21 gennaio 2007

TUTTI PER LE LIBERALIZZAZIONI, SPECIE I BENZINAI

Tutti vogliono le liberalizzazioni. Tutti le ritengono necessarie allo sviluppo grazie al formarsi di una vera concorrenza. Tutti ne trarrebbero benefici, specialmente i consumatori.
Ma non toccate i taxista. Per carità, lasciate stare le farmacie. E gli avvocati…e i geometri …e la telefonia… ora è la volta dei benzinai, i quali hanno già minacciato due giorni di scioperi per dire “no” , fanno sapere, alla Gdo (Grande distribuzione organizzata), cioè alla vendita dei carburanti nei super e ipermercati, come avviene in tutti i Paesi d’Europa. In Italia la Gdo gestisce solo lo 5% dei distributori, mentre nei Paesi dell’UE supera il 50% con vantaggi per i consumatori.
Non è solo il ministro Bersani che parla di liberalizzazioni, ma anche e soprattutto l’Autority presieduta da Catricalà che afferma: “Occorre sboccare l’evoluzione del mercato della distribuzione dei carburanti per aumentare la competitività e ridurre il prezzo industriale, che in Italia è costantemente più elevato della media dei 15 paesi UE”.
I Benzinai, come altre categorie commerciali, rappresentano una lobby o sono espressione di un monopolio. Infatti, poiché vendono un bene di cui non si può fare a meno per .lo sviluppo dell’economia, possono ricattare il governo, minacciando lo sciopero che, in realtà, crea un danno ai molti lavoratori costretti a quotidiani spostamenti.
Una cosa è certa: il governo, se decide di fare le liberalizzazioni e le fa tenendo conto degli interessi generali, abolendo privilegi, ormai considerati diritti, o chiude gli occhi e fa finta di niente senza spargere false attese tra i sempre bistrattati consumatori che, a proposito della benzina, hanno alcune domande da fare:
- se da Dicembre il greggio è calato del 22,4%, perché la benzina verde solo dell’1,7% e il gasolio del 3,8%?
- perché se aumenta il greggio (il famoso barile) il prezzo della benzina aumenta subito e quando scende, mai del giusto importo, non si ha lo stesso immediato calo?
- perché in Italia il prezzo della benzina è superiore a quello praticato in paesi non produttori come la Spagna o l’Austria?
- Su 100 € di spesa di benzina, 65 € sono tasse (accisa e IVA), non è troppo?
Una corretta liberalizzazione, oltre a istaurare una vera concorrenza, risolverebbe il problema degli orari e della qualità del servizio.
Dopo l’esperienza di liberalizzazione del servizio taxi, è giustificata la paura che tutto cambia perché niente cambi
Vedremo, ma Bersani sia coerente con quanto afferma di voler fare, la famosa lenzuolata, non cedendo ai piccoli interessi di bottega (sono tanti i politici interessati).
I cittadini apprezzeranno se saranno date risposte alle domande sopra formulate.

18 gennaio 2007

ANTIAMERICANI E FILOAMERICANI…CHE NOIA

Ma che significato hanno le due espressioni “filoamericanismo” e antiamericanismo”?
Nessuno. Servono soltanto, come sempre, a dividere e colpevolizzare. E’ un linguaggio obsoleto, come obsoleta e la politica e la cultura italiana.
Ogni movimento labiale, ogni batter d’ali, ogni espressione innaturale della natura, da noi assumono una caratterizzazione poitica e meritano intere pagine nei quotidiani e intere serate in TV.
Tante e legittime sono le ragioni dell’allargamento della base americana (o della NATO?) a Vicenza, ma altrettanto legittime e numerose sono le ragioni di chi vi si oppone.
Il punto di partenza deve essere, come in ogni democrazia che si rispetti, un attento e partecipato momento di confronto delle diverse posizioni per trovare un equilibrio, cioè verificare se ci sono elementi comuni da cui partire per dire si o no all’ampliamento della base, fuori da contrasti ideologici, quasi sempre strumentali e fuorvianti.
Dire come fa Prodi,”non ne sapevo nulla e credo che queste decisioni vadano prese con maggiore conoscenza da parte dell’opinione pubblica”, non è cosa né buona né giusta.
Prodi, presidente del Consiglio, non può affermare di non sapere nulla, nessuno ci crede e sarebbe bastato che nei mesi scorsi avesse letto i giornali… almeno per informarsi (o erano secretati?).
Come non può lamentare il mancato coinvolgimento dell’opinione pubblica alla fine di un percorso. Poteva pensarci prima. Invece ha dato l’impressione di aver scerlto perché costretto.
Non sono d’accordo su quanto scrive P.Battista (Corriere del 18/01/07).
Innanzitutto, perché cerca di confondere i lettori quando afferma che “una base americana resta americana a prescindere che l’inquilino della Casa Bianca sia repubblòicano o democratico, falco o colomba, rude o moderato”.
Si può obiettare che i presidenti degli USA, per il potere di cui sono investiti, condizionano scelte che sono destinate ad avere notevole influenza nello scacchiere internazionale.
Questo il dottor Battista lo sa, come lo sa lo storico Teodori, e se lo ha dimenticato basta ricordargli a cosa ha portato, per non andare troppo lontani, la presidenza Bush non solo in Medio oriente ma anche in Europa e cosa non fa per l’ambiente (trattato di Kioto non firmato).
Per cui non c’entra né l’unilateralismo di Bush, né una politica funzionale alle guerre di Bush, né l’appoggio alla politica fallimentare o criminale di Bush. Se così fosse, Battista avrebbe ragione. Ma le motivazioni di chi non vuole la base posso no essere altre e legate a fattori ambientali e di salvaguardia degli interessi nazionali.
Il dottor Battista non ha mai pensato che in Italia di basi americane o NATO ce ne sono tante e che la guerra fredda è finita da un pezzo? Che di fatto, volenti o no, fanno dell’Italia un Paese limitato nelle scelte di politica estera? Non possono dirci cosa contengono gli arsenali di Ghedi e di Aviano prima di chiedere che venga costruita un’altra base? Se contengono, come sembra, testate nucleari non le sembra giusto che gli Italiani siano informati e, inoltre, sappiano che l’Italia, avendo firmato il TNP (Trattato di non proliferazione nucleare, entrato in vigore il 05/03/1970), non può ospitane nel suo territorio, ne tantomeno gli USA possono detenerne in Italia (art.1 del TNP)? Che tutto ciò, oltre a violare il TNP rappresenta una limitazione della sovranità nazionale e la violazione dell’art:11 della Costituzione? Non possiamo chiederci perché gli americani abbiano deciso di traslocare da Bamberg a Vicenza? Ha forse influito la sua vicinanza al nuovo teatro medio orientale? Non possono voler salvaguardare il territorio da una situazine ambientale non sostenibile? A cosa serviranno le basi e come verranno usate? E’ giusto a sessant’anni dalla fine della seconda guerra mondiale ospitare ancora basi militari che godono del diritto di extraterritorialità?
Nonostante le tante domande, io penso che possiamo confrontarci senza dividerci in filo o anti americani, ma dichiarandoci soltanto italiani, orgogliosi della nostra autonomia, che discutiamo e ci interroghiamo sull’utilità di simil ammassamento di truppe USA sul nostro territorio.
E’ chiaro, quindi, che tra i cittadini non politicizzati non esiste un “antiamericanismo d’istinto”. Esiste, invece la coscienza di uomini liberi e consapevoli che le scelte di oggi determinano non solo il nostro futuro ma anche quello dei nostri figli.

17 gennaio 2007

STATALI : DUE MESI DI ASSENZE

La Ragioneria generale dello Stato ha pubblicato i dati relativi alle assenze degli impiegati statali in un anno.
I giornali, impadronitisi della notizia, gridano all’assenteismo: lavorano poco, sono una palla al piede allo sviluppo, sono dei fannulloni.
Non voglio difendere gli statali, ma qualcosa voglio dire.
Innanzitutto, mi sembra poco professionale che i giornalisti, che dovrebbero ben soppesare le notizie prima di pubblicarle con molta superficialità, ne fanno uno scoop, diffondendo un profondo stato di malessere tra i lavoratori e dannosi contrapposizioni tra i lavoratori pubblici e i privati.
Dello schema pubblicato (la Repubblica del 15scorso)si evince quanto segue:
- dal computo delle assenze vanno detratte le ferie (sono “assenze”, ma obbligatorie);
- le giornate di sciopero (un diritto di tutti i lavoratori, non retribuito);
- le assenze non retribuite (previste dai contratti pubblici in quanto ogni lavoratore , pubblico o privato, ha sempre qualche problema…o no?)
Rimangono le assenze per malattia. Ma chi non si ammala nel corso dell’anno? Vogliamo regolarizzare la malattia (non più e … non retribuita)? O vogliamo penalizzare l’ammalato?
Risulta che i lavoratori assenti per malattia sono sottoposti giustamente, a dei controlli dalle ASL.
Stando ai dati, un insegnante mediamente si ammala 12,63 gg l’anno, l’impiegato pubblico,18,71. Dove sta lo scandalo? Certo, i furbi, come in ogni famiglia, ci sono sempre e allora, invece di generalizzare, facendo di ogni erba un fascio, sarebbe opportuno controllare che le malattie siano vere e che non ci siano strane compiacenze.
L’assenza dal lavoro comporta scarsa produttività, si dice. E’ vero. Ma perché non si indaga cercando la ragione della mancanza di motivazione? Ci sono tanti disoccupati pronti a rendersi utili.
Non ho capito, comunque, dove sta l’assenteismo, né l’allarmismo che traspare dai titoloni dei giornali.Ma richiedo, a proposito di produttività, la Ragioneria non poteva impiegare meglio il suo tempo e i “nostri” soldi?

13 gennaio 2007

I POLIZIOTTI DI BUSH COLPISCONO ANCORA

Gli americani Bush, non contenti di aver destabilizzato larea medio-orientale con la guerra all’Iraq super armato con armi di distruzione di massa e pieno di terroristi travestiti da poveri cittadini, hanno puntato le armi in somalia bombardando i villaggi di Hayo, Garer, Bankajrow e Badmadowe.
L’hanno fatto per difendere l’Occidente dal terrrorismo e quei villaggi di fango (in realtà bunker di cementoi) erano covi di terroristi pericolosi e ricercati.
I morti non si contano (ma in compenso è stato eliminato un pericoloso ricercato!), i feritinemmeno; i villaggi sono stati rasi al suolo…ma erano solo un insieme di catapecchie che saranno ricostruiti più belli e decorosi.
Se i gendarmi del mondo in Iraq e in Afganistan hanno esportato la democrazia (non fa niente se per mantenerla Bush manderà altri 21 mila soldati), cosa stanno esportando in Somalia?
Perché il mondo civile non osa protestare in maniera decisa, prendendo le distanze da atti che se compiuti da altri diventano atti di terrorismo?
I nostri valorosi opinionisti da poltrona e i nostri conduttori televisivi, altrettanto valorosi e comodamente seduti, saranno affaccendati in altre faccende, come dice il poeta.
E i politici? Per la verità D’Alema, Prodi, Diliberto e Sentinelli (PRC) hanno espresso parole di condanna. E gli altri? Loro pensano risolvere i problemi vicini, convegno di Caserta, Convenzione di Amato, fase 2, riforma elettorale, referendum, richieste di dialogo, pensioni, liberalizzazioni…destra e sinistra, centro….

IL PAPA IPERVERSA NELLE TV ITALIANE

Non c’è giorno che i TG delle varie reeti televisive non parlino diffusamente delle esternazioni del Papa e delle prese di posizione della CEI.
I ragionamenti non riguardano i soli fatti di fede o di amore e di carità cristiana. Vanno oltre. Riguardano la sfera sociale, e fin qui niente do dire, fino ad invadere la vita politica dell’Italia che se non erro, è uno Stato laicoIl Pontefice ela CEI non si limitano ad esprimere ilò loro parere su ogni aspetto della vita pubblica, ma condizionano le scelte politiche del parlamento che, data la mediocrità culturale ed ideologica, entra in fibrillazione, disattendendo spesso i valori della “nostra” costituzione.
Il pontefice è di casa nello “nostra TV pur non possedendola (non è tenuto nemmeno a pagare il canone), tanto da apparire più del Presidente della Repubblica.
La TV martella ne menti e la coscienza, un ritorno al medioevo, di milioni d’Italiani (no pacs, matrimonio sacro e indissolubile, vera famiglia, famiglia distrutta dai “diversi”, libertà religiosa…) più e meglio nel miglio opinionista del più diffuso quotidiano.
Ma il Papa non può essere contemporaneamente capo di Stato, capo religioso e leader politico, vantandone le prerogative. Nel suo Stato, la Città del Vaticano, l’unica monarchia assoluta ancora esistente, può fare e pretendere questo ed altro, ma in Italia l suoi “stati”, diversi ma intimamente legati, vanno considerati ingerenza negli affari interni di una Stato, tra l’altro non confessionale .
La popolazione italiana non è composta di soli cattolici e lo stato deve dare rappresentanza a tutti e fare in modo che ogni cittadino possa esplicare i propri diritti, che sono i diritti di ogni uomo libero.
Ecco, uno Stato laico e democratico deve avere questo obiettivo: il Parlamento nel varare le leggi deve tener conto delle minoranze e delle libertà intime di ognuno.
Art.3 della Cosituzione: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione…”
Art. 7 della Costituzione: “Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani”.

08 gennaio 2007

LA CONVENZIONE DEL DOTTOR “MOLTO” SOTTILE

Ministri, segretari di partito, portavoce fanno a gara a esternare e a fare proposte, anche non richieste.
Non poteva mancare, data la sua autorità di ex presidente del consiglio, il ministro Amato che, alunno diligente, ha prontamente risposto all’appello del presidente della Repubblica, proponendo una Convenzione sulla riforma elettorale.
La Convenzione, come afferma il dottor molto sottile, ”nominata dal parlamento” sarà “estesa anche ai non parlamentari (docenti, giuristi, saggi di estrazione diversa)” mentre Prodi potrà portare avanti con serenità l’attività di governo.
Amato è uno che vale, un creativo, e la proposta è stata un lampo di genio.
Non essendo il solo estemporaneo-creativo della coalizione di governo, si ha l’impressione che il povero Prodi passi più tempo ad esaminare questo flusso di idee geniali che a governare.
Rientra sicuramente nella normalità che ministri, segretari di partito, portavoce, elaborino proposte ed esprimano pareri personali, ma è grave che le troppe esternazioni su ogni problema avvengano nella libertà più completa che rasenta l’anarchia.
Un governo, seppur diviso in ministeri, è un corpo unico coordinato da un presidente, oggi Prodi, che, in quanto primus inter pares, merita almeno il rispetto di essere informato.
Diversamente, l’esternazione diventa prevaricazione e indebolisce il ruolo del premier, creando confusione diffusa e dando all’opposizione occasione di critiche e attacchi che portano gli elettori a dubitare e all’allontanamento.
Ritorno alla Convenzione perché vorrei fare al ministro Amato alcune semplici domande per capire:
- detta Convenzione rapprese il seguito della non dimenticata e fallimentare bicamerale allargata ai non parlamentari?
- I partiti non rappresentati in Parlamento avranno diritto di rappresentanza tara i non parlamentari?
- Quale procedura seguirà il Parlamento per nominare i parlamentari?
- Chi insidierà la Convenzione, un parlamentare o un …saggio?
- I partiti presenti in parlamento saranno rappresentato in relazione ai voti presi alle elezioni?
- Il parlamentare dovrà essere in possesso di una specifica qualifica?
- Tra i docenti, quali: quelli di diritto, di storia, d’informatica…?
- Perché sono stati esclusi i pensionati, e le casalinghe e i disoccupati…?
- Quali doti dovrà possedere in non parlamentare per essere definito “saggio” e tra i saggi chi sarà il più saggio?
- Cosa si intende per “estrazione diversa, è riferita allo status ideologico, sociale, fisico…?
- Se l’estrazione è riferita all’ideologia, saranno ancora i partiti a indicarli, tenendo sempre conto della rappresentatività parlamentare?
- Di quanti membri sarà composta la Convenzione?
- Come si arriverà alla formulazione della proposta che poi il Parlamento approverà (sarà il Parlamento ad approvarla, o no?); sarà votato ogni singolo articolo o la proposta nella sua unicità; per voto paese o segreto?
- e se tra i saggi capiterà un senatore a vita, potrà votare o all’uopo sarà approvata una norma?
- Sarà stabilito un tempo di conclusione dei lavori?
- Saranno previste consulenze esterne e quale budget sarà assegnato?
Alle tante domande ne aggiungo un’ultima: perché non proporre una Costituente eletta direttamente dal popolo che potrebbe interessarsi anche della Costituzione?
Non voglio che il ministro prenda sul serio le mie troppe domande e non pretendo alcuna risposta che potrebbero distogliere la sua attenzione dal grave compito che gli è stato assegnato, perché la mia è solo una esercitazione retorica.
Viviamo in un Paese libero dove c’è libertà di espressione e dove è opinabile che ciò possa portare ad alimentare confusione e imbarazzo, specie in momenti di grave crisi d’immagine.
Avrei finito, ma il mio amico, il solito rompiscatole, mi fa notare che l’uscita di Amato è stata quanto meno intempestiva in quanto c’era in atto una iniziativa dell’onorevole Ghiti in nome e per conto del governo e sarebbe stato corretto aspettarne l’esito. E poi, continua, cosa ci sta a fare il Parlamento?Anche il mio amico, con la sua logica disarmante, ha ragione?

06 gennaio 2007

DE MICHELIS E L’ETEROGENESI DEI FINI OVVERO L’UNITA’ DEI SOCIALISTI

Per Gianni De Michelis la discussione sulla costituzione del PD favorirà, grazie alla eterogenesi dei fini, la ricomposizione della diaspora socialista.
Sarà pure vero, me lo auguro come se lo augurano tutti i socialisti, ma quando Gianni incomincia a filosofare, introducendo paletti e palettini, perde il filo e l’obiettivo.
E’ sempre successo così alla vigilia di ogni elezione. Tanto discutere e poi ognuno va per lidi diversi, anzi opposti. Non so se per la citata eterogenesi dei fini o per propria scelta.
Per ricostruire un soggetto politico socialista, innanzitutto autonomo, si deve partire dai valori e dagli obiettivi, abbandonando l’idea che il socialismo italiano si debba identificare nella sola figura, seppur considerevole, di Bettino.
Così come non vale iniziare facendo discriminazioni dovute a collocazioni e obiettivi diversi o vantando primogeniture o considerandosi i veri e soli resistenti.
In questo caso molti, a cominciare dallo stesso NuovoPSI, non avrebbero ragioni valide per iniziative di unità attorno ai valori cui Gianni si richiama. Per due legislature, infatti, il NPSI è stato alleato del centro destra accanto alla Lega, ad AN e suoi corpuscoli, una collocazione innaturale sia dal punto di vista storico che dei valori rappresentati che sicuramente lo ha allontanato dal socialismo europeo, democratico e riformista. Inoltre, dare la colpa ad altri (congiure, imboscate …) del disastro socialista non aiuta a ricomporci e andare avanti.
E se oggi Gianni afferma che l’appartenenza al socialismo europeo deve essere “chiara ed esplicita” per “tener conto delle sfide del xxi secolo”, siamo perfettamente d’accordo purché sia coerente alla prioritaria scelta di campo in Italia.
Condizione precipua per l’unità socialista è la condivisione “di una identità socialista democratica, riformista e liberale come in tutte le altre democrazie europee”, finalmente, con una scelta di campo che non porti ambiguità di alcun genere.
La legge elettorale potrebbe essere un momento di aggregazione fondamentale.
Ma il ritorno ad un soggetto politico socialista che nasce “nella continuità dell’esperienza storica del PSI” non può basarsi sulla fusione, sic et simpliciter, dello SDI e del NPSI che Gianni considera gli unici eredi della centenaria storia del socialismo italiano.
Si deve andare oltre. Bisogna aggregare tutti i movimenti e le associazioni di ispirazione socialista, senza presunzione di primogenitura ne l’arroganza della presenza parlamentare che pur c’è, ma con l’umiltà di chi sa che per ristrutturare la casa che si abita occorre rifare ex novo l’impianto idraulico e quello elettrico, il pavimento e gli infissi….
Più saremo chiari nei propositi e decisi nell’abbandonare presunte rendite, tanto più potremo far risorgere l’orgoglio socialista. Un atto di coraggio, insomma, che riscatti anni di diatribe interne e di compromissioni esterne con collocazioni spesso innaturali, nate a volte dalla necessità di esistere.
Dobbiamo confrontarci senza preconcetti, con lo sguardo rivolto al futuro prossimo,con l’ottimismo di un adolescente forte del sostegno dei padri.
E’ possibile guardare con interesse alla nascita del PD (potrebbe comportare un movimento di intelligenze politiche a noi favorevoli – eterogenesi dei fini), ma procedendo con caparbietà alla ricomposizione del socialismo italiano che potrebbe rappresentare la terza o la quarta forza riformista nel confronto estremizzante tra destra e sinistra, “lasciandosi alle spalle i connotati bastardi del bipolarismo all’italiana”.
Ricordo, infine, che un esercito non è fatto di soli generali, anche se pluridecorati. Le battaglie si vincono sul campo e occorrono ufficiali e soldati motivati e di valore.

05 gennaio 2007

QUALE “PRIMATO DELLA POLITICA”?

Il discorso di fine anno del Presidente Napolitano contiene due esortazioni, la prima rivolta ai due schieramenti politici, “dialogate”, la seconda ai cittadini, “non allontanatevi dalla politica”.
Entrambe attualizzate mai attuate. Le forze politiche, aiutate dai media e dai tanti talk show, ipocritamente, ne parlano, ne scrivono, ne discernono ma poi si accusano a vicenda per il mancato dialogo. Perché, allora, consumare energie? Non sarebbe meglio lasciar perdere e parlare d’altro?
E se il tradizionale e retorico messaggio presidenziale, preso a strumento dello scontro politico, fosse sostituito dalla lettura dei principali articoli della Costituzione?
Tornando alla prima esortazione, penso che in politica il confronto è importante e necessario ma non sufficiente, perché manca la legittimazione, senza la quale non può esserci dialogo alcuno.
Legittimazione significa rispetto dell’avversario e delle sue idee. Ma oggi è più semplice la loro demonizzazione, ricorrendo a figure retoriche forti e spesso lesive non solo della dignità dei destinatari ma anche e di più di chi le pronuncia.
I politici nostrani, sicuramente non mancano le eccezioni, hanno determinato con piena convinzione, questa che, insensatamente, chiamano strategia. Screditare gli avversari politici è ormai lo sport preferito dai politici. E’ come giocare alla playstation. Ma è solo un gioco al massacro dove a perdere è solo “la vita democratica”.
Tornare nei binari della correttezza democratica non è facile e con una simil classe politica è quasi impossibile in quanto l’interesse collettivo è subordinato a quello personale e più estesamente a quello di partito, considerato strumento di potere e di prevaricazione, rampa di lancio.
Diventa, quindi, sempre più difficile parlare di primato della politica, ormai vista dai cittadini come professione molto redditizia, come affare. I politici non più al servizio dei cittadini nel rispetto delle istituzioni ma al servizio di sé stessi con l’uso ad personam delle istituzioni.
“Fare politica”diventa un bisness ed entrare in politica significa risolvere la propria situazione economica.
A questo punto l’esortazione volta ai giovani di partecipare alla politica per rinnovarla e migliorarla diventa puro velleitarismo. E’ un pour parler, per non perdere l’abitudine.
Ma come si fa a dire, e per di più ai giovani, di partecipare alla vita politica quando, e lo sappiuamo tutti, non c’è possibilità di farlo, in quanto la strada è disseminata di ostacoli insormontabili, primo tra tutti l’alto grado gereontologico di tutto l’apparato dirigenziali (all’epoca di Breznev erano gia vecchi)?
Le più alte cariche dello stato sono ricoperte, in ordine d’importanza, da Napolitano, Prodi, Marini, Bertinotti, e molti segretari e presidenti di partito, a parte l’età, hanno sulle spalle più di tre o quattro legislature.
Ci si può iscrivere ad un partito, mostrare di valere e partecipare alla formulazione di progetti politici, ma senza dimenticare che la nomenclatura non accetta “eresie”, cioè contradditori, salvo non diventare un “azionista” di maggioranza (signore delle tessere).
Si può costituire un movimento politico, ma poi ci si accorge che, pur avendo idee condivise, non si hanno i mezzi (strutture, media, denaro) per diffonderli e incidere nelle scelte.
E se anche ciò fosse possibile…la vecchia politica ti stritola con i suoi sperimentati ingranaggi, specialmente se mostri di non accettare i suoi riti e le sue compromissioni.
Tutto ciò in barba alla costituzione e alle regole acclarate della democrazia.
“Homo homini lupus”, scriveva Thomas Hobbes e sembra che da allora niente sia cambiato.
Rimaniamo in attesa di un Rinascimento, se mai ci sarà (quando penso al dopo Berlusconi-Prodi e intravedo i successori, vivo un incubo…)
Dice il mio amico. “Dopo il disastro ci sarà la ricostruzione”.
Ma è proprio giusto aspettare il disastro?

03 gennaio 2007

RIDARE LA SOVRANITA’ AI CITTADINI

Dopo il discorso del Presidente della Prepubblica, tutti, leader politici e pones promossi all’agone televisivo, capigruppo e portavoci, condividono l’appello al dialogo purchè anche l’altra parte sia d’accordo. I commenti giornalistici, retorici e speranzosi, si sprecano e ci dimostrano quanta distanza li separa dal mondo reale. È’ come se vivessero in un mondo diverso, lontano, appunto quello della politica italiana, dove si discute sul sesso degli angeli, salvo diverso intervento della CEI, e dove le speranze sono considerate certezze. Se dopo anni di esperienza politica non sono in grado di dirci chiaramente cosa realmente accadrà, data la solita monotona cantilena dei nostri politici, ci viene il dubbio che anche loro sono dei parolai che non incidono.
Mi chiedo come un giornalista acuto com Massimo Giannini possa scrivere che “stavolta alla classe politica è richiesto davvero un salto culturale e, insieme, uno scatto morale. In nome del bene comune, e non del tornaconto personale” e concludere che “il prossimo referendum elettorale è un’ottima occasione per testare se…la politica è ancora (!) capace di esprimere un’etica pubblica…”. O Giannini si è distratto in questi ultimi anni o ha scritto una lettera a Babbo Natale.
Il referendum elettorale, come sempre in Italia, così come è sé stato impostato da grandi luminari della politica e costituzionalisti insigni, non cambierà la fase di decadenza della democrazia che riguarda l’esproprio del diritto di voto effettuato dei partiti politici che oggi sono i veri padroni dell’Italia, vere e proprie SpA che possono fare a meno del parlamento. Si discuterà se è meglio il sistema francese o quello tedesco, del diritto di tribuna, dello sbarramento o del premio di maggioranza, ma nessuno chiederà il ripristino del voto di preferenza che annullerebbe le SpA, darebbe il giusto significato alla parola candidato (chi aspira a una carica politica elettiva, cioè chi verrà indicato a sedere in Parlamento attraverso votazione), e rinforzerebbe la democra.
E’ determinante, quindi, una legge elettorale che ridia la sovranità al popolo, non un referndum che, con l’abbaglio della partecipazioni, mortifica la democrazia e istituisce la dittatura dei partiti e, all’interno di essi, le signorie dei padroni delle tessere e delle lobby.
Sono queste le cose che il giornalista deve trasmettere ai suoi lettori, non lettere a Babbo Natale. Deve informarli dell’esproprio e dei rischi per la democrazia, ben sapendo che la mortificazione di un diritto non difeso porterà lentamente alla decadenza della democrazia e che i partiti hanno il solo commpito di raccogliere le istanze dei cittadini e agire per realizzarle.I politici nostrani, proprio perché appartenenti alle SpA-Partiti, agiscono istituendo un clima di guerra di tutti contro tutti (appropriazione del mercato dei voti) con una campagna elettorale velenosa e continua, salvo inciuci, che non dà all’avversario politico nessuna legittimazione che, badiamo bene, in una democrazia è determinante sia per governo che per l’opposizione