L’art. 3 della Costituzione, comma primo, così recita: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.
La Camera mercoledì scorso ha approvato la legge della prescrizione breve, calpestando, a mio vedere, l’articolo citato.
Anche il vice direttore del “Giornale”, quotidiano della famiglia Berlusconi, Porro ha ammesso che si tratta di una legge ad personam, anche se ha addotto le solite osservazioni sui magistrati e la solita azione di difesa del Presidente del Consiglio (pdc).
I parlamentari e molti sodali del pdc giustificano la legge, considerandola la legittima reazione agli attacchi di una parte della magistratura, come un “diritto di difesa”.
La legge prevede per gli “incensurati” un accorciamento della prescrizione. In pratica, un incensurato, che commette lo stesso reato, nelle stesse condizioni e con lo stesso risultato di un recidivo, sarà premiato accorciando i tempi della prescrizione: un incoraggiamento a delinquere!
Berlusconi usufruirà della prescrizione ri-accorciata per il processo Mills che pur prescritto in cassazione, era stato condannato nei precedenti gradi di giudizio per essere stato corrotto, guarda caso, da Berlusconi.
A giustificazione di ciò ministri, sottosegretari e avvocati onorevoli, sostengono che il processo sarebbe stato lo stesso prescritto e farlo prima non cambia la sostanza delle cose. Non sono d’accordo. Intanto, come non si toglie la spina a un malato terminale prima che la morte non sopraggiunga naturalmente, allo stesso modo non si sancisce la morte di un processo per sopravvenuta prescrizione breve. Tra l’altro il processo, senza l’accorciamento dei tempi della prescrizione, arriverebbe almeno alla sentenza di primo grado che potrebbe liberare di ogni accusa il pdc, dando ai cittadini l’immagine di un pdc libero da colpe e vittima della magistratura rossa di Milano.
Il governo e la maggioranza che lo sostiene con l’approvazione di questa legge saranno responsabili della morte di migliaia di processi e le famiglie non avranno giustizia. È il caso della Clinica Santa Rita di Milano, del processo Cirio, del processo Fincantieri di Palermo, del processo Eternit, del processo Ilva di Taranto, del Rogo Thyssenkrupp di Torino, del crollo della Casa dello studente de L’Aquila, della strage di Viareggio o delle numerose morti sul lavoro …
Bravi, bravi per davvero! Per salvarne uno ‘ più eguale degli altri, non si dà giustizia ai cittadini con una legge che è con tutta evidenza anticostituzionale.
Per non parlare del comizio del pdc all’uscita dal Tribunale davanti al suo popolo. Un discorso che ha messo in tutta evidenza il conflitto tra le istituzioni, o per essere precisi il conflitto che il pdc ha scatenato contro la Magistratura. È stato un discorso eversivo o, se non lo è stato, che cos’è stato?
Un Paese democratico si fonda su regole certe (la Costituzione) e quello che si chiede ai politici è rispettarle per evitare l’anarchia e la decadenza istituzionale, tenendo presente che precipitare è sempre più facile che risalire.
Fare il presidente del consiglio è stata una scelta di Berlusconi, nessuno gliel’ha imposta e adeguarsi alle regole è la normalità del vivere politico, in quanto i politici, tutti in politici, devono avere un comportamento irreprensibile e servire da esempio. Io, convinto che nessuno è colpevole fino a sentenza definitiva, sarei soddisfatto e capirei la buona fede di Berlusconi, qualora approvata definitivamente la legge, rinunciasse della prescrizione breve.
Perché non lo fa, attraverso una pubblica dichiarazione e reti riunite?
15 aprile 2011
Strage breve (dal blog di : L. Telese, ilfattoquotidiano.it del 15/04/2011)
Ora anche il tempo delle stragi si è fatto breve. Da ieri, malgrado i giochi con calcolatrice del ministro Alfano, anche i cavilli di un processo con 32 vittime sono appesi ai destini del premier e alle sue strategie difensive. Che strano rito obliquo che si celebra in Parlamento: il tempo delle vite di tanti, contro il tempo dell’impunità di uno solo.
Che scambio feroce, ingiusto, inaccettabile. Ora ci sono storie che bisogna rincorrere tra il passato di una catastrofe ferroviaria e l’aula di un tribunale. Ora c’è la memoria della Strage di Viareggio che va recuperata perché quelle vittime non finiscano bruciate per la seconda volta, in un rogo di amnesia giudiziaria. Ora, davvero, c’è la voce ferma di Daniela Rombi, madre di Emanuela, che dice con un suono di piombo: “Non mi interessa nulla dei guai giudiziari di Berlusconi. Lo so che non siamo potenti. So che siamo gente semplice, stipendi da mille e cinquecento euro al mese, quelli che fanno fatica ad arrivare al 27. Eppure la mia vita, quella di mio marito, quella di venti famiglie sono state spente da una vampata, in una sera di giugno, due anni fa. A noi nessuno può insegnare niente. Nessuno può permettersi di dare rassicurazioni. Ci hanno tolto 32 vite, non possono toglierci il diritto a questo processo”.
Ora bisogna riavvolgere la bobina, solo per un attimo. ll 29 aprile del 2009 Sara Orsi e Emanuela Menichetti, giovanissime e temerarie, avevano fondato una agenzia immobiliare. C’erano l’università, i sogni e mille progetti di una ragazza di 24 anni e di una di 21, in quell’impresa. Mamma Daniela che gridava, divertita e preoccupata: “Ma che vi mettete a fare!?”. E il sorriso di due ragazze: “Se non ci proviamo a vent’anni, quando?’”. C’era il tempo che correva. E anche la morte, già in viaggio sui binari: un piccolo incidente di cui nessuno si era accorto tra Prato e Baiano: finché non c’è un cadavere, in questo paese, è sempre manutenzione ordinaria. La sera del 29 giugno Emanuela esce: “Vado da Sara!”. Serata calda, sedute sul letto a giocare a carte. A divertirsi e a fantasticare: studentesse-impresarie, sogni che corrono, affacciate su una ferrovia.
La telefonata arriva dall’ospedale, a notte fonda. “Signora, c’è stato un incidente. Sua figlia le vuole parlare”. Daniela rimane di pietra, ma la voce di Sara le attenua l’angoscia. Se la ricorda un po’ agitata, ma cristallina e squillante: “Mamma, c’è stato in incidente!!”. Non hai tempo di chiedere, dove: “Non ti preoccupare - aggiunge – non mi sono fatta nulla”. L’inganno di una voce cristallina in un corpo già carbonizzato. Ora Daniela sa che quelle sono state le ultime parole di sua figlia. Anche quella telefonata è diventata troppo breve, nel ricordo, come se una raffica di frasi concitate avesse tagliato la possibilità di un congedo. I genitori di Emanuela arrivarono al centro grandi traumi alle 4 del mattino, lei era già imbottita di morfina. Il suo corpo avrebbe resistito 42 giorni, 90 per cento di ustioni sul corpo. Sopravvissuta a due operazioni. A tre “bagni”. La voce di Daniela torna di piombo, in questa giornata con l’orecchio teso ai giochi aritmetici di Alfano: “Sa cosa vuol dire bagno? E’ come essere spellata viva”. Per salvare Emanuela, e le altre sei persone rimaste nel limbo del centro ustionati le hanno provate tutte. Coltivavano la pelle, ipotizzavano trapianti. L’ultima ad andarsene è stata Elisabeth Guadalupe Silva. Nelle foto è bellissima: una madre che lavora in Italia per mantenere le figlie in Equador. Anche sei mesi sono un tempo infinito, nell’agonia di un letto di ospedale. Anche sei mesi sono un battito d’ali, quando è tua madre che se ne va. Roberta Calzoni, invece, non ha fatto in tempo a sapere nulla di sua figlia. Le è sopravvissuta, grazie a un innesto cutaneo. Ma poi è morta nello stesso reparto. Ibitissam Ayad, 21 anni, ha perso il padre, la sorellina e il fratello. Che ha fatto in tempo a salvarsi, e a scegliere di tornare indietro, per provare a salvare la bimba, di 4 anni. Che gioco feroce, l’incastro di questi destini.
Per la maggior parte delle vittime della strage, il rito di commiato è stato brevissimo: tutti deceduti sotto le macerie delle palazzine di via Ponchielli, folgorate dalle fiamme come un mazzo di carte. Il Gpl non perdona: quando i superstiti entrarono nelle case, trovarono mura mangiate fino all’intonaco. C’erano ragazze, anziani, italiani, ecuadoregni, romeni, marocchini. Vite belle e pulite, vite di periferia, sogni coltivati la sera, addormentandosi con il metronomo sferragliante dei treni sulle rotaie. Non c’erano vip, o potenti, in quelle case lungo la ferrovia. Ora al banco degli imputati ci sono otto diverse società, una legione straniera di subappalti intricata come una foresta. C’erano Le ferrovie di Moretti, certo. Ma anche la ditta polacca che aveva costruito i vagoni, la Pkp la ditta milanese che aveva revisionato il primo vagone, quella tedesca che si era occupata degli altri dodici. Le cisterne del convoglio, tra cui quella da cui è fuggito il gas che ha innescato l’incendio, appartenevano alla multinazionale americana Gatx (ma recano l’insegna Kvg, una controllata austriaca). Sulla stessa tratta, a dicembre dello stesso anno, un automobilista vide prendere fuoco lo stesso treno: in questo paese il sangue non insegna davvero nulla. Ibitissam però ha avuto un figlio. Lo ha chiamato Mohamed Hamza. Come il padre, come il fratello. Ecco perchè Enrico Rossi, presidente della Regione Toscana non vuole scherzare: “Siamo andati davanti a Montecitorio per protestare. Per dire che se vogliono evitare ogni rischio basta che introducano il nostro emendamento. Quello che esclude le stragi dalla prescrizione breve. No dovrebbe essere difficile, no?”. Daniela Rombi prende un solo respiro: “Ci hanno tolto tutto il tempo di 32 vite. A questo processo non possono togliere un solo secondo”. L’hanno fatto.
Ora anche il tempo delle stragi si è fatto breve. Da ieri, malgrado i giochi con calcolatrice del ministro Alfano, anche i cavilli di un processo con 32 vittime sono appesi ai destini del premier e alle sue strategie difensive. Che strano rito obliquo che si celebra in Parlamento: il tempo delle vite di tanti, contro il tempo dell’impunità di uno solo.
Che scambio feroce, ingiusto, inaccettabile. Ora ci sono storie che bisogna rincorrere tra il passato di una catastrofe ferroviaria e l’aula di un tribunale. Ora c’è la memoria della Strage di Viareggio che va recuperata perché quelle vittime non finiscano bruciate per la seconda volta, in un rogo di amnesia giudiziaria. Ora, davvero, c’è la voce ferma di Daniela Rombi, madre di Emanuela, che dice con un suono di piombo: “Non mi interessa nulla dei guai giudiziari di Berlusconi. Lo so che non siamo potenti. So che siamo gente semplice, stipendi da mille e cinquecento euro al mese, quelli che fanno fatica ad arrivare al 27. Eppure la mia vita, quella di mio marito, quella di venti famiglie sono state spente da una vampata, in una sera di giugno, due anni fa. A noi nessuno può insegnare niente. Nessuno può permettersi di dare rassicurazioni. Ci hanno tolto 32 vite, non possono toglierci il diritto a questo processo”.
Ora bisogna riavvolgere la bobina, solo per un attimo. ll 29 aprile del 2009 Sara Orsi e Emanuela Menichetti, giovanissime e temerarie, avevano fondato una agenzia immobiliare. C’erano l’università, i sogni e mille progetti di una ragazza di 24 anni e di una di 21, in quell’impresa. Mamma Daniela che gridava, divertita e preoccupata: “Ma che vi mettete a fare!?”. E il sorriso di due ragazze: “Se non ci proviamo a vent’anni, quando?’”. C’era il tempo che correva. E anche la morte, già in viaggio sui binari: un piccolo incidente di cui nessuno si era accorto tra Prato e Baiano: finché non c’è un cadavere, in questo paese, è sempre manutenzione ordinaria. La sera del 29 giugno Emanuela esce: “Vado da Sara!”. Serata calda, sedute sul letto a giocare a carte. A divertirsi e a fantasticare: studentesse-impresarie, sogni che corrono, affacciate su una ferrovia.
La telefonata arriva dall’ospedale, a notte fonda. “Signora, c’è stato un incidente. Sua figlia le vuole parlare”. Daniela rimane di pietra, ma la voce di Sara le attenua l’angoscia. Se la ricorda un po’ agitata, ma cristallina e squillante: “Mamma, c’è stato in incidente!!”. Non hai tempo di chiedere, dove: “Non ti preoccupare - aggiunge – non mi sono fatta nulla”. L’inganno di una voce cristallina in un corpo già carbonizzato. Ora Daniela sa che quelle sono state le ultime parole di sua figlia. Anche quella telefonata è diventata troppo breve, nel ricordo, come se una raffica di frasi concitate avesse tagliato la possibilità di un congedo. I genitori di Emanuela arrivarono al centro grandi traumi alle 4 del mattino, lei era già imbottita di morfina. Il suo corpo avrebbe resistito 42 giorni, 90 per cento di ustioni sul corpo. Sopravvissuta a due operazioni. A tre “bagni”. La voce di Daniela torna di piombo, in questa giornata con l’orecchio teso ai giochi aritmetici di Alfano: “Sa cosa vuol dire bagno? E’ come essere spellata viva”. Per salvare Emanuela, e le altre sei persone rimaste nel limbo del centro ustionati le hanno provate tutte. Coltivavano la pelle, ipotizzavano trapianti. L’ultima ad andarsene è stata Elisabeth Guadalupe Silva. Nelle foto è bellissima: una madre che lavora in Italia per mantenere le figlie in Equador. Anche sei mesi sono un tempo infinito, nell’agonia di un letto di ospedale. Anche sei mesi sono un battito d’ali, quando è tua madre che se ne va. Roberta Calzoni, invece, non ha fatto in tempo a sapere nulla di sua figlia. Le è sopravvissuta, grazie a un innesto cutaneo. Ma poi è morta nello stesso reparto. Ibitissam Ayad, 21 anni, ha perso il padre, la sorellina e il fratello. Che ha fatto in tempo a salvarsi, e a scegliere di tornare indietro, per provare a salvare la bimba, di 4 anni. Che gioco feroce, l’incastro di questi destini.
Per la maggior parte delle vittime della strage, il rito di commiato è stato brevissimo: tutti deceduti sotto le macerie delle palazzine di via Ponchielli, folgorate dalle fiamme come un mazzo di carte. Il Gpl non perdona: quando i superstiti entrarono nelle case, trovarono mura mangiate fino all’intonaco. C’erano ragazze, anziani, italiani, ecuadoregni, romeni, marocchini. Vite belle e pulite, vite di periferia, sogni coltivati la sera, addormentandosi con il metronomo sferragliante dei treni sulle rotaie. Non c’erano vip, o potenti, in quelle case lungo la ferrovia. Ora al banco degli imputati ci sono otto diverse società, una legione straniera di subappalti intricata come una foresta. C’erano Le ferrovie di Moretti, certo. Ma anche la ditta polacca che aveva costruito i vagoni, la Pkp la ditta milanese che aveva revisionato il primo vagone, quella tedesca che si era occupata degli altri dodici. Le cisterne del convoglio, tra cui quella da cui è fuggito il gas che ha innescato l’incendio, appartenevano alla multinazionale americana Gatx (ma recano l’insegna Kvg, una controllata austriaca). Sulla stessa tratta, a dicembre dello stesso anno, un automobilista vide prendere fuoco lo stesso treno: in questo paese il sangue non insegna davvero nulla. Ibitissam però ha avuto un figlio. Lo ha chiamato Mohamed Hamza. Come il padre, come il fratello. Ecco perchè Enrico Rossi, presidente della Regione Toscana non vuole scherzare: “Siamo andati davanti a Montecitorio per protestare. Per dire che se vogliono evitare ogni rischio basta che introducano il nostro emendamento. Quello che esclude le stragi dalla prescrizione breve. No dovrebbe essere difficile, no?”. Daniela Rombi prende un solo respiro: “Ci hanno tolto tutto il tempo di 32 vite. A questo processo non possono togliere un solo secondo”. L’hanno fatto.
09 aprile 2011
Premier senza freni
di CONCETTO VECCHIO (da Repubblica.it del 9/4/2011)
Quando mancano quattro giorni al sì della Camera alla prescrizione breve - che ammazza 15mila processi solo per evitare al premier una condanna nel dibattimento Mills - Berlusconi sferra un attacco durissimo al giudice Mesiano, che nella causa Cir-Fininvest sul lodo Mondadori ha condannato la Fininvest a pagare un indennizzo di 750milioni. "Sono vittima di una rapina a mano armata", è stata la frase choc pronunciata dal presidente del consiglio.
In uno show senza freni, davanti ai partiti cofondatori del Pdl ("sono qui a rappresentare la tradizione cristiana"), il Cavaliere è tornato ad attaccare la Consulta, definita "organo politico", e a prefigurare modifiche alla Costituzione. Ha inoltre ripetuto che la maggioranza tra due settimane raggiungerà quota 330, "e così finalmente potremo attuare le riforme". Ha aggiunto che per i giudici - "che non pagano mai" - lui è peggio di Al Capone. "Mi azzannano da tutte le parti". Quindi ha giurato la sua innocenza sulla testa dei nipoti, riferendosi ai quattro processi per i quali è momentaneamente imputato. Nel pomeriggio a Lampedusa si è spinto a dire che è "dissennato chiamare il presidente del Consiglio in tribunale: soprattutto avendo una magistratura che lavora non per il Paese ma contro il Paese". Così il processo Ruby "getta fango sull'Italia".
A proposito del carattere ad personam della prescrizione breve il capogruppo Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto ammette esplicitamente che questa norma è fatta per salvare il premier, "vittima di un attacco politico". Mercoledì la prescrizione breve sarà approvata in prima lettura alla Camera. Il piano del centrodestra è di arrivare all'approvazione definitiva in Senato entro fine maggio, ovvero subito dopo le elezioni amministrative. A quel punto rischiano di andare al macero processi come la strage di Viareggio, i 40 operai morti per amianto nei Cantieri navali morti a Palermo, e alcuni capitoli di Calciopoli.
Quando mancano quattro giorni al sì della Camera alla prescrizione breve - che ammazza 15mila processi solo per evitare al premier una condanna nel dibattimento Mills - Berlusconi sferra un attacco durissimo al giudice Mesiano, che nella causa Cir-Fininvest sul lodo Mondadori ha condannato la Fininvest a pagare un indennizzo di 750milioni. "Sono vittima di una rapina a mano armata", è stata la frase choc pronunciata dal presidente del consiglio.
In uno show senza freni, davanti ai partiti cofondatori del Pdl ("sono qui a rappresentare la tradizione cristiana"), il Cavaliere è tornato ad attaccare la Consulta, definita "organo politico", e a prefigurare modifiche alla Costituzione. Ha inoltre ripetuto che la maggioranza tra due settimane raggiungerà quota 330, "e così finalmente potremo attuare le riforme". Ha aggiunto che per i giudici - "che non pagano mai" - lui è peggio di Al Capone. "Mi azzannano da tutte le parti". Quindi ha giurato la sua innocenza sulla testa dei nipoti, riferendosi ai quattro processi per i quali è momentaneamente imputato. Nel pomeriggio a Lampedusa si è spinto a dire che è "dissennato chiamare il presidente del Consiglio in tribunale: soprattutto avendo una magistratura che lavora non per il Paese ma contro il Paese". Così il processo Ruby "getta fango sull'Italia".
A proposito del carattere ad personam della prescrizione breve il capogruppo Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto ammette esplicitamente che questa norma è fatta per salvare il premier, "vittima di un attacco politico". Mercoledì la prescrizione breve sarà approvata in prima lettura alla Camera. Il piano del centrodestra è di arrivare all'approvazione definitiva in Senato entro fine maggio, ovvero subito dopo le elezioni amministrative. A quel punto rischiano di andare al macero processi come la strage di Viareggio, i 40 operai morti per amianto nei Cantieri navali morti a Palermo, e alcuni capitoli di Calciopoli.
14 marzo 2011
INGROIA, HA FATTO BENE, ANZI … BENISSIMO
Partecipare alla manifestazione per la Costituzione ed esprimere le proprie opinioni è un momento di alta democrazia. È un’alta manifestazione (prova?) di regime chiederne le dimissioni, specialmente quando a farlo sono un giornale di famiglia o un capo gruppo di lungo corso ex lombardiano (povero Lombardi!) e di passaggio iscritto alla P2 di Licio Gelli o addirittura un trasformista a 3000 euro al giorno –qualche centesimo proviene dal mio canone - come Giuliano Ferrara con tanti “ex” appuntati sulla giacca come tante patacche al valore prostrante.
“Se i magistrati fanno i comizi, i politici potrebbero fare anche le sentenze”, sentenzia (o minaccia?) il “più intelligente” dei giornalisti cui sfugge – è grave per un direttore … anche se del Foglio- che ciò i politici lo stanno facendo da quando l’attuale legislatura ha avuto inizio. Il tribunale dei ministri ha negato più volte le richieste di procedimento avanzati dalla magistratura per vari componenti del governo di oggi (Fitto, Cosentino, Matteoli … altri?) e di ieri (Lunardi) e per di più onorevoli e senatori, ministri e capigruppo hanno espresso in tutti i luoghi l’innocenza del loro leader, giurando (attraverso il voto in parlamento) di credere persino nella parentela di Ruby e nello scampato pericolo di un conflitto, sebbene diplomatico, con l’Egitto. È stato fatto con le numerose leggi ad personam e con i vari tentativi di imporre i vari “lodi- salva- premier”. E la stampa compiacente quante condanne ha emesso a partire dal caso Boffo?
L’intervento del capogruppo Cicchitto, anch’egli medagliato con tanti “ex” - forse anche per questo premiato con un ruolo di alta responsabilità? – è sintomatico dell’idea che il Pdl ha della democrazia e dell’Ordine della Magistratura. La democrazia finisce nel momento in cui viene introdotta la scheda elettorale nell’urna. Tra cinque anni, se lo vorremo, ve ne daremo ancora facoltà. Sia chiaro, è permesso esprimere le proprie opinioni, anche critiche contro il governo, ma il nostro fuoco di sbarramento sarà pesantissimo … colpiremo nel gruppo, “non faremo prigionieri”, come diceva Previti. Le manifestazioni pubbliche e li scioperi saranno, se non permessi, sopportate, ma, attenti, la polizia anti sommossa potrebbe colpire duramente e poi … chi se ne frega dei motivi degli scioperi e delle manifestazioni, chi mai li ascolterà … ormai il nostro cammino è tracciato.
L’ordine della Magistratura non può scendere in piazza, non può andare in trasmissioni televisive, non può difendere la Costituzione dallo stravolgimento … ma non si rendono conto dei privilegi accumulati, della vita tranquilla che possono condurre e quale potrebbe essere la loro carriera se solo la smettessero di “inculcare” (mi vien da ridere!) strane ed eversive idee nella mente dei cittadini più deboli, sui giovani intellettuali, sui giovani disoccupati, sui cassaintegrati, sui licenziati, sui pensionati, sulle donne … che la mettessero di parlare di diritto e di diritti … tanto chi meglio di “NOI” ha la cultura del diritto di governare, di ”inculcare” (mi viene ancora da ridere!) nei cittadini, a cominciare da quelli che non ci hanno votato (comunisti e sinistroidi), le idee del buon governo che vede e provvede ai loro bisogni – per esempio, se aumentiamo di un euro il biglietto del cinema, lo facciamo perché vogliamo un cinema di qualità non un cinema di massa. E ciò vale per la scuola (poche scuole con aule di 35 alunni - ma avete dimenticato le esperienze del dopoguerra? – pochi bidelli, pochi applicati, pochi fondi … ma tante “i” d’inefficienza, d’inganno e d’impreparazione … degli altri, s’intende. Non voglio essere frainteso, ma le scuole paritarie o confessionali perché non provate a visitarle: efficienza assicurata! Indottrinamento, inquadramento … che volete di più?), per l’università (troppi laureati … meglio pochi ma buoni e poi troppi studenti … ma perché non vanno a lavorare? – già, perché?-, per la sanità (pochi centri polivalenti, uno per ogni capoluogo di regione, ma di eccellenza).
Mi sono dilungato troppo. Ma come si fa a non vedere a non giudicare a non apprezzare il lavoro che fanno per noi. Prendete le opere pubbliche: poche ma buone, care ma solide – si, qualche viadotto cede, qualche tetto cade, qualche scuola o caserma “si rende” inagibile … ma capita, è nell’ordine dell’umana “coscienza”, e poi bisogna pur tenere in considerazione il tenore di vita cui siamo abituali.
Sono andato ancora oltre. Ma come si fa a fermarsi. Riuscite a farlo davanti a una cesta di rosse ciliegie?
Il mio sogno: che la magistratura scenda in piazza e reagisca con argomentazioni ben motivate e immediatamente comprensibili agli insulti che riceve giornalmente da una classe politica povera di cultura istituzionale; che il Presidente della Repubblica nella sua qualità di presidente del CSM (Consiglio Superiore della Magistratura) s’indigni per le parole di delegittimazione che giorno dopo giorno sono versate contro la Magistratura, che sottolinei il rischio deriva democratica che corriamo a causa di un diffuso conflitto istituzionale. E lo dica a voce alta.
“Se i magistrati fanno i comizi, i politici potrebbero fare anche le sentenze”, sentenzia (o minaccia?) il “più intelligente” dei giornalisti cui sfugge – è grave per un direttore … anche se del Foglio- che ciò i politici lo stanno facendo da quando l’attuale legislatura ha avuto inizio. Il tribunale dei ministri ha negato più volte le richieste di procedimento avanzati dalla magistratura per vari componenti del governo di oggi (Fitto, Cosentino, Matteoli … altri?) e di ieri (Lunardi) e per di più onorevoli e senatori, ministri e capigruppo hanno espresso in tutti i luoghi l’innocenza del loro leader, giurando (attraverso il voto in parlamento) di credere persino nella parentela di Ruby e nello scampato pericolo di un conflitto, sebbene diplomatico, con l’Egitto. È stato fatto con le numerose leggi ad personam e con i vari tentativi di imporre i vari “lodi- salva- premier”. E la stampa compiacente quante condanne ha emesso a partire dal caso Boffo?
L’intervento del capogruppo Cicchitto, anch’egli medagliato con tanti “ex” - forse anche per questo premiato con un ruolo di alta responsabilità? – è sintomatico dell’idea che il Pdl ha della democrazia e dell’Ordine della Magistratura. La democrazia finisce nel momento in cui viene introdotta la scheda elettorale nell’urna. Tra cinque anni, se lo vorremo, ve ne daremo ancora facoltà. Sia chiaro, è permesso esprimere le proprie opinioni, anche critiche contro il governo, ma il nostro fuoco di sbarramento sarà pesantissimo … colpiremo nel gruppo, “non faremo prigionieri”, come diceva Previti. Le manifestazioni pubbliche e li scioperi saranno, se non permessi, sopportate, ma, attenti, la polizia anti sommossa potrebbe colpire duramente e poi … chi se ne frega dei motivi degli scioperi e delle manifestazioni, chi mai li ascolterà … ormai il nostro cammino è tracciato.
L’ordine della Magistratura non può scendere in piazza, non può andare in trasmissioni televisive, non può difendere la Costituzione dallo stravolgimento … ma non si rendono conto dei privilegi accumulati, della vita tranquilla che possono condurre e quale potrebbe essere la loro carriera se solo la smettessero di “inculcare” (mi vien da ridere!) strane ed eversive idee nella mente dei cittadini più deboli, sui giovani intellettuali, sui giovani disoccupati, sui cassaintegrati, sui licenziati, sui pensionati, sulle donne … che la mettessero di parlare di diritto e di diritti … tanto chi meglio di “NOI” ha la cultura del diritto di governare, di ”inculcare” (mi viene ancora da ridere!) nei cittadini, a cominciare da quelli che non ci hanno votato (comunisti e sinistroidi), le idee del buon governo che vede e provvede ai loro bisogni – per esempio, se aumentiamo di un euro il biglietto del cinema, lo facciamo perché vogliamo un cinema di qualità non un cinema di massa. E ciò vale per la scuola (poche scuole con aule di 35 alunni - ma avete dimenticato le esperienze del dopoguerra? – pochi bidelli, pochi applicati, pochi fondi … ma tante “i” d’inefficienza, d’inganno e d’impreparazione … degli altri, s’intende. Non voglio essere frainteso, ma le scuole paritarie o confessionali perché non provate a visitarle: efficienza assicurata! Indottrinamento, inquadramento … che volete di più?), per l’università (troppi laureati … meglio pochi ma buoni e poi troppi studenti … ma perché non vanno a lavorare? – già, perché?-, per la sanità (pochi centri polivalenti, uno per ogni capoluogo di regione, ma di eccellenza).
Mi sono dilungato troppo. Ma come si fa a non vedere a non giudicare a non apprezzare il lavoro che fanno per noi. Prendete le opere pubbliche: poche ma buone, care ma solide – si, qualche viadotto cede, qualche tetto cade, qualche scuola o caserma “si rende” inagibile … ma capita, è nell’ordine dell’umana “coscienza”, e poi bisogna pur tenere in considerazione il tenore di vita cui siamo abituali.
Sono andato ancora oltre. Ma come si fa a fermarsi. Riuscite a farlo davanti a una cesta di rosse ciliegie?
Il mio sogno: che la magistratura scenda in piazza e reagisca con argomentazioni ben motivate e immediatamente comprensibili agli insulti che riceve giornalmente da una classe politica povera di cultura istituzionale; che il Presidente della Repubblica nella sua qualità di presidente del CSM (Consiglio Superiore della Magistratura) s’indigni per le parole di delegittimazione che giorno dopo giorno sono versate contro la Magistratura, che sottolinei il rischio deriva democratica che corriamo a causa di un diffuso conflitto istituzionale. E lo dica a voce alta.
22 febbraio 2011
Colleghi, fuori da via Arenula
Il segretario di Magistratura democratica Piergiorgio Morosini
«La misura è colma». I magistrati non ne possono più. Il segretario di Magistratura democratica Piergiorgio Morosini chiede ai colleghi di fare sciopero. Non usa proprio questa parola, parla di «forte mobilitazione», di «forme di astensione dall’attività». Ma la sostanza è quella.
Nella settimana in cui, a palazzo Chigi, parte il treno della riforma costituzionale della giustizia, lui, di mestiere gip a Palermo, ai vertici della sua corrente da pochi mesi, rivolge un invito shock ai colleghi che lavorano in via Arenula, accanto al Guardasigilli Angelino Alfano. Perché «le proposte politiche sul tappeto non debbono trovare in alcun modo l’appoggio e il contributo di magistrati che hanno giurato fedeltà alla Costituzione». Chiede loro di andarsene, di voltare le spalle al ministro e tornare a casa.
Cosa voglia cambiare Berlusconi è noto. Vuole separare le carriere dei giudici da quelle dei pm, in modo da indebolire i secondi, spingendoli verso l’esecutivo. Vuole dividere in due il Csm, indebolendo anche questo. Vuole spogliare lo stesso Csm della sezione disciplinare, che “processa” i magistrati che sbagliano, per trasformarla in un’Alta corte di nomina politica. Vuole fissare nella Costituzione il principio che il magistrato che sbaglia paga di tasca sua, in modo che un pm prima di avviare l’azione penale ci penserà otto volte. Vuole distorcere gli equilibri della Consulta, stabilendo che per le decisioni di tipo costituzionale, come per i lodi Schifani e Alfano e per il legittimo impedimento (cancellati o ridimensionati dalla Corte di stretta misura), ci vuole la maggioranza dei due terzi. Vuole togliere ai pm il controllo della polizia giudiziaria, che a quel punto risponderà solo al ministero dell’Interno, cioè al governo, cioè a lui. Vuole ampliare il potere delle difese nei processi, costringendo i giudici ad accettare supinamente le loro richieste. A cominciare dai suoi. Per far felici Gjhedini e Longo. E vuole pure il processo breve per chiudere i suoi processi. E approvare la legge sulle intercettazioni di modo che voi tutti cittadini non conosciate più nulla delle inchieste giudiziarie, soprattutto quelle che riguardano lui.
Dunque il segretario di Md Morosini ritiene che nessun magistrato, di fronte a riforme come queste, possa ancora star seduto accanto ad Alfano. Come se nulla fosse. E chiede una mobilitazione.
Se non ora, quando?
da Repubblica.it
«La misura è colma». I magistrati non ne possono più. Il segretario di Magistratura democratica Piergiorgio Morosini chiede ai colleghi di fare sciopero. Non usa proprio questa parola, parla di «forte mobilitazione», di «forme di astensione dall’attività». Ma la sostanza è quella.
Nella settimana in cui, a palazzo Chigi, parte il treno della riforma costituzionale della giustizia, lui, di mestiere gip a Palermo, ai vertici della sua corrente da pochi mesi, rivolge un invito shock ai colleghi che lavorano in via Arenula, accanto al Guardasigilli Angelino Alfano. Perché «le proposte politiche sul tappeto non debbono trovare in alcun modo l’appoggio e il contributo di magistrati che hanno giurato fedeltà alla Costituzione». Chiede loro di andarsene, di voltare le spalle al ministro e tornare a casa.
Cosa voglia cambiare Berlusconi è noto. Vuole separare le carriere dei giudici da quelle dei pm, in modo da indebolire i secondi, spingendoli verso l’esecutivo. Vuole dividere in due il Csm, indebolendo anche questo. Vuole spogliare lo stesso Csm della sezione disciplinare, che “processa” i magistrati che sbagliano, per trasformarla in un’Alta corte di nomina politica. Vuole fissare nella Costituzione il principio che il magistrato che sbaglia paga di tasca sua, in modo che un pm prima di avviare l’azione penale ci penserà otto volte. Vuole distorcere gli equilibri della Consulta, stabilendo che per le decisioni di tipo costituzionale, come per i lodi Schifani e Alfano e per il legittimo impedimento (cancellati o ridimensionati dalla Corte di stretta misura), ci vuole la maggioranza dei due terzi. Vuole togliere ai pm il controllo della polizia giudiziaria, che a quel punto risponderà solo al ministero dell’Interno, cioè al governo, cioè a lui. Vuole ampliare il potere delle difese nei processi, costringendo i giudici ad accettare supinamente le loro richieste. A cominciare dai suoi. Per far felici Gjhedini e Longo. E vuole pure il processo breve per chiudere i suoi processi. E approvare la legge sulle intercettazioni di modo che voi tutti cittadini non conosciate più nulla delle inchieste giudiziarie, soprattutto quelle che riguardano lui.
Dunque il segretario di Md Morosini ritiene che nessun magistrato, di fronte a riforme come queste, possa ancora star seduto accanto ad Alfano. Come se nulla fosse. E chiede una mobilitazione.
Se non ora, quando?
da Repubblica.it
16 febbraio 2011
BERLUSCONI A PROCESSO. IL PDL FA QUADRATO.
Quando il premier - con tale termine s’indica il capo dell’esecutivo eletto direttamente dal popolo; da noi il termine corretto è quello di Presidente del Consiglio e la sua nomina è sancita da un voto di fiducia in Parlamento – chiama ministri, consiglieri e consigliori, anche di grosso calibro si precipitano.
È il caso di un uomo d’immensa cultura, raffinato e carismatico direttore del quotidiano “Il foglio” che, nell’appassionata e drammatica ricerca di una collocazione di verità è approdato al sole di Arcore. Non so se, come san Paolo si fermerà – certo chi può dire tra noi miseri mortali di essere arrivato alla fine di un percorso, del proprio percorso, esistenziale? Come si può affermare che questa e non altra sia la verità assoluta? A volte, basta una semplice ricaduta per trovarsi in sintonia … ma non è il caso … Molto spesso la crisi esistenziale, sempre se c’è, porta a quella mistica che, visto che il nostro si definisce ateo devoto, potrebbe essere dietro l’angolo. Pensate quale grande conquista per la Chiesa, quale grande opera di proselitismo … quanti “Dal Verme” sostituendo le mutande qualcosa di più appariscente e meno volgare come una tonaca!
Non sono un filosofo, non leggo Kant perché la notte preferisco dormire e non ho nessuna vis polemica affamata d’applausi.
Sto parlando di Giuliano Ferrara che da sempre apprezzo … da quanto, se la memoria non m’inganna, militava nel Partito Comunista Italiano. Vecchia storia. Il suo percorso è stato ricco di movimento. L’incarico di sottosegretario di un governo Berlusconi, il caso Englaro con la raccolta delle bottiglie d’acqua minerale, la sua candidatura a leader del partito antiabortista del 2008, la sua genuflessione davanti a Benedetto XVI e ora la sua presa di posizione contro i moralisti e l’invito a Berlusconi di partecipare ai confronti televisivi con i leader dell’opposizione, ne fanno un difensore appassionato di quelle cause che gli conquistano il cuore.
Prima di concludere e augurargli tanta fortuna, mi preme ricordargli che due sole volte ha accettato di confrontarsi in Tivù con l’opposizione ed entrambe le volte ha perso le elezioni.
Il presidente del consiglio sarà giudicato con rito abbreviato con la grave accusa di concussione e di prostituzione minorile. In un altro Paese avrebbe dato le dimissioni, ma ci sarebbe stato un altro capo del governo.
È una sfida infinita alla magistratura, uno scontro tra istituzioni fondanti dello Stato che incideranno e non poco sulla nostra vita quotidiana. Una difesa a qualsiasi costo del potere come un fatto privato allargato strumentalmente agli elettori che, continua a dire, con estrema monotonia e protervia, che l’hanno votato. Il che, comunque, non significa né delega in bianco né delega eterna. E poi, in democrazia bisogna sentire il polso del Paese, essere rispettoso delle regole istituzionali e avere una condotta di vita integerrima, perché il limite tra il privato e il pubblico, se c’è, è molto sottile.
Ieri i personaggi più in vista del Pdl, i soliti volti noti, hanno dato ancora una volta dimostrazione, attraverso varie dichiarazioni, di non avere rispetto per gli italiani, considerati ignoranti e trattati come i tifosi di una squadra di calcio: vinca la squadra per cui tifo … anche se han truccato la partita o comprato l’arbitro.
Vediamo questa carrellata di dichiarazioni che ne mettono in evidenza la cattiva fede o … l’ignoranza. Qualche volta è ignoranza ma spesso è furbizia da servilismo.
Alfano (ministro della giustizia): “La Procura non ha tenuto conto di quanto votato dal parlamento” e questo è “un tema che attiene l’autonomia, la sovranità e l’indipendenza del parlamento. Berlusconi ha un forte mandato conferitogli dagli Italiani”.
La Magistratura non può dipendere nell’esercizio delle sue funzioni dal parlamento, ma deve agire attraverso il rispetto dei codici. La Magistratura è uno dei tre poteri fondamentali dello Stato democratico ed è soggetto soltanto alla legge. Tra l’altro, non spetta al parlamento indicare il giudice naturale di un indagato. La magistratura ha rispettato la sovranità e l’indipendenza del parlamento, accettando quanto da questo deliberato in merito alla richiesta di perquisizione dell’ufficio di Spinelli. Il forte mandato conferitogli dagli Italiani non lo rende né al di sopra della legge né più uguale degli altri cittadini.
Gelmini (ministro dell’istruzione): “E’ un vero e proprio attacco alla sovranità popolare … un potere dello Stato che tenta di stravolgere l’equilibrio tra il potere giudiziario, legislativo ed esecutivo. L’anomalia italiana è rappresentata da una parte della magistratura che agisce con finalità politiche”.
Ma dov’è l’attacco alla sovranità popolare? L’art. 1, comma 2, recita: “La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. Se il popolo è sovrano, non lo è il presidente del consiglio, nessun presidente del consiglio. La volontà del popolo non ne ha altre sopra di sé, ciò ne determina la sovranità. L’equazione, il popolo mi ha votato, quindi, io governo. Certamente, ma governare non significa dedicarsi a risolvere i problemi giudiziari del presidente del consiglio, attraverso leggi a personam o lodi incostituzionali. L’anomalia, quindi, sta nei comportamenti di delegittimazioni messi in atto dal presidente del consiglio e dai suoi ministri.
Brambilla (ministro del turismo): “Berlusconi vittima perché colpevole di poter contare su un grande consenso tra i cittadini e di voler usare questa forza per riformare il Paese”.
Il grande consenso, il più grande che un governo della Repubblica abbia mai avuto, implicherebbe il mantenimento delle promesse elettorali che questo presidente e il suo governo hanno disatteso e che non ha niente da vedere con l’azione della giustizia.
Prestigiacomo (ministro dell’ambiente): “Contro Berlusconi processo farsa che conferma che la via giudiziaria in Italia è la continuazione della politica con altri mezzi”.
L’imprenditrice Prestigiacomo giudica il processo – che ancora non è iniziato – una farsa. Come fa a dirlo? Quali elementi ha a sua disposizione? Ci partecipi, signora ministro, ci parli degli elementi probatori in suo possesso. Si butta il sasso e poi si ritira la mano, parlando di una via giudiziaria che non esiste se non nella loro fantasia? Ha mai contato quanti avvocati sono stati nominati nel Pdl, compresi gli avvocati difensori del presidente del consiglio?
Meloni (ministro della gioventù): “Il 6 Aprile non va a processo il premier o il suo governo, ma la nostra democrazia”.
Il processo del 6 Aprile ha un imputato: Silvio Berlusconi, presidente del Consiglio. Il processo del 6 Aprile sarà il trionfo della democrazia e della Costituzione su cui si fonda, secondo la quale tutti i cittadini sono uguali di fronte alla legge.
Formigoni (governatore della Lombardia): “Non esiste alcuna ipotesi accusatoria contro Berlusconi … una grande costruzione mediatica con poca sostanza”.
Formigoni ha già emesso il giudizio: nessuna ipotesi accusatoria … l’imputato è innocente … o è un imputato fantasma. Il presidente, oltre ad essere il proprietario di Mediaset e di numerosi organi di stampa, ha una fortissima influenza sulla Rai per cui sembra l’unico capace di una grande costruzione mediatica.
Cicchitto (capogruppo alla camera): “Si può parlare di giustizia ad orologeria che per Berlusconi è velocissima …”.
Ma la maggioranza non ha in discussione una legge sul processo breve? L’unica differenza, è che il disegno di legge prevede la retroattività e, quindi, l’annullamento dei processi di Berlusconi ancora in corso e di altri migliaia di processi come Parmalat e altri.
Lupi (vice presidente della camera): “C’è una procura italiana che, attraverso un’indagine risibile, sta cercando di ribaltare l’ordine democratico. L’offensiva lanciata dai magistrati nei confronti del premier non ha precedenti in Italia e nel mondo”.
Senza dubbio è un intervento eversivo. L’onorevole usa un linguaggio violento – indagine risibile, ribaltare l’ordine democratico, offensiva dei magistrati - verso un potere dello Stato. In altre parti del mondo, per esempio in Israele o in Inghilterra o negli Usa, per molto meno dei premier si sono dimessi non appena hanno avuto solo sentore di un procedimento giudiziario nei loro confronti. Come fa Lupi a giudicare risibile l’indagine e, quindi, l’apertura del processo al premier? Ha prove evidenti da esibire? Ha prove di un complotto? Se le ha perché non le rene pubbliche?
È il caso di un uomo d’immensa cultura, raffinato e carismatico direttore del quotidiano “Il foglio” che, nell’appassionata e drammatica ricerca di una collocazione di verità è approdato al sole di Arcore. Non so se, come san Paolo si fermerà – certo chi può dire tra noi miseri mortali di essere arrivato alla fine di un percorso, del proprio percorso, esistenziale? Come si può affermare che questa e non altra sia la verità assoluta? A volte, basta una semplice ricaduta per trovarsi in sintonia … ma non è il caso … Molto spesso la crisi esistenziale, sempre se c’è, porta a quella mistica che, visto che il nostro si definisce ateo devoto, potrebbe essere dietro l’angolo. Pensate quale grande conquista per la Chiesa, quale grande opera di proselitismo … quanti “Dal Verme” sostituendo le mutande qualcosa di più appariscente e meno volgare come una tonaca!
Non sono un filosofo, non leggo Kant perché la notte preferisco dormire e non ho nessuna vis polemica affamata d’applausi.
Sto parlando di Giuliano Ferrara che da sempre apprezzo … da quanto, se la memoria non m’inganna, militava nel Partito Comunista Italiano. Vecchia storia. Il suo percorso è stato ricco di movimento. L’incarico di sottosegretario di un governo Berlusconi, il caso Englaro con la raccolta delle bottiglie d’acqua minerale, la sua candidatura a leader del partito antiabortista del 2008, la sua genuflessione davanti a Benedetto XVI e ora la sua presa di posizione contro i moralisti e l’invito a Berlusconi di partecipare ai confronti televisivi con i leader dell’opposizione, ne fanno un difensore appassionato di quelle cause che gli conquistano il cuore.
Prima di concludere e augurargli tanta fortuna, mi preme ricordargli che due sole volte ha accettato di confrontarsi in Tivù con l’opposizione ed entrambe le volte ha perso le elezioni.
Il presidente del consiglio sarà giudicato con rito abbreviato con la grave accusa di concussione e di prostituzione minorile. In un altro Paese avrebbe dato le dimissioni, ma ci sarebbe stato un altro capo del governo.
È una sfida infinita alla magistratura, uno scontro tra istituzioni fondanti dello Stato che incideranno e non poco sulla nostra vita quotidiana. Una difesa a qualsiasi costo del potere come un fatto privato allargato strumentalmente agli elettori che, continua a dire, con estrema monotonia e protervia, che l’hanno votato. Il che, comunque, non significa né delega in bianco né delega eterna. E poi, in democrazia bisogna sentire il polso del Paese, essere rispettoso delle regole istituzionali e avere una condotta di vita integerrima, perché il limite tra il privato e il pubblico, se c’è, è molto sottile.
Ieri i personaggi più in vista del Pdl, i soliti volti noti, hanno dato ancora una volta dimostrazione, attraverso varie dichiarazioni, di non avere rispetto per gli italiani, considerati ignoranti e trattati come i tifosi di una squadra di calcio: vinca la squadra per cui tifo … anche se han truccato la partita o comprato l’arbitro.
Vediamo questa carrellata di dichiarazioni che ne mettono in evidenza la cattiva fede o … l’ignoranza. Qualche volta è ignoranza ma spesso è furbizia da servilismo.
Alfano (ministro della giustizia): “La Procura non ha tenuto conto di quanto votato dal parlamento” e questo è “un tema che attiene l’autonomia, la sovranità e l’indipendenza del parlamento. Berlusconi ha un forte mandato conferitogli dagli Italiani”.
La Magistratura non può dipendere nell’esercizio delle sue funzioni dal parlamento, ma deve agire attraverso il rispetto dei codici. La Magistratura è uno dei tre poteri fondamentali dello Stato democratico ed è soggetto soltanto alla legge. Tra l’altro, non spetta al parlamento indicare il giudice naturale di un indagato. La magistratura ha rispettato la sovranità e l’indipendenza del parlamento, accettando quanto da questo deliberato in merito alla richiesta di perquisizione dell’ufficio di Spinelli. Il forte mandato conferitogli dagli Italiani non lo rende né al di sopra della legge né più uguale degli altri cittadini.
Gelmini (ministro dell’istruzione): “E’ un vero e proprio attacco alla sovranità popolare … un potere dello Stato che tenta di stravolgere l’equilibrio tra il potere giudiziario, legislativo ed esecutivo. L’anomalia italiana è rappresentata da una parte della magistratura che agisce con finalità politiche”.
Ma dov’è l’attacco alla sovranità popolare? L’art. 1, comma 2, recita: “La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. Se il popolo è sovrano, non lo è il presidente del consiglio, nessun presidente del consiglio. La volontà del popolo non ne ha altre sopra di sé, ciò ne determina la sovranità. L’equazione, il popolo mi ha votato, quindi, io governo. Certamente, ma governare non significa dedicarsi a risolvere i problemi giudiziari del presidente del consiglio, attraverso leggi a personam o lodi incostituzionali. L’anomalia, quindi, sta nei comportamenti di delegittimazioni messi in atto dal presidente del consiglio e dai suoi ministri.
Brambilla (ministro del turismo): “Berlusconi vittima perché colpevole di poter contare su un grande consenso tra i cittadini e di voler usare questa forza per riformare il Paese”.
Il grande consenso, il più grande che un governo della Repubblica abbia mai avuto, implicherebbe il mantenimento delle promesse elettorali che questo presidente e il suo governo hanno disatteso e che non ha niente da vedere con l’azione della giustizia.
Prestigiacomo (ministro dell’ambiente): “Contro Berlusconi processo farsa che conferma che la via giudiziaria in Italia è la continuazione della politica con altri mezzi”.
L’imprenditrice Prestigiacomo giudica il processo – che ancora non è iniziato – una farsa. Come fa a dirlo? Quali elementi ha a sua disposizione? Ci partecipi, signora ministro, ci parli degli elementi probatori in suo possesso. Si butta il sasso e poi si ritira la mano, parlando di una via giudiziaria che non esiste se non nella loro fantasia? Ha mai contato quanti avvocati sono stati nominati nel Pdl, compresi gli avvocati difensori del presidente del consiglio?
Meloni (ministro della gioventù): “Il 6 Aprile non va a processo il premier o il suo governo, ma la nostra democrazia”.
Il processo del 6 Aprile ha un imputato: Silvio Berlusconi, presidente del Consiglio. Il processo del 6 Aprile sarà il trionfo della democrazia e della Costituzione su cui si fonda, secondo la quale tutti i cittadini sono uguali di fronte alla legge.
Formigoni (governatore della Lombardia): “Non esiste alcuna ipotesi accusatoria contro Berlusconi … una grande costruzione mediatica con poca sostanza”.
Formigoni ha già emesso il giudizio: nessuna ipotesi accusatoria … l’imputato è innocente … o è un imputato fantasma. Il presidente, oltre ad essere il proprietario di Mediaset e di numerosi organi di stampa, ha una fortissima influenza sulla Rai per cui sembra l’unico capace di una grande costruzione mediatica.
Cicchitto (capogruppo alla camera): “Si può parlare di giustizia ad orologeria che per Berlusconi è velocissima …”.
Ma la maggioranza non ha in discussione una legge sul processo breve? L’unica differenza, è che il disegno di legge prevede la retroattività e, quindi, l’annullamento dei processi di Berlusconi ancora in corso e di altri migliaia di processi come Parmalat e altri.
Lupi (vice presidente della camera): “C’è una procura italiana che, attraverso un’indagine risibile, sta cercando di ribaltare l’ordine democratico. L’offensiva lanciata dai magistrati nei confronti del premier non ha precedenti in Italia e nel mondo”.
Senza dubbio è un intervento eversivo. L’onorevole usa un linguaggio violento – indagine risibile, ribaltare l’ordine democratico, offensiva dei magistrati - verso un potere dello Stato. In altre parti del mondo, per esempio in Israele o in Inghilterra o negli Usa, per molto meno dei premier si sono dimessi non appena hanno avuto solo sentore di un procedimento giudiziario nei loro confronti. Come fa Lupi a giudicare risibile l’indagine e, quindi, l’apertura del processo al premier? Ha prove evidenti da esibire? Ha prove di un complotto? Se le ha perché non le rene pubbliche?
15 febbraio 2011
OVVIETA’, IGNORANZA (vera o presunta), SUPPONENZA E INGANNO
È un’ovvietà l’affermazione di Berlusconi a commento sulla manifestazione delle donne. “La manifestazione, ha affermato Berlusconi, è stata di parte ed è stata strumentale e strumentalizzata”.
È fuor di dubbio che le manifestazioni si fanno contro qualcuno e per qualcosa … sono come gli scioperi. Le donne - è vero ci sono stati numerosi uomini … forse come espiazioni dei peccati di altri – domenica si sono impossessate delle piazze d’Italia al di là di ogni più rosea aspettativa, senza il traino dell’informazione tradizionale e delle organizzazioni riconosciute. È stata una festa – io ci sono stato assieme a mia moglie e ne sono orgoglioso -, vedere donne di ogni età, con cartelloni di dissenso e ironici ma nella più serena correttezza, esprimere dissenso e indignazione verso i comportamenti del presidente del consiglio che tra barzellette, ironia sulla bellezza e atti di maschilismo, ha ridotto la donna, tutte le donne – basta ricordare l’ordine impartito a Iva Zanicchi di lasciare la trasmissione l’”Infedele”, definita un postribolo – a un oggetto. È stata strumentale … ma certo. Cosa pretendeva? Uno strumento per fare esaltare la loro indignazione e far vedere all’Italia che ancora c’è chi s’indigna, che vuole cambiare, pulire l’Italia per noi e i nostri figli. Nessun partito di opposizione o di sinistra, come Berlusconi afferma, è salito sul palco, nessuna bandiera, a dimostrazione che nessuna dimostrazione c’è stata.
È ignoranza - più presunta che vera in questa occasione – sostenere che Berlusconi deve essere giudicato dal tribunale dei ministri, il suo giudice naturale. M a questo vale solo quando il presidente del consiglio agisce nell’esercizio delle sue funzioni: la telefonata alla questura non rientra, come sa bene l’avvocato onorevole Ghedini, in nessuna delle sue funzioni. D’altro canto Ruby non era la nipote di Mubarak. È possibile che solo il presidente non lo sapesse?
Non esiste il reato di concussione perché non esiste il concusso, afferma assieme ai suoi difensori. Ma scherziamo? E la questura? Tra l’altro il reato di concussione esiste, anche se nessuno di è dichiarato concusso.
E allora, perché la maggioranza al completo ha rimandato ai Pm la richiesta di potere perquisire l’ufficio di Spinelli e a una voce, in coro, hanno ripetuto fino alla noia che solo il tribunale dei ministri è competente? In fondo questo sarebbe composto di tre giudici estratti a sorte tra i giudici di Milano.
La motivazione è ovvia oltre che ingannevole: la strategia messa in cantiere da Ghedini si pone due obiettivi.
Il primo, il più immediato, tende a far passare, come sempre, Berlusconi come una vittima dei giudici di Milano, che sono definiti eversivi. Poveretto, lui vuol farsi giudicare … sono loro che illegalmente non vogliono che sia giudicato dal tribunale dei ministri. Non sta, comunque, a loro, cioè alla maggioranza, stabilire quale sia il giudice naturale di Berlusconi. Abbiamo visto che non è vero che ha agito nell’esercizio delle sue funzioni e, pertanto, manca la ragione del contendere.
Il secondo obiettivo, nascosto per i comuni cittadini ma assai evidente per chi conosce il funzionamento del parlamento, ha come obiettivo l’insabbiamento, cioè l’annullamento, del procedimento contro Berlusconi. Infatti, sarà il parlamento a decidere a maggioranza se il processo deve o no essere fatto. Siccome il governo ha la maggioranza, il parlamento voterà contro il procedimento, ergo il processo a Berlusconi non si farà.
Da ciò emerge una semplice domanda: se Berlusconi è innocente perché non si lascia giudicare, invece di fare ostruzionismo e di ingannare assieme alla sua maggioranza i cittadini, compresi i suoi elettori, considerati come pecore di un immenso gregge ubbidiente e prono
È fuor di dubbio che le manifestazioni si fanno contro qualcuno e per qualcosa … sono come gli scioperi. Le donne - è vero ci sono stati numerosi uomini … forse come espiazioni dei peccati di altri – domenica si sono impossessate delle piazze d’Italia al di là di ogni più rosea aspettativa, senza il traino dell’informazione tradizionale e delle organizzazioni riconosciute. È stata una festa – io ci sono stato assieme a mia moglie e ne sono orgoglioso -, vedere donne di ogni età, con cartelloni di dissenso e ironici ma nella più serena correttezza, esprimere dissenso e indignazione verso i comportamenti del presidente del consiglio che tra barzellette, ironia sulla bellezza e atti di maschilismo, ha ridotto la donna, tutte le donne – basta ricordare l’ordine impartito a Iva Zanicchi di lasciare la trasmissione l’”Infedele”, definita un postribolo – a un oggetto. È stata strumentale … ma certo. Cosa pretendeva? Uno strumento per fare esaltare la loro indignazione e far vedere all’Italia che ancora c’è chi s’indigna, che vuole cambiare, pulire l’Italia per noi e i nostri figli. Nessun partito di opposizione o di sinistra, come Berlusconi afferma, è salito sul palco, nessuna bandiera, a dimostrazione che nessuna dimostrazione c’è stata.
È ignoranza - più presunta che vera in questa occasione – sostenere che Berlusconi deve essere giudicato dal tribunale dei ministri, il suo giudice naturale. M a questo vale solo quando il presidente del consiglio agisce nell’esercizio delle sue funzioni: la telefonata alla questura non rientra, come sa bene l’avvocato onorevole Ghedini, in nessuna delle sue funzioni. D’altro canto Ruby non era la nipote di Mubarak. È possibile che solo il presidente non lo sapesse?
Non esiste il reato di concussione perché non esiste il concusso, afferma assieme ai suoi difensori. Ma scherziamo? E la questura? Tra l’altro il reato di concussione esiste, anche se nessuno di è dichiarato concusso.
E allora, perché la maggioranza al completo ha rimandato ai Pm la richiesta di potere perquisire l’ufficio di Spinelli e a una voce, in coro, hanno ripetuto fino alla noia che solo il tribunale dei ministri è competente? In fondo questo sarebbe composto di tre giudici estratti a sorte tra i giudici di Milano.
La motivazione è ovvia oltre che ingannevole: la strategia messa in cantiere da Ghedini si pone due obiettivi.
Il primo, il più immediato, tende a far passare, come sempre, Berlusconi come una vittima dei giudici di Milano, che sono definiti eversivi. Poveretto, lui vuol farsi giudicare … sono loro che illegalmente non vogliono che sia giudicato dal tribunale dei ministri. Non sta, comunque, a loro, cioè alla maggioranza, stabilire quale sia il giudice naturale di Berlusconi. Abbiamo visto che non è vero che ha agito nell’esercizio delle sue funzioni e, pertanto, manca la ragione del contendere.
Il secondo obiettivo, nascosto per i comuni cittadini ma assai evidente per chi conosce il funzionamento del parlamento, ha come obiettivo l’insabbiamento, cioè l’annullamento, del procedimento contro Berlusconi. Infatti, sarà il parlamento a decidere a maggioranza se il processo deve o no essere fatto. Siccome il governo ha la maggioranza, il parlamento voterà contro il procedimento, ergo il processo a Berlusconi non si farà.
Da ciò emerge una semplice domanda: se Berlusconi è innocente perché non si lascia giudicare, invece di fare ostruzionismo e di ingannare assieme alla sua maggioranza i cittadini, compresi i suoi elettori, considerati come pecore di un immenso gregge ubbidiente e prono
14 febbraio 2011
BERLUSCONI E' MINORANZA NEL PAESE
In questi ultimi anni la politica e il giornalismo italiano sono ruotati tutti intorno a una grande bugia: la falsa convinzione che Silvio Berlusconi e il berlusconismo fossero maggioranza nel Paese. I numeri, per la verità, hanno sempre detto il contrario. Anche quando Berlusconi era all’apice della sua forza (le elezioni del 2008) mai ha saputo raccogliere il 51 per cento dei consensi. Il Cavaliere si è invece fermato al 37 per cento dei votanti (cosa diversa rispetto agli aventi diritto al voto), per poi perdere seguito ad ogni tornata elettorale. La grande menzogna, però, è stata ripetuta, raccontata, enunciata e analizzata talmente tante volte, da finire per essere presa per vera. Con rassegnazione, e senza necessariamente riferirsi solo al Cavaliere, in molti dicevano che il nostro Paese ha la classe dirigente che si merita. Che una nazione fatta di furbi, di evasori fiscali, di fannulloni, di corrotti e di raccomandati, poteva solo essere rappresentata da Berlusconi e dai suoi vari cloni.
Ebbene, si sbagliavano. L’Italia era (ed è) un’altra cosa. Gli italiani – sia a destra che a sinistra – sono in maggioranza un popolo straordinario. Fatto di donne e di uomini che si ammazzano (quando ce l’hanno) di lavoro. Che s’impegnano in quasi 500.000 organizzazioni di volontariato. Che vanno all’estero (4 milioni) per riuscire a fare quello che in patria è impossibile. Questo non è (solo) il Paese delle mafie più potenti del mondo, della classe politica più corrotta di tutta l’Europa occidentale. Questo è, invece, il Paese di Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e Paolo Borsellino, delle associazioni anti-racket, della Confindustria e dei commercianti che in Sicilia dicono di no al pizzo. È il paese di Giorgio Ambrosoli, di Libero Grassi, di Peppino Impastato, dei giornalisti minacciati in Calabria, dei poliziotti che si pagano da soli la benzina per le loro auto, dei dipendenti pubblici che si portano da casa i computer per far funzionare i loro uffici, degli operai che occupano le fabbriche e salgono sui tetti chiedendo solo di poter lavorare.
L’Italia, insomma, è molto meglio di chi al Governo e in Parlamento immeritatamente la rappresenta. E in questa domenica di febbraio, grazie alle donne, cominciamo ad accorgercene. Mai prima d’ora si era assistito a manifestazioni tanto imponenti organizzate non dai partiti, ma dalla gente. Centinaia di migliaia di persone sono scese in piazza non per moralismo, ma per dignità. Senza odio, senza violenza, hanno detto che loro alla grande bugia non ci stanno più.
Berlusconi che pure, grazie alla compravendita dei deputati, ha ancora la maggioranza alle Camere, è sempre più minoranza nel Paese. Come dimostrano i vari flop delle manifestazioni organizzate dal Pdl, anche tra chi ha votato il Cavaliere è ormai difficile trovare qualcuno disposto a spendersi per lui. Il Re, non solo metaforicamente, è nudo. Inutile però illudersi. Il presidente del Consiglio non si dimetterà. Non lo farà ora. Per costringerlo a lasciare ci vorranno molti altri 13 febbraio, molte altre piazze, e una finalmente chiara richiesta di elezioni anticipate. Solo così chi in Parlamento milita al fianco di Berlusconi- non per lealtà, ma per interesse – azzarderà due calcoli. E comincerà a capire che reggere il sempre più pesante trono di un vecchio Sultano in agonia non conviene. Perché al momento dell’inevitabile caduta tutta la corte finirà travolta.
tratto da "Il fatto quotidiano" on line del 14/02/2011
Ebbene, si sbagliavano. L’Italia era (ed è) un’altra cosa. Gli italiani – sia a destra che a sinistra – sono in maggioranza un popolo straordinario. Fatto di donne e di uomini che si ammazzano (quando ce l’hanno) di lavoro. Che s’impegnano in quasi 500.000 organizzazioni di volontariato. Che vanno all’estero (4 milioni) per riuscire a fare quello che in patria è impossibile. Questo non è (solo) il Paese delle mafie più potenti del mondo, della classe politica più corrotta di tutta l’Europa occidentale. Questo è, invece, il Paese di Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e Paolo Borsellino, delle associazioni anti-racket, della Confindustria e dei commercianti che in Sicilia dicono di no al pizzo. È il paese di Giorgio Ambrosoli, di Libero Grassi, di Peppino Impastato, dei giornalisti minacciati in Calabria, dei poliziotti che si pagano da soli la benzina per le loro auto, dei dipendenti pubblici che si portano da casa i computer per far funzionare i loro uffici, degli operai che occupano le fabbriche e salgono sui tetti chiedendo solo di poter lavorare.
L’Italia, insomma, è molto meglio di chi al Governo e in Parlamento immeritatamente la rappresenta. E in questa domenica di febbraio, grazie alle donne, cominciamo ad accorgercene. Mai prima d’ora si era assistito a manifestazioni tanto imponenti organizzate non dai partiti, ma dalla gente. Centinaia di migliaia di persone sono scese in piazza non per moralismo, ma per dignità. Senza odio, senza violenza, hanno detto che loro alla grande bugia non ci stanno più.
Berlusconi che pure, grazie alla compravendita dei deputati, ha ancora la maggioranza alle Camere, è sempre più minoranza nel Paese. Come dimostrano i vari flop delle manifestazioni organizzate dal Pdl, anche tra chi ha votato il Cavaliere è ormai difficile trovare qualcuno disposto a spendersi per lui. Il Re, non solo metaforicamente, è nudo. Inutile però illudersi. Il presidente del Consiglio non si dimetterà. Non lo farà ora. Per costringerlo a lasciare ci vorranno molti altri 13 febbraio, molte altre piazze, e una finalmente chiara richiesta di elezioni anticipate. Solo così chi in Parlamento milita al fianco di Berlusconi- non per lealtà, ma per interesse – azzarderà due calcoli. E comincerà a capire che reggere il sempre più pesante trono di un vecchio Sultano in agonia non conviene. Perché al momento dell’inevitabile caduta tutta la corte finirà travolta.
tratto da "Il fatto quotidiano" on line del 14/02/2011
13 febbraio 2011
L’ADDIO DI BERLUSCONI
Il “giornale”, quotidiano di famiglia è listato di nero. Il titolo a tutta pagina: “SILVIO ABBANDONA L’ITALIA”; il sottotitolo: “Non lo meritiamo. Dopo Bettino, ora tocca a Silvio. La magistratura e il golpe”.
Nella serata di ieri, recita l’articolo di fondo, nella villa presidenziale di Arcore - nel salone delle feste - si è tenuto un concitato e pietoso consiglio di gestione del Pdl.
I membri – assolutamente in abito blu scuro i maschi, in tailleur celeste le donne – hanno incominciato ad affluire sin dal primo pomeriggio. Nel loro volto traspariva la serietà dei grandi eventi, di quegli eventi che segnano la storia.
Il ministro Bondi fa da apripista. Il viso dolente, guarda con orgoglio il papiro arrotolato che stringe nella mano sinistra, forse un’ode al capo (è stato Ferrara qualche giorno fa a chiamarlo “il capo dell’Italia”) scritta di getto sull’auto di servizio, mentre da Pompei, a sirene spiegate, correva verso Arcore. Il sottosegretario Gianni Letta si è fermato a dormire in villa. Poi arrivano, come una processione, la Santanché – si, proprio la signora dal “medio anchilosato” – che tra le mani ha ancora il cartello mostrato davanti al Palazzo di giustizia di Milano, sul quale si può leggere il motto della casa, “giudici eversivi”. Poi è la volta del ministro La Russa in tuta mimetica ed elmetto portato a mo’ di borsa con la mano sinistra, mentre con la destra porta vicino alla bocca un megafono. “Lasciatemi passare”, urla … ma davanti a sé c’è la scorta del presidente e uno stordito portavoce Capezzone che legge e rilegge il comunicato stampa in attesa che … la stampa si faccia viva. Ferrara, alle prese di un extralarge mutandone a pois e un libro su Kant, dono de Umberto Eco; Cicchitto sembra invecchiato di vent’anni, forse pensa nostalgicamente alla sua esperienza d’iscritto alla Loggia P2; l’avvocato e parlamentare Ghedini – si, il mavalà, mavalà confutativo – che trascina un carrello di fascicoli e di codici, capofila della schiera di avvocati, anch’essi onorevoli, di cui si avvale il presidente; il coordinatore nazionale Verdini, l’ex ministro Scajola, quello cui hanno intestato una casa senza che lui lo sapesse; i ministri Fitto, Romani e Sacconi; il capogruppo Gasparri, sorridente come se stesse rilasciando delle dichiarazioni; ecco, quindi la fila delle ministre, delle sottosegretarie e delle parlamentari europee, laureate e belle, anche l’occhio vuole la sua parte; Fede, l’Emilio, Minetti, l’igienista dentale del presidente, e Mora, l’esperto organizzatore e scopritore di giovani talenti; Minzolin e troupe, in qualità di cronista Rai; infine, trafelate escono da un’auto ACI il ministro Brambrilla e l’europarlamentare Zanicchi, seguiti da Belpietro, Sallustri, Porro e altri che nella calca non siamo riusciti a riconoscere.
“Ci sono tutti”, ha gioiosamente gridato al microfono di Rete Quattro un euforico, passata l’emozione, Capezzone.
La stampa di parte e quella straniera sono state bloccate dal servizio d’ordine azzurro all’ingresso di Arcore per evitare, come ci hanno abituati, provocazioni.
Il parlamentino azzurro si situa disciplinatamente nell’emiciclo costruito per l’occasione, in legno pregiato: è meglio di Montecitorio, mi viene spontaneo pensare.
Il dibattito, preceduto da un commovente intervento dell’onorevole Quagliarello, di svolge correttamente, con toni molto bassi, anche se qualche volta giustamente indignati e provocatori verso chi ingiustamente ha deciso di eliminare per via giudiziaria il più grande statista avuto dall’Italia a partire dalla sua unità, rispettato da tutti i capi di Stato e che gli Italiani rimpiangeranno … ma avranno quello che si meritano …
Lo schieramento dei falchi, capitanato dal duo Ferrara- Santanché, il capo cinto da mutande, penso personali, dai più svariati colori con scritte inneggianti a Silvio, spinge per l’organizzazione in tutte le piazze di tutti i paesi e le città d’Italia – e se servisse anche della Libia o di Santa Lucia - adunate oceaniche per il rispetto del voto degli Italiani perché la Provvidenza arriva una sola volta, mentre il demonio della procura è sempre in agguato.
Letta, che osa dire che il conflitto istituzionale è ormai giunto a un punto oltre il quale c’è l’anarchia, viene rumorosamente fischiato, come poi succede ai moderati presenti.
- È vero, tutti noi, e non solo, dobbiamo la nostra posizione e la nostra notorietà a Silvio, però ciò che abbiamo costruito per le nostre famiglie non possiamo abbandonarlo. Non dobbiamo abbandonare i nostri interessi non torneranno più. Non torneranno più i nostri privilegi e altri si sostituiranno a noi.
A questo intervento, accorato e vero, seguono alcuni istanti di silenzio assoluto, interrotto da un lungo applauso al coro di “Silvio, Silvio”.
E Silvio, un irriconoscibile Silvio, quasi avesse perso la sua verve combattiva, prende la parola:
- Dobbiamo trattare la resa. Non ci rimane altro. Non dobbiamo mettere a rischio i nostri patrimoni … abbiamo famiglia e poi … col nostro patrimonio di voti, la nostra straboccante presenza nell’informazione e la nostra capacità di condizionamento e di attrazione, dopo un breve periodo, trascorso in un limbo dorato, ritorneremo più forti di prima, richiesti a gran voce dal popolo. Il nostro motto sarà “panem et circenses” …
Un’ovazione accompagna Silvio sul trono dorato, dove l’aspetta il fido Bonaiuti, maestro di lealtà e coerenza politica.
- Avete sentito la proposta del nostro amato presidente, grida al microfono il portavoce Bonaiuti. L’assemblea è chiamata a esprimersi, attraverso un applauso.
Nessuno si sottrae all’invito. L’entusiasmo, anche in un momento di cedimento, che si spera momentaneo, è alle stelle. Tutto è salvo! Ritorneremo più forti che prima, più determinati.
Fuori dalla villa tutto è silenzio: né giornalisti né telecamere.
Gli ospiti si fermano per annegare le passate, ormai, preoccupazioni, in una ricca cena offerta dal presidente e allietata dal bravissimo Apicella, perché, come iniziava un’antica trasmissione radiofonica degli anni sessanta, “l’allegria di ogni male è il rimedio universale”.
Nella serata di ieri, recita l’articolo di fondo, nella villa presidenziale di Arcore - nel salone delle feste - si è tenuto un concitato e pietoso consiglio di gestione del Pdl.
I membri – assolutamente in abito blu scuro i maschi, in tailleur celeste le donne – hanno incominciato ad affluire sin dal primo pomeriggio. Nel loro volto traspariva la serietà dei grandi eventi, di quegli eventi che segnano la storia.
Il ministro Bondi fa da apripista. Il viso dolente, guarda con orgoglio il papiro arrotolato che stringe nella mano sinistra, forse un’ode al capo (è stato Ferrara qualche giorno fa a chiamarlo “il capo dell’Italia”) scritta di getto sull’auto di servizio, mentre da Pompei, a sirene spiegate, correva verso Arcore. Il sottosegretario Gianni Letta si è fermato a dormire in villa. Poi arrivano, come una processione, la Santanché – si, proprio la signora dal “medio anchilosato” – che tra le mani ha ancora il cartello mostrato davanti al Palazzo di giustizia di Milano, sul quale si può leggere il motto della casa, “giudici eversivi”. Poi è la volta del ministro La Russa in tuta mimetica ed elmetto portato a mo’ di borsa con la mano sinistra, mentre con la destra porta vicino alla bocca un megafono. “Lasciatemi passare”, urla … ma davanti a sé c’è la scorta del presidente e uno stordito portavoce Capezzone che legge e rilegge il comunicato stampa in attesa che … la stampa si faccia viva. Ferrara, alle prese di un extralarge mutandone a pois e un libro su Kant, dono de Umberto Eco; Cicchitto sembra invecchiato di vent’anni, forse pensa nostalgicamente alla sua esperienza d’iscritto alla Loggia P2; l’avvocato e parlamentare Ghedini – si, il mavalà, mavalà confutativo – che trascina un carrello di fascicoli e di codici, capofila della schiera di avvocati, anch’essi onorevoli, di cui si avvale il presidente; il coordinatore nazionale Verdini, l’ex ministro Scajola, quello cui hanno intestato una casa senza che lui lo sapesse; i ministri Fitto, Romani e Sacconi; il capogruppo Gasparri, sorridente come se stesse rilasciando delle dichiarazioni; ecco, quindi la fila delle ministre, delle sottosegretarie e delle parlamentari europee, laureate e belle, anche l’occhio vuole la sua parte; Fede, l’Emilio, Minetti, l’igienista dentale del presidente, e Mora, l’esperto organizzatore e scopritore di giovani talenti; Minzolin e troupe, in qualità di cronista Rai; infine, trafelate escono da un’auto ACI il ministro Brambrilla e l’europarlamentare Zanicchi, seguiti da Belpietro, Sallustri, Porro e altri che nella calca non siamo riusciti a riconoscere.
“Ci sono tutti”, ha gioiosamente gridato al microfono di Rete Quattro un euforico, passata l’emozione, Capezzone.
La stampa di parte e quella straniera sono state bloccate dal servizio d’ordine azzurro all’ingresso di Arcore per evitare, come ci hanno abituati, provocazioni.
Il parlamentino azzurro si situa disciplinatamente nell’emiciclo costruito per l’occasione, in legno pregiato: è meglio di Montecitorio, mi viene spontaneo pensare.
Il dibattito, preceduto da un commovente intervento dell’onorevole Quagliarello, di svolge correttamente, con toni molto bassi, anche se qualche volta giustamente indignati e provocatori verso chi ingiustamente ha deciso di eliminare per via giudiziaria il più grande statista avuto dall’Italia a partire dalla sua unità, rispettato da tutti i capi di Stato e che gli Italiani rimpiangeranno … ma avranno quello che si meritano …
Lo schieramento dei falchi, capitanato dal duo Ferrara- Santanché, il capo cinto da mutande, penso personali, dai più svariati colori con scritte inneggianti a Silvio, spinge per l’organizzazione in tutte le piazze di tutti i paesi e le città d’Italia – e se servisse anche della Libia o di Santa Lucia - adunate oceaniche per il rispetto del voto degli Italiani perché la Provvidenza arriva una sola volta, mentre il demonio della procura è sempre in agguato.
Letta, che osa dire che il conflitto istituzionale è ormai giunto a un punto oltre il quale c’è l’anarchia, viene rumorosamente fischiato, come poi succede ai moderati presenti.
- È vero, tutti noi, e non solo, dobbiamo la nostra posizione e la nostra notorietà a Silvio, però ciò che abbiamo costruito per le nostre famiglie non possiamo abbandonarlo. Non dobbiamo abbandonare i nostri interessi non torneranno più. Non torneranno più i nostri privilegi e altri si sostituiranno a noi.
A questo intervento, accorato e vero, seguono alcuni istanti di silenzio assoluto, interrotto da un lungo applauso al coro di “Silvio, Silvio”.
E Silvio, un irriconoscibile Silvio, quasi avesse perso la sua verve combattiva, prende la parola:
- Dobbiamo trattare la resa. Non ci rimane altro. Non dobbiamo mettere a rischio i nostri patrimoni … abbiamo famiglia e poi … col nostro patrimonio di voti, la nostra straboccante presenza nell’informazione e la nostra capacità di condizionamento e di attrazione, dopo un breve periodo, trascorso in un limbo dorato, ritorneremo più forti di prima, richiesti a gran voce dal popolo. Il nostro motto sarà “panem et circenses” …
Un’ovazione accompagna Silvio sul trono dorato, dove l’aspetta il fido Bonaiuti, maestro di lealtà e coerenza politica.
- Avete sentito la proposta del nostro amato presidente, grida al microfono il portavoce Bonaiuti. L’assemblea è chiamata a esprimersi, attraverso un applauso.
Nessuno si sottrae all’invito. L’entusiasmo, anche in un momento di cedimento, che si spera momentaneo, è alle stelle. Tutto è salvo! Ritorneremo più forti che prima, più determinati.
Fuori dalla villa tutto è silenzio: né giornalisti né telecamere.
Gli ospiti si fermano per annegare le passate, ormai, preoccupazioni, in una ricca cena offerta dal presidente e allietata dal bravissimo Apicella, perché, come iniziava un’antica trasmissione radiofonica degli anni sessanta, “l’allegria di ogni male è il rimedio universale”.
10 febbraio 2011
IL BUON SENSO NON GOVERNA QUESTO PAESE
È disdicevole quando un potente si avvale dei mezzi che ha a disposizione, anche i più illegali, per sopraffare l’altro, il debole, o per nascondere i propri comportamenti che ne potrebbero offuscare l’immagine pubblica. Ma quale aggettivo si può usare per indicare l’azione che il presidente del consiglio, nel ritenersi perseguitato, ha intrapreso, e non solo in questi giorni, per non rispondere, come è tenuto a fare ogni comune cittadino, alle presunte – infatti, per ora sono solo presunte e lo sanno tutti i suoi parlamentari avvocati – accuse mosse dalla procura milanese di concussione e di favoreggiamento della prostituzione minorile?
Dispregiativa o indecorosa o indecente o sprezzante … ma nessun aggettivo può essere compreso se l’azione non è guidata da un delirio di onnipotenza, ormai, pur esso come l’amor proprio e la dignità, mortificato e consumato.
A me, come presumo alla maggioranza degli italiani, del colore delle sue lenzuola o di chi ci sta sotto non importa niente, anche se fare sesso con una minorenne ovunque avvenga è un reato. Ma, caro presidente, è solo un’accusa e spetta a lei provarne l’infondatezza, perché come ben sa il suo pool di avvocati, l’azione penale per il magistrato è obbligatoria e questa riguarda ogni cittadino che commette reato, in quanto, grazie alla Costituzione, tutti i cittadini sono uguali di fronte alla legge. Ciò per evitare abusi e condizionamenti che si potrebbero avere, come si hanno in molti Paesi dove la democrazia è solo di facciata e lo stato di diritto sconosciuto. Ma per fortuna, per lei come per noi semplici cittadini, l’Italia è una democrazia fondata sullo stato di diritto, per di più inserita in Europa.
Mi creda per i suoi elettori, per se stesso e per gli stessi elettori degli opposti schieramenti, vada a difendersi davanti al giudice, sicuramente davanti al suo giudice naturale, vada a esporre le sue buone ragioni, si faccia giudicare, non dia l’impressione di voler scappare … di non volersi far giudicare.
Una buona volta per tutte mostri ai cittadini le sue capacità di statista, non si contrapponga, non delegittimi i poteri dello Stato, che non sono poteri concorrenti ma poteri fondanti e cooperanti in una democrazia matura qual è quella italiana.
Io sarei orgoglioso del mio presidente del consiglio, finalmente libero da ogni presunta mania di persecuzione.
È consigliato male? E allora si liberi di coloro che la stampa definisce “falchi”. Nel suo partito ci sono eminenti costituzionalisti e uomini interregimi, chieda loro di starle vicini, lasci perdere i falsi profeti, che sempre hanno generato incomprensioni e conflitti. La nostra Italia non ha bisogno di odio né di … amore, ma di rispetto delle regole, di convivenza civile nel rispetto reciproco.
Se vuole avere l’appoggio dei suoi elettori, rinunci al mandato e misuri la consistenza dl suo carisma, attraverso lo strumento che la Costituzione le mette a disposizione: le elezioni anticipate.
Se le volete veramente potete ottenerle nel rispetto delle regole costituzionali.
Per evitare il conflitto istituzionale degeneri, per evitare che la contesa politica si trasformi in un tifo da stadio con tutto quello che vi è connesso, non basta più abbassare i toni, è necessario ormai che lei si veda per quello che è: un cittadino della Repubblica Italiana i cui diritti e doveri sono chiaramente espressi dalla Costituzione e non “il cittadino” super partes.
Dispregiativa o indecorosa o indecente o sprezzante … ma nessun aggettivo può essere compreso se l’azione non è guidata da un delirio di onnipotenza, ormai, pur esso come l’amor proprio e la dignità, mortificato e consumato.
A me, come presumo alla maggioranza degli italiani, del colore delle sue lenzuola o di chi ci sta sotto non importa niente, anche se fare sesso con una minorenne ovunque avvenga è un reato. Ma, caro presidente, è solo un’accusa e spetta a lei provarne l’infondatezza, perché come ben sa il suo pool di avvocati, l’azione penale per il magistrato è obbligatoria e questa riguarda ogni cittadino che commette reato, in quanto, grazie alla Costituzione, tutti i cittadini sono uguali di fronte alla legge. Ciò per evitare abusi e condizionamenti che si potrebbero avere, come si hanno in molti Paesi dove la democrazia è solo di facciata e lo stato di diritto sconosciuto. Ma per fortuna, per lei come per noi semplici cittadini, l’Italia è una democrazia fondata sullo stato di diritto, per di più inserita in Europa.
Mi creda per i suoi elettori, per se stesso e per gli stessi elettori degli opposti schieramenti, vada a difendersi davanti al giudice, sicuramente davanti al suo giudice naturale, vada a esporre le sue buone ragioni, si faccia giudicare, non dia l’impressione di voler scappare … di non volersi far giudicare.
Una buona volta per tutte mostri ai cittadini le sue capacità di statista, non si contrapponga, non delegittimi i poteri dello Stato, che non sono poteri concorrenti ma poteri fondanti e cooperanti in una democrazia matura qual è quella italiana.
Io sarei orgoglioso del mio presidente del consiglio, finalmente libero da ogni presunta mania di persecuzione.
È consigliato male? E allora si liberi di coloro che la stampa definisce “falchi”. Nel suo partito ci sono eminenti costituzionalisti e uomini interregimi, chieda loro di starle vicini, lasci perdere i falsi profeti, che sempre hanno generato incomprensioni e conflitti. La nostra Italia non ha bisogno di odio né di … amore, ma di rispetto delle regole, di convivenza civile nel rispetto reciproco.
Se vuole avere l’appoggio dei suoi elettori, rinunci al mandato e misuri la consistenza dl suo carisma, attraverso lo strumento che la Costituzione le mette a disposizione: le elezioni anticipate.
Se le volete veramente potete ottenerle nel rispetto delle regole costituzionali.
Per evitare il conflitto istituzionale degeneri, per evitare che la contesa politica si trasformi in un tifo da stadio con tutto quello che vi è connesso, non basta più abbassare i toni, è necessario ormai che lei si veda per quello che è: un cittadino della Repubblica Italiana i cui diritti e doveri sono chiaramente espressi dalla Costituzione e non “il cittadino” super partes.
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