Il povero ministro, circondato da studenti violenti e “vigliacchi” e da ospiti “di sinistra” è caduto in un’imboscata crudele e vergognosa. L’impari confronto ha scatenato nel ministro una forte crisi d’identità, scatenando la sua proverbiale e alta retorica. Ci ha fatto capire, a noi telespettatori, cosa è “l’apologia di reato”, quando stare “zitto”, quanto tempo concedere alla controparte in un confronto, quando si può dare del “vigliacco” a una persona e come affermare l’orgoglio di essere stato fascista e di aver chiamato “rosse” le forze dell’ordine che oggi rappresenta e dalle quali è stato non solo contestato ma anche fischiato, se non erro la stessa mattina del voto di fiducia.
Lavoratori che protestano al mattino e difensori delle istituzioni al pomeriggio, qualunque sia il governo in carica. Questa è una lezione di responsabilità e un grande senso dell’appartenenza alla Repubblica, non a un governo.
La crisi d’identità del ministro deve preoccupare qualunque cittadino italiano, anche se elettore del Pdl. Non è una bella cosa vedere un proprio rappresentante arrivare a eccessi di quel genere, contestare e voler zittire, con una violenza verbale non pensabile in un rappresentante dello Stato, le ragioni degli studenti, invece di ascoltare e instaurare un dialogo civile. Ascoltare le ragioni degli altri, di quella parte che non è rappresentata in un’aula parlamentare, mentre si sta per approvare una riforma dell’Università che sarà determinante per il loro futuro, dovrebbe essere un atto di profonda responsabilità e di alto valore democratico.
Il popolo italiano ha dato a questo governo licenza di governare non licenza di imposizione. Riforme di tale portata vanno discusse a più voce e scritte a più mani.
Il passato che ritorna non sempre è buona cosa, specie se ammantato da nostalgia.
18 dicembre 2010
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