Alcuni mesi fa la bella e interessante trasmissione di RAI 3 “Report” si è interessata dei contributi che lo Stato versa (elargisce) alla stampa, intervistando anche i direttori dei maggiori quotidiani che, come ben sappiamo, sono indipendenti solo perché è scritto sulla testata.
E’ emerso un mondo incredibile: direttori strapagati e arroganti, testate fantasma, tirature irreali e compromissioni politico-elettorali.
Diceva il direttore Feltri,il più pagato, che in democrazia lo Stato deve intervenire in aiuto dellq stampa libera per garantire l’informazione, corretta (aggiungo).
Se è cosa corretta che la stampa sia libera, non condizionata da padrini o patroni d’ogni genere, è cosa ancora più corretta che l’informazione non arrivi drogata ai cittadini che non possedendo, almeno non tutti, i giusti strumenti di lettura , possono essere facilmente condizionati, come spesso accade, nelle scelte e nella formazione.
A quanto risulta il governo intende affrontare l’annoso e gravoso (oltre 110 milioni di euro) problema e il tema degli aiuti di stato ai giornali sarà uno dei temi principali della ripresa politica. Speriamo che la questione non si risolva, come al solito, all’italiana, “senza vinti né vincitori”.
Il proposito, quindi, è buono ma già si pongono dei paletti.
Lusetti della Margherita: “…Un’operazione di riordino e di moralizzazione non può penalizzare i giornali di partito (come dire: è vero c’è del marcio ma i giornali di partito vanno salvati lo stesso). Quelle sono testate vere (almeno su questo abbiamo una certezza: i soldi qualcuno limutilizza), meritano rispetto”.
Manichini, direttore di Europa: “Anche noi vogliamo che… disboschino la giungla delle sovvenzioni…Ma nello stesso tempo, vorremmo che le forze politiche ci garantissero aiuti certi (anche loro hanno famiglia…larga…per intenderci)”.
Si fanno patti e si firmano appelli bipartisan che coinvolgono l’Unità e La Padania, Liberazione e Il secolo d’Italia, allo stesso modo di quando in parlamento si discute (si discute?) degli aumenti dei parlamentari o del finanziamento ai partiti (sempre approvati all’unanimità o con qualche distinguo).
I dati, riferiti al 2003, ci dicono che l’Unità ha ricevuto 6.817 euro, l’Avvenire 5.591, Libero 5.371, Italia oggi 5.061, il Manifesto 4.442, La Padania 4.028, Il Foglio 3.512, Conquiste del lavoro 3.276, Europa 3.138.
Per avere un’ulteriore idea della grandezza dei contributi, la Padania riceve 8 miliardi c.a di vecchie lire, l’Unità 13. Il direttore Feltri, dunque, può avere uno stipendio che supera abbondantemente i 10 mila euro al mese, seguito a qualche spanna da Ferrara e Belpietro (le responsabilità sono tante, la penna è fluida…).
Editare un giornale significa fare impresa e, in un paese liberista (ad economia di mercato) l’impresa può anche fallire: è il rischio di ogni impresa.
Se un giornale non vende vuol dire che il prodotto non è buono o, se è un giornale di partito, i lettori sono pochi e occasionali. Nel primo caso o si confeziona un prodotto che il “mercato” apprezza o si chiudono i battenti. Nel secondo caso si trova una forma diversa di propaganda e di diffusione delle proprie idee. Tra l’altro i Partiti godono già di un sostanzioso finanziamento dello stato in eagione dei voti presi integrato dal tesseramento. Sta ai loro amministratori operare delle scelte. Così, se decidono di editare un giornale, allora che sia un giornale vero con veri lettori (tiratura reale: si stampino tante copie quante se ne vendono, o poco più), senza copie omaggio e con gli stipendi dei direttori adeguati non solo al valore degli stessi ma alla realtà della cassa.
Una stampa libera, in un paese in cui il cittadino stia al centro della società come soggetto attivo, faber, dovrebbe avere il compito di combattere i privilegi, invece di accamparli.
Il cittadino-lettore compra il giornale una prima volta sovvenzionandolo (a scatola chiusa) sotto forma di aiuti statali, una seconda volta pagandolo in edicola.
P.S.: Il cittadino-contribuente in Italia, direttamente o indirettamente, sovvenziona enti e imprese che altrimenti non esisterebbero o fallirebbero. Oltre ai giornali, un’altra impresa che gioca sul sicuro e l’Assicurazione che a fine anno ripiana i debiti aumentando i premi. Ma questo è un tema che affronteremo.
Borgetto 07,07,06
13 agosto 2006
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