Se viene arrestato un tossicomane in possesso di droga, la polizia cercherà di conoscere lo spacciatore.
Il tossicodipendente si guarderà bene dal fare il nome per motivi ovvi che tutti possiamo ben immaginare e la difesa del reo, parlerebbe di “inaffidabilità” del cliente (accusa non del tutto infondata per via dello stato psicologico del tossicomane).
E poi, il tossicodipendente non ha , o non ritiene di avere, l’obbligo morale di fare nomi.
Non così il parlamentare che per il cittadino è un essere integerrimo e affidabile, al di sopra di ogni sospetto, un missionario che lavora per il bene comune (allora, perché l’avrebbe votato?).
Egli ha, pertanto, obbligo morale di fare il nome dello spacciatore che lo rifornisce: non può prima legiferare in proposito e poi misconoscere la legge; non può giurare fedeltà alla costituzione e poi essere reticente (tra l’altro, se non erro, la reticenza è un reato).
La condizione di inaffidabilità penso che non valga per i parlamentari-dipendenti perché, se così non fosse, se fossero, cioè, inaffidabili, dovrebbero essere licenziati in quanto non idonei a svolgere la funzione loro affidata dai datori di lavoro (i cittadini).
Mi fa notare, infine, il mio amico che se gli elettori avessero conosciuto questa loro debolezza forse non li avrebbero votati. Così è venuto a mancare il rapporto di fiducia tra l’elettore e l’eletto.
Inaffidabile, reticente, bugiardo sono aggettivi. E la sostanza?
Dovrebbero dimettersi e il parlamento, in quanto rappresentativo del Paese, dovrebbe mostrare il dovere morale verso i cittadini, lavorando ad un provvedimento che preveda per un così grave reato, qualora verificato, l’automatica decadenza.
Potrebbe essere il primo passo verso la ricostruzione di un rapporto di stima tra i cittadini e i parlamentari.
17 ottobre 2006
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