25 dicembre 2007

PAROLE AL VENTO DI UN PAROLAIO

Il parolaio rosso, come lo chiama Pansa, nella conferenza di fine anno, sputa sentenze e proposte pregne di qualunquismo e di demagogia e lancia un duro monito sulle intercettazioni.
Non vanno rese pubbliche perché “è una violazione dei diritti (perfetta sintonia col Cavaliere che li definisce un crimine) individuali del cittadino e della persona (appassionata difesa della “casta” e commovente solidarietà). Sono tutte cattive (se tutti siamo corruttori, nessuno va in galera). Ciò che emerge …non deve essere usato per colpire qualcuno (giusto! Specialmente se cittadini di comprovata moralità, assolti per decorrenza dei termini…), e guai al loro uso politico che va bandito (la ciliegina sulla torta! I politici, nell’esercizio delle proprie funzioni, sempre più allargate e improprie, devono essere intoccabili…non censurabili)”.
Quando il politico, di qualunque colore, finisce sui giornali che rendono note le sue malefatte attraverso pubblicazioni integrali delle sue telefonate, tutti fanno quadrato (domani potrebbe toccare a loro…Dio salvi il re!) e Bertinotti, la terza carica dello Stato, con le mirate esternazioni rappresenta uno dei lati forti.
E’, comunque, paradossale parlare dei diritti individuali del cittadino, quando gli stessi parlamentari continuamente li calpestano, dimostrando che contano solo i loro diritti, consolidati da apposite leggi che loro stessi votano. Ma parlare e ancora parlare, fa chic!
E ammette che dalla vicenda BER – RAI , emergono (bontà sua!) “forti elementi di degrado del costume (affermazione assai generica, considerando che esistono nomi e cognomi…un colpo alla botte e una al cerchio!)”. Siamo fatti proprio così perché “il trasformismo è parte della storia italiana (come dire:siamo figli dei nostri cattivi padri, non abbiamo colpa alcuna)… interrotto dalla nascita dei partiti di massa (se l’equazione fosse vera la nascitra di F.I. avrebbe dovuto portare una maggiore etica nella politica italiansa, ma così non è stato. Inoltre, siccome Rifondazione non è un grande partito di massa, Bertinotti dovrebbe agire di conseguenza).
Sinceramente, dal presidente Bertinotti mi aspettavo di più e meglio, ma si vede che il suo più grande pregio è quello di saper usare la bocca, salvo quando attacca, nonostante il ruolo super partes fortemente voluto, il governo di cui il suo partito è parte integrante.
Forse non riesce a dividere il ruolo istituzionale dal malcelato leaderismo di uomo di parte. Forse non si rende conto che se tutti tirano la corda questa prima o dopo si spezza e le parole poi serviranno a poco. Forse, nonostante la sua cultura profonda e salottiera e il suo passato di sindacalista, non è in grado di capire dove sta andando il Paese.
L’onorevole Bertinotti deve scegliere tra lo stare al governo e avere le mani legate perché parte di una coalizione o lasciare il governo e avere le mani libere e lavorare per l’orticello di Rifondazione. Ma prima deve verificare ciò che è bene oggi per il Paese che, per quanto afferma, mostra di conoscere: “non si può negare che c’è una crisi paralizante che riguarda l’intero sistema politico istituzionale” e “se non si fanno le riforme rischiamo una deriva drammatica in cui non si salva nessuno”e, cosa grave, “ senza riforme si limita la maggioranza e si penalizza l’opposizione”.
Tutto vero. E allora? Interrompa il flert con le parole e faccia parlare i fatti con proposte vere, semplici e incisive. Non la luna, ma la semplicità del contadino che della sua terra conosce tutto.

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