Il primo atto concreto del governo Prodi, decreto sulle liberalizzazioni, è volto a favorire la…lobby dei cittadini. Cittadini sono anche tutti coloro che, toccati dal decreto nei privilegi, già protestano e quanti per pura convenienza politico-elettorale soffiano sul fuoco della polemica con argomenti estremi e non giustificabili.
Esaminando il provvedimento dalla parte del cittadino- utente, non si può che affermarne la validità.
Finalmente , a sessant’anni dalla caduta del regime fascista, un governo repubblicano (pieno zeppo di comunisti,anche estremi…) fa sul serio in merito alle liberalizzazioni dichiarando guerra a monopoli, oligopoli pubblici o privati, e alle tanti lobby che impongono ai cittadini tariffe e prezzi senza giustificazioni di una certa validità e che ostacolano con regole vessatorie il libero esercizio di arti e mestieri.
Il decreto Bersani rappresenta un ariete contro le rendite corporative e un forte incentivo alla valorizzazione del mercato attraverso una vera e libera concorrenza.
Che protestino le categorie interessate ( tassisti, farmacisti, notai, avvocati, assicuratori, bancari, commercianti) è normale e accettabile, ma non si possono accettare le proteste di gran parte dell’opposizione politica né sui metodi né sui contenuti.
Florilegi di alcuni esponenti di spicco della CdL:
- l’on. Sacconi, già sottosegretario all’economia, afferma che si tratta di un provvedimento “segnato da odio sociale”;
- l’on. Fini, già ministro degli esteri e vice presidente del Consiglio, dichiara che “L’Italia ha bisogno di una politica di liberalizzazione ma è significativo che Prodi abbia iniziato dall’anello più debole della catena. E’ troppo semplice prendersela con tassisti e farmacisti…invece di prendersela con i grandi monopoli….”. Se l’on. Fini conviene sulla necessità di una politica di liberalizzazioni, allora dovrebbe dire ai suoi elettori e agli italiani perché non abbia posto il problema nella sua qualità di vice premier del governo Berlusconi. E’ troppo semplicistico, on. Fini, accusare Prodi di iniziare, come lei dice, dall’anello più debole, prendendosela con tassisti e farmacisti. Non so se i tassisti e i farmacisti rappresentino davvero l’anello più debole ma se ha individuato gli anelli più forti (energia, municipalizzate, poste, ENEL, ENI…) perché il governo, di cui è stato un alto rappresentante, non ha provveduto o almeno perché non ha tentato di iniziare a intervenire? Forse la discussione si è arenata sulla definizione di categorie deboli e categorie forti in merito alle eccezioni presentate dai numerosi principi del foro presenti nella CdL? O forse è stata la mancanza di quel “coraggio politico” che rimprovera a Prodi e che l’on. Fini non ha avuto? Una cosa è certa: la CdL non ha affrontato il problema!
- l’on. Biondi, presidente del Consiglio Nazionale di FI, afferma che non si può “mercificare la libera professione forense né snaturare, svilendola, la funzione di una professione fondata sul rapporto fiduciario tra professionista e cliente (colui che paga ma non mercifica.).”,
- l’on Bruno avvocato forzista, è convinto che “eliminando le tariffe minime qualche problema si può porre, a discapito della qualità.”;
- l’on. La Russa, avvocato aennino, pur ammettendo un certo(?) ritardo della CdL, vede nel provvedimento “una vendetta contro certe categorie accusate di aver votato per la destra.”;
- L’on. Bonaiuti, già portavoce del presidente del Consiglio, parla di “provvedimento solo all’apparenza scintillante, ma con scarsi effetti”
- L’on. Castelli, già ministro della giustizia, considera il decreto “una piccola vendetta”
- L’on:Storace, già ministro della sanità, parla di tassisti e farmacisti umiliati.
Non capisco (a tal proposito sarebbe opportuno che “lor signori” usassero un linguaggio più comprensibile per comunicare a noi illetterati le loro certezze) perché il provvedimento in questione svilerebbe la professione e men che mai capisco perché verrebbe a mancare il rapporto di fiducia tra professionista e cliente: io penso che il rapporto si rafforzerebbe in quanto la parcella verrebbe stabilita da un concorso delle parti in relazioni a parametri diverse dalle puree e semplice tariffe minime. Inoltre, non temo, come l’on. Bruno, che l’eliminazione delle tariffe minime vada a discapito della qualità. Sarebbe avvilente e…svlente: ho sempre pensato che la qualità fosse in relazione alla deontologia professionale (deontologia, dizionario Garzanti: complesso di norme etico-sociali che disciplinano l’esercizio di una data professione.).
Le considerazioni di Sacconi (odio sociale), di La Russa (vendetta…) e di Castelli (piccola vendetta) servono a infuocare il clima, a portare il problema non sul lato della giustezza e dell’opportunità (liberare i cittadini da lacci e pastoie) ma sul lato dello scontro frontale come la CdL ha sempre fatto.
Molti esponenti della CdL parlano di mancanza di concertazione. Ma quando il governo Berlusconi ha concertato? C’era un solo direttore d’orchestra e una sola orchestra!
I tassisti non vogliono l’aumento del numero delle licenze e contro il decreto hanno indetto l’11 Luglio uno sciopero nazionale e nel frattempo faranno ostruzionismo. Licenze bloccate, tariffe elevate, mediamente tra le più alte delle principali città europee, un regime di monopolio (prendere o andate a piedi…), guadagni soddisfacenti….Né le attese al telefono o le code all’aeroporto né l’incremento dell’occupazione (oggi ci sono pochi taxi in rapporto alla popolazione; altrove non è così) sembra intere4ssino loro. L’investimento sull’auto e la sua manutenzione altro non sono che le normali spese che ogni azienda (meccanico, falegname…) sostiene per stare sul mercato. Sicuramente fa paura la concorrenza.
Il presidente dell’Associazione panificatori A. Marinoni: “La riforma Prodi semina zizzania e raccoglie tempesta (stesso linguaggio minaccioso di troppi politici).” I panettieri sostengono che “aumenteranno a dismisura i panifici, si venderà meno pane e, per sopravvivere e garantire un prodotto di qualità saranno costretti ad aumentare i prezzi.” La qualità del pane e dei prodotti da forno non è legata al numero degli esercizi, ma alla loro onestà ed ai controlli delle autorità. E, diciamocelo francamente, non è possibile a Milano e provincia vendere il pane comune (la michetta) a circa 4 euro il chilo, è un sopruso, specie per pensionati e indigenti, per i quali spesso rappresenta l’unico alimento. Anche loro, quindi, hanno paura della concorrenza!
I farmacisti, infine, avversano il decreto con giustificazioni strumentali. Da anni in USA o in Gran Bretagna i centri commerciali vendono i farmaci da banco (si acquistano senza ricetta medica senza responsabilità alcuna del farmacista). Si afferma l’importanza della figura del farmacista come unico professionista autorizzato per legge (su questo non c’è niente da ridire) a dispensare il farmaco (mi risulta solamente i farmaci non-da-banco). Tutte le volte che mi sono recato in farmacia per acquistare una scatola di aspirina o di aulin, mai il farmacista mi ha chiesto perché stessi usando quel farmaco o per curare cosa. Qualche volta interviene per dirmi che il farmaco alternativo deve ordinarlo e non sa quando arriverà.
Il governo deve ora procedere lungo la strada tracciata, senza cedere elle lobby e ai difensori, dentro e fuori del Parlamento, accettando solo suggerimenti che ne migliorino l’efficacia.
La lobby del cittadino non è molto potente, come si conviene a qualsivoglia lobby, ma è molto numerosa e…vota. Sta con chi ne salvaguarda i diritti. Le corporazioni, retaggio di un oscuro medioevo, devono lasciare il passo alla libera iniziativa e alla vera concorrenza.Borsetto 05,07,
05 luglio 2006
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