Dopo mesi, durante i quali ogni componente ha dato il meglio di sé (o il peggio?), dopo centinaia di ore di contrattazione, dopo accuse reciproche (non sempre false), dopo minacce e ricatti, finalmente l’affare (proprio un affare per l’italianissima cordata, almeno nei nomi e nei…fatti!) si è concluso, con la soddisfazione di tutti.
Sfogliando i giornali, ma, soprattutto, ascoltando la TV, tutti cantano vittoria, sminuendo il contributo (?) dato dal resto della cordata…pardon… dei medici (pochi) e degli infermieri (tanti) che si sono aggirati e agitati al capezzale di Alitalia.
Ma quel che conta per i nostri aspiranti stregoni, o già lo sono?, è che Alitalia, la parte sana (che ne sarà dell’altra, quella coi debiti che il ministro Tremonti, il principale azionista della “vecchia” Alitalia ha conservato, chi ripianerà i suoi debiti, che ne sarà dei suoi dipendenti? La solita vecchia soluzione: i cittadini italiani se ne accolleranno i debiti, i sindacati scenderanno in piazza, contratteranno, i politici parleranno di soluzione ottimale e gonfieranno il petto in segno di orgogliosa vittoria) è salva, che è rimasta italiana, almeno per i prossimi cinque anni, che questa e non un’altra cordata ha prelevato l’azienda.
Se questo è stato l’intendimento di Berlusconi e del suo governo, allora hanno vinto.
Se questo è stato l’intendimento dell’opposizione, allora ha vinto.
Se questo è stato l’intendimento dei sindacati, allora hanno vinto.
Se questo è stato l’intendimento delle banche (sarebbe meglio parlare di banca), allora hanno vinto.
Se questo è stato l’intendimento della “cordata”, allora ha vinto.
Se questo è stato l’intendimento dei cittadini, allora hanno vinto.
Tutti contenti e vittoriosi!
Ma allora, chi ha perso?
E’ una buona domanda, che non va rivolta agli attori della vicenda, parti interessate, ma ai cittadini, agli spettatori, preda d’imbonitori e di personaggi squallidi, seppur di lungo e vantaggioso potere politico e mediatico, ai cittadini consapevoli e non schierati a priori, pochi e male informati, come del resto lo sono “gli schierati”.
Ecco, la vera sconfitta è stata, come al solito, l’informazione.
Secondo il mio modesto parere, se vittoria c’è stata, non è stata una grande vittoria, ma un compartecipato banchetto sulle spoglie di un’azienda che poteva essere salvata senza un costo così elevato per le tasche dei cittadini contribuenti. Per gli altri cittadini, quelli che le tasse non le pagano o le pagano all’estero, quelli che portano la bandierina dell’italianità, è stato come andare al teatro e assistere alla solita farsa del soliti autori da quattro soldi e al solito finale: i quattro soldi miracolosamente trasformati in milioni…
Avendo assodato chi veramente ha perso, vediamo come si pongono gli altri elementi che inneggiano alla vittoria.
Berlusconi e i ministri responsabili (solo della trattativa, per carità!) sicuramente hanno ottenuto quanto si erano prefissati, anche se non tutto e come volevano, per colpa dei soliti comunisti della Cgil e del Pd (ma dove sono? Bisogna avere un microscopio atomico per trovarli! E poi, magari ce ne fosse …uno.). Sono tre i ministri responsabili: Tremonti, Sacconi e Matteoli.
Tremonti, principale socio di Alitalia, ha evitato di comparire in Tv, ma ha partorito, infaticabile creatore, l’idea di dividere in due l’azienda, trattenendo per sé, pardon, per noi, la parte che servirà a esercitare la sua creatività, quella dei ministri competenti (è solo un vocabolo per dire “della partita”) e dei sindacati, non quelli di Bonanni e Angetetti, che alla creatività, troppo logorante, preferiscono firmare come atto di sottomissione. Che dico, oggi do i numeri. Volevo, infatti, dire “di stima “ verso il massimo creatore.
Sacconi ha fatto di tutto e anche di più (il famoso algebrico n + 1). Sempre al tavolo delle trattative e in Tv ha spiegare che oltre alla CAI c’era il baratro, a dirci che il giorno dopo sarebbe mancata la benzina, che avrebbero ritirato la licenza di volo, che lui al posto di Colaninno avrebbe firmato lo stesso, che la Cgil era la causa di tutti i mali, che …o la CAI o la morte: con la nuova (o vecchia?) scolastica valutazione numerica avrebbe meritato un 1+ d’incoraggiamento. Alla fine, comunque, con l’aiuto i Matteoli, più signorile e meno ingombrante, ma sempre ripetitivo sulla necessità e insostituibilità della Cai, è riuscito a portare a casa l’accordo. Ma che fatica! Ma dietro a tutti, l’infaticabile, il mai domo, l’imprenditore degli italiani, il deus ex machina, Silvio Berlusconi, il suggeritore di ogni azione del sottosegretario Gianni Letta (che Dio glielo conservi!).
Il comportamento di Epifani e della Cgil, non sempre scevro da errori, ha quanto meno costretto Fantozzi, il commissario governativo, non il personaggio interpretato con successo da Paolo Villaggio, ad aprire, anche se fuori tempo massimo, un bando che porterà le grandi compagnie estere a partecipare con una consistente quota di minoranza allo storico salvataggio e alle considerazioni finali: il governo ha bloccato la trattativa sull’unico concorrente fortemente voluto, coinvolgendo il commissario Fantozzi a subire (o fare?) il suo gioco; visto il tardivo bando, vuol dire che si poteva fare prima e così, aprendo al mercato, si sarebbe creata più competitività migliorando, con ciò, le condizioni di vendita. Dov’è la vittoria?
E l’opposizione? Stando alle dichiarazioni di Veltroni e soci, è grazie all’opera di mediazione da loro effettuata tra Colaninno ed Epifani che la situazione si è sbloccata. Sarà forse vero, ma non hanno mai inciso sull’opinione pubblica né sulle parti in campo, distinguendosi per l’inedia mostrata e la mancanza di proposta. Per non urtare la suscettibilità del ministro ombra Colaninno, il figlio del presidente della Cai?
Solo supposizioni, s’intende, perché alla fine sono scesi in campo per dire che “accusano il governo d’incapacità e di dilettantismo nella trattativa, ma, tuttavia, vista l’unica proposta, è opportuno che i sindacati firmino l’accordo”. Eccezionale! Dov’è la vittoria?
Sicuramente le banche, come succede sempre in Italia, hanno vinto. Banca Intesa ritroverà i soli prestati e potrà contare sulla riconoscenza del Presidente del Consiglio.
Ma il ruolo delle banche non dovrebbe essere quello di prestare soldi e ricavare così l’utile per loro e i risparmiatori? Diventano, invece, azionisti delle principali aziende italiane condizionandone l’azione. L’impresa sono loro…i soldi sono loro...l’Italia sono loro! Hanno vinto, senza dubbio.
E la cordata tricolore? Ha vinto con assoluta certezza.
Hanno comprato un’azienda senza debiti a condizioni vantaggiose, con rischi minimali. Qualche volta, secondo copione, Colaninno e compagni (!) hanno fatto il viso duro, ma sapevano che prima o poi tutto si sarebbe concluso come concordato col governo.
Il sistema Italia, quello di sempre, quello di “pantalone” ha retto. Per quanto tempo ancora?
29 settembre 2008
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