La sentenza (di primo grado, badiamo!) Mills, condanna a quattro anni e sei mesi come testimone corrotto dal premier Berlusconi, fa discutere, ma, soprattutto, ci fa assistere alla solita autodifesa del premier, alla difesa ad oltranza dei suoi sodali, ministri, sottosegretari, onorevoli nominati ma non eletti, giornalisti delle reti Media-Rai e della stampa di famiglia e prossima.
Dalla lettura della sentenza viene spontanea una deduzione: se c’è un corrotto, ergo, deve esserci un corruttore.
Il corruttore, stando all’accusa, è il premier Berlusconi che, grazie al “lodo Alfano”, unico nel mondo, non può essere giudicato (La parte del processo che lo riguarda è stata congelata. Sarà ripresa, quando non sarà più primo ministro. Se sarà eletto presidente della Repubblica o del Senato o della Corte Costituzionale, il congelamento sarà dilazionato.), anche se il reato è stato commesso, quando non era primo ministro e lontano dalle relative funzioni.
Un paradosso tutto italiano, una legge vergogna, che fa di quattro cittadini quattro cittadini diversi dal resto degli italiani, di cui si spera che la Corte Costituzionale sancisca l’incostituzionalità.
Penso che per una questione di dignità personale e di lealtà verso i cittadini che, come presidente del Consiglio, rappresenta totalmente, dovrebbe rinunciare alla protezione del lodo Alfano e accettare di farsi processare.
Inoltre, considerata la sua professione d’innocenza, perché non credergli? sicuramente basata su prove tangibili e incontestabili, sarebbe assolto dall’accusa di corruzione liberando così da ogni ombra la sua immagine non solo d’imprenditore (la corruzione è stata effettuata, se c’è stata, nella sua funzione d’imprenditore), ma, soprattutto, di politico.
Potrebbe dire al mondo, ai suoi elettori e non, che aveva ragione, che il giudice Gandus aveva preso una cantonata, che c’era premeditazione e che la trama delle toghe rosse non è mai stata pura fantasia.
Ma Berlusconi non accetta di essere processato (perché, allora, il lodo Alfano?) e, al contrario, lancia accuse infamanti alla Gandus, un giudice della Repubblica, ritenuto idoneo a celebrare il processo nonostante la ricusazione presentata a suo tempo dai suoi avvocati, un rappresentante di uno dei poteri fondanti d’ogni democrazia.
Non è forse compito di un primo ministro preservare le istituzioni da ogni discredito? Non ha giurato di osservare e difendere la Costituzione, o incrociava le dita della mano sinistra, come i bambini discoli che, mentre giurano, già sanno come fare per rendere invalido l’impegno?
La Costituzione, la legge fondamentale dello Stato per cui ogni cittadino è uguale agli altri nel fruire dei diritti come nel rispettare i doveri, ove non si conosca, va studiata con umiltà e rispetto.
I continui attacchi alla Magistratura come le leggi ad personam (gli anni che fanno scattare la prescrizione sono stati portati da dieci a cinque, hanno tolto a Berlusconi il fastidio d’alcuni processi, ma non la cancellazione del reato.), pro domo sua, minano la democrazia e danno al cittadino la sensazione che il potente è più uguale di fronte alla legge.
Si pongono, a questo punto, due domande.
Da che parte stanno i media (informazione), qual è la loro posizione…il loro ruolo?
È normale che il premier possa esternare con tale violenza contro un potere costituente, senza che nessuno intervenga?
L’informazione nostrana non è all’altezza. Esistono molte zone d’ombra. L’informazione non è mai completa, è edulcorata mai approfondita o, quantomeno, esplicativa.
Ovviamente, ci sono delle eccezioni, ma queste servono solo a confermare la regola.
Prendiamo il caso Mills. Si registrano le invettive di Berlusconi senza chiedersi minimamente perché Mills è stato condannato. Il lettore e lo “spettatore” tv non sapranno mai perché Berlusconi è accusato di corruzione. Se il premier non risponde alle domande scomode (chi le fa? Non esageriamo…), il giornalista potrebbe approfondire e spiegare perché Berlusconi è indagato
Se ciò avvenisse non si assisterebbe al vergognoso spettacolo del rifiuto di Berlusconi, in conferenza stampa, di rispondere alla domanda posta dal giornalista di “Repubblica”. Altrove (Pessoa…Pessoa…) tutti i giornalisti presenti avrebbero solidarizzato e sarebbero usciti dalla sala. Altrove, dicevo, non in Italia dove i giornalisti solidarizzano col premier, dove le domande sono concordate e dove vengono accettati solo giornalisti graditi.
L’informazione è in uno stato comatoso e servile come abbiamo potuto constatare in una recente puntata di “porta a porta”, dove abbiamo assistito ad un soliloquio del premier per spiegare il suo rapporto con Noemi e Veronica. Il contraddittorio è servito solo ad indirizzare il comizio sulla strada voluta dal premier.
Nessuno osa ribellarsi più di tanto. L’opposizione cerca si dire qualcosa, si agita, ma, in effetti, dorme. Ci auguriamo che la “nottata” passi presto e senza arrecare danni irreversibili.
Inventandoci una nuova disciplina, la politica comparata, non risulta che in un solo paese al mondo, in tutti i continenti, un capo di governo esprime giudizi diffamatori e calunniosi nei confronti di un giudice e di una parte della magistratura individuata col dispregiativo di “toghe rosse”.
Altrove c’è rispetto dei ruoli svolti e i politici non sono pervasi di mania d’onnipotenza, rispettano la legge come tutti i cittadini, accettano o criticano le sentenze, ma non si permettono né la diffamazione né la calunnia. Da noi tutto è permesso, anzi tutto si prende e si dà.
Io non credo che un politico possa esprimere impunemente, si dice nell’esercizio delle proprie funzioni, giudizi che portano senza dubbio discredito ad un potere dello Stato. Qualcuno deve intervenire per evitare che di atto in atto, di calunnia in calunnia, di discredito in discredito, di fatto la Costituzione sarà continuamente violata fino a ridurla a carta straccia, finché la forza del diritto sarà sostituita dal diritto della forza.
24 maggio 2009
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