Venerdì sono stato in edicola a comprare il quotidiano. Preparo la moneta, € 1,30 perché è la giornata dell’inserto a pagamento. L’edicolante mi fa gentilmente notare che devo ancora 20 centesimi per il recente, per la verità mattutino, aumento.
In fondo, nonostante la mia protesta con un soggetto estraneo al problema, cosa sono 20 centesimi? 400 ca delle vecchie lire, il 40% preciso d’aumento dell’inserto, sicuramente adeguato al costo della vita, un incasso netto, volendo considerare per buona la tiratura di 759.945 copie (dati pubblicati dallo stesso quotidiano), di € 151.989 che moltiplicati per 52 settimane, danno la somma di € 7.903.428 d’incasso annuo, solo per un meschino aumento di 20 centesimi.
Allora perché la polemica?
Fermo restando che l’editore, in un Paese ad economia liberista, può aumentare il suo prodotto quando vuole e di quanto vuole, sarà poi la concorrenza a verificarne o a confermarne la bontà, la cosa che mi riesce difficile a capire è perché si obbliga il lettore a comprare quotidiano e inserto, interessante e ben fatto quanto possa essere.
Penso che il lettore abbia il diritto di comprare ”il quotidiano” e non l’inserto che può non essere di suo gradimento né riscontra il suo interesse.
Io non so se il lettore può pretendere dall’edicolante il quotidiano al prezzo degli altri giorni, rifiutando, quindi, l’acquisto dell’inserto: sarebbe un fatto non solo di civiltà ma anche, e soprattutto di rispetto del lettore e della sua libertà di scelta.
Il garante dell’editoria saprà bene se l’editore sta compiendo un atto illegittimo o sta esercitando un diritto previsto. Nel caso d’illegittimità al garante corre l’obbligo d’intervenire a tutela del lettore.
L’editore, da parte sua, se esercita secondo norma, farebbe bene a citarla nella sua completezza a garanzia di se stesso e del lettore.
Invierà questa mia a vari editori, ma sicuramente non riscontrerò risposta, com’è costume in questa piccola Italia piena di grandi privilegi, come quelli di cui usufruisce la stampa.
29 giugno 2008
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