Io penso che tutti in Italia vogliano il processo breve. Tutti desiderano che il processo si concluda con una sentenza che stabilisca la colpevolezza o l’assoluzione dell’imputato e che la certezza della pena investa il cittadino qualsiasi e il potente, realizzando la famosa formula costituzionale secondo la quale “la legge è uguale per tutti”.
Il contrario è una mistificazione, che serve a nascondere che la legge non è uguale per tutti.
Stabilita, quindi, la legittimità di una giustizia rapida, quanto basta, comunque, per accertare i fatti e non lasciare impuniti i reati, è necessario che l’imputato, fino a sentenza definitiva presunto innocente, accetti di essere giudicato secondo la legge, dimostrando la sua innocenza, senza cercare cavilli e strumentalizzazioni perché la delegittimazione è come le ciliegie, una tira l’altra e poi arriva…il mal di pancia.
Dove sta, allora, il quid? Cosa c’è che non va?
La risposta è semplice: non va la “norma transitoria”, che rende alcuni imputati, più uguali di altri e, stabilendo una data retroattiva per l’applicazione della legge, estingue reati gravissimi e mortifica l’attesa di giustizia di quanti li hanno subiti.
È sulla norma transitoria che si dovrebbe incentrare il dibattito, cari Bersani e Casini!
I cittadini coinvolti in processi come quello della Parmalat o della Thyssen o relative alle tante morti sul lavoro devono essere informati, devono sapere chi è, anzi, chi sono i responsabili di una giustizia estinta dopo anni di attesa.
Le opposizioni hanno il compito, direi la responsabilità, di informare, di usare tutti i mezzi leciti per informare i cittadini.
La norma transitoria recita che il giudice dichiara il “non doversi procedere per estinzione” del processo se sono decorsi due anni da quando il pm ha avviato l’azione penale e se non è stato ancora definito il primo grado di giudizio. Tutti i processi per i reati commessi prima del 2 Maggio 2006 e puniti con pena pecuniaria o fino a dieci anni di reclusione che non siano arrivati a conclusione, saranno chiusi, rimarranno, insomma, senza sentenza, perché la norma sarà retroattiva.
Il processo sui diritti tv Mediaset che nasce da una richiesta del 22 Aprile 2005 e il processo Mills da una del 10 Marzo 2006 saranno estinti, come se non fossero stati mai iniziati e così il premier Berlusconi non sarà più processabile, i reati mai commessi.
La conseguenza più grave è che per salvare Berlusconi dai processi, come dice Saviano “i criminali se la caveranno e a pagare saranno chi aspetta giustizia Un Parlamento dignitoso e rispettoso dei cittadini e delle regole costituzionali Dovrebbe dire: “ ecco questa legge”, con tutti i suoi limiti ma fatta nell’interesse dei cittadini e per evitare ogni dubbio, “entrerà in vigore da domani a partire dai nuovi processi, non ha valore retroattivo”.
Purtroppo, non è così! Avrà valore retroattivo e devastante per l’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge e per la stessa democrazia se passerà la “norma” secondo la quale ogni governo agirà come una oligarchia. E sempre pro domo sua.
L’opposizione deve fare emergere questa verità, se no sarà essa stessa complice di Berlusconi e della sciagurata maggioranza che guida il nostro Paese. Ci riuscirà o sarà il dalemiano inciucio, fondato sulla balla della differenza di seggi in parlamento? Le forme di lotta civile sono tante: per esempio, una grande manifestazione davanti Montecitorio con la presenza di tutti gli eletti dell’opposizione e di tutti i cittadini che, a causa della norma transitoria retroattiva, non avranno giustizia.
Il presidente della Camera Fini, diventato il paladino dell’opposizione, sembra essersi riallineato. Lo fa sempre con tempistica cronometrica. È sempre il cofondatore del Pdl, con la libertà di esternare ma col dovere di ubbidire alle ragioni del capo.
Ha dichiarato che il senato ha modificato in meglio il testo della legge e la finanziaria ha previsto lo stanziamento necessario alla sua operatività. Considerando che “anche la Camera potrebbe apportare altre modifiche” consiglia di “dare il giudizio solo alla fine dell’iter parlamentare”.
Chi ha orecchie da intendere, intenda!
L’opposizione deve fare da sola, senza inciuci, nella chiarezza più assoluta e nel rispetto dei suoi elettori, ma anche degli elettori di centro destra che saranno ingannati dalla pubblicità mediatica.
23 gennaio 2010
21 gennaio 2010
CRAXI, ALCUNE CONSIDERAZIONI
Sono stato un convinto militante socialista, ricoprendo incarichi di dirigenza. Lo sono ancora e, anche se non più militante, credo ancora nella necessità che la nostra società, oggi più di ieri, abbia bisogno di “socialismo”, di quel socialismo di Turati, di Kuliscioff, di Brodolini, di Giugni, di Nenni, di Pertini… di Craxi…si, del Craxi che parlava di vecchie e “nuove povertà”. L’altro Craxi, quello che ha normalizzato il partito, tacitando le correnti o il “dissenso” interno in nome della governabilità, che permise a molti opportunisti di salire sul carro, allora, del vincitore, che da Presidente del Consiglio dimenticò le “grandi riforme”, che, infine, confessò in parlamento le tangenti prese chiamando a correi gli altri partiti, per la verità non immuni, forse ingannato dalla convinzione “tutti colpevoli nessun colpevole”, rappresenta la linea di demarcazione oltre la quale in Italia il socialismo spense la sua forza riformatrice, finì di esistere.
Piange il cuore costatare come del gran partito ideologico, intendo un partito portatore d’ideologie che avevano avuto al centro l’uomo come soggetto attivo e che aveva prodotto grandi riforme (la sanità pubblica o la riforma scolastica) e lo “Statuto dei Lavoratori”, sia rimasta la cenere… non si sia salvato nulla. Il partito delle tangenti, come abbiamo visto dichiarate in Parlamento, ecco il paradosso, è stato sciolto per fallimento!
Distrutto il tempio arriva la diaspora e, quindi, i vari tentativi di rinascita, inventando le collocazioni più disparate, forse più rivolte a segnare un orticello personale che ad indicare grandi strade. “Primum vivere deinde philosofari” è stato il motto degli “onorevoli” socialisti: alcuni hanno cambiato casacca indipendentemente dalle affinità ideologiche, pur se ancor sostengono si essere rimasti socialisti … nel cuore, altri hanno fondato mini partiti vittime di scissioni. Il caso più emblematico riguarda il “Nuovo Psi” fedele alleato del Pdl e della Lega, che, da uno (meno dell’uno per cento dei voti), è riuscito a dividersi in tre.
Quello che più mortifica è la rilevante presenza di vecchi big nel Pdl con alti incarichi dirigenziali e ministeriali. Per l’amor di Dio, ognuno è libero di scegliere come realizzarsi…una, due volte, tre…che importa … primum esistere…la verità è che del philosophari è rimasta solo la speculazione domestica.
Volevo parlare del tentativo di riabilitazione di Craxi. Non si parla e non si scrive d’altro: giornali, interviste, editoriali, talk-show riempiono tutti i contenitori dell’informazione. Tutto è passato, ad arte, sotto silenzio, come se le leggi ad personam, processo breve e legittimo impedimento, siano una normale routine e non una picconata alle istituzioni (dove sei Bersani? Devi scendere in piazza, quando il parlamento non è più un luogo di confronto corretto, parlare ai cittadini…non preparare l’inciucio sotto…mentite spoglie).
È morto da latitante o da esiliato; ha subito l’ingiustizia di giudici complottisti o ha commesso realmente i reati per cui è stato condannato anche in appello; è stato un grande statista o un normale politico di tradizione italiana che, arrivato al potere, ha dimenticato le grandi riforme, oltre alla cancellazione della scala mobile, al voto palese in parlamento, al nuovo concordato o a Sigonella (lasciamo stare come fu usata dagli americani la stessa base alcuni mesi dopo)?
Certo, non è facile, oggi dare risposte soddisfacenti o per innalzarlo ad eroe e vittima o per definirlo tout court un delinquente. Sarà la storia, quella vera, a dare un responso e, come sappiamo, la storia ha un cammino molto lento come riconobbe il nostro Manzoni che a proposito di Napoleone ebbe a scrivere: “Fu vera gloria? Ai posteri l’ardua sentenza”.
Veniamo ad alcune considerazioni che giudico legittime:
- Il Pdl, il partito con la presenza più consistente di ex socialisti, come ben sappiamo ha un pantheon di padri illustri vuoto, senza riferimenti culturali. I diversi tentativi di colmare la vistosa lacuna non hanno portato a nulla: una volta De Gasperi, un’altra Calamandrei, ora Craxi, valorizzato molto più come vittima dei giudici che come politico, tanto che la figlia Stefania, vice ministro degli esteri dell’attuale governo, ha dichiarato, dando legittimità ad entrambi che la politica del padre è continuata da Berlusconi che, come è facile intuire, siederà alla destra, come padre fondatore.
- Non è strano che la famiglia, in primis, voglia riabilitarne la memoria. Quale figlio, o figlia o moglie non farebbe un tale percorso? L’amore dei familiari va al di là di ogni giudizio “di parte”, è il giudizio del cuore. Stefania, Bobo, la signora Anna, hanno il diritto, anzi, credo, il dovere di percorrere tutte le strade, che un cittadino che ha vissuto nello stesso periodo storico e che ha respiratolo stesso clima politico non può, per ovvi motivi legati all’appartenenza politica o di “casta”, ma sempre di parte.
- Un leader della levatura di Craxi, anche nel suo periodo di massima popolarità, ha suscitato almeno due sentimenti opposti: uno di grande solidarietà e l’altro di grande opposizione, anche di barbarie se si pensa alle monetine che gli vennero lanciate. Due sentimenti e due conseguenze che non troveranno mai un punto di contatto, specie se a rinfocolare il primo sarà la nostalgia e il secondo il rancore. Anche in questo caso è giusto ricordare che il giudizio storico non ammette il sentimento come unità di misura. Rimane, comunque, giustificato il sentimento di solidarietà che spinge coloro che si definiscono “craxiani di ferro” a cercarne la rivalutazione.
- Anche l’informazione, come si nota, ha espresso due posizioni, in relazioni ai suoi riferimenti politici o alle documentazioni di cui è in possesso o, in alcuni casi, in base a preconcetti personali del giornalista o dell’editore. Sappiamo come in Italia è ridotta l’informazione e come viene usata.
Le posizione espresse, anche se non condivisibili, sono legittime. Perdono però la loro legittimità quando, per difendere qualcuno si attaccano, delegittimandole, le istituzioni statuali, quando si sottolineano le positività, nascondendo le negatività (le luci ed ombre di cui parla il presidente Napolitano), quando si strumentalizzano le situazioni perché un terzo ne tragga un vantaggio.
La storia, forse per alcune categorie lenta, deve avere tutto il tempo necessario per dare la sua risposta, non deve lasciarsi vincere dalla premura.
Piange il cuore costatare come del gran partito ideologico, intendo un partito portatore d’ideologie che avevano avuto al centro l’uomo come soggetto attivo e che aveva prodotto grandi riforme (la sanità pubblica o la riforma scolastica) e lo “Statuto dei Lavoratori”, sia rimasta la cenere… non si sia salvato nulla. Il partito delle tangenti, come abbiamo visto dichiarate in Parlamento, ecco il paradosso, è stato sciolto per fallimento!
Distrutto il tempio arriva la diaspora e, quindi, i vari tentativi di rinascita, inventando le collocazioni più disparate, forse più rivolte a segnare un orticello personale che ad indicare grandi strade. “Primum vivere deinde philosofari” è stato il motto degli “onorevoli” socialisti: alcuni hanno cambiato casacca indipendentemente dalle affinità ideologiche, pur se ancor sostengono si essere rimasti socialisti … nel cuore, altri hanno fondato mini partiti vittime di scissioni. Il caso più emblematico riguarda il “Nuovo Psi” fedele alleato del Pdl e della Lega, che, da uno (meno dell’uno per cento dei voti), è riuscito a dividersi in tre.
Quello che più mortifica è la rilevante presenza di vecchi big nel Pdl con alti incarichi dirigenziali e ministeriali. Per l’amor di Dio, ognuno è libero di scegliere come realizzarsi…una, due volte, tre…che importa … primum esistere…la verità è che del philosophari è rimasta solo la speculazione domestica.
Volevo parlare del tentativo di riabilitazione di Craxi. Non si parla e non si scrive d’altro: giornali, interviste, editoriali, talk-show riempiono tutti i contenitori dell’informazione. Tutto è passato, ad arte, sotto silenzio, come se le leggi ad personam, processo breve e legittimo impedimento, siano una normale routine e non una picconata alle istituzioni (dove sei Bersani? Devi scendere in piazza, quando il parlamento non è più un luogo di confronto corretto, parlare ai cittadini…non preparare l’inciucio sotto…mentite spoglie).
È morto da latitante o da esiliato; ha subito l’ingiustizia di giudici complottisti o ha commesso realmente i reati per cui è stato condannato anche in appello; è stato un grande statista o un normale politico di tradizione italiana che, arrivato al potere, ha dimenticato le grandi riforme, oltre alla cancellazione della scala mobile, al voto palese in parlamento, al nuovo concordato o a Sigonella (lasciamo stare come fu usata dagli americani la stessa base alcuni mesi dopo)?
Certo, non è facile, oggi dare risposte soddisfacenti o per innalzarlo ad eroe e vittima o per definirlo tout court un delinquente. Sarà la storia, quella vera, a dare un responso e, come sappiamo, la storia ha un cammino molto lento come riconobbe il nostro Manzoni che a proposito di Napoleone ebbe a scrivere: “Fu vera gloria? Ai posteri l’ardua sentenza”.
Veniamo ad alcune considerazioni che giudico legittime:
- Il Pdl, il partito con la presenza più consistente di ex socialisti, come ben sappiamo ha un pantheon di padri illustri vuoto, senza riferimenti culturali. I diversi tentativi di colmare la vistosa lacuna non hanno portato a nulla: una volta De Gasperi, un’altra Calamandrei, ora Craxi, valorizzato molto più come vittima dei giudici che come politico, tanto che la figlia Stefania, vice ministro degli esteri dell’attuale governo, ha dichiarato, dando legittimità ad entrambi che la politica del padre è continuata da Berlusconi che, come è facile intuire, siederà alla destra, come padre fondatore.
- Non è strano che la famiglia, in primis, voglia riabilitarne la memoria. Quale figlio, o figlia o moglie non farebbe un tale percorso? L’amore dei familiari va al di là di ogni giudizio “di parte”, è il giudizio del cuore. Stefania, Bobo, la signora Anna, hanno il diritto, anzi, credo, il dovere di percorrere tutte le strade, che un cittadino che ha vissuto nello stesso periodo storico e che ha respiratolo stesso clima politico non può, per ovvi motivi legati all’appartenenza politica o di “casta”, ma sempre di parte.
- Un leader della levatura di Craxi, anche nel suo periodo di massima popolarità, ha suscitato almeno due sentimenti opposti: uno di grande solidarietà e l’altro di grande opposizione, anche di barbarie se si pensa alle monetine che gli vennero lanciate. Due sentimenti e due conseguenze che non troveranno mai un punto di contatto, specie se a rinfocolare il primo sarà la nostalgia e il secondo il rancore. Anche in questo caso è giusto ricordare che il giudizio storico non ammette il sentimento come unità di misura. Rimane, comunque, giustificato il sentimento di solidarietà che spinge coloro che si definiscono “craxiani di ferro” a cercarne la rivalutazione.
- Anche l’informazione, come si nota, ha espresso due posizioni, in relazioni ai suoi riferimenti politici o alle documentazioni di cui è in possesso o, in alcuni casi, in base a preconcetti personali del giornalista o dell’editore. Sappiamo come in Italia è ridotta l’informazione e come viene usata.
Le posizione espresse, anche se non condivisibili, sono legittime. Perdono però la loro legittimità quando, per difendere qualcuno si attaccano, delegittimandole, le istituzioni statuali, quando si sottolineano le positività, nascondendo le negatività (le luci ed ombre di cui parla il presidente Napolitano), quando si strumentalizzano le situazioni perché un terzo ne tragga un vantaggio.
La storia, forse per alcune categorie lenta, deve avere tutto il tempo necessario per dare la sua risposta, non deve lasciarsi vincere dalla premura.
20 gennaio 2010
Schifaxi
di Marco Travaglio
Ieri abbiamo provato un sincero moto di
solidarietà per Cesare Previti e per la buonanima
di Bottino Craxi. Del primo, che tanto ha fatto per
la causa berlusconiana comprando giudici,
affrontando processi, subendo condanne, subendo
l’onta del carcere e dei domiciliari senza neppure
fuggire all’estero come i veri statisti, nessuno si ricorda
più. Nemmeno una fugace riabilitazione, un vicoletto
alla Magliana, un messaggino del capo dello Stato. Anzi,
una mazzata della Corte europea che ha giudicato
“eque” le sue condanne, inflitte dallo stesso Tribunale
di Milano che, secondo il capo dello Stato, riservò a
Craxi un processo iniquo. Quanto a Bottino, si può anzi
si deve pensarne tutto il male possibile. Ma non che
meriti di esser commemorato da Schifani: questo no,
questo è troppo anche per lui. Farlo ricordare da un ex
autista, già principe del foro del recupero crediti, per
giunta alla presenza di Del Turco e Sgarbi, denota un
accanimento inaccettabile, anzi – come direbbe
qualcuno – “una durezza senza eguali”. Un estremo
oltraggio che non auguriamo nemmeno al nostro
peggior nemico. Del resto di estremi oltraggi il povero
Bottino ne sta subendo parecchi: se l’altro giorno
avesse potuto balzare fuori dalla tomba di Hammamet,
non osiamo immaginare che ne sarebbe stato di
Fabrizio Cicchitto, proteso verso il tumulo a
pontificare nella certezza che l’illustre inquilino non
potesse più parlare. L’incappucciato piduista,
ultimamente in borghese, ha poi traslocato dal
cimitero tunisino a quello di Vespa. E lì s’è ritrovato di
fronte, sia pure in un’intervista registrata 14 anni fa con
Vespa, il Craxi autentico, che parlava con la massima
naturalezza dei conti esteri del Psi e non solo. Era un
Vespa inedito, quello modello 1996: un insetto
superaccessoriato, con molti più nei e molte più
domande di oggi. Pareva quasi un giornalista. Mostrava
financo di conoscere qualche fatto. E chiedeva conto
dei conti, dei prestanomi personali Tradati e Raggio del
tutto estranei al partito, delle ruberie, degli
arricchimenti. Parlava di Tangentopoli citando le
tangenti: roba da matti, oggi infatti ha smesso. Craxi
provava a giustificarsi con la scusa dei “costi esorbitanti
dei partiti” e della “legge ipocrita sul finanziamento
p u bbl i c o ” e l’insetto l’incalzava: “Perché non l’ave t e
cambiata? Che dovevano fare i giudici, visto che
violavate le vostre leggi? Possibile che decine di giudici
si siano messi d’accordo per perseguitarla”. In studio,
sconvolto, Cicchitto rinunciava alla litania sulla
persecuzione dell’innocente, visto che l’innocente
aveva appena confessato tutto. E, uscito fuori copione,
delirava: “Perché Craxi è stato condannato e Occhetto
e Scalfaro no?”. L’idea che Occhetto e Scalfaro non
rubassero, non si facessero portare le mazzette sul
letto, non avessero conti personali in Svizzera per
comprarsi case e aerei privati o regalare ville e alberghi
al fratello e all’amante, non lo sfiora. Per lui, vero
garantista, la giustizia giusta deve condannare tutti i
politici a prescindere dai reati e dalle prove, oppure
assolverli tutti. C’era anche il piccolo Bobo, ma quando
il dipietrista Donadi gli ha ricordato i versamenti che
papà faceva per lui dai conti delle tangenti (80 milioni
per affittargli un villino a Saint Tropez) è letteralmente
evaporato. E c’era pure Nick Latorre che, nonostante la
faccia e le intercettazioni Unipol, i vertici del Pd
continuano a mandare in tv per perdere qualche altro
voto. Pure lui, come tutti i politici della casta che
partecipano alla beatificazione di San Bottino,
lacrimava sincera sofferenza per la grave ingiustizia
subìta da Craxi visto che rubavano tutti. Questa gente
non si rende nemmeno conto del danno che fa
innanzitutto a se stessa. Vedendo un politico che
piange per le condanne di un ladro reo confesso e dice
che erano tutti come lui, qualcuno potrebbe porsi una
domanda semplice semplice: scusa, tesoro, ma hai
rubato anche tu?
tratto da Il fatto del 20/01/2010
Ieri abbiamo provato un sincero moto di
solidarietà per Cesare Previti e per la buonanima
di Bottino Craxi. Del primo, che tanto ha fatto per
la causa berlusconiana comprando giudici,
affrontando processi, subendo condanne, subendo
l’onta del carcere e dei domiciliari senza neppure
fuggire all’estero come i veri statisti, nessuno si ricorda
più. Nemmeno una fugace riabilitazione, un vicoletto
alla Magliana, un messaggino del capo dello Stato. Anzi,
una mazzata della Corte europea che ha giudicato
“eque” le sue condanne, inflitte dallo stesso Tribunale
di Milano che, secondo il capo dello Stato, riservò a
Craxi un processo iniquo. Quanto a Bottino, si può anzi
si deve pensarne tutto il male possibile. Ma non che
meriti di esser commemorato da Schifani: questo no,
questo è troppo anche per lui. Farlo ricordare da un ex
autista, già principe del foro del recupero crediti, per
giunta alla presenza di Del Turco e Sgarbi, denota un
accanimento inaccettabile, anzi – come direbbe
qualcuno – “una durezza senza eguali”. Un estremo
oltraggio che non auguriamo nemmeno al nostro
peggior nemico. Del resto di estremi oltraggi il povero
Bottino ne sta subendo parecchi: se l’altro giorno
avesse potuto balzare fuori dalla tomba di Hammamet,
non osiamo immaginare che ne sarebbe stato di
Fabrizio Cicchitto, proteso verso il tumulo a
pontificare nella certezza che l’illustre inquilino non
potesse più parlare. L’incappucciato piduista,
ultimamente in borghese, ha poi traslocato dal
cimitero tunisino a quello di Vespa. E lì s’è ritrovato di
fronte, sia pure in un’intervista registrata 14 anni fa con
Vespa, il Craxi autentico, che parlava con la massima
naturalezza dei conti esteri del Psi e non solo. Era un
Vespa inedito, quello modello 1996: un insetto
superaccessoriato, con molti più nei e molte più
domande di oggi. Pareva quasi un giornalista. Mostrava
financo di conoscere qualche fatto. E chiedeva conto
dei conti, dei prestanomi personali Tradati e Raggio del
tutto estranei al partito, delle ruberie, degli
arricchimenti. Parlava di Tangentopoli citando le
tangenti: roba da matti, oggi infatti ha smesso. Craxi
provava a giustificarsi con la scusa dei “costi esorbitanti
dei partiti” e della “legge ipocrita sul finanziamento
p u bbl i c o ” e l’insetto l’incalzava: “Perché non l’ave t e
cambiata? Che dovevano fare i giudici, visto che
violavate le vostre leggi? Possibile che decine di giudici
si siano messi d’accordo per perseguitarla”. In studio,
sconvolto, Cicchitto rinunciava alla litania sulla
persecuzione dell’innocente, visto che l’innocente
aveva appena confessato tutto. E, uscito fuori copione,
delirava: “Perché Craxi è stato condannato e Occhetto
e Scalfaro no?”. L’idea che Occhetto e Scalfaro non
rubassero, non si facessero portare le mazzette sul
letto, non avessero conti personali in Svizzera per
comprarsi case e aerei privati o regalare ville e alberghi
al fratello e all’amante, non lo sfiora. Per lui, vero
garantista, la giustizia giusta deve condannare tutti i
politici a prescindere dai reati e dalle prove, oppure
assolverli tutti. C’era anche il piccolo Bobo, ma quando
il dipietrista Donadi gli ha ricordato i versamenti che
papà faceva per lui dai conti delle tangenti (80 milioni
per affittargli un villino a Saint Tropez) è letteralmente
evaporato. E c’era pure Nick Latorre che, nonostante la
faccia e le intercettazioni Unipol, i vertici del Pd
continuano a mandare in tv per perdere qualche altro
voto. Pure lui, come tutti i politici della casta che
partecipano alla beatificazione di San Bottino,
lacrimava sincera sofferenza per la grave ingiustizia
subìta da Craxi visto che rubavano tutti. Questa gente
non si rende nemmeno conto del danno che fa
innanzitutto a se stessa. Vedendo un politico che
piange per le condanne di un ladro reo confesso e dice
che erano tutti come lui, qualcuno potrebbe porsi una
domanda semplice semplice: scusa, tesoro, ma hai
rubato anche tu?
tratto da Il fatto del 20/01/2010
L'ombra dell'incostituzionalità sull'euforia del Pdl
Berlusconi vuole la legge sul processo breve a febbraio
"Napolitano me la firmerà di certo". Ma i finiani frenano
di LIANA MILELLA
Gasati. Convinti di farcela. Incuranti delle avvisaglie e degli ostacoli. Sicuri di loro stessi. Dal grande capo, ai luogotenenti. Berlusconi si vanta: "Napolitano? Tranquilli. So per certo che il processo breve me lo firma". Ma dai finiani e dal Quirinale spira già il forte vento dell'incostituzionalità. Volutamente inascoltato nel giorno del successo al Senato, messo accuratamente da parte. Per 48 ore meglio illudersi che tutto filerà liscio. Ecco che Giacomo Caliendo, l'ex toga di Unicost passata con il Cavaliere e sottosegretario super attivo alla Giustizia, alle due esce dall'aula di palazzo Madama e sornione prevede: "'Sto processo breve, a metà febbraio, possiamo averlo approvato alla Camera". Esattamente la stessa affermazione fatta dal capo del governo con i suoi collaboratori coi quali s'è detto convinto che il processo breve può essere legge per la metà del prossimo mese. Due stanze più in là il vicepresidente dei senatori Pdl Gaetano Quagliariello dice soddisfatto: "Tutto ci favorisce: Napolitano su Craxi, il Pd che vira sull'immunità ed era favorevole pure al decreto-Consulta, i voti segreti in aula convergenti con noi, siamo sulla strada giusta".
Alla Camera i berluscones già si apprestano a gestire, fatto mai visto, ben due leggi ad personam contemporaneamente, il legittimo impedimento e il processo breve, con l'intento di "regalare" al premier la sorpresa della corsa tranquilla verso le regionali.
Ma la brutta sorpresa è già dietro l'angolo. Ben materializzata. E potente nei suoi effetti. Il processo breve, nella nuova versione tutta decisa ad Arcore, non piace per niente ai finiani. E così com'è stato votato ieri al Senato, quel disegno di legge è indigesto anche per il Quirinale. Ufficialmente, non trapela un fiato. L'unica ammissione è questa: "Come sempre, i tecnici stanno studiando". Ma i dubbi degli esperti giuridici del Colle e quelli dei finiani ancora una volta, com'è avvenuto per le intercettazioni e per la norma blocca processi, convergono. Tre capitoli da declinare: le disposizioni transitorie che salvano Berlusconi da Mills e Mediaset, ma affondano altre migliaia di dibattimenti, il processo corto per la Corte dei conti e per le persone giuridiche.
I finiani ne fanno questione sia politica sia tecnica. Loro avevano esaminato un ddl differente, su cui già avevano espresso dei dubbi. Poi tutto è cambiato. E Fini non è stato avvisato per tempo. A casa del premier ne hanno discusso Niccolò Ghedini, Angelino Alfano, il relatore Giuseppe Valentino, il leghista Roberto Castelli. Pronti a dire che Valentino è uomo di Fini. Ma se così era in passato, oggi non è più. Tant'è che il presidente della Camera si è lamentato perfino con lo stesso Berlusconi nell'ultimo incontro. "Silvio, quel testo è incostituzionale" gli ha detto. Ma lui non gli ha dato peso.
Il premier ha volutamente ignorato l'avvertimento di Fini e i boatos che nel frattempo gli sono giunti dal Colle. Al punto che ancora ieri, a chi gli metteva sotto gli occhi il rischio di una bocciatura dall'alto, lui rispondeva con noncuranza con quel "state tranquilli". E invece tutto lascia intendere che il cammino futuro del processo breve è irto di trappole. Se ai finiani non piace affatto un rito corto allargato anche ai reati erariali, in quanto non se ne vede affatto il bisogno e c'è il rischio che lo Stato arrechi un danno a se stesso, e il risvolto penale sulle persone giuridiche, il Colle si concentra soprattutto sulle conseguenze della norma transitoria. La contraddizione che sconfina nell'incostituzionalità è evidente: fulminare i processi per reati commessi prima del maggio 2006, già coperti dall'indulto, equivale di fatto a un'amnistia, che però non sarà votata in Parlamento con i due terzi.
Ma il Cavaliere pensa ad altro. Con Ghedini e Alfano lavora per incassare subito il legittimo impedimento e costruire al più presto, per questa legge ponte, il necessario approdo costituzionale. Qui entra in scena il Pd e il tam tam dell'immunità. Spiegano gli uomini del premier: "Stiamo aprendo dei varchi al loro interno. Sono divisi, molti sono favorevoli allo scudo per tutti. Alla fine però, proprio per non spaccarsi, per uscirne uniti, ripiegheranno su un nuovo lodo costituzionale per le alte cariche. E noi, in un anno, avremo definitivamente risolto il problema non solo per gli attuali, ma anche per gli eventuali processi a venire".
da Repubblica.it del 20/01/2010
"Napolitano me la firmerà di certo". Ma i finiani frenano
di LIANA MILELLA
Gasati. Convinti di farcela. Incuranti delle avvisaglie e degli ostacoli. Sicuri di loro stessi. Dal grande capo, ai luogotenenti. Berlusconi si vanta: "Napolitano? Tranquilli. So per certo che il processo breve me lo firma". Ma dai finiani e dal Quirinale spira già il forte vento dell'incostituzionalità. Volutamente inascoltato nel giorno del successo al Senato, messo accuratamente da parte. Per 48 ore meglio illudersi che tutto filerà liscio. Ecco che Giacomo Caliendo, l'ex toga di Unicost passata con il Cavaliere e sottosegretario super attivo alla Giustizia, alle due esce dall'aula di palazzo Madama e sornione prevede: "'Sto processo breve, a metà febbraio, possiamo averlo approvato alla Camera". Esattamente la stessa affermazione fatta dal capo del governo con i suoi collaboratori coi quali s'è detto convinto che il processo breve può essere legge per la metà del prossimo mese. Due stanze più in là il vicepresidente dei senatori Pdl Gaetano Quagliariello dice soddisfatto: "Tutto ci favorisce: Napolitano su Craxi, il Pd che vira sull'immunità ed era favorevole pure al decreto-Consulta, i voti segreti in aula convergenti con noi, siamo sulla strada giusta".
Alla Camera i berluscones già si apprestano a gestire, fatto mai visto, ben due leggi ad personam contemporaneamente, il legittimo impedimento e il processo breve, con l'intento di "regalare" al premier la sorpresa della corsa tranquilla verso le regionali.
Ma la brutta sorpresa è già dietro l'angolo. Ben materializzata. E potente nei suoi effetti. Il processo breve, nella nuova versione tutta decisa ad Arcore, non piace per niente ai finiani. E così com'è stato votato ieri al Senato, quel disegno di legge è indigesto anche per il Quirinale. Ufficialmente, non trapela un fiato. L'unica ammissione è questa: "Come sempre, i tecnici stanno studiando". Ma i dubbi degli esperti giuridici del Colle e quelli dei finiani ancora una volta, com'è avvenuto per le intercettazioni e per la norma blocca processi, convergono. Tre capitoli da declinare: le disposizioni transitorie che salvano Berlusconi da Mills e Mediaset, ma affondano altre migliaia di dibattimenti, il processo corto per la Corte dei conti e per le persone giuridiche.
I finiani ne fanno questione sia politica sia tecnica. Loro avevano esaminato un ddl differente, su cui già avevano espresso dei dubbi. Poi tutto è cambiato. E Fini non è stato avvisato per tempo. A casa del premier ne hanno discusso Niccolò Ghedini, Angelino Alfano, il relatore Giuseppe Valentino, il leghista Roberto Castelli. Pronti a dire che Valentino è uomo di Fini. Ma se così era in passato, oggi non è più. Tant'è che il presidente della Camera si è lamentato perfino con lo stesso Berlusconi nell'ultimo incontro. "Silvio, quel testo è incostituzionale" gli ha detto. Ma lui non gli ha dato peso.
Il premier ha volutamente ignorato l'avvertimento di Fini e i boatos che nel frattempo gli sono giunti dal Colle. Al punto che ancora ieri, a chi gli metteva sotto gli occhi il rischio di una bocciatura dall'alto, lui rispondeva con noncuranza con quel "state tranquilli". E invece tutto lascia intendere che il cammino futuro del processo breve è irto di trappole. Se ai finiani non piace affatto un rito corto allargato anche ai reati erariali, in quanto non se ne vede affatto il bisogno e c'è il rischio che lo Stato arrechi un danno a se stesso, e il risvolto penale sulle persone giuridiche, il Colle si concentra soprattutto sulle conseguenze della norma transitoria. La contraddizione che sconfina nell'incostituzionalità è evidente: fulminare i processi per reati commessi prima del maggio 2006, già coperti dall'indulto, equivale di fatto a un'amnistia, che però non sarà votata in Parlamento con i due terzi.
Ma il Cavaliere pensa ad altro. Con Ghedini e Alfano lavora per incassare subito il legittimo impedimento e costruire al più presto, per questa legge ponte, il necessario approdo costituzionale. Qui entra in scena il Pd e il tam tam dell'immunità. Spiegano gli uomini del premier: "Stiamo aprendo dei varchi al loro interno. Sono divisi, molti sono favorevoli allo scudo per tutti. Alla fine però, proprio per non spaccarsi, per uscirne uniti, ripiegheranno su un nuovo lodo costituzionale per le alte cariche. E noi, in un anno, avremo definitivamente risolto il problema non solo per gli attuali, ma anche per gli eventuali processi a venire".
da Repubblica.it del 20/01/2010
19 gennaio 2010
Una legge ad personam anche per me
di Totò Riina*
Egregio dottor Massimo Fini, le chiedo scusa se mi permetto di rivolgermi a Lei, ma, benché io sia notoriamente religioso e credente, non so più a che santo votarmi. Da anni, anzi da decenni, sono vittima di un "racket dell’odio" che vede uniti certi settori di una magistratura deviata e si può dire l’intera stampa nazionale. Sono oggetto di un "accanimento giudiziario" che non ha precedenti né paralleli nella storia del nostro paese: centinaia di perquisizioni, anche nelle abitazioni dei miei familiari, decine di rinvii a giudizio, di processi, di sentenze senza che potessi beneficiare, almeno una volta, di quella prescrizione che, come Lei certamente sa, oggi non si nega a nessuno.
I magistrati, che quando non sono corrotti sono "antropologicamente dei pazzi" (solo a un individuo che ha delle turbe, probabilmente di origine sessuale, può venire in mente di fare un mestiere che consiste nell’andare a ficcare il naso nei fatti altrui) e i media non hanno avuto riguardo nemmeno per mio figlio, Salvatore, che è un bravissimo ragazzo, che ha fatto studi regolari e si è laureato brillantemente.
Non pretendo che sia nominato sottosegretario agli Esteri, come è accaduto a rampolli di personaggi che più o meno si trovano penalmente nella mia situazione e che oggi vengono doverosamente onorati, ma perlomeno che sia lasciato in pace.
Non intendo, egregio dottor Fini, a differenza di altri, occultare le mie responsabilità. Qui, dalle mie parti, quando ero una persona stimata, rispettata e, diciamolo pure, temuta da tutti (del resto sono convinto che col tempo, che è galantuomo, sarò ricordato dagli amici, e forse anche dai nemici, come un uomo buono) ho chiesto a imprenditori e commercianti quello che da noi si chiama "il pizzo" e al nord "tangente".
Per la verità non l’ho mai fatto direttamente, alla bisogna provvedevano i miei amici. Potrei quindi anch’io trincerarmi dietro l’argomento che il "non poteva non sapere" è un teorema indegno di uno Stato di diritto. Ma non intendo spingermi fino a questo punto, sarebbe contrario alla mia coscienza morale e al patto di fedeltà che mi lega agli amici. Sapevo, dunque. Ma quanti importanti uomini politici del nord che riscuotevano il "pizzo", pardon la tangente, si sono salvati mentendo, affermando che non sapevano nulla di quanto accadeva all’interno della loro organizzazione? Che il loro errore era stato solo quello di fidarsi di persone sbagliate? Per me invece questa giustificazione non è stata mai ritenuta valida.
La solita discriminazione ai danni del Mezzogiorno. Aggiungo che non ho cercato di corrompere testimoni in giudizio, che non ho reso falsa testimonianza , che non sono mai stato iscritto alla P2, un’organizzazione peraltro di ciarlatani e di carrieristi ben lontana, mi consenta di dirlo, dal rigore e dalla serietà della mia. Per me sarebbe stata una retrocessione. Infine, benché inseguito da infiniti mandati di cattura, non sono mai scappato dal mio paese. Lo amo troppo, per quanto si sia dimostrato così ingiusto con me.
Lei dice: e gli assassinii? Eh no, io qui mi indigno, mi indigno veramente, sono cose di cui non voglio più nemmeno sentir parlare. Accuse fondate sul niente se non su pregiudizi nei miei confronti, senza lo straccio di una prova che non siano le parole di "pentiti", di infami, di assassini pronti a tutto pur di sfuggire alla galera. I veri "uomini d’onore", quelli che, come me, hanno una parola sola, non mi hanno mai accusato di nulla del genere. Hanno tenuto la bocca chiusa.
Il "racket dell’odio" mi accusa anche di aver accumulato enormi ricchezze. Ma tutti hanno potuto vedere in che razza di fetido tugurio, privo di qualsiasi comodità, vivevo quando sono stato ingiustamente arrestato.
Egregio dottor Fini sono vissuto povero e morirò povero. I miei soldi li ho sempre versati all’organizzazione. Dalla mia attività non ho mai tratto guadagni personali. Non ho mai avuto case a New York. Non pretendo per questo che ministri della Repubblica vengano a rendere omaggio alla mia tomba quando sarò morto. Ma che sia riconosciuta la mia onestà personale, questo sì. È un mio diritto.
Le porgo i miei più deferenti saluti.
*testo di fantasia ma verosimile di Massimo Fini
Da Il Fatto Quotidiano del 19 gen
Egregio dottor Massimo Fini, le chiedo scusa se mi permetto di rivolgermi a Lei, ma, benché io sia notoriamente religioso e credente, non so più a che santo votarmi. Da anni, anzi da decenni, sono vittima di un "racket dell’odio" che vede uniti certi settori di una magistratura deviata e si può dire l’intera stampa nazionale. Sono oggetto di un "accanimento giudiziario" che non ha precedenti né paralleli nella storia del nostro paese: centinaia di perquisizioni, anche nelle abitazioni dei miei familiari, decine di rinvii a giudizio, di processi, di sentenze senza che potessi beneficiare, almeno una volta, di quella prescrizione che, come Lei certamente sa, oggi non si nega a nessuno.
I magistrati, che quando non sono corrotti sono "antropologicamente dei pazzi" (solo a un individuo che ha delle turbe, probabilmente di origine sessuale, può venire in mente di fare un mestiere che consiste nell’andare a ficcare il naso nei fatti altrui) e i media non hanno avuto riguardo nemmeno per mio figlio, Salvatore, che è un bravissimo ragazzo, che ha fatto studi regolari e si è laureato brillantemente.
Non pretendo che sia nominato sottosegretario agli Esteri, come è accaduto a rampolli di personaggi che più o meno si trovano penalmente nella mia situazione e che oggi vengono doverosamente onorati, ma perlomeno che sia lasciato in pace.
Non intendo, egregio dottor Fini, a differenza di altri, occultare le mie responsabilità. Qui, dalle mie parti, quando ero una persona stimata, rispettata e, diciamolo pure, temuta da tutti (del resto sono convinto che col tempo, che è galantuomo, sarò ricordato dagli amici, e forse anche dai nemici, come un uomo buono) ho chiesto a imprenditori e commercianti quello che da noi si chiama "il pizzo" e al nord "tangente".
Per la verità non l’ho mai fatto direttamente, alla bisogna provvedevano i miei amici. Potrei quindi anch’io trincerarmi dietro l’argomento che il "non poteva non sapere" è un teorema indegno di uno Stato di diritto. Ma non intendo spingermi fino a questo punto, sarebbe contrario alla mia coscienza morale e al patto di fedeltà che mi lega agli amici. Sapevo, dunque. Ma quanti importanti uomini politici del nord che riscuotevano il "pizzo", pardon la tangente, si sono salvati mentendo, affermando che non sapevano nulla di quanto accadeva all’interno della loro organizzazione? Che il loro errore era stato solo quello di fidarsi di persone sbagliate? Per me invece questa giustificazione non è stata mai ritenuta valida.
La solita discriminazione ai danni del Mezzogiorno. Aggiungo che non ho cercato di corrompere testimoni in giudizio, che non ho reso falsa testimonianza , che non sono mai stato iscritto alla P2, un’organizzazione peraltro di ciarlatani e di carrieristi ben lontana, mi consenta di dirlo, dal rigore e dalla serietà della mia. Per me sarebbe stata una retrocessione. Infine, benché inseguito da infiniti mandati di cattura, non sono mai scappato dal mio paese. Lo amo troppo, per quanto si sia dimostrato così ingiusto con me.
Lei dice: e gli assassinii? Eh no, io qui mi indigno, mi indigno veramente, sono cose di cui non voglio più nemmeno sentir parlare. Accuse fondate sul niente se non su pregiudizi nei miei confronti, senza lo straccio di una prova che non siano le parole di "pentiti", di infami, di assassini pronti a tutto pur di sfuggire alla galera. I veri "uomini d’onore", quelli che, come me, hanno una parola sola, non mi hanno mai accusato di nulla del genere. Hanno tenuto la bocca chiusa.
Il "racket dell’odio" mi accusa anche di aver accumulato enormi ricchezze. Ma tutti hanno potuto vedere in che razza di fetido tugurio, privo di qualsiasi comodità, vivevo quando sono stato ingiustamente arrestato.
Egregio dottor Fini sono vissuto povero e morirò povero. I miei soldi li ho sempre versati all’organizzazione. Dalla mia attività non ho mai tratto guadagni personali. Non ho mai avuto case a New York. Non pretendo per questo che ministri della Repubblica vengano a rendere omaggio alla mia tomba quando sarò morto. Ma che sia riconosciuta la mia onestà personale, questo sì. È un mio diritto.
Le porgo i miei più deferenti saluti.
*testo di fantasia ma verosimile di Massimo Fini
Da Il Fatto Quotidiano del 19 gen
12 gennaio 2010
DAL Pdl AL PdApL, una gestazione lunga meno di un mese
Dalle prime dichiarazioni di Berlusconi e dei suoi più stretti collaboratori, dopo il rientro dalle vacanze di Natale, è evidente che il Partito dell’Amore, già Pdl, invece di espandersi all’esterno, si è rigirato su se stesso, divenendo il PdApL (Partito dell’Amore per Lui).
E lui, l’oggetto (ma anche soggetto) di tanto amore sembra diventato più altruista.
Le leggi sulla giustizia che lo riguardano, per carità riguardano anche migliaia di cittadini (se ciò non è altruismo e solidarietà…dite voi cos’è?), non saranno più leggi ad personam, ma leggi ad libertatem…
- Sicuramente la sua “libertatem”, interviene il mio vecchio amico.
- Che dici! Può darsi che maliziosi e comunisti, vedano in queste priorità di governo uno strumento per salvaguardare la sua libertà di non comparire in un tribunale…ma non è così. Seguimi! Il suo illuminato avvocato e onorevole Ghedini, infatti, estende il “processo breve” alle persone giuridiche. Così, anche il decreto 231 che regola le responsabilità amministrative delle società ricadrà nell’ambito del processo breve.
- Ecco il trucco, s’intromette il mio amico. Le società che fanno capo a Berlusconi, quindi, godranno…
- È solo un caso. Sei tu che non capisci. Lasciami dire. Dalla borsa dell’avvocato Ghedini uscirà un Decreto di sospensione di tre mesi dei processi a carico del premier (Mills, Mediaset), sfruttando la sentenza 333 della Consulta che considera una lesione del diritto alla difesa non aver dato all’imputato che, a dibattito aperto, abbia subito delle nuove contestazioni, la possibilità di scegliere il rito abbreviato.
- Sembra inverosimile, rimarca il mio amico, che un giudice, Giuseppe Frigo, fresco di nomina alla Consulta per conto del centro destra, abbia scritto tale sentenza, solo il 14 dicembre 2009, dando la possibilità al premier di poterne usufruire. Io sono sicuro che il giudice non abbia tenuto nell’ambito della sua funzione del fatto d’essere stato nominato dalla maggioranza di centro destra. La stessa cosa non è successa per la bocciatura del lodo Alfano. Due pesi e due misure?
- Tu sei un malpensante. Berlusconi è un cittadino come tutti e ha il diritto di usufruire delle norme di legge che, mettitelo bene in testa, è “uguale per tutti”. Il Presidente della Repubblica ne verificherà i criteri di necessità e urgenza e lo firmerà. Non può non tener conto di una sentenza della Corte Costituzionale! A Marzo, poi, ci saranno le elezioni regionali e il premier deve essere libero di poter partecipare di persona alla campagna elettorale.
- È chiaro che sei di parte. Io credo giusto che il premier faccia campagna elettorale, che sponsorizzi la proposta della riforma fiscale con relativa riduzione a due aliquote fiscale al 23 e al 33.
- Ma è dal 1994 che ne parla e mai l’ha realizzata. Come farà a realizzarla entro quest’anno se abbiamo un deficit di bilancio di 1.800 miliardi? È, come sempre, il solito specchietto delle allodole onde attirare gli elettori. Il dibattito che si aprirà, farà passare sotto silenzio la grave situazione economica in cui versa l’Italia, col potere d’acquisto degli stipendi che è calato dell’1,6 % e che per i pensionati al minimo e per le famiglie a rischio di povertà relativa, supera il 3 %.
- Troppo pessimismo, caro amico, dobbiamo abituarci a guardare il futuro con ottimismo…
- …mentre la disoccupazione aumenta e la libertà di restringe.
- Tutto parto di una mente malata come la tua.
Rosario, gli immigrati, il tessuto sociale dilatato, quasi a pezzi, la fiducia nelle istituzioni ridotta al minimo, la xenofobia sempre più alimentata da dichiarazioni di politici irresponsabili, lo sfruttamento dei lavoratori ridotti a schiavi, le cosiddette morti bianche… ma la priorità è il processo breve, il lodo-ter costituzionale… la serenità per il premier e poi tutto scorrerà liscio verso il buon governo.
Staremmo tutti meglio… specialmente se qualcuno penserà per noi, se mangerà per noi, se ci dirà come vestirci, quali libri leggere e quali giornali… per la Tv basta oscurare Rai 3.
E lui, l’oggetto (ma anche soggetto) di tanto amore sembra diventato più altruista.
Le leggi sulla giustizia che lo riguardano, per carità riguardano anche migliaia di cittadini (se ciò non è altruismo e solidarietà…dite voi cos’è?), non saranno più leggi ad personam, ma leggi ad libertatem…
- Sicuramente la sua “libertatem”, interviene il mio vecchio amico.
- Che dici! Può darsi che maliziosi e comunisti, vedano in queste priorità di governo uno strumento per salvaguardare la sua libertà di non comparire in un tribunale…ma non è così. Seguimi! Il suo illuminato avvocato e onorevole Ghedini, infatti, estende il “processo breve” alle persone giuridiche. Così, anche il decreto 231 che regola le responsabilità amministrative delle società ricadrà nell’ambito del processo breve.
- Ecco il trucco, s’intromette il mio amico. Le società che fanno capo a Berlusconi, quindi, godranno…
- È solo un caso. Sei tu che non capisci. Lasciami dire. Dalla borsa dell’avvocato Ghedini uscirà un Decreto di sospensione di tre mesi dei processi a carico del premier (Mills, Mediaset), sfruttando la sentenza 333 della Consulta che considera una lesione del diritto alla difesa non aver dato all’imputato che, a dibattito aperto, abbia subito delle nuove contestazioni, la possibilità di scegliere il rito abbreviato.
- Sembra inverosimile, rimarca il mio amico, che un giudice, Giuseppe Frigo, fresco di nomina alla Consulta per conto del centro destra, abbia scritto tale sentenza, solo il 14 dicembre 2009, dando la possibilità al premier di poterne usufruire. Io sono sicuro che il giudice non abbia tenuto nell’ambito della sua funzione del fatto d’essere stato nominato dalla maggioranza di centro destra. La stessa cosa non è successa per la bocciatura del lodo Alfano. Due pesi e due misure?
- Tu sei un malpensante. Berlusconi è un cittadino come tutti e ha il diritto di usufruire delle norme di legge che, mettitelo bene in testa, è “uguale per tutti”. Il Presidente della Repubblica ne verificherà i criteri di necessità e urgenza e lo firmerà. Non può non tener conto di una sentenza della Corte Costituzionale! A Marzo, poi, ci saranno le elezioni regionali e il premier deve essere libero di poter partecipare di persona alla campagna elettorale.
- È chiaro che sei di parte. Io credo giusto che il premier faccia campagna elettorale, che sponsorizzi la proposta della riforma fiscale con relativa riduzione a due aliquote fiscale al 23 e al 33.
- Ma è dal 1994 che ne parla e mai l’ha realizzata. Come farà a realizzarla entro quest’anno se abbiamo un deficit di bilancio di 1.800 miliardi? È, come sempre, il solito specchietto delle allodole onde attirare gli elettori. Il dibattito che si aprirà, farà passare sotto silenzio la grave situazione economica in cui versa l’Italia, col potere d’acquisto degli stipendi che è calato dell’1,6 % e che per i pensionati al minimo e per le famiglie a rischio di povertà relativa, supera il 3 %.
- Troppo pessimismo, caro amico, dobbiamo abituarci a guardare il futuro con ottimismo…
- …mentre la disoccupazione aumenta e la libertà di restringe.
- Tutto parto di una mente malata come la tua.
Rosario, gli immigrati, il tessuto sociale dilatato, quasi a pezzi, la fiducia nelle istituzioni ridotta al minimo, la xenofobia sempre più alimentata da dichiarazioni di politici irresponsabili, lo sfruttamento dei lavoratori ridotti a schiavi, le cosiddette morti bianche… ma la priorità è il processo breve, il lodo-ter costituzionale… la serenità per il premier e poi tutto scorrerà liscio verso il buon governo.
Staremmo tutti meglio… specialmente se qualcuno penserà per noi, se mangerà per noi, se ci dirà come vestirci, quali libri leggere e quali giornali… per la Tv basta oscurare Rai 3.
11 gennaio 2010
tratto da pisanotizie.it
ROSARNO
Il rosso e il nero
Il sangue e la pelle
Le strade urlano
Macabri riti di morte
La fatica umiliata
Ha rotto gli argini
Della pena rappresa
E ha trovato il fuoco
Nella terra mafiata
L'odio di pochi
È l'oltraggio di tutti
La memoria è persa
Resta solo la carcassa
Dell'orgoglio meridiano
Del dolore di un tempo
Quando si andava lontano
A soffrire gli sputi
La ragione è morta?
Parla Rosarno
Un linguaggio di vita
La piana e il mare
Custodiscono ancora
Parole gentili?
Carmelo Calabrò
Il rosso e il nero
Il sangue e la pelle
Le strade urlano
Macabri riti di morte
La fatica umiliata
Ha rotto gli argini
Della pena rappresa
E ha trovato il fuoco
Nella terra mafiata
L'odio di pochi
È l'oltraggio di tutti
La memoria è persa
Resta solo la carcassa
Dell'orgoglio meridiano
Del dolore di un tempo
Quando si andava lontano
A soffrire gli sputi
La ragione è morta?
Parla Rosarno
Un linguaggio di vita
La piana e il mare
Custodiscono ancora
Parole gentili?
Carmelo Calabrò
tratti da Repubblica.it
Epifani: non c'è equilibrio tra le due aliquote
Oggi il sindacato presenta il suo piano
Tasse, la Cgil boccia la riforma
"Poco ai poveri, troppo ai ricchi"
di LUISA GRION
ROMA - Non gli piacciono i tempi: la riforma fiscale rilanciata da Berlusconi vuol cambiare tutto dopo, per non cambiare nulla adesso. Ma non è d'accordo nemmeno sui numeri: due aliquote sono troppo poche perché non rispettano la progressività e anche le percentuali scelte non vanno bene. Guglielmo Epifani, leader della Cgil, boccia il piano del governo sul fisco. "E' una mossa furba, propagandistica - commenta - fatta apposta per rimandare decisioni che dovrebbero essere prese subito. Si propone un progetto globale, che chiede tempi lunghi e approfondimenti, e si tralasciano interventi - come le detrazioni - che potrebbero invece dare sollievo immediato alle famiglie impoverite dalla crisi". Non solo: "Anche le due aliquote di cui si parla sono sbagliate perché la prima, quella al 23 per cento, è troppo alta, dovrebbe scendere al 20. E la seconda, quella del 33, è troppo bassa. Così facendo si promettono grandi risparmi ai redditi medio alti, ma si concede poco a chi ha entrate ridotte".
Insomma l'idea che la Cgil ha sul fisco è abbastanza diversa da quella prospettata dal premier e le proposte che proprio oggi il sindacato presenterà all'attenzione di Berlusconi poggiano su basi diverse: riduzione delle tasse per cento euro al mese per redditi da lavoro e pensionati e recupero dell'evasione. Il mix di interventi che porterebbe a questi obiettivi, nei piani della Cgil, fa base su una riforma Irpef che per il periodo 2010-2012 dovrebbe costare 19,8 miliardi. Dovrebbe comprendere la riduzione della prima aliquota dal 23 al 20 per cento - appunto - e della terza dal 38 al 36; un aumento delle detrazioni per i redditi da lavoro dipendente e da pensione per almeno 500 euro entro marzo; l'innalzamento e unificazione delle quote esenti. In più la tassazione delle rendite finanziarie al 20 per cento e una tassazione extra per grandi patrimoni (sopra gli 800 mila euro).
Ma se la Cgil la pensa in un altro modo, un netto "sì" alla riforma delle due aliquote è arrivata dalla Lega e dal ministro Maroni: "E' una proposta che condividiamo - ha detto - in questa fase è giusta e può far ripartire l'economia". Via libera anche dal ministro Brunetta, che però è d'accordo con "la cautela di Tremonti" e guarda anche al bilancio: "la riforma si farà entro la fine della legislatura", ma la minore tassazione sui redditi, ha precisato, dovrà accompagnarsi ad una maggiore tassazione sui consumi. Maggioranza a parte, aperture sul piano del governo arrivano anche dalla nuova formazione di Rutelli, Alleanza per l'Italia. "La doppia aliquota, se accompagnata da adeguati meccanismi di esenzione e di deduzioni, può essere un sistema che va nella direzione giusta" ha detto Linda Lanzillotta. Quanto all'accusa mossa ieri da Bersani di puntare a un fisco utile ai ricchi, a rispondere è Della Vedova, deputato Pdl: "La riduzione delle aliquote marginali aumenta e non riduce il contributo percentuale dei ricchi al gettito - ha commentato - Limitarle a due e ridurre quella massima permette una guerra totale all'evasione".
(11 gennaio 2010)
Maxi sconto dai 40mila euro in su
ma tutto si giocherà sulle deduzioni
Le riduzioni del prelievo si trasformano in una galoppata per i redditi molto alti
La riforma procura allo Stato un gettito inferiore: Tremonti, per questo, resta prudentedi ROBERTO MANIA
Due sole aliquote fiscali al posto delle attuali cinque: la più bassa del 23 per cento per i redditi fino a 100 mila euro, la più alta del 33 per cento per tutti i redditi superiori. È il nocciolo del progetto di riforma tributaria annunciata dal presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi.
Intorno ad esso il governo intende costruire un nuovo sistema fiscale spostando il prelievo dalle persone (Irpef o Ire) alle cose (Iva), realizzando il federalismo fiscale e sfoltendo la giungla delle norme fiscali. Un nuovo patto fiscale, anche "un'avventura intellettuale", come dice il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, per aggiornare il rapporto tra il fisco e un sistema produttivo dove, accanto alla grande fabbrica degli anni 70, ci sono sei milioni di piccoli imprenditori oltre ad una quota (un quarto di tutta l'occupazione) del tutto anomala tra i Paesi Ocse di lavoro autonomo.
Dunque è dalle due aliquote che si può cominciare a ragionare e a simulare le conseguenze sui contribuenti, sapendo che per salvaguardare la progressività del sistema fiscale così come impone la Costituzione (articolo 53) si dovrà agire sul meccanismo delle deduzioni (preferite dal governo alle detrazioni) con lo scopo di ridurre la base imponibile. Per questa ragione sembra scontato che le deduzioni interesseranno solo i redditi più bassi e soprattutto le famiglie.
Due aliquote e sconti (in attesa delle deduzioni) sui redditi più alti. L'ufficio studi della Cgia di Mestre ha elaborato per Repubblica alcune simulazioni, nelle quali ha modificato la curva delle aliquote lasciando inalterato l'attuale meccanismo delle detrazioni. Il primo risultato è che i maggiori sgravi si concentrano, per ora, sui redditi più alti (a partire dai 40 mila euro) ma che comunque la rimodulazione delle aliquote comporta un prelievo complessivamente inferiore. Questo aiuta a capire la cautela con la quale il titolare dell'Economia Tremonti intende muoversi in questa partita, tanto più in uno scenario recessivo nel quale il crollo del Pil (intorno ai 6 punti) ha portato con sé il calo delle entrate senza alcuna riduzione della spesa.
Nel caso di una famiglia con due redditi di 21.500 euro e un figlio a carico, lo sconto annuo con la nuova ipotetica curva dell'Irpef si aggirerebbe intorno ai 520 euro, pari a poco più di 40 euro al mese. Maggiore e assai più significativo lo sgravio per un lavoratore dipendente con moglie e un figlio a carico e un reddito di 30 mila euro. In questo caso il prelievo Irpef scenderebbe dagli attuali 5.626 euro a 4.806 con una differenza di 820 euro, pari a quasi 70 euro al mese.
Il vero spartiacque è costituito dalla soglia dei 40 mila euro. Perché, senza più considerare i carichi famigliari, fino a 30 mila euro lo sconto supera di poco gli 800 euro l'anno, ma arrivati a 40 mila euro di reddito lo sgravio schizza a oltre 2 mila euro (2.320), con un risparmio che sfiora ogni mese i 200 euro. Le riduzioni del prelievo si trasformano in una vera e propria galoppata per i maxi redditi: a 100 mila euro si superano i 13 mila e a quota 110 mila si arriva a 14.170.
(11 gennaio 2010)
Oggi il sindacato presenta il suo piano
Tasse, la Cgil boccia la riforma
"Poco ai poveri, troppo ai ricchi"
di LUISA GRION
ROMA - Non gli piacciono i tempi: la riforma fiscale rilanciata da Berlusconi vuol cambiare tutto dopo, per non cambiare nulla adesso. Ma non è d'accordo nemmeno sui numeri: due aliquote sono troppo poche perché non rispettano la progressività e anche le percentuali scelte non vanno bene. Guglielmo Epifani, leader della Cgil, boccia il piano del governo sul fisco. "E' una mossa furba, propagandistica - commenta - fatta apposta per rimandare decisioni che dovrebbero essere prese subito. Si propone un progetto globale, che chiede tempi lunghi e approfondimenti, e si tralasciano interventi - come le detrazioni - che potrebbero invece dare sollievo immediato alle famiglie impoverite dalla crisi". Non solo: "Anche le due aliquote di cui si parla sono sbagliate perché la prima, quella al 23 per cento, è troppo alta, dovrebbe scendere al 20. E la seconda, quella del 33, è troppo bassa. Così facendo si promettono grandi risparmi ai redditi medio alti, ma si concede poco a chi ha entrate ridotte".
Insomma l'idea che la Cgil ha sul fisco è abbastanza diversa da quella prospettata dal premier e le proposte che proprio oggi il sindacato presenterà all'attenzione di Berlusconi poggiano su basi diverse: riduzione delle tasse per cento euro al mese per redditi da lavoro e pensionati e recupero dell'evasione. Il mix di interventi che porterebbe a questi obiettivi, nei piani della Cgil, fa base su una riforma Irpef che per il periodo 2010-2012 dovrebbe costare 19,8 miliardi. Dovrebbe comprendere la riduzione della prima aliquota dal 23 al 20 per cento - appunto - e della terza dal 38 al 36; un aumento delle detrazioni per i redditi da lavoro dipendente e da pensione per almeno 500 euro entro marzo; l'innalzamento e unificazione delle quote esenti. In più la tassazione delle rendite finanziarie al 20 per cento e una tassazione extra per grandi patrimoni (sopra gli 800 mila euro).
Ma se la Cgil la pensa in un altro modo, un netto "sì" alla riforma delle due aliquote è arrivata dalla Lega e dal ministro Maroni: "E' una proposta che condividiamo - ha detto - in questa fase è giusta e può far ripartire l'economia". Via libera anche dal ministro Brunetta, che però è d'accordo con "la cautela di Tremonti" e guarda anche al bilancio: "la riforma si farà entro la fine della legislatura", ma la minore tassazione sui redditi, ha precisato, dovrà accompagnarsi ad una maggiore tassazione sui consumi. Maggioranza a parte, aperture sul piano del governo arrivano anche dalla nuova formazione di Rutelli, Alleanza per l'Italia. "La doppia aliquota, se accompagnata da adeguati meccanismi di esenzione e di deduzioni, può essere un sistema che va nella direzione giusta" ha detto Linda Lanzillotta. Quanto all'accusa mossa ieri da Bersani di puntare a un fisco utile ai ricchi, a rispondere è Della Vedova, deputato Pdl: "La riduzione delle aliquote marginali aumenta e non riduce il contributo percentuale dei ricchi al gettito - ha commentato - Limitarle a due e ridurre quella massima permette una guerra totale all'evasione".
(11 gennaio 2010)
Maxi sconto dai 40mila euro in su
ma tutto si giocherà sulle deduzioni
Le riduzioni del prelievo si trasformano in una galoppata per i redditi molto alti
La riforma procura allo Stato un gettito inferiore: Tremonti, per questo, resta prudentedi ROBERTO MANIA
Due sole aliquote fiscali al posto delle attuali cinque: la più bassa del 23 per cento per i redditi fino a 100 mila euro, la più alta del 33 per cento per tutti i redditi superiori. È il nocciolo del progetto di riforma tributaria annunciata dal presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi.
Intorno ad esso il governo intende costruire un nuovo sistema fiscale spostando il prelievo dalle persone (Irpef o Ire) alle cose (Iva), realizzando il federalismo fiscale e sfoltendo la giungla delle norme fiscali. Un nuovo patto fiscale, anche "un'avventura intellettuale", come dice il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, per aggiornare il rapporto tra il fisco e un sistema produttivo dove, accanto alla grande fabbrica degli anni 70, ci sono sei milioni di piccoli imprenditori oltre ad una quota (un quarto di tutta l'occupazione) del tutto anomala tra i Paesi Ocse di lavoro autonomo.
Dunque è dalle due aliquote che si può cominciare a ragionare e a simulare le conseguenze sui contribuenti, sapendo che per salvaguardare la progressività del sistema fiscale così come impone la Costituzione (articolo 53) si dovrà agire sul meccanismo delle deduzioni (preferite dal governo alle detrazioni) con lo scopo di ridurre la base imponibile. Per questa ragione sembra scontato che le deduzioni interesseranno solo i redditi più bassi e soprattutto le famiglie.
Due aliquote e sconti (in attesa delle deduzioni) sui redditi più alti. L'ufficio studi della Cgia di Mestre ha elaborato per Repubblica alcune simulazioni, nelle quali ha modificato la curva delle aliquote lasciando inalterato l'attuale meccanismo delle detrazioni. Il primo risultato è che i maggiori sgravi si concentrano, per ora, sui redditi più alti (a partire dai 40 mila euro) ma che comunque la rimodulazione delle aliquote comporta un prelievo complessivamente inferiore. Questo aiuta a capire la cautela con la quale il titolare dell'Economia Tremonti intende muoversi in questa partita, tanto più in uno scenario recessivo nel quale il crollo del Pil (intorno ai 6 punti) ha portato con sé il calo delle entrate senza alcuna riduzione della spesa.
Nel caso di una famiglia con due redditi di 21.500 euro e un figlio a carico, lo sconto annuo con la nuova ipotetica curva dell'Irpef si aggirerebbe intorno ai 520 euro, pari a poco più di 40 euro al mese. Maggiore e assai più significativo lo sgravio per un lavoratore dipendente con moglie e un figlio a carico e un reddito di 30 mila euro. In questo caso il prelievo Irpef scenderebbe dagli attuali 5.626 euro a 4.806 con una differenza di 820 euro, pari a quasi 70 euro al mese.
Il vero spartiacque è costituito dalla soglia dei 40 mila euro. Perché, senza più considerare i carichi famigliari, fino a 30 mila euro lo sconto supera di poco gli 800 euro l'anno, ma arrivati a 40 mila euro di reddito lo sgravio schizza a oltre 2 mila euro (2.320), con un risparmio che sfiora ogni mese i 200 euro. Le riduzioni del prelievo si trasformano in una vera e propria galoppata per i maxi redditi: a 100 mila euro si superano i 13 mila e a quota 110 mila si arriva a 14.170.
(11 gennaio 2010)
09 gennaio 2010
LE QUOTE ITALIANE e lo sconcertoeuropeo
di Alessandro Cislin
O gni volta che la Gelmini cita l’Europa, i funzionari
europei rispondono con ilari schiamazzi convertiti
pubblicamente in un diplomatico silenzio. Era
successo ad esempio con la decantata valorizzazione
dell’inglese che, nelle modalità imposte dalla ministra,
ovvero scegliendo il risparmio e i tagli di insegnanti,
perciò penalizzando le altre lingue europee,
ha subito incontrato l’altolà di Bruxelles. In questo
caso però si decompone anche l’ilarità e resiste solo
lo sgomento. La norma del trenta per cento è talmente
clamorosa che sta facendo il giro del mondo nei
blog di ogni lingua e latitudine. Un giro di telefonate
con gli operatori della scuola in Inghilterra, Francia,
Germania e Spagna – interpellando anche insegnanti
di destra – lo conferma: la misura è ritenuta ovunque
“fa s c i s t a ” e porrebbe l’Italia al di fuori non solo
dell’Europa ma dell’intero ambito del diritto internazionale.
La Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti
del Fanciullo, ratificata e resa esecutiva dalla legge
176 del 1991, stabilisce l’assenza di limiti di sorta, e
men che meno di origine etnica, religiosa o linguistica
alla “gratuità dell’insegnamento”, prevedendo
“l’offerta di una sovvenzione finanziaria in caso di necessità”
(articolo 28), e precisando che l’offerta formativa
debba formularsi “indipendentemente dalla
nazionalità, status di immigrazione o apolidia” (ar ticolo
2). La Convenzione europea dei diritti dell’uomo
è un po’ più scarna ma stabilisce ugualmente
che: “Il diritto all’istruzione non può essere
rifiutato a nessuno”. In pratica non ci
possono essere limiti, e quindi le quote sono
inimmaginabili. E qui il diritto non è
un’astratta formulazione ma il risultato univoco
e concreto delle più disparate tradizioni
europee in materia di integrazione. Ai
poli opposti: il pragmatismo britannico,
che accetta e tutela territori etnicamente
separati, e l’etica transalpina della “cito -
ye n n e t é ”, che ambisce a un’egualitaria formazione
universale ai valori della nazione.
In ambedue i casi la discriminazione risulterebbe inconcepibile:
nel primo suonerebbe come una forzatura
illiberale, nel secondo come une un’astrusa costrizione
a uscire dal proprio quartiere per trovare un
istituto sufficientemente denso di “autoctoni” da poter
rientrare nelle quote. La norma del trenta per cento
non trova infatti pari nel resto dell’Unione Europea,
dove le uniche discriminazioni ammissibili sono
quelle “p o s i t i ve ” nei confronti degli immigrati, non
certo “quelle” negative. Non è cioè pensabile stabilire
“un massimo di”, tutt’al più lo è il “minimo” sta -
bilito a beneficio degli stranieri, come avviene in alcuni
settori dell’amministrazione. Un precedente tuttavia
c’è ed è rappresentato dalla Croazia. Il caso di
quattordici ragazzi rom inseriti in classi separate è
giunto all’attenzione della Corte europea dei diritti
dell’uomo. La risposta dei giudici di Strasburgo è stata
ambigua ma pesante: non possiamo intervenire sulla
legislazione di Zagabria, ma le famiglie devono esser
risarcite di duemila euro di danni morali cui vanno
sommate le spese legali. Forse i consulenti della Gelmini
non l’hanno informata sulle probabili conseguenze
del suo dono al populismo leghista. La reazione
europea non consisterà solo in qualche richiesta
di “chiar imento” o in qualche editto morale di
“condanna”. Si tratterà forse di tirar fuori soldi pubblici
per affrontare contenziosi continentali e le relative
sconfitte, che dall’Italia si annunciano ben più
estese rispetto alla piccola Croazia. La Commissione
per ora schiva: “Aspettiamo i risultati concreti”, ben
sapendo però che l’esito sarà giudiziario, a spese dei
contribuenti italiani, oltre che dei diritti universali.
O gni volta che la Gelmini cita l’Europa, i funzionari
europei rispondono con ilari schiamazzi convertiti
pubblicamente in un diplomatico silenzio. Era
successo ad esempio con la decantata valorizzazione
dell’inglese che, nelle modalità imposte dalla ministra,
ovvero scegliendo il risparmio e i tagli di insegnanti,
perciò penalizzando le altre lingue europee,
ha subito incontrato l’altolà di Bruxelles. In questo
caso però si decompone anche l’ilarità e resiste solo
lo sgomento. La norma del trenta per cento è talmente
clamorosa che sta facendo il giro del mondo nei
blog di ogni lingua e latitudine. Un giro di telefonate
con gli operatori della scuola in Inghilterra, Francia,
Germania e Spagna – interpellando anche insegnanti
di destra – lo conferma: la misura è ritenuta ovunque
“fa s c i s t a ” e porrebbe l’Italia al di fuori non solo
dell’Europa ma dell’intero ambito del diritto internazionale.
La Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti
del Fanciullo, ratificata e resa esecutiva dalla legge
176 del 1991, stabilisce l’assenza di limiti di sorta, e
men che meno di origine etnica, religiosa o linguistica
alla “gratuità dell’insegnamento”, prevedendo
“l’offerta di una sovvenzione finanziaria in caso di necessità”
(articolo 28), e precisando che l’offerta formativa
debba formularsi “indipendentemente dalla
nazionalità, status di immigrazione o apolidia” (ar ticolo
2). La Convenzione europea dei diritti dell’uomo
è un po’ più scarna ma stabilisce ugualmente
che: “Il diritto all’istruzione non può essere
rifiutato a nessuno”. In pratica non ci
possono essere limiti, e quindi le quote sono
inimmaginabili. E qui il diritto non è
un’astratta formulazione ma il risultato univoco
e concreto delle più disparate tradizioni
europee in materia di integrazione. Ai
poli opposti: il pragmatismo britannico,
che accetta e tutela territori etnicamente
separati, e l’etica transalpina della “cito -
ye n n e t é ”, che ambisce a un’egualitaria formazione
universale ai valori della nazione.
In ambedue i casi la discriminazione risulterebbe inconcepibile:
nel primo suonerebbe come una forzatura
illiberale, nel secondo come une un’astrusa costrizione
a uscire dal proprio quartiere per trovare un
istituto sufficientemente denso di “autoctoni” da poter
rientrare nelle quote. La norma del trenta per cento
non trova infatti pari nel resto dell’Unione Europea,
dove le uniche discriminazioni ammissibili sono
quelle “p o s i t i ve ” nei confronti degli immigrati, non
certo “quelle” negative. Non è cioè pensabile stabilire
“un massimo di”, tutt’al più lo è il “minimo” sta -
bilito a beneficio degli stranieri, come avviene in alcuni
settori dell’amministrazione. Un precedente tuttavia
c’è ed è rappresentato dalla Croazia. Il caso di
quattordici ragazzi rom inseriti in classi separate è
giunto all’attenzione della Corte europea dei diritti
dell’uomo. La risposta dei giudici di Strasburgo è stata
ambigua ma pesante: non possiamo intervenire sulla
legislazione di Zagabria, ma le famiglie devono esser
risarcite di duemila euro di danni morali cui vanno
sommate le spese legali. Forse i consulenti della Gelmini
non l’hanno informata sulle probabili conseguenze
del suo dono al populismo leghista. La reazione
europea non consisterà solo in qualche richiesta
di “chiar imento” o in qualche editto morale di
“condanna”. Si tratterà forse di tirar fuori soldi pubblici
per affrontare contenziosi continentali e le relative
sconfitte, che dall’Italia si annunciano ben più
estese rispetto alla piccola Croazia. La Commissione
per ora schiva: “Aspettiamo i risultati concreti”, ben
sapendo però che l’esito sarà giudiziario, a spese dei
contribuenti italiani, oltre che dei diritti universali.
07 gennaio 2010
Da: Repubblica.it
IL RESTROSCENA Processo breve allargato a tutti i reati ma con tetti temporali graduati
Le parti lese, mentre la causa sarà sospesa, potranno rivalersi in sede civile
Ecco il lodo in formato costituzionale
si potrà usare anche cambiando carica
di LIANA MILELLA
ROMA - Questa volta sarà un lodo "reiterabile". E non sarà neppure "rinunciabile". Significa che Berlusconi non solo ne fruirà subito, in quanto premier, ma ne potrà godere anche nel corso della legislatura o in una successiva qualora dovesse occupare un'altra delle tre alte cariche (presidenti Repubblica, Senato, Camera) "protette" dal futuro scudo costituzionale per congelare i processi penali in corso. Non solo: al lodo ter, che arriva dopo i due già bocciati dalla Consulta e firmati da Schifani e Alfano, né il Cavaliere né gli altri vertici dello Stato potranno rinunciare. Giusto il contrario di quanto prevedeva il lodo Alfano, col quale, finito l'incarico, il premier doveva affrontare di nuovo il dibattimento.
Sarà depositato in Senato la prossima settimana, ma del lodo Quagliariello-Centaro cominciano a filtrare indiscrezioni. Che per certo, per via del contenuto, non saranno gradite all'opposizione e sono destinate a suscitare polemiche. Soprattutto perché si saldano con le modifiche al processo breve, fresco di summit ad Arcore tra il Cavaliere, il Guardasigilli Angelino Alfano e il suo avvocato Niccolò Ghedini. Cambiamenti che non attenuano affatto le caratteristiche di una legge ad personam che il Csm ha bocciato come "inedita amnistia". La riforma della giustizia, che Berlusconi promette per il 2010, parte dal gioco delle tre carte - lodo congela-processi, legittimo impedimento, processo breve - che ha nel premier l'unico protagonista e persegue un obiettivo, cancellare in un modo o nell'altro i processi Mills e Mediaset.
Cominciamo dal lodo ter, l'ultima creatura nel lungo elenco delle leggi scritte per salvare Berlusconi. Il testo è pronto. Visionato ad Arcore con tanto di via libera. Ci hanno lavorato il vice presidente dei senatori Pdl Gaetano Quagliariello e il numero due della commissione Giustizia Roberto Centaro. Prevede un triplice intervento sulla Costituzione, agli articoli 68, 90 e 96, i tre che si occupano delle tutele dei parlamentari, del capo dello Stato, del premier e dei ministri. Tre righe in più in ognuno dei tre, con una formula sempre identica in cui cambia soltanto la qualifica della carica garantita dalla nuova tutela. "Fatte salve le disposizioni contenute nel presente articolo, i processi penali del presidente della Camera e del Senato (oppure del presidente della Repubblica, o ancora del solo presidente del Consiglio e non dei singoli ministri) sono sospesi fino al termine dell'esercizio delle funzioni e della carica".
All'integrazione costituzionale seguono le regole processuali per disciplinare i futuri dibattimenti sospesi. Quella, già contenuta nel defunto lodo Alfano, per cui le altre parti del processo possono nel frattempo rivalersi in sede civile. E quelle sulla reiterabilità e la non rinunciabilità. Due scelte motivate dal fatto che il nuovo lodo costituzionale, secondo chi lo ha scritto, non riguarda la singola persona che ne fruisce, ma la carica che riveste. Due scelte che potrebbero diventare una mina nel testo in quanto furono già sanzionate dalla Consulta quando esaminò e bocciò nel 2004 il lodo Schifani. Uno scudo reiterabile rischia di bloccare per un tempo anche molto lungo il processo.
Assicurato lo scontro con l'Idv, assai probabile quello con Pd, a rischio anche l'intesa con l'Udc che ha "regalato" a Berlusconi la via di fuga del legittimo impedimento. Col gioco delle tre carte il premier e i suoi attaché chiedono troppo. Casini ha messo sul piatto, per 18 mesi, la possibilità di considerare gli impegni istituzionali del premier un motivo sempre valido per rinviare praticamente sempre le udienze, ma chiedeva in cambio di ritirare il processo breve. E Berlusconi che fa? Cerca di cambiargli nome e da processo breve vuole ribattezzarlo processo "certo". Ma ne lascia inalterata la potenzialità distruttiva, anzi l'amplifica. La versione originaria prevedeva l'obbligo del processo breve (due anni per ogni fase) solo per i reati sotto i 10 anni. Adesso riguarderà tutti i delitti, anche quelli più gravi (mafia e terrorismo) con l'escamotage della durata differente. Ne fruiranno tutti, pure i recidivi, altrimenti sarebbe stato incostituzionale. Due anni e sei mesi per i processi sotto i dieci anni, tre per quelli al di sopra. Le norme entreranno in vigore subito, per i crimini, indultabili, commessi prima del maggio 2006. Quindi riguarderanno anche Berlusconi. Il gioco delle tre carte, appunto.
(07 gennaio 2010)
Le parti lese, mentre la causa sarà sospesa, potranno rivalersi in sede civile
Ecco il lodo in formato costituzionale
si potrà usare anche cambiando carica
di LIANA MILELLA
ROMA - Questa volta sarà un lodo "reiterabile". E non sarà neppure "rinunciabile". Significa che Berlusconi non solo ne fruirà subito, in quanto premier, ma ne potrà godere anche nel corso della legislatura o in una successiva qualora dovesse occupare un'altra delle tre alte cariche (presidenti Repubblica, Senato, Camera) "protette" dal futuro scudo costituzionale per congelare i processi penali in corso. Non solo: al lodo ter, che arriva dopo i due già bocciati dalla Consulta e firmati da Schifani e Alfano, né il Cavaliere né gli altri vertici dello Stato potranno rinunciare. Giusto il contrario di quanto prevedeva il lodo Alfano, col quale, finito l'incarico, il premier doveva affrontare di nuovo il dibattimento.
Sarà depositato in Senato la prossima settimana, ma del lodo Quagliariello-Centaro cominciano a filtrare indiscrezioni. Che per certo, per via del contenuto, non saranno gradite all'opposizione e sono destinate a suscitare polemiche. Soprattutto perché si saldano con le modifiche al processo breve, fresco di summit ad Arcore tra il Cavaliere, il Guardasigilli Angelino Alfano e il suo avvocato Niccolò Ghedini. Cambiamenti che non attenuano affatto le caratteristiche di una legge ad personam che il Csm ha bocciato come "inedita amnistia". La riforma della giustizia, che Berlusconi promette per il 2010, parte dal gioco delle tre carte - lodo congela-processi, legittimo impedimento, processo breve - che ha nel premier l'unico protagonista e persegue un obiettivo, cancellare in un modo o nell'altro i processi Mills e Mediaset.
Cominciamo dal lodo ter, l'ultima creatura nel lungo elenco delle leggi scritte per salvare Berlusconi. Il testo è pronto. Visionato ad Arcore con tanto di via libera. Ci hanno lavorato il vice presidente dei senatori Pdl Gaetano Quagliariello e il numero due della commissione Giustizia Roberto Centaro. Prevede un triplice intervento sulla Costituzione, agli articoli 68, 90 e 96, i tre che si occupano delle tutele dei parlamentari, del capo dello Stato, del premier e dei ministri. Tre righe in più in ognuno dei tre, con una formula sempre identica in cui cambia soltanto la qualifica della carica garantita dalla nuova tutela. "Fatte salve le disposizioni contenute nel presente articolo, i processi penali del presidente della Camera e del Senato (oppure del presidente della Repubblica, o ancora del solo presidente del Consiglio e non dei singoli ministri) sono sospesi fino al termine dell'esercizio delle funzioni e della carica".
All'integrazione costituzionale seguono le regole processuali per disciplinare i futuri dibattimenti sospesi. Quella, già contenuta nel defunto lodo Alfano, per cui le altre parti del processo possono nel frattempo rivalersi in sede civile. E quelle sulla reiterabilità e la non rinunciabilità. Due scelte motivate dal fatto che il nuovo lodo costituzionale, secondo chi lo ha scritto, non riguarda la singola persona che ne fruisce, ma la carica che riveste. Due scelte che potrebbero diventare una mina nel testo in quanto furono già sanzionate dalla Consulta quando esaminò e bocciò nel 2004 il lodo Schifani. Uno scudo reiterabile rischia di bloccare per un tempo anche molto lungo il processo.
Assicurato lo scontro con l'Idv, assai probabile quello con Pd, a rischio anche l'intesa con l'Udc che ha "regalato" a Berlusconi la via di fuga del legittimo impedimento. Col gioco delle tre carte il premier e i suoi attaché chiedono troppo. Casini ha messo sul piatto, per 18 mesi, la possibilità di considerare gli impegni istituzionali del premier un motivo sempre valido per rinviare praticamente sempre le udienze, ma chiedeva in cambio di ritirare il processo breve. E Berlusconi che fa? Cerca di cambiargli nome e da processo breve vuole ribattezzarlo processo "certo". Ma ne lascia inalterata la potenzialità distruttiva, anzi l'amplifica. La versione originaria prevedeva l'obbligo del processo breve (due anni per ogni fase) solo per i reati sotto i 10 anni. Adesso riguarderà tutti i delitti, anche quelli più gravi (mafia e terrorismo) con l'escamotage della durata differente. Ne fruiranno tutti, pure i recidivi, altrimenti sarebbe stato incostituzionale. Due anni e sei mesi per i processi sotto i dieci anni, tre per quelli al di sopra. Le norme entreranno in vigore subito, per i crimini, indultabili, commessi prima del maggio 2006. Quindi riguarderanno anche Berlusconi. Il gioco delle tre carte, appunto.
(07 gennaio 2010)
05 gennaio 2010
Dialogo, inciuci, legge ad personam, giustizia ad personam. Idv fuori ruolo: viva l’Italia
Dopo l’attentato al premier, “dialogo” è la parola più scritta e più pronunciata. In un momento in cui le parole hanno perso il loro giusto significato, mi sembra opportuno trascrivere la definizione che il dizionario Garzanti dà della parola “dialogo”: “comunicazione costante tra persone o tra gruppi che permette di eliminare o ridurre gli elementi di dissenso e favorisce la comprensione reciproca: …il governo ha avviato un dialogo con l’opposizione.”
Il governo, infatti, per bocca di tutti i suoi rappresentanti dichiara non solo d’essere pronto al dialogo, ma offre all’opposizione, come atto di buona volontà, di partire dalla bozza Violante.
Quasi da non crederci!
Dal canto suo l’opposizione, Casini e Finocchiaro, con qualche ovvio distinguo, si dichiarano pronti. Tutti contenti …politici e cittadini, elettori e astensionisti!
Troppo bello, perché sia vero!
Una statuetta e “il clima d’odio”, giustamente, ha lasciato campo al “clima dell’amore”, ma … c’è un ma il concerto manca di qualche strumento e alcune note appaiono stonate.
Al concerto manca l’”eversivo” (la definizione, salvo mentita, è del coordinatore Bondi) partito di Di Pietro, condizione sine qua non, a quanto pare, posta dal Pdl ormai PdA. Finora il Pd dice e non dice, dichiara e smentisce, ma una posizione ferma e chiara non è pervenuta. O, forse sì, se la dichiarazione di Letta, il vicesegretario di Bersani, può essere considerata chiara e illuminante: “Con questa continua rincorsa Di Pietro e De Magistris sono i migliori alleati di Berlusconi, noi continuiamo a sulla nostra linea di sostegno e di difesa del capo dello Stato e della sua posizione da favore delle riforme e dell’interesse nazionale”.
Giusto, politicamente corretto, come vuole il buon senso della maggioranza…ma che un discreto numero di iscritti e simpatizzanti del Pd non gradisce e, guarda caso, ha votato Idv. Letta e compagni dove pensano che peschi l’Idv, dal Pdl o dalla Lega?
Aprire gli occhi è un dovere di tutta l’opposizione, in modo particolare del Pdl che, dopo tutte le fregature prese da Belusconi & company, dovrebbe essere diventato più furbo. Dovrebbe capire che senza l’alleanza con l’Idv, anche se riesce ad agganciare l’Udc (Casini candidato premier?), non vincerà le lezioni, ma soprattutto, dovrebbe capire lo scopo vero di quest’anomala apertura di Berlusconi, anomala perché numerosi sono i paletti posti e sottaciuti (chissà perché!) dal Pd.
Mi riesce difficile, infatti, pensare che Bersani non si renda conto che la blanda opposizione del Pd e l’ancora più blanda dell’Udc, porterà all’approvazione del processo breve o del legittimo impedimento o del terzo lodo o … forse è proprio questo che vuole. Poi griderà agli italiani che solo la schiacciante maggioranza parlamentare governativa ha causato il disastro del processo breve…ma stiano tranquilli gli italiani che sulle riforme saranno molto duri…nel caso raccoglieranno le firme per il referendum … l’opposizione saprà reagire compatta a…
Parole, per chiosare un’antica canzone, parole, parole, soltanto parole…come se l’opposizione non abbia altri strumenti per far sentire pesantemente la propria presenza.
Ancora una volta, quindi, la propaganda nei media, le contrapposizioni strumentali del momento nasconderanno l’inciucio (Dizionario Garzanti: ”accordo politico non lineare, frutto di basso compromesso”.). Ancora una volta Berlusconi otterrà quello che desidera, ancora una volta i cittadini si sveglieranno ancora più disuguali, ancora una volta la giustizia avrà … fatto il suo corso.
Ancora una volta il centrosinistra, col trattino o senza non importa, perderà le lezioni, la Lega aumenterà i consensi, l’Idv pure, il Pd ritroverà D’Alema al capezzale per l’estrema unzione.
Per finire cito due brevi dichiarazioni, la prima di Cicchitto, la seconda di Bonaiuti: “…i disegni di legge che riguardano il processo breve e il legittimo impedimento è giusto che facciano il loro corso…a elezioni regionali fatte può decollare il confronto sulle riforme istituzionali e sulle riforme globali sulla giustizia”. “…sul legittimo impedimento e sul processo breve il centrodestra può andare avanti anche da solo a maggioranza perché non si tratta di leggi ad personam come fingono di non capire certi esponenti dell’opposizione, si tratta di una giustizia ad personam che ha colpito il presidente del Consiglio.”
Non penso sia necessario commentare le suddette dichiarazioni. Gl’Italiani, di destra, di centro e di sinistra, le capiscono abbastanza bene: salviamo, innanzitutto, Berlusconi, poi si vedrà… Vedrete che l’Amore regnerà sovrano e l’epoca di Berlusconi supererà il ventennio senza preoccupazioni.
Non so se gli elettori di centro sinistra resisteranno, nonostante i Letta, i Bersani, i Veltroni i D’Alema… Viva l’Italia!
Il governo, infatti, per bocca di tutti i suoi rappresentanti dichiara non solo d’essere pronto al dialogo, ma offre all’opposizione, come atto di buona volontà, di partire dalla bozza Violante.
Quasi da non crederci!
Dal canto suo l’opposizione, Casini e Finocchiaro, con qualche ovvio distinguo, si dichiarano pronti. Tutti contenti …politici e cittadini, elettori e astensionisti!
Troppo bello, perché sia vero!
Una statuetta e “il clima d’odio”, giustamente, ha lasciato campo al “clima dell’amore”, ma … c’è un ma il concerto manca di qualche strumento e alcune note appaiono stonate.
Al concerto manca l’”eversivo” (la definizione, salvo mentita, è del coordinatore Bondi) partito di Di Pietro, condizione sine qua non, a quanto pare, posta dal Pdl ormai PdA. Finora il Pd dice e non dice, dichiara e smentisce, ma una posizione ferma e chiara non è pervenuta. O, forse sì, se la dichiarazione di Letta, il vicesegretario di Bersani, può essere considerata chiara e illuminante: “Con questa continua rincorsa Di Pietro e De Magistris sono i migliori alleati di Berlusconi, noi continuiamo a sulla nostra linea di sostegno e di difesa del capo dello Stato e della sua posizione da favore delle riforme e dell’interesse nazionale”.
Giusto, politicamente corretto, come vuole il buon senso della maggioranza…ma che un discreto numero di iscritti e simpatizzanti del Pd non gradisce e, guarda caso, ha votato Idv. Letta e compagni dove pensano che peschi l’Idv, dal Pdl o dalla Lega?
Aprire gli occhi è un dovere di tutta l’opposizione, in modo particolare del Pdl che, dopo tutte le fregature prese da Belusconi & company, dovrebbe essere diventato più furbo. Dovrebbe capire che senza l’alleanza con l’Idv, anche se riesce ad agganciare l’Udc (Casini candidato premier?), non vincerà le lezioni, ma soprattutto, dovrebbe capire lo scopo vero di quest’anomala apertura di Berlusconi, anomala perché numerosi sono i paletti posti e sottaciuti (chissà perché!) dal Pd.
Mi riesce difficile, infatti, pensare che Bersani non si renda conto che la blanda opposizione del Pd e l’ancora più blanda dell’Udc, porterà all’approvazione del processo breve o del legittimo impedimento o del terzo lodo o … forse è proprio questo che vuole. Poi griderà agli italiani che solo la schiacciante maggioranza parlamentare governativa ha causato il disastro del processo breve…ma stiano tranquilli gli italiani che sulle riforme saranno molto duri…nel caso raccoglieranno le firme per il referendum … l’opposizione saprà reagire compatta a…
Parole, per chiosare un’antica canzone, parole, parole, soltanto parole…come se l’opposizione non abbia altri strumenti per far sentire pesantemente la propria presenza.
Ancora una volta, quindi, la propaganda nei media, le contrapposizioni strumentali del momento nasconderanno l’inciucio (Dizionario Garzanti: ”accordo politico non lineare, frutto di basso compromesso”.). Ancora una volta Berlusconi otterrà quello che desidera, ancora una volta i cittadini si sveglieranno ancora più disuguali, ancora una volta la giustizia avrà … fatto il suo corso.
Ancora una volta il centrosinistra, col trattino o senza non importa, perderà le lezioni, la Lega aumenterà i consensi, l’Idv pure, il Pd ritroverà D’Alema al capezzale per l’estrema unzione.
Per finire cito due brevi dichiarazioni, la prima di Cicchitto, la seconda di Bonaiuti: “…i disegni di legge che riguardano il processo breve e il legittimo impedimento è giusto che facciano il loro corso…a elezioni regionali fatte può decollare il confronto sulle riforme istituzionali e sulle riforme globali sulla giustizia”. “…sul legittimo impedimento e sul processo breve il centrodestra può andare avanti anche da solo a maggioranza perché non si tratta di leggi ad personam come fingono di non capire certi esponenti dell’opposizione, si tratta di una giustizia ad personam che ha colpito il presidente del Consiglio.”
Non penso sia necessario commentare le suddette dichiarazioni. Gl’Italiani, di destra, di centro e di sinistra, le capiscono abbastanza bene: salviamo, innanzitutto, Berlusconi, poi si vedrà… Vedrete che l’Amore regnerà sovrano e l’epoca di Berlusconi supererà il ventennio senza preoccupazioni.
Non so se gli elettori di centro sinistra resisteranno, nonostante i Letta, i Bersani, i Veltroni i D’Alema… Viva l’Italia!
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