La parola giustizialismo indica il movimento politico argentino fondato da J.D.Peron negli anni 50. Nel linguaggio comune di oggi s’intende l’utilizzazione della magistratura come strumento di lotta politica. Come parola abusata, cui vengono attribuiti vari significati e attribuzioni, diventa “onni-significativa”.
Diventa, infine, un’infamante arma politica che permette a chi la usa di colpire chiunque osi affrontare l’argomento “giustizia” nel suo vero significato e considera la magistratura come uno dei tre poteri fondamentali su cui si fonda lo Stato moderno (Montesquieu docet, “Lo spirito delle leggi”), separato degli altri (legislativo ed esecutivo) e indipendente.
Mi sembra corretto che le cosiddette leggi ad personam (rogatorie internazionali, decorrenza dei termini, lodo ex Schifani e ora Alfano), cioè studiate apposta per salvare un perseguito da una sentenza o per evitare che il processo giunga alla sentenza, vengano discusse in Parlamento dove i politici possono prendere posizioni diverse, addirittura oppposte, senza per questo essere additati a pubblico ludibrio.
Ma le cose, nel nostro Parlamento non stanno proprio così e si fa un uso molto improprio, a mio vedere, della parola ”giustizialismo”. Così Di Pietro, ex giudice di mani pulite e destinatario allora di una proposta ministeriale da parte dell’attuale premier, è un giustizialista perché osa opporsi all’uso personale del Parlamento e dell’Esecutivo (come si chiamerebbe? Dittatura democratica o Democrazia dell’Apparenza).
Il decreto bloccaprocessi e il lodo Alfano sono gli ultimi esempi dell’uso personale e distorto che una maggioranza condizionata e perciò umiliata fa del Parlamento e della giustizia.
Penso, come moltissimi italiani, che il capo di un governo non debba aver problemi con la giustizia e che non spetti né a lui né ai suoi parlamentari sostituirsi alla giustizia, decretando una sentenza d’innocenza.
Penso ancora che sarebbe una garanzia per i cittadini se il capo del governo chiedesse di essere giudicato, chiedendo una rapida conclusione del processo, dimostrando così a tutti la sua innocenza non presunta.
Penso, infine, che gli italiani sarebbero contenti di essere governati da un premier senza pendenze di varia natura, se, insomma, Mills fosse un giustizialista dedito alla calunnia e alla diffamazione.
Un parlamento che decreta la fine della giustizia uguale per tutti, quella, per intenderci, con la bilancia perfettamente in linea, si può chiamare un parlamento “giustizialista” o un parlamento “di tutela” o un parlamento “di rappresentanza istituzionale”…per le grandi occasioni. Non dimentichiamo che fra qualche anno si eleggerà il presidente della Repubblica ed è giusto che la strada sia sgombra.
22 luglio 2008
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