L’art. 3 della Costituzione, comma primo, così recita: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.
La Camera mercoledì scorso ha approvato la legge della prescrizione breve, calpestando, a mio vedere, l’articolo citato.
Anche il vice direttore del “Giornale”, quotidiano della famiglia Berlusconi, Porro ha ammesso che si tratta di una legge ad personam, anche se ha addotto le solite osservazioni sui magistrati e la solita azione di difesa del Presidente del Consiglio (pdc).
I parlamentari e molti sodali del pdc giustificano la legge, considerandola la legittima reazione agli attacchi di una parte della magistratura, come un “diritto di difesa”.
La legge prevede per gli “incensurati” un accorciamento della prescrizione. In pratica, un incensurato, che commette lo stesso reato, nelle stesse condizioni e con lo stesso risultato di un recidivo, sarà premiato accorciando i tempi della prescrizione: un incoraggiamento a delinquere!
Berlusconi usufruirà della prescrizione ri-accorciata per il processo Mills che pur prescritto in cassazione, era stato condannato nei precedenti gradi di giudizio per essere stato corrotto, guarda caso, da Berlusconi.
A giustificazione di ciò ministri, sottosegretari e avvocati onorevoli, sostengono che il processo sarebbe stato lo stesso prescritto e farlo prima non cambia la sostanza delle cose. Non sono d’accordo. Intanto, come non si toglie la spina a un malato terminale prima che la morte non sopraggiunga naturalmente, allo stesso modo non si sancisce la morte di un processo per sopravvenuta prescrizione breve. Tra l’altro il processo, senza l’accorciamento dei tempi della prescrizione, arriverebbe almeno alla sentenza di primo grado che potrebbe liberare di ogni accusa il pdc, dando ai cittadini l’immagine di un pdc libero da colpe e vittima della magistratura rossa di Milano.
Il governo e la maggioranza che lo sostiene con l’approvazione di questa legge saranno responsabili della morte di migliaia di processi e le famiglie non avranno giustizia. È il caso della Clinica Santa Rita di Milano, del processo Cirio, del processo Fincantieri di Palermo, del processo Eternit, del processo Ilva di Taranto, del Rogo Thyssenkrupp di Torino, del crollo della Casa dello studente de L’Aquila, della strage di Viareggio o delle numerose morti sul lavoro …
Bravi, bravi per davvero! Per salvarne uno ‘ più eguale degli altri, non si dà giustizia ai cittadini con una legge che è con tutta evidenza anticostituzionale.
Per non parlare del comizio del pdc all’uscita dal Tribunale davanti al suo popolo. Un discorso che ha messo in tutta evidenza il conflitto tra le istituzioni, o per essere precisi il conflitto che il pdc ha scatenato contro la Magistratura. È stato un discorso eversivo o, se non lo è stato, che cos’è stato?
Un Paese democratico si fonda su regole certe (la Costituzione) e quello che si chiede ai politici è rispettarle per evitare l’anarchia e la decadenza istituzionale, tenendo presente che precipitare è sempre più facile che risalire.
Fare il presidente del consiglio è stata una scelta di Berlusconi, nessuno gliel’ha imposta e adeguarsi alle regole è la normalità del vivere politico, in quanto i politici, tutti in politici, devono avere un comportamento irreprensibile e servire da esempio. Io, convinto che nessuno è colpevole fino a sentenza definitiva, sarei soddisfatto e capirei la buona fede di Berlusconi, qualora approvata definitivamente la legge, rinunciasse della prescrizione breve.
Perché non lo fa, attraverso una pubblica dichiarazione e reti riunite?
15 aprile 2011
Strage breve (dal blog di : L. Telese, ilfattoquotidiano.it del 15/04/2011)
Ora anche il tempo delle stragi si è fatto breve. Da ieri, malgrado i giochi con calcolatrice del ministro Alfano, anche i cavilli di un processo con 32 vittime sono appesi ai destini del premier e alle sue strategie difensive. Che strano rito obliquo che si celebra in Parlamento: il tempo delle vite di tanti, contro il tempo dell’impunità di uno solo.
Che scambio feroce, ingiusto, inaccettabile. Ora ci sono storie che bisogna rincorrere tra il passato di una catastrofe ferroviaria e l’aula di un tribunale. Ora c’è la memoria della Strage di Viareggio che va recuperata perché quelle vittime non finiscano bruciate per la seconda volta, in un rogo di amnesia giudiziaria. Ora, davvero, c’è la voce ferma di Daniela Rombi, madre di Emanuela, che dice con un suono di piombo: “Non mi interessa nulla dei guai giudiziari di Berlusconi. Lo so che non siamo potenti. So che siamo gente semplice, stipendi da mille e cinquecento euro al mese, quelli che fanno fatica ad arrivare al 27. Eppure la mia vita, quella di mio marito, quella di venti famiglie sono state spente da una vampata, in una sera di giugno, due anni fa. A noi nessuno può insegnare niente. Nessuno può permettersi di dare rassicurazioni. Ci hanno tolto 32 vite, non possono toglierci il diritto a questo processo”.
Ora bisogna riavvolgere la bobina, solo per un attimo. ll 29 aprile del 2009 Sara Orsi e Emanuela Menichetti, giovanissime e temerarie, avevano fondato una agenzia immobiliare. C’erano l’università, i sogni e mille progetti di una ragazza di 24 anni e di una di 21, in quell’impresa. Mamma Daniela che gridava, divertita e preoccupata: “Ma che vi mettete a fare!?”. E il sorriso di due ragazze: “Se non ci proviamo a vent’anni, quando?’”. C’era il tempo che correva. E anche la morte, già in viaggio sui binari: un piccolo incidente di cui nessuno si era accorto tra Prato e Baiano: finché non c’è un cadavere, in questo paese, è sempre manutenzione ordinaria. La sera del 29 giugno Emanuela esce: “Vado da Sara!”. Serata calda, sedute sul letto a giocare a carte. A divertirsi e a fantasticare: studentesse-impresarie, sogni che corrono, affacciate su una ferrovia.
La telefonata arriva dall’ospedale, a notte fonda. “Signora, c’è stato un incidente. Sua figlia le vuole parlare”. Daniela rimane di pietra, ma la voce di Sara le attenua l’angoscia. Se la ricorda un po’ agitata, ma cristallina e squillante: “Mamma, c’è stato in incidente!!”. Non hai tempo di chiedere, dove: “Non ti preoccupare - aggiunge – non mi sono fatta nulla”. L’inganno di una voce cristallina in un corpo già carbonizzato. Ora Daniela sa che quelle sono state le ultime parole di sua figlia. Anche quella telefonata è diventata troppo breve, nel ricordo, come se una raffica di frasi concitate avesse tagliato la possibilità di un congedo. I genitori di Emanuela arrivarono al centro grandi traumi alle 4 del mattino, lei era già imbottita di morfina. Il suo corpo avrebbe resistito 42 giorni, 90 per cento di ustioni sul corpo. Sopravvissuta a due operazioni. A tre “bagni”. La voce di Daniela torna di piombo, in questa giornata con l’orecchio teso ai giochi aritmetici di Alfano: “Sa cosa vuol dire bagno? E’ come essere spellata viva”. Per salvare Emanuela, e le altre sei persone rimaste nel limbo del centro ustionati le hanno provate tutte. Coltivavano la pelle, ipotizzavano trapianti. L’ultima ad andarsene è stata Elisabeth Guadalupe Silva. Nelle foto è bellissima: una madre che lavora in Italia per mantenere le figlie in Equador. Anche sei mesi sono un tempo infinito, nell’agonia di un letto di ospedale. Anche sei mesi sono un battito d’ali, quando è tua madre che se ne va. Roberta Calzoni, invece, non ha fatto in tempo a sapere nulla di sua figlia. Le è sopravvissuta, grazie a un innesto cutaneo. Ma poi è morta nello stesso reparto. Ibitissam Ayad, 21 anni, ha perso il padre, la sorellina e il fratello. Che ha fatto in tempo a salvarsi, e a scegliere di tornare indietro, per provare a salvare la bimba, di 4 anni. Che gioco feroce, l’incastro di questi destini.
Per la maggior parte delle vittime della strage, il rito di commiato è stato brevissimo: tutti deceduti sotto le macerie delle palazzine di via Ponchielli, folgorate dalle fiamme come un mazzo di carte. Il Gpl non perdona: quando i superstiti entrarono nelle case, trovarono mura mangiate fino all’intonaco. C’erano ragazze, anziani, italiani, ecuadoregni, romeni, marocchini. Vite belle e pulite, vite di periferia, sogni coltivati la sera, addormentandosi con il metronomo sferragliante dei treni sulle rotaie. Non c’erano vip, o potenti, in quelle case lungo la ferrovia. Ora al banco degli imputati ci sono otto diverse società, una legione straniera di subappalti intricata come una foresta. C’erano Le ferrovie di Moretti, certo. Ma anche la ditta polacca che aveva costruito i vagoni, la Pkp la ditta milanese che aveva revisionato il primo vagone, quella tedesca che si era occupata degli altri dodici. Le cisterne del convoglio, tra cui quella da cui è fuggito il gas che ha innescato l’incendio, appartenevano alla multinazionale americana Gatx (ma recano l’insegna Kvg, una controllata austriaca). Sulla stessa tratta, a dicembre dello stesso anno, un automobilista vide prendere fuoco lo stesso treno: in questo paese il sangue non insegna davvero nulla. Ibitissam però ha avuto un figlio. Lo ha chiamato Mohamed Hamza. Come il padre, come il fratello. Ecco perchè Enrico Rossi, presidente della Regione Toscana non vuole scherzare: “Siamo andati davanti a Montecitorio per protestare. Per dire che se vogliono evitare ogni rischio basta che introducano il nostro emendamento. Quello che esclude le stragi dalla prescrizione breve. No dovrebbe essere difficile, no?”. Daniela Rombi prende un solo respiro: “Ci hanno tolto tutto il tempo di 32 vite. A questo processo non possono togliere un solo secondo”. L’hanno fatto.
Ora anche il tempo delle stragi si è fatto breve. Da ieri, malgrado i giochi con calcolatrice del ministro Alfano, anche i cavilli di un processo con 32 vittime sono appesi ai destini del premier e alle sue strategie difensive. Che strano rito obliquo che si celebra in Parlamento: il tempo delle vite di tanti, contro il tempo dell’impunità di uno solo.
Che scambio feroce, ingiusto, inaccettabile. Ora ci sono storie che bisogna rincorrere tra il passato di una catastrofe ferroviaria e l’aula di un tribunale. Ora c’è la memoria della Strage di Viareggio che va recuperata perché quelle vittime non finiscano bruciate per la seconda volta, in un rogo di amnesia giudiziaria. Ora, davvero, c’è la voce ferma di Daniela Rombi, madre di Emanuela, che dice con un suono di piombo: “Non mi interessa nulla dei guai giudiziari di Berlusconi. Lo so che non siamo potenti. So che siamo gente semplice, stipendi da mille e cinquecento euro al mese, quelli che fanno fatica ad arrivare al 27. Eppure la mia vita, quella di mio marito, quella di venti famiglie sono state spente da una vampata, in una sera di giugno, due anni fa. A noi nessuno può insegnare niente. Nessuno può permettersi di dare rassicurazioni. Ci hanno tolto 32 vite, non possono toglierci il diritto a questo processo”.
Ora bisogna riavvolgere la bobina, solo per un attimo. ll 29 aprile del 2009 Sara Orsi e Emanuela Menichetti, giovanissime e temerarie, avevano fondato una agenzia immobiliare. C’erano l’università, i sogni e mille progetti di una ragazza di 24 anni e di una di 21, in quell’impresa. Mamma Daniela che gridava, divertita e preoccupata: “Ma che vi mettete a fare!?”. E il sorriso di due ragazze: “Se non ci proviamo a vent’anni, quando?’”. C’era il tempo che correva. E anche la morte, già in viaggio sui binari: un piccolo incidente di cui nessuno si era accorto tra Prato e Baiano: finché non c’è un cadavere, in questo paese, è sempre manutenzione ordinaria. La sera del 29 giugno Emanuela esce: “Vado da Sara!”. Serata calda, sedute sul letto a giocare a carte. A divertirsi e a fantasticare: studentesse-impresarie, sogni che corrono, affacciate su una ferrovia.
La telefonata arriva dall’ospedale, a notte fonda. “Signora, c’è stato un incidente. Sua figlia le vuole parlare”. Daniela rimane di pietra, ma la voce di Sara le attenua l’angoscia. Se la ricorda un po’ agitata, ma cristallina e squillante: “Mamma, c’è stato in incidente!!”. Non hai tempo di chiedere, dove: “Non ti preoccupare - aggiunge – non mi sono fatta nulla”. L’inganno di una voce cristallina in un corpo già carbonizzato. Ora Daniela sa che quelle sono state le ultime parole di sua figlia. Anche quella telefonata è diventata troppo breve, nel ricordo, come se una raffica di frasi concitate avesse tagliato la possibilità di un congedo. I genitori di Emanuela arrivarono al centro grandi traumi alle 4 del mattino, lei era già imbottita di morfina. Il suo corpo avrebbe resistito 42 giorni, 90 per cento di ustioni sul corpo. Sopravvissuta a due operazioni. A tre “bagni”. La voce di Daniela torna di piombo, in questa giornata con l’orecchio teso ai giochi aritmetici di Alfano: “Sa cosa vuol dire bagno? E’ come essere spellata viva”. Per salvare Emanuela, e le altre sei persone rimaste nel limbo del centro ustionati le hanno provate tutte. Coltivavano la pelle, ipotizzavano trapianti. L’ultima ad andarsene è stata Elisabeth Guadalupe Silva. Nelle foto è bellissima: una madre che lavora in Italia per mantenere le figlie in Equador. Anche sei mesi sono un tempo infinito, nell’agonia di un letto di ospedale. Anche sei mesi sono un battito d’ali, quando è tua madre che se ne va. Roberta Calzoni, invece, non ha fatto in tempo a sapere nulla di sua figlia. Le è sopravvissuta, grazie a un innesto cutaneo. Ma poi è morta nello stesso reparto. Ibitissam Ayad, 21 anni, ha perso il padre, la sorellina e il fratello. Che ha fatto in tempo a salvarsi, e a scegliere di tornare indietro, per provare a salvare la bimba, di 4 anni. Che gioco feroce, l’incastro di questi destini.
Per la maggior parte delle vittime della strage, il rito di commiato è stato brevissimo: tutti deceduti sotto le macerie delle palazzine di via Ponchielli, folgorate dalle fiamme come un mazzo di carte. Il Gpl non perdona: quando i superstiti entrarono nelle case, trovarono mura mangiate fino all’intonaco. C’erano ragazze, anziani, italiani, ecuadoregni, romeni, marocchini. Vite belle e pulite, vite di periferia, sogni coltivati la sera, addormentandosi con il metronomo sferragliante dei treni sulle rotaie. Non c’erano vip, o potenti, in quelle case lungo la ferrovia. Ora al banco degli imputati ci sono otto diverse società, una legione straniera di subappalti intricata come una foresta. C’erano Le ferrovie di Moretti, certo. Ma anche la ditta polacca che aveva costruito i vagoni, la Pkp la ditta milanese che aveva revisionato il primo vagone, quella tedesca che si era occupata degli altri dodici. Le cisterne del convoglio, tra cui quella da cui è fuggito il gas che ha innescato l’incendio, appartenevano alla multinazionale americana Gatx (ma recano l’insegna Kvg, una controllata austriaca). Sulla stessa tratta, a dicembre dello stesso anno, un automobilista vide prendere fuoco lo stesso treno: in questo paese il sangue non insegna davvero nulla. Ibitissam però ha avuto un figlio. Lo ha chiamato Mohamed Hamza. Come il padre, come il fratello. Ecco perchè Enrico Rossi, presidente della Regione Toscana non vuole scherzare: “Siamo andati davanti a Montecitorio per protestare. Per dire che se vogliono evitare ogni rischio basta che introducano il nostro emendamento. Quello che esclude le stragi dalla prescrizione breve. No dovrebbe essere difficile, no?”. Daniela Rombi prende un solo respiro: “Ci hanno tolto tutto il tempo di 32 vite. A questo processo non possono togliere un solo secondo”. L’hanno fatto.
09 aprile 2011
Premier senza freni
di CONCETTO VECCHIO (da Repubblica.it del 9/4/2011)
Quando mancano quattro giorni al sì della Camera alla prescrizione breve - che ammazza 15mila processi solo per evitare al premier una condanna nel dibattimento Mills - Berlusconi sferra un attacco durissimo al giudice Mesiano, che nella causa Cir-Fininvest sul lodo Mondadori ha condannato la Fininvest a pagare un indennizzo di 750milioni. "Sono vittima di una rapina a mano armata", è stata la frase choc pronunciata dal presidente del consiglio.
In uno show senza freni, davanti ai partiti cofondatori del Pdl ("sono qui a rappresentare la tradizione cristiana"), il Cavaliere è tornato ad attaccare la Consulta, definita "organo politico", e a prefigurare modifiche alla Costituzione. Ha inoltre ripetuto che la maggioranza tra due settimane raggiungerà quota 330, "e così finalmente potremo attuare le riforme". Ha aggiunto che per i giudici - "che non pagano mai" - lui è peggio di Al Capone. "Mi azzannano da tutte le parti". Quindi ha giurato la sua innocenza sulla testa dei nipoti, riferendosi ai quattro processi per i quali è momentaneamente imputato. Nel pomeriggio a Lampedusa si è spinto a dire che è "dissennato chiamare il presidente del Consiglio in tribunale: soprattutto avendo una magistratura che lavora non per il Paese ma contro il Paese". Così il processo Ruby "getta fango sull'Italia".
A proposito del carattere ad personam della prescrizione breve il capogruppo Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto ammette esplicitamente che questa norma è fatta per salvare il premier, "vittima di un attacco politico". Mercoledì la prescrizione breve sarà approvata in prima lettura alla Camera. Il piano del centrodestra è di arrivare all'approvazione definitiva in Senato entro fine maggio, ovvero subito dopo le elezioni amministrative. A quel punto rischiano di andare al macero processi come la strage di Viareggio, i 40 operai morti per amianto nei Cantieri navali morti a Palermo, e alcuni capitoli di Calciopoli.
Quando mancano quattro giorni al sì della Camera alla prescrizione breve - che ammazza 15mila processi solo per evitare al premier una condanna nel dibattimento Mills - Berlusconi sferra un attacco durissimo al giudice Mesiano, che nella causa Cir-Fininvest sul lodo Mondadori ha condannato la Fininvest a pagare un indennizzo di 750milioni. "Sono vittima di una rapina a mano armata", è stata la frase choc pronunciata dal presidente del consiglio.
In uno show senza freni, davanti ai partiti cofondatori del Pdl ("sono qui a rappresentare la tradizione cristiana"), il Cavaliere è tornato ad attaccare la Consulta, definita "organo politico", e a prefigurare modifiche alla Costituzione. Ha inoltre ripetuto che la maggioranza tra due settimane raggiungerà quota 330, "e così finalmente potremo attuare le riforme". Ha aggiunto che per i giudici - "che non pagano mai" - lui è peggio di Al Capone. "Mi azzannano da tutte le parti". Quindi ha giurato la sua innocenza sulla testa dei nipoti, riferendosi ai quattro processi per i quali è momentaneamente imputato. Nel pomeriggio a Lampedusa si è spinto a dire che è "dissennato chiamare il presidente del Consiglio in tribunale: soprattutto avendo una magistratura che lavora non per il Paese ma contro il Paese". Così il processo Ruby "getta fango sull'Italia".
A proposito del carattere ad personam della prescrizione breve il capogruppo Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto ammette esplicitamente che questa norma è fatta per salvare il premier, "vittima di un attacco politico". Mercoledì la prescrizione breve sarà approvata in prima lettura alla Camera. Il piano del centrodestra è di arrivare all'approvazione definitiva in Senato entro fine maggio, ovvero subito dopo le elezioni amministrative. A quel punto rischiano di andare al macero processi come la strage di Viareggio, i 40 operai morti per amianto nei Cantieri navali morti a Palermo, e alcuni capitoli di Calciopoli.
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