario) è che è iniziato il solito gioco a nascondino: ognuno nasconde le proprie responsabilità e le passa ad altri. Hanno giocato con la salute dei cittadini, compromettendo l’ambiente e macchiandosi del delitto più efferato perché colpisce in maniera indiscriminata tutti e in maniera subdola.
Camorra, politica, finanza…il solito triangolo o cerchio che sia.
E’ possibile che non si riesce a conoscere i colpevoli? Ma se nessuno è colpevole, come sono stati utilizzati i due miliardi? Se i commissari che si sono avvicendati hanno agito secondo legge e secondo coscienza, la colpa, allora, è dei campani che li hanno boicottati…che provano piacere a farsi del male…che godono a stare in mezzo alla “mondezza”…
Se ogni effetto dipende da una causa, e il disastro ambientale (effetto) è davanti agli occhi di noi tutti, la causa dovrebbe essere chiara anch’essa, o no?
A queste domande il cittadino vorrebbe risposte certe e immediate…cari politici.
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